(ASAPS) BRUXELLES 11 ottobre
2007 – Il sospetto ci era venuto, ma l’ETSC (European Transport Safety Council)
ci ha dato la conferma. L’Italia è purtroppo tra i paesi più lontani
dall’obiettivo dell’UE di dimezzare la mortalità, anche se sulla sola rete
autostradale i dati sono nettamente migliorati negli ultimi mesi. I risultati
dello studio della ONG sono inequivocabili e confermano, almeno in parte, le
impressioni degli studi Asaps sull’argomento. L’Italia, fanalino di coda
(seguita solo dai paesi dell’est europeo), mentre Francia, Lussemburgo ed il
sorprendente Portogallo hanno praticamente già centrato l’obiettivo e dovranno
ora solo guardarsi dal pericolo sempre incombente di una recrudescenza della
mortalità. Ancora una volta, però, dobbiamo osservare che l’Italia è l’unico
paese a non essere stato in grado di fornire i dati relativi al 2006: mettendo
insieme i dati provenienti dai vari stati dell’area continentale, le vittime complessive dello scorso anno
sono state 39.200, dimostrando che i paesi più insicuri (almeno sulla strada)
hanno finito col rallentare il previsto indice annuale di riduzione
dell’incidentalità, oggi apparentemente stabile al –4,9% mentre – per centrare
l’obiettivo e portare a 25.000 il numero totale di morti – avremmo dovuto tutti
mantenere un indice del –7,4%. E pensare che a Bruxelles, nel 2001, si era
addirittura pensato ad un secondo obiettivo, già fissato per il 2012: scendere
a 20.000 morti. I vertici dell’ETSC dicono che dovremmo uniformemente imprimere
un’accelerazione maggiore, ma oggettivamente ci sembra che il traguardo non
possa più essere colto. Vorremo poter dire “pazienza”, vorremmo poter dire che
le impressioni europee non sono reali, ma davanti alla statistica ci dobbiamo
fermare. Qui non c’è alcuna strategia economica da difendere: c’è solo la
matematica, e davanti all’evidenza scientifica – viziata anche dall’incapacità
di elaborare in tempo reale i dati provenienti dalla strada – la realtà dei
fatti è quella dei grafici e delle proiezioni. Il Lussemburgo ha ottenuto una
riduzione della mortalità pari al 48%, che vale al principato il titolo di
campione. Non c’è medaglia di bronzo, in questo podio immaginario, perché il
secondo posto è condiviso dalla Francia – dalla quale ci aspettavamo una
performance così buona – e dal Portogallo, entrambi stabili al 42%. –32% per la
Svizzera, destinata ad avere migliori risultati in un prossimo futuro perché ha
adeguato solo di recente (a 0.5 g/l) la soglia legale alcolica. Malta ha
ottenuto il –31%, ma la situazione dell’isola non può essere preso ad esempio
stabile, visto che in relazione alla scarsa popolazione, è sufficiente un solo
incidente plurimortale ad incidere sulla statistica. Seguono Belgio (-29%) e
Danimarca (-28%). Il resto dei paesi se la giocano fino al –19%: la Germania tiene
ancora la nona posizione (-27%), ma sappiamo che insieme all’Austria, 12esima a
–25% – salvo difficili recuperi nel secondo semestre di quest’anno – è
destinata a denunciare una brusca battuta d’arresto quando si valuteranno anche
i dati del 2007. La Spagna, dalla quale ci aspettavamo qualcosa di più, è
undicesima a –26%. L’Italia è sedicesima con – 19%. Stati come o la Norvegia,
piazzata al 18esimo posto con –11% o la Gran Bretagna, 21esima a –8%, sono
virtualmente escluse dalla competizione. Chi si occupa di sinistrosità sa
infatti benissimo che in questi luoghi si è praticamente raggiunto il livello
minimo di rischio. Nei prossimi giorni prepareremo un accurato rapporto sullo
studio ETSC, ma ci sembra evidente che per l’Italia, campione del mondo di calcio,
nella gara per la vita non otterrebbe nemmeno la qualificazione ad un torneo di
serie C. (ASAPS)
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