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Articoli 23/10/2007

Ricorso al prefetto: l’ordinanza ingiunzione è nulla se l’amministrazione non prova di aver convocato il trasgressore per l’audizione

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Foto Blaco

Il prefetto deve ascoltare il trasgressore prima di emettere l’ordinanza ingiunzione che segue al mancato accoglimento di un ricorso stradale. Inoltre ha il dovere di sottoscrivere l’atto sanzionatorio di suo pugno. Questa regola, ultimamente ribadita dalla Cassazione con la sentenza 4861/2007, mette al centro del sistema il contravventore ed il suo diritto di difesa a scapito della speditezza della macchina burocratica. Inutile dire che la vicenda parte da un verbale per velocità, tra le migliaia che gli organi di controllo stradale della Capitale recapitano ogni anno al domicilio dei tanti trasgressori. E spesso, complice una giurisprudenza piuttosto ballerina, proprio contro questo tipo di rilevazione sono frequenti, per ovvi motivi, i ricorsi alla giustizia ordinaria oppure al prefetto: la sanzione è elevata, i punti un vero guaio perderli ed alla fine l’opposizione davanti al giudice di pace non costa proprio nulla. Il nostro trasgressore romano, però, probabilmente sicuro del fatto suo, aveva scelto la strada più impervia e, pur rischiando di pagare il doppio della sanzione in caso di insuccesso, ha fatto ricorso al prefetto, che però gli ha dato torto. Così, senza troppi convenevoli, in luogo della sperata archiviazione, aveva ricevuto un’ordinanza ingiunzione, atto oltre il quale - salvo ulteriore ricorso al giudice - resta solo la riscossione coatta. La speditezza del procedimento, però, a sommesso avviso del trasgressore, tralasciava qualcosa d’importante che, peraltro, aveva a che fare col suo sacrosanto diritto di difesa. Secondo lui, infatti, a mente degli artt. 18 comma 2 e 23 della legge 689/81, 204 del D.lgs. 285/92, prima di decidere, il prefetto avrebbe dovuto convocarlo per sentirne le ragioni, così come aveva richiesto. Oltretutto, si era consumata a suo danno una antipatica beffa: sull’atto di ingiunzione, infatti, era stampigliata in maniera preconfezionata una formuletta di stile che dava per garantito proprio ciò che la prefettura aveva omesso di assicurare durante l’istruttoria, cioè la convocazione del trasgressore. Non solo, ma a proposito di snellezza della burocrazia, l’ordinanza ingiunzione, invece che dal prefetto, era stata firmata da chissà chi, ad onta della rigida disciplina che regola la materia. Snobbato due volte, il trasgressore romano decideva di giocarsi un’altra briscola, portando la questione avanti al giudice di pace. Beh, sorprendetevi se volete, ma il giudice gli ha dato torto. Eppure si parlava di diritto di difesa, pur tuttavia, anche se in maniera mediata, si questionava sull’autovelox: due materie “ghiotte” per la giurisprudenza onoraria, spesso alquanto creativa su certi argomenti. Ma qui il giudice si è allineato all’autorità amministrativa validandone l’operato e rigettando, conseguentemente, il ricorso. Per quanto concerne la doverosa audizione, a sopire le proteste del ricorrente era bastata la prova (indiretta) dell’avvenuto invito, risultane da una apposita notazione - sia pure prestampata - sul provvedimento di ingiunzione. In ordine alla firma, poi, il giudice ha negato che dovesse essere necessariamente vergata dal prefetto in persona, poiché non poteva recarsi in dubbio che l’atto provenisse dall’Ufficio Territoriale di Governo competente per territorio. L’ultima parola, infine, con piena soddisfazione del ricorrente è giunta dalla Cassazione cui il trasgressore ha fatto ricorso con a speranza di rimettere ordine nella questione. La sentenza (1 marzo 2007, n. 4861) si diffonde per poco più di una paginetta, articolando un ragionamento lineare su tutti e due i punti contestati. Punto primo: il giudice di pace ha sbagliato avendo dato per scontato che l’invito per l’audizione fosse stato regolarmente recapitato al trasgressore. Non bastava rilevare che nell’ordinanza ingiunzione, con una formula di stile, si menzionasse questo adempimento. A fronte della contestazione sollevata dal trasgressore, invece, incombeva sulla P.A. l’onere di provare che il ricorrente era stato all’uopo convocato; e che la convocazione fosse pervenuta a conoscenza del medesimo. Quindi, in giudizio, la prefettura