Delitti contro la Pubblica Amministrazione – Indebita percezione a danno
dello Stato – Reato complesso – Assorbimento del reato di cui all’art. 483 c.p.
– Mancato superamento della soglia di rilevanza penale della erogazione –
Applicabilità della sola sanzione amministrativa – Autonomia del reato di
falsità ideologica commessa in atto pubblico – Esclusione [artt. 316 ter, 483, 84 c.p.; art. 9 L.
689/1981]
Il delitto di cui all’art. 483 c.p. (“falsità ideologica commessa
da privato in atto pubblico) è assorbito nella fattispecie di cui all’art. 316
ter c.p., trattandosi di reato complesso ex art. 84 c.p..
Tale conclusione rimane valida anche nella ipotesi in cui, per il
non superamento della soglia minima del valore economico del contributo o della
erogazione, sia configurabile una mera violazione amministrativa (ai sensi del
secondo comma dell’art. 316ter c.p.), perchè rientra nelle valutazioni
discrezionali del legislatore la scelta della natura e qualità delle risposte
sanzionatorie a condotte antigiuridiche, e quindi l’assoggettabilità
dell’autore, in una determinata fattispecie, a sanzioni amministrative, pur se
frammenti di queste condotte, ove non sussistesse la fattispecie complessa,
sarebbero sanzionabili con autonomo titolo di reato, dovendosi fare
applicazione anche in questa ipotesi del principio di specialità intercorrente
tra fattispecie penali e violazioni amministrative stabilito dalla L.
24 novembre 1981, n. 689, art. 9.
(Fonte: Altalex Massimario 17/2007)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 26 luglio 2007, n. 30528
(Presidente B. Oliva, Relatore G. Conti)
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Tempio Pausania
assolveva B.A.M. dal reato di cui all’art. 316 ter c.p., così qualificata
l’originaria imputazione di cui all’art. 483 c.p., perchè il fatto non è
previsto dalla legge come reato, in relazione a un finanziamento regionale
ottenuto per l’acquisto di un computer, sulla base di una dichiarazione
attestante un reddito imponibile non corrispondente a quello reale, trattandosi
di somma indebitamente percepita inferiore alla soglia di punibilità
ragguagliata al valore di Euro 3.999,96 e quindi costituente violazione
amministrativa a norma del comma 2 del predetto articolo (fatto accertato in
...omissis... il 23 ottobre 2001).
Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Tempio Pausania, deducendo:
1. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 316 ter e 640
bis c.p., nonchè illogicità della motivazione, atteso che secondo la più
recente giurisprudenza della Corte di cassazione, l’utilizzo di una falsa
autocertificazione finalizzata all’ottenimento di contributi pubblici integra
gli estremi del reato di truffa aggravata ex art. 640 bis c.p..
2. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 15 e 483 c.p.,
dato che nel capo di imputazione era stato contestato il confezionamento di una
falsa autocertificazione, che non poteva ritenersi assorbito nella fattispecie
di cui all’art. 316 ter c.p., mentre il Tribunale ha erroneamente ritenuto che
la condotta consistesse nel mero utilizzo di una falsa autocertificazione.
Diversamente opinando, si giungerebbe al paradosso per cui la
formazione dell’atto falso sarebbe sanzionata a norma dell’art. 483 c.p. se non
accompagnata dal suo utilizzo fraudolento mentre sarebbe esente da sanzione
penale qualora attraverso la falsa attestazione si siano indebitamente
percepiti contributi.
La inapplicabilità del principio di specialità si ricava del resto
dalla diversità del bene giuridico tutelato dalla due norme.
Ricorre altresì il Procuratore generale della Repubblica presso la
Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, che denuncia la
erronea applicazione della legge penale non avendo il Tribunale disposto la
trasmissione degli atti all’autorità amministrativa per l’irrogazione della
relativa sanzione.
Hanno presentato memoria i difensori della B., avvocati Sanguineti
Luigi Maria e Mura Giovanni Angelo, sollecitando il rigetto del ricorso del
Procuratore della Repubblica e la declaratoria di inammissibilità del ricorso
del Procuratore generale.
Motivi della decisione
Va preliminarmente osservato che le censure, anche se presentate
in parte sotto l’aspetto del vizio di motivazione, attengono a profili
strettamente giuridici, sicchè i ricorsi possono essere considerati come
proposti per saltum, e ciò impedisce la loro qualificazione come appelli, pur
tenendo conto degli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 26 del
2007, che ha dichiarato l’incostituzionalità della L. 20 febbraio 2006, n. 46,
art. 1 nella parte in cui esclude che il pubblico ministero possa appellare
contro le sentenze di proscioglimento.
Il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Tempio Pausania è infondato.
Come affermato recentemente dalle Sezioni unite nella sentenza n.
