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1) IL REGIME ATTUALE
Attualmente la persona che,
trovandosi alla guida di un autoveicolo o motoveicolo, in stato di ebbrezza
alcoolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, provochi un incidente
stradale cui consegua la morte od il ferimento di terze persone, risponde a titolo
di colpa del proprio gesto.
In buona sostanza all’agente
verrà contestata o l’ipotesi di cui all’art. 589 co. 2° c.p. (in caso di morte) o l’ipotesi di cui all’art. 590 c.p. (in caso di lesioni, solo nell’eventualità che la parte offesa
sporga querela entro novanta giorni dall’evento).
A tali imputazioni potrà essere affiancata o la contestazione dell’art. 186 Cds
o quella dell’art. 187 Cds a seconda della tipologia della sostanza
indebitamente assunta.
La condotta dell’agente viene punita sotto il profilo esclusivamente e
puramente colposo, cioè si ritiene che l’incidente stradale sia stato determinato da una responsabilità che si fonda su di una colpa del soggetto.
Le conseguenze letali o lesive manifestatesi non sono, quindi, state volute
dall’agente né preventivamente, né in corso di verificazione dei fatti.
La colpa consiste principalmente (ai sensi dell’art. 43 co. 1 terza parte c.p.) nell’ “imprudenza” oppure nell’ “inosservanza
di leggi o regolamenti”.
2) LE RAGIONI DELL’INADEGUATEZZA
DEL REGIME ATTUALE
PREMESSA
Chi si pone al volante dopo
avere coscientemente assunto alcool o stupefacenti (in special modo droghe
pesanti, perché il singolo spinello, per dimostrazione scientifica, non da
alterazioni rilevanti) compie un atto volontario.
Il sapere di non essere nelle migliori e corrette condizioni di guida e
contestualmente volere mettersi al volante concretizza un comportamento doloso
assolutamente rilevante, perché il soggetto non può ignorare che le sostanze
assunte sono fortemente idonee ad alterare la di lui capacità di conduzione di
un veicolo nel traffico.
Non basta, dunque, invocare o punire la negligenza, l’imprudenza o l’imperizia,
perché se è vero che il soggetto non vuole provocare l’incidente, né,
tantomeno, vuole cagionare le conseguenze lesive gravi che ne possono derivare
a terzi, è altrettanto vero, che il soggetto assume volontariamente una
condizione propedeutica al provocare la situazione non voluta, consapevole dell’esistenza
di un divieto di legge.
LA ESISTENZA DI UNA PROGRESSIONE
CRIMINOSA.
La situazione descritta è quindi
caratterizzata
da una condizione di
consapevolezza della propria condizione di illiceità (l’avere assunto sostanze
proibite) e del divieto di condurre in tale stato un veicolo,
2. da una situazione di errore colposo nello svolgimento dell’attività di
guida.
Come affermato, le fasi dell’evoluzione psicologica del soggetto - sotto il
profilo sostanziale - sono due, l’una dolosa, l’altra colposa, giacché è chiaro che la conseguenza lesiva che la condotta del conducente del veicolo provoca
a terzi non è voluta.
In quest’ottica, dunque si è in presenza di una condotta (il bere od il
drogarsi) che, associata, al condurre un veicolo a motore, assume veste di
reato doloso e si pone, come detto, quale elemento propedeutico o prodromico
eziologicamente rilevante rispetto a precise conseguenze fattuali e giuridiche
(incidente stradale con lesioni o morte).
Si deve escludere che una simile progressione criminosa possa rientrare nello stereotipo di cui all’art. 586 c.p..
E’, infatti, evidente che, allo stato, la natura di contravvenzioni, elemento che caratterizza geneticamente sia l’ipotesi
di cui all’art. 186 che all’art. 187 Cds, non permetterebbe affatto di poter
fare rientrare le condotte punite, con tali norme, nel novero di quei
presupposti di fatto richiamati dall’art. 586 c.p. e cioè nella categoria dei
"delitti dolosi".
A tale ragione si deve aggiungere che
anche la giurisprudenza ha escluso tale possibilità (Cfr. Cass. pen.
Sez. V, 07-02-2006, n. 14302).
Vi è, però, da osservare e ritenere che il parallelismo svolto sino ad
ora fra la condotta che si va studiando e la previsione dell’art. 586 c.p.
possa suggerire un ambito applicativo diverso.
3) UNA IPOTESI NORMATIVA
Un’ipotesi di norma che presenti
precisi caratteri deve consistere dei seguenti elementi.
1. Si deve prevedere
la punibilità della condotta illecita ipotizzata, configurando la stessa come
rientrante nella categoria dei reati dolosi.
E’, infatti, necessario dare predominanza al profilo psicologico che
attiene al condurre un veicolo in evidente e consapevole stato di alterazione
per ingestione di alcool o stupefacenti.
2. Deve essere qualificata la condotta di guida in stato di
ebbrezza o sotto effetto di stupefacenti (artt. 186 e 187 Cds) come delitto e
non già come contravvenzione, venendo in questo modo riconosciuto un adeguato
livello di pericolosità sociale della condotta in esame, sopratutto in
relazione alle nefaste conseguenze che derivano.
Al contempo, tali reati devono essere qualificati come delitti e sanzionati con
pene adeguate alla gravita di tali condotte anche a livello accessorio
3. Deve essere prevista una pena che deve essere ricompresa
fra un minimo di 5 ad un massimo di 11 anni per il caso di morte, mentre la
pena dovrebbe oscillare fra 1 e 6 anni in caso di lesioni.
4. La tipologia
giuridica di delitto, in uno con la natura di reato doloso, e, da ultimo con
una proporzionata quantificazione delle pene (che si vedrà infra) determinerà
alcune conseguenze processuali e sostanziali di non poco rilievo.
Va segnalato,
4.1. l’inserimento del reato così previsto nell’ambito previsto
dall’art. 380 c.p.p. in tema di arresto obbligatorio in ipotesi di flagranza
(ora l’arresto è puramente facoltativo);
4.2. l’applicabilità ad un simile reato della misura del fermo,
ai sensi dell’art. 384 c.p.p., (ora per il caso di trascorsa flagranza, si può
tristemente affermare "il principio passata la festa gabbato lo
santo");
4.3. la spinta a che i magistrati possano applicare misure
cautelari (allo stato del tutto infrequenti) sull’abbrivio di un giudizio di
rilevante allarme sociale che si può riconnettere naturalmente a fatti del
genere;
4.4. i termini prescrizionali aumentano correlativamente all’aumento
delle pene, non dovendosi, quindi, temere rischi di inefficacia dei processi
penali.
5. Dovrebbe essere, inoltre, prevista la procedibilità d’ufficio
per il reato di lesioni, onde sottolineare il disvalore insito nella condotta
in esame, foriera di quelle gravi e quasi patologiche conseguenze che sono
sotto gli occhi di tutti.
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Un’ipotesi di previsione
normativa potrebbe essere, pur con tutte le cautele del caso la seguente Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore, versando in
stato di alterazione, dovuta ad assunzione di sostanze stupefacenti od
alcooliche, cagioni, con violazione delle norme sulla circolazione stradale a
seguito di collisione fra veicoli od investimento di persone, la morte di una
persona è punito, a titolo di dolo eventuale, con la reclusione da 5 ad 11
anni. Se dai fatti di cui al comma 1 ° derivano a terzi lesioni personali,
la pena è della reclusione da 1 a 6 anni, e si procede d’ufficio.
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