avrebbe dovuto esibire la ricevuta della raccomandata, oppure una relata di notifica con tanto di sottoscrizione del ricevente, insomma un mezzo certo di conoscenza a fronte del quale, se il trasgressore non si fosse presentato ne avrebbe dovuto accettare le conseguenze negative. Invece, non solo la P.A. non aveva allegato prove in giudizio, ma non aveva nemmeno in alcun modo indicato i motivi che avevano determinato la sua convinzione dell’avvenuta convocazione del trasgressore. Vale peraltro la pena di ricordare, che l’obbligo di audizione da parte di chi ne abbia fatta preventiva richiesta è ribadito dallo stesso Mistero dell’Interno con circolare M/2413-10 dell’8 maggio 2001. Tanto per rispolverare la disciplina, ricordiamo che - per conferire la massima importanza al diritto di partecipazione del trasgressore - l’audizione può essere effettuata sia prima che dopo la ricezione delle deduzioni tecniche provenienti dall’organismo di polizia che ha proceduto. Anzi, in questo modo, è stato osservato (G. Protospataro, 2007) il prefetto può ascoltare le doglianze del ricorrente senza essere condizionato dalle deduzioni dell’accertatore. Sulla obbligatorietà dell’audizione del ricorrente che ne abbia fatto richiesta, del resto, la Cassazione era già intervenuta (sen. 7.10.1996, n. 8758), stabilendo che l’omissione costituisce violazione di legge tale da rendere illegittimi il procedimento e, conseguentemente, l’ordinanza ingiunzione. Sul fatto che la mancata audizione produca una nullità insanabile, del resto, la Corte non ha mai lasciato adito a dubbi (Cass. civ. sez. I, sent. 4.4.1990, n. 2792; Cass. civ. sez. I, sent. 16.5.1990, n. 4266; Cass. civ. sez. I, sent. 24.8.1998, n. 8408). Infine, il Ministero dell’Interno, con la direttiva già citata datata 2001, ha rammentato ai prefetti, tanto il carattere essenziale dell’adempimento di cui trattasi (che mira alla definizione della lite in via amministrativa), quanto l’insanabilità del relativo vizio di procedimento che, come poi sottolineerà anche la Cassazione (sent. 21.7.2004, n. 13505), è rilevabile d’ufficio dal giudice dell’opposizione. Nel caso dell’automobilista romano, il giudice di pace, non solo non aveva rilevato d’ufficio la mancata audizione, ma addirittura non aveva acquisito in giudizio la prova dell’adempimento da parte dell’amministrazione chiamata in causa proprio su questo vizio di forma di sostanza insieme. Secondo punto: la firma avrebbe dovuto essere apposta dal prefetto. Il Giudice di Pace, infatti - rileva la Cassazione - non ha tenuto conto che la legge, attribuendo il potere di emettere l’ordinanza-ingiunzione al Prefetto (art. 204 C.D.S.) consente, in caso di mancata sottoscrizione autografa dell’atto da parte dello stesso, che essa possa essere effettuata da persona abilitata per legge a sostituirlo, o da persona a ciò delegata da chi ne ha il potere. È necessario, perciò, ai fini dell’imputabilità dell’atto al Prefetto, che sia dichiarata l’esistenza del provvedimento che legittimi la sostituzione e la provenienza del soggetto cui è stato attribuito il relativo potere. Di conseguenza, in mancanza di detti elementi di forma ed in presenza della contestazione di controparte, ove la dimostrazione non sia altrimenti acquisita al processo, l’atto non può essere attribuito al Prefetto (Cass. 4425/94). Del resto che a firmare debba essere la predetta autorità è scritto nelle stesse istruzioni del Ministero riprese poi dalla giurisprudenza di legittimità. A sostituire il prefetto in questa pratica, senza necessità di alcuna delega formale, può essere solo il vice prefetto vicario (Cass. n. 1522/1974; n. 209/1974; 464/1976). Ne discende, come già molta giurisprudenza aveva indicato (Cass. 3031/87), che l’ordinanza ingiunzione emessa da un altro vice prefetto (non vicario), oppure da un altro funzionario in assenza di un’espressa delega, è radicalmente nulla per assoluta carenza di potere. In sostanza, diritto di partecipazione e sicura provenienza dell’atto sanzionatorio dal rappresentante locale del Governo, sono due garanzie irrinunciabili, su cui la Cassazione non transige.

* Funzionario della Polizia di Stato e Docente di Politiche della Sicurezza Presso l’Università di Bologna

da  Il Centauro n.115

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di Ugo Terracciano*

Martedì, 23 Ottobre 2007
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