Questo articolo è stato
sviluppato sulla scorta delle ricerche effettuate, oltre che dal suo autore, da
Francesco Forasassi e Carlo Rinaldi nell’ambito degli studi per la
realizzazione del testo “La guida sicura nell’emergenza sanitaria”, di prossima
uscita sul catalogo Sapignoli
(ASAPS) 25 settembre 2007 – Sei
conducenti su 10, almeno in Svizzera, circolano con il poggiatesta mal regolato.
Dunque, parliamo di oltre la metà degli automobilisti, soggetti in questo modo
a rischi elevatissimi in caso di impatto, soprattutto se si tratta poi di
tamponamenti di una certa entità. Lo rivela uno studio, molto accurato e ben
fatto, realizzato dall’ASA (Association Suisse d’Assurances), più o meno la
nostra ANIA (Associazione Nazionale tra le Imprese Assicuratrici), in
collaborazione con l’UPI (l’Ufficio svizzero per la Prevenzione degli
Infortuni) ed il FSR (il Fondo per la Sicurezza Stradale). I tre organismi
hanno dunque promosso una campagna di prevenzione ad ampio spettro, la cui
durata è prevista in 3 anni, con lo scopo di fornire a tutti gli automobilisti
un metro di confronto durevole nel tempo, ottenendo in questo modo di rendere
automatica la giusta esecuzione di un comportamento che può rivelarsi vitale. Il
titolo della campagna, lanciata a Berna a metà settembre 2007, è “i poggiatesta
proteggono – viaggiare in strada con una buona abitudine” e francamente, su
questo livello comunicativo, ci sembra impossibile aggiungere qualcosa. In
effetti, anche a scuola guida, si parla sempre e solo di “postura” del corpo,
limitando il discorso “regolazione” alla distanza del conducente tra volante e
pedali, degli specchi e della posizione delle mani sulla corona dello sterzo,
senza mai entrare nel merito del poggiatesta. È lì, ma nessuno spiega mai per
quale motivo. I più, ovviamente i passeggeri, lo usano per sonnecchiare col
sedile reclinato durante la marcia, mettendo in atto un comportamento
pericolosissimo: in caso di incidente, infatti, il corpo inerte scivolerebbe sotto
le cinture di sicurezza, finendo contro la parte sottostante la plancia del
veicolo con rischio altissimo di lesioni agli arti inferiori per impatto e del
tronco/testa per lo sfregamento innaturale contro la cintura di sicurezza.
Questa, impatterebbe sul collo più o meno come un rasoio: lasciamo al lettore
il compito di trarre le conseguenze. Fino alla metà degli anni ’80, solo le
auto “meno popolari” uscivano dalla catena di montaggio dotate di questo
“optional”. Col tempo, con l’accresciuta attenzione verso la sicurezza passiva,
il poggiatesta è divenuto una dotazione di serie, almeno sui sedili anteriori
ed oggi la gran parte dei veicoli ne sono muniti anche sulle sedute posteriori.
La sua funzione principale è quella di preservare il corpo umano dai rischi al
rachide cervicale, dal momento in cui, su questa parte vitale del nostro
organismo, si producono le sollecitazioni dell’impatto, soprattutto in caso di
tamponamento. Questo perché il poggiatesta impedisce la flessione del capo
verso la parte posteriore del veicolo, all’origine – nel migliore dei casi –
dei cosiddetti “colpi di frusta”. La
protezione è però garantita anche in caso di urto frontale, quando la testa
(una delle parti più deboli e pesanti del corpo), tende a rimbalzare
all’indietro una volta che il busto, contrastato attivamente dalla cintura di
sicurezza, ha esaurito la spinta in avanti. Le lesioni ai tessuti del collo si
verificano anche alle basse velocità, comprese tra 10 e 20 km/h. Secondo l’ACI, i risarcimenti
assicurativi di tipo RCA sono costituiti nel 60% dei casi da danni fisici alle
vertebre cervicali. La General Motors ha invece rilevato che, negli ultimi 30
anni (il dato è del 1999), la frequenza dei danni alle vertebre cervicali
provocati da incidenti stradali è quasi raddoppiata ed al momento attuale è
seconda soltanto alle ferite alla testa, provocando un danno per l’erario
europeo di oltre 10 miliardi di euro. Il
vantaggio di un buon poggiatesta è che, anche in caso di ripetuti urti (è il
caso del tamponamento a catena), la sua funzione è sempre garantita, visto che
non entra in funzione una sola volta, al primo impatto, come l’airbag – che
deve essere sostituito e ricaricato prima di tornare nuovamente attivo – ma
resta ben saldo al suo posto. È dunque opportuno spiegare come il poggiatesta
debba essere correttamente posizionato, in modo da svolgere al meglio la sua
funzione, tenendo conto che il 28% delle lesioni al rachide cervicale potrebbe
essere evitato proprio con una giusta regolazione di questo dispositivo, tanto
utile quanto di semplice concezione.
Il poggiatesta deve essere
sollevato finché la sua sommità non coincida con la parte superiore della
testa, o non la sovrasti di 2/3 centimetri al massimo, mentre la distanza tra
la superficie d’appoggio del dispositivo e la nuca non deve mai essere
superiore a 10 centimetri (più o meno 5 dita) pur essendo quella ideale
compresa tra 5 e 7 centimetri (più o meno 2-3 dita). In ogni caso, l’efficacia
del poggiatesta è maggiore se tra la nuca e la superficie di appoggio del
dispositivo vi è la minore distanza possibile. (ASAPS)
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