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Notizie brevi 20/10/2007

Il testo della proposta Asaps sull’omicidio con dolo eventuale, presentato a Roma il 16 ottobre scorso al convegno "Nuove pene per i reati stradali. Dal Codice della Strada al Codice Penale"


Foto dalla rete



1) IL REGIME ATTUALE

Attualmente la persona che, trovandosi alla guida di un autoveicolo o motoveicolo, in stato di ebbrezza alcoolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, provochi un incidente stradale cui consegua la morte od il ferimento di terze persone, risponde a titolo di colpa del proprio gesto.

In buona sostanza all’agente verrà contestata o l’ipotesi di cui all’art. 589 co. 2° c.p. (in caso di morte) o l’ipotesi di cui all’art. 590 c.p. (in caso di lesioni, solo nell’eventualità che la parte offesa sporga querela entro novanta giorni dall’evento).
A tali imputazioni potrà essere affiancata o la contestazione dell’art. 186 Cds o quella dell’art. 187 Cds a seconda della tipologia della sostanza indebitamente assunta.
La condotta dell’agente viene punita sotto il profilo esclusivamente e puramente colposo, cioè si ritiene che l’incidente stradale sia stato determinato da una responsabilità che si fonda su di una colpa del soggetto.
Le conseguenze letali o lesive manifestatesi non sono, quindi, state volute dall’agente né preventivamente, né in corso di verificazione dei fatti.
La colpa consiste principalmente (ai sensi dell’art. 43 co. 1 terza parte c.p.) nell’ “imprudenza” oppure nell’ “inosservanza di leggi o regolamenti”.

2) LE RAGIONI DELL’INADEGUATEZZA DEL REGIME ATTUALE

PREMESSA

Chi si pone al volante dopo avere coscientemente assunto alcool o stupefacenti (in special modo droghe pesanti, perché il singolo spinello, per dimostrazione scientifica, non da alterazioni rilevanti) compie un atto volontario.
Il sapere di non essere nelle migliori e corrette condizioni di guida e contestualmente volere mettersi al volante concretizza un comportamento doloso assolutamente rilevante, perché il soggetto non può ignorare che le sostanze assunte sono fortemente idonee ad alterare la di lui capacità di conduzione di un veicolo nel traffico.
Non basta, dunque, invocare o punire la negligenza, l’imprudenza o l’imperizia, perché se è vero che il soggetto non vuole provocare l’incidente, né, tantomeno, vuole cagionare le conseguenze lesive gravi che ne possono derivare a terzi, è altrettanto vero, che il soggetto assume volontariamente una condizione propedeutica al provocare la situazione non voluta, consapevole dell’esistenza di un divieto di legge.

LA ESISTENZA DI UNA PROGRESSIONE CRIMINOSA.

La situazione descritta è quindi caratterizzata

da una condizione di consapevolezza della propria condizione di illiceità (l’avere assunto sostanze proibite) e del divieto di condurre in tale stato un veicolo,
2. da una situazione di errore colposo nello svolgimento dell’attività di guida.
Come affermato, le fasi dell’evoluzione psicologica del soggetto - sotto il profilo sostanziale - sono due, l’una dolosa, l’altra colposa, giacché è chiaro che la conseguenza lesiva che la condotta del conducente del veicolo provoca a terzi non è voluta.
In quest’ottica, dunque si è in presenza di una condotta (il bere od il drogarsi) che, associata, al condurre un veicolo a motore, assume veste di reato doloso e si pone, come detto, quale elemento propedeutico o prodromico eziologicamente rilevante rispetto a precise conseguenze fattuali e giuridiche (incidente stradale con lesioni o morte).
Si deve escludere che una simile progressione criminosa possa rientrare nello stereotipo di cui all’art. 586 c.p..

E’, infatti, evidente che, allo stato, la natura di contravvenzioni, elemento che caratterizza geneticamente sia l’ipotesi di cui all’art. 186 che all’art. 187 Cds, non permetterebbe affatto di poter fare rientrare le condotte punite, con tali norme, nel novero di quei presupposti di fatto richiamati dall’art. 586 c.p. e cioè nella categoria dei "delitti dolosi".
A tale ragione si deve aggiungere che anche la giurisprudenza ha escluso tale possibilità (Cfr. Cass. pen.
Sez. V, 07-02-2006, n. 14302).
Vi è, però, da osservare e ritenere che il parallelismo svolto sino ad ora fra la condotta che si va studiando e la previsione dell’art. 586 c.p. possa suggerire un ambito applicativo diverso.

3) UNA IPOTESI NORMATIVA

Un’ipotesi di norma che presenti precisi caratteri deve consistere dei seguenti elementi.

1. Si deve prevedere la punibilità della condotta illecita ipotizzata, configurando la stessa come rientrante nella categoria dei reati dolosi.
E’, infatti, necessario dare predominanza al profilo psicologico che attiene al condurre un veicolo in evidente e consapevole stato di alterazione per ingestione di alcool o stupefacenti.

2. Deve essere qualificata la condotta di guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di stupefacenti (artt. 186 e 187 Cds) come delitto e non già come contravvenzione, venendo in questo modo riconosciuto un adeguato livello di pericolosità sociale della condotta in esame, sopratutto in relazione alle nefaste conseguenze che derivano.
Al contempo, tali reati devono essere qualificati come delitti e sanzionati con pene adeguate alla gravita di tali condotte anche a livello accessorio

3. Deve essere prevista una pena che deve essere ricompresa fra un minimo di 5 ad un massimo di 11 anni per il caso di morte, mentre la pena dovrebbe oscillare fra 1 e 6 anni in caso di lesioni.

4. La tipologia giuridica di delitto, in uno con la natura di reato doloso, e, da ultimo con una proporzionata quantificazione delle pene (che si vedrà infra) determinerà alcune conseguenze processuali e sostanziali di non poco rilievo.

Va segnalato,

 4.1. l’inserimento del reato così previsto nell’ambito previsto dall’art. 380 c.p.p. in tema di arresto obbligatorio in ipotesi di flagranza (ora l’arresto è puramente facoltativo);

 4.2. l’applicabilità ad un simile reato della misura del fermo, ai sensi dell’art. 384 c.p.p., (ora per il caso di trascorsa flagranza, si può tristemente affermare "il principio passata la festa gabbato lo santo");

 4.3. la spinta a che i magistrati possano applicare misure cautelari (allo stato del tutto infrequenti) sull’abbrivio di un giudizio di rilevante allarme sociale che si può riconnettere naturalmente a fatti del genere;

 4.4. i termini prescrizionali aumentano correlativamente all’aumento delle pene, non dovendosi, quindi, temere rischi di inefficacia dei processi penali.

5. Dovrebbe essere, inoltre, prevista la procedibilità d’ufficio per il reato di lesioni, onde sottolineare il disvalore insito nella condotta in esame, foriera di quelle gravi e quasi patologiche conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.


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Un’ipotesi di previsione normativa potrebbe essere, pur con tutte le cautele del caso la seguente
Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore, versando in stato di alterazione, dovuta ad assunzione di sostanze stupefacenti od alcooliche, cagioni, con violazione delle norme sulla circolazione stradale a seguito di collisione fra veicoli od investimento di persone, la morte di una persona è punito, a titolo di dolo eventuale, con la reclusione da 5 ad 11 anni.
Se dai fatti di cui al comma 1 ° derivano a terzi lesioni personali, la pena è della reclusione da 1 a 6 anni, e si procede d’ufficio.


© asaps.it
Sabato, 20 Ottobre 2007
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