La bellissima e sfortunata
Ilaria Chini, 21 anni, morta nel 2001 precipitando da un viadotto dell’Autosole
(foto Ass. Europea Familiari e Vittime della Strada)
(ASAPS) FIRENZE, 19 settembre 2007 – È la
notte del 27 novembre 2001. Sull’autostrada del Sole, lungo la campata del
viadotto “Fiumicello”, la Fiat Brava con
a bordo una giovane coppia ed il loro figlioletto di un anno, subisce un
incidente e resta ferma in corsia di sorpasso. Il ponte misura 288 metri, e si trova tra
il casello di Barberino del Mugello (Firenze) e Roncobilaccio (Bologna), in
località Aglio. Siamo al chilometro 254, in carreggiata nord. Manuele Croce, 26
anni, maresciallo della Guardia di Finanza, ed Ilaria Chini, 21 anni, di
Guidonia (Roma), stavano cercando di raggiungere Milano, ma una banale sbandata
porta l’auto a scontrarsi con il new jersey centrale. Sono attimi di
concitazione: il veicolo è in corsia di sorpasso, non c’è tempo da perdere.
Ilaria comprende che restare lì può essere molto pericoloso e scavalca la
barriera di contenimento che sembra dividere la carreggiata nord da quella sud.
Diciamo “sembra”, perché la famiglia si trova sopra un viadotto alto 22 metri, ed è a questo
punto che si consuma la tragedia. La 21enne supera agevolmente il manufatto, alto un metro e 40 centimetri, ma comprende
subito che sotto di lei c’è il vuoto. Riesce solo a lanciare il frugoletto
verso il marito, prima di scomparire nell’oscurità. Il marito, Manuele, resta
sotto choc. Tre anni prima, poco lontano, era morto in circostanze analoghe
Diego Cianti, figlio di Sergio, da anni in prima linea con l’Associazione
Europea Familiari e Vittime della Strada e ideatore del sito internet www.unaretepernonmorire.org.
Per Ilaria non c’è niente da fare e quando la Polizia Stradale di Pian del
Voglio consegna il rapporto alla Procura della Repubblica di Firenze, il
pubblico ministero dr. Francesco Caleca apre un procedimento penale per
omicidio colposo, del quale è stato poi incaricato della direzione delle indagini
il dr. Pietro Suchan. La vicenda processuale, che il magistrato ha condotto
parallelamente ad un’altra inchiesta relativa alla morte di un motociclista
(ucciso da una lamiera sportente nella galleria “Castagna”, a poche centinaia
di metri), si è conclusa lo scorso 13 settembre con la condanna ad un anno di
reclusione (pena condonata dall’intervenuto indulto) per l’ex capo della gestione
operativa presso la direzione generale di Autostrade Spa, e con l’assoluzione dalla stessa imputazione –
per non aver commesso il fatto – di un altro funzionario, in quel periodo ai
vertici della direzione del Quarto Tronco autostradale. La sezione distaccata
di Pontassieve del Tribunale fiorentino ha così accolto la tesi portata avanti
durante il processo dal PM, che aveva chiesto per i due accusati un anno ed 8
mesi di reclusione; secondo lui non erano state collocate sul viadotto “strutture
idonee a impedire lo scavalcamento del new jersey, oppure fatto realizzare reti
percorribili per impedire la caduta nel vuoto”. Inoltre, nonostante l’arteria
fosse in quel punto priva di corsia di emergenza, e “tenendo conto del fatto
che si erano verificati altri incidenti con la stessa dinamica in altri
viadotti”, non era mai stata approntata una specifica segnaletica di pericolo. La
difesa si era opposta alla linea dell’accusa, ribattendo che i due imputati non
avevano alcun obbligo giuridico di adottare “barriere invalicabili”, visto che il
codice della strada prevede manufatti idonei al respingimento dei veicoli e
non specificatamente per i pedoni.
Inoltre, gli avvocati lo hanno ribadito, il ministero dei Lavori Pubblici –
sebbene sollecitato sull’argomento dagli stessi imputati – aveva in precedenza sottolineato
che le segnalazioni in vigore erano del tutto idonee ad avvertire l’utenza in
transito. I giudici sono stati però dell’avviso contrario. L’Asaps, in passato,
si è occupata di questo tipo di sinistrosità con un’approfondita inchiesta,
ricostruendo molti episodi mortali. Purtroppo, si tratta di un rischio ancora
presente in molte strade ed autostrade d’Italia ed il prezzo che paga chi non
si avvede – a causa dello stress psicofisico successivo ad un sinistro o per la
perdita d’orientamento che può sempre verificarsi in certe condizioni di orario
o di visibilità – è quasi sempre la morte. La Polizia Stradale di Pian del
Voglio, che ha condotto indagini molto approfondite, accertò che dal 1987 fino
alla morte di Diego Cianti (26 ottobre 1998) almeno altre 17 persone avevano
perso la vita in incidenti analoghi. Morti evitabili, con una semplice rete.
Morti inutili e per questo, ancora più tragiche. (ASAPS)
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