16568 del 19 aprile 2007, ric. Carchivi, cui questo Collegio presta adesione,
la linea di discrimine tra il reato di cui all’art. 316 ter c.p. e quello di
cui all’art. 640 bis c.p., che hanno in comune l’elemento della indebita
percezione di contributi da parte dello Stato o altri enti pubblici o dalle
Comunità europee, va ravvisato nella mancata inclusione tra gli elementi
costitutivi del primo reato dell’effetto della induzione in errore del soggetto
passivo, presente invece nel secondo.
Occorre dunque guardare alle regole formali del procedimento di
concessione del contributo (o di altra erogazione comunque denominata):
se il contributo consegue alla mera presentazione di dichiarazioni
o documenti falsi o attestanti cose non vere o all’omissione di informazioni
dovute, senza che rilevi che l’ente pubblico possa essere tratto in errore da
tale condotta, è integrato il reato di cui all’art. 316 ter;
se invece la erogazione del contributo da parte dell’ente pubblico
è l’effetto di una induzione in errore circa i presupposti che lo legittimano,
dato che le regole del relativo procedimento amministrativo non fanno derivare
dalla presentazione della dichiarazione un’automatica conseguenza circa
l’erogabilità di esso, è integrato il reato di cui all’art. 640 bis c.p..
Nella specie non risulta dagli atti, nè è stato dedotto dal
ricorrente, che, stando alle regole del relativo procedimento amministrativo,
l’assegnazione del computer sia dipesa da un’induzione in errore degli organi
della regione, essendo invece da ritenere che essa conseguisse automaticamente
per il solo fatto di una auto-dichiarazione da parte del richiedente di un
reddito rientrante nei limiti previsti.
Giustamente dunque è stata ritenuta sussistente la fattispecie di
cui all’art. 316 bis c.p., e, trattandosi di una erogazione di valore inferiore
alla soglia di punibilità ragguagliata al valore di Euro 3.999,96, integrata la
violazione amministrativa a norma del comma 2 del predetto articolo.
Anche la seconda censura è infondata.
La condotta contestata attiene alla falsa auto-dichiarazione di un
reddito imponibile inferiore al limite massimo cui era condizionata
l’assegnazione regionale del computer, che corrisponde appieno a quella
descritta dall’art. 316 ter c.p., dato che l’utilizzazione o presentazione di
auto-dichiarazioni false presuppone necessariamente la loro previa (o
contestuale) formazione da parte di chi richiede il contributo o la erogazione.
Non è dato cogliere dunque, con riferimento alla fattispecie
dedotta, la distinzione fatta dall’Ufficio ricorrente tra utilizzo di una falsa
auto-dichiarazione e confezionamento di essa, dato che esse nella specie
coincidono, a livello sia di previsione normativa sia di condotta concretamente
accertata; questa distinzione avrebbe invece senso ove si riferisse alla
utilizzazione o presentazione di documenti falsi non costituenti
auto-dichiarazioni, dato che in questo caso la falsificazione preesiste al suo
utilizzo e deve ritenersi autonomamente punibile, ove rientrante in una della fattispecie
di reati di falso (in questo senso la sentenza delle Sezioni unite, ric.
Carchivi, cit.).
Ciò posto, deve ribadirsi, in conformità alla giurisprudenza di
legittimità di gran lunga prevalente, avallata dalla recente sentenza delle
Sezioni unite sopra richiamata, che il reato di cui all’art. 483 c.p. è
assorbito nella fattispecie di cui all’art. 316 ter c.p., trattandosi di reato
complesso ex art. 84 c.p., e non valendo, proprio per tale motivo, il rilievo
della diversità del bene giuridico tutelato dalle due norme, dato che in ogni
reato complesso si ha per definizione pluralità di beni giuridici protetti, a
prescindere dalla collocazione sistematica della fattispecie incriminatrice.
E’ appena il caso di notare come a tale conclusione debba
pervenirsi anche nella ipotesi in cui, per il non superamento della soglia
minima del valore economico del contributo o della erogazione, sia
configurabile una mera violazione amministrativa, perchè rientra nelle
valutazioni discrezionali del legislatore la scelta della natura e qualità
delle risposte sanzionatorie a condotte antigiuridiche, e quindi
l’assoggettabilità dell’autore, in una determinata fattispecie, a sanzioni
amministrative, pur se frammenti di queste condotte, ove non sussistesse la
fattispecie complessa, sarebbero sanzionabili con autonomo titolo di reato,
dovendosi fare applicazione anche in questa ipotesi del principio di specialità
intercorrente tra fattispecie penali e violazioni amministrative stabilito
dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9.
Consegue il rigetto del ricorso.
Il ricorso del Procuratore generale della Corte di Appello di
Cagliari, sez. dist. di Sassari, è inammissibile.
La trasmissione degli atti all’autorità amministrativa per i
provvedimenti di sua competenza a norma dell’art. 316 ter c.p., comma 2 è
adempimento meramente esecutivo che non deve necessariamente trovare
collocazione nella sentenza liberatoria che definisce il procedimento penale
(v. Cass. Sez. 6^, 21 giugno 2004, Mele; Id., 16 gennaio 2007, Demartis).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Tempio Pausania.
Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale della
Repubblica presso la Corte di Appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2007
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2007.