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Notizie brevi 18/10/2007

San Siro - Sfide notturne a 280 all’ora

Nei fine settimana il rombo dei motori crea pericoli e rovina il sonno degli abitanti
Corse in auto e in moto dal Cavallo di Leonardo fino a Lotto

di Sandro De Riccardis 
Scuotono le notti con il rombo dei loro motori truccati, poi sfrecciano sulla strada come su una pista e trasformano le curve d’asfalto nelle chicane di un circuito, e i semafori lampeggianti di giallo in un nuovo rischio per altra adrenalina.
Si sfidano nelle notti calde d’estate e nei week-end d’autunno. Lasciano rombare i motori degli Enduro Husqvarna e delle Yamaha 600, delle Mini e delle Ferrari. Come cani rabbiosi al guinzaglio prima di lanciarli nella sfida, in fondo a una notte folle a quasi 280 chilometri orari. Come l’Obelisco dell’Eur nelle notti romane di "Velocità Massima" - il film di Daniele Vicari che racconta le corse clandestine della capitale e la psicologia di chi partecipa - il cavallo di Leonardo guarda da dietro i cancelli dell’ippodromo il popolo milanese delle gare illegali. Ragazzi capitati per caso e altri arrivati grazie al tam tam dei messaggi cifrati negli sms. Fidanzate e compagnie di amici, scommettitori e appassionati che dopo essersi incontrati ai "Cinque Anelli" e alla Yamaha di via Fratelli Bozzi, due templi del motociclismo in via Novara, collaudano i loro cavalli d’acciaio sul circuito d’asfalto della periferia. Poi le moto partono e macinano ogni secondo sempre più metri. Da via Caprilli fino a piazzale Lotto, quindi il salto dall’altro lato della circonvallazione senza rallentare all’incrocio, poi a ritroso fino all’Ippodromo.
«In tre secondi arrivano a cento chilometri orari - racconta un ragazzo che abita in un palazzo del quartiere - . Ho provato a prendere i numeri di targa, ma ogni volta che mi accorgo della gara, loro sono già lontani. Sfrecciano sotto le mie finestre e spariscono. Poi ritornano dopo pochi minuti». A nord, le chicane delle strade intorno all’ippodromo; a sud i chilometri senza curve di rettilinei lunghissimi. Quelli di via Novara, via San Giusto e via Harar.
Da settimane, ogni notte che il sonno dei residenti va in frantumi, loro registrano gli orari delle corse, cercano di catturarne la targa e distinguere i modelli di moto e auto, come «quando in via Novara appare dal nulla una Ferrari rossa che fa un rumore simile a un tuono: di notte gareggia con un’altra auto nera di analoga potenza». Dalle villette dei viali o dalle case popolari, i veicoli appaiono come proiettili coloranti che bucano il tempo e scompaiono nel buio. Su percorsi che hanno mille variabili, perché ogni volta varia il numero dei partecipanti, la durata delle gare, la voglia di rischio e il gusto di spostare il limite un po’ più in là. Puoi partire dall’ippodromo e andare direttamente a Lotto, oppure dal piazzale dello Sport imboccare la vietta a sud e percorrere tutta via Palatino.
«Lo fanno in contromano, con un altissimo rischio di incrociare un’auto. In questo modo però arrivano subito in via Ottoboni, parallela a via Caprilli, e da via Caprilli sfrecciano di nuovo in direzione dell’Ippodromo». E a sud, i residenti vedono «irresponsabili percorrere in cinque secondi il rettilineo di 450 metri di via Novara tra piazza Sant’Elena e via San Giusto, o quello di 400 metri di via San Giusto, tra via Novara e via Harar. Con un livello di rischio che solo chi ha bevuto o si è drogato può assumersi». Strade lunghe a sufficienza per una sfida, ma che spesso diventano parti di un circuito unico. «A volte, invece, preferiscono proseguire su via Novara verso piazza Amati oppure verso l’ospedale San Carlo».
A San Siro si corre da sempre. Come in viale Fulvio Testi, viale Famagosta, via Palmanova. Si corre e si muore. E quando qualcosa va storto il pubblico scompare, i centauri sfrecciano via, e resta una povera vita accartocciata tra le lamiere di un auto o sbalzata lontano dal sellino di una moto. Come un incidente normale. Quando il motore si spegne e il contagiri si placa, resta sempre il nome di un ragazzo scritto sul muro a spruzzi di spray, intorno a frammenti di ricordi. «Eri veloce, forte, ma il signore con te non è stato un gran signore», hanno scritto gli amici di Andy, morto all’incrocio tra via Caprilli e via Palatino, un giorno di giugno del 2003.
«Il signore non ti ha dato la rivincita» hanno lasciato vicino ai fiori e agli adesivi del numero 46, come quello di Valentino Rossi, incollato sulla ringhiera. «Un altro altarino è all’angolo con via Odescalchi» segnala un altro residente. Anni di vittime e di lettere. «Tutto resta uguale. Quando ci sono le sfide i teppisti se ne infischiano delle proteste, si comportano in modo arrogante, anche perché le forze dell’ordine non intervengono. Le chiamate vengono considerate "per disturbo alla quiete pubblica". E ci rispondono che al momento in città ci sono altre priorità».

17 ottobre 2007
Da Repubblica.it

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Giovedì, 18 Ottobre 2007
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