Ai sensi
dell’art. 81 del reg. C.d.S. i segnali di prescrizione devono essere installati
in corrispondenza o il più vicino possibile al punto in cui inizia la
prescrizione. Nel concetto di prossimità rientra la collocazione di un cartello
di divieto a nove metri di distanza dal punto interessato dalla prescrizione
(nella specie, divieto di sosta) in quanto nove metri rappresentano una
distanza minima sicuramente riconducibile al concetto di "più vicino
possibile" espresso dalla pertinente normativa. Tale distanza, inoltre, e’
funzionale alla necessità d’adeguato preavviso dell’inizio del divieto.
CASSAZIONE
CIVILE, Sezione II, Sentenza n. 19683 del 24/09/2007
FATTO E
DIRITTO
Il
Comune di Trapani impugna per cassazione la sentenza 23 dicembre 2004 con la
quale il Giudice di pace del luogo, su ricorso in opposizione proposto da
Salvatore B., ha annullato il verbale di contestazione n. 102133 redatto il 18
marzo 2004 dalla polizia municipale a carico del detto opponente per violazione
dell’art. 7, comma 1, C.d.S.
Parte intimata non svolge attività difensiva.
Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale fa pervenire
requisitoria scritta nella quale conclude chiedendo il rigetto del ricorso
siccome manifestamente infondato, sulla considerazione dell’insindacabilità
delle valutazioni operate in fatto dal giudice del merito.
Tale conclusione non può essere condivisa ed, al riguardo, devesi considerare
che l’inammissibilità della pronunzia in camera di consiglio e’ ravvisabile
solo ove la Suprema Corte ritenga che non ricorrano le ipotesi di cui al primo
comma dell’art. 375 c.p.c., ovvero che emergano condizioni incompatibili con
una trattazione abbreviata, nel qual caso la causa deve essere rinviata alla
pubblica udienza; ove, per contro, la Corte ritenga che la decisione del
ricorso presenti aspetti d’evidenza compatibili con l’immediata decisione, ben
può pronunziarsi per la manifesta fondatezza dell’impugnazione, anche nel caso
in cui le conclusioni del P.G. fossero, all’opposto, per la manifesta
infondatezza, e viceversa (Cass. 11 giugno 2005, n. 12384; 3 novembre 2005, n.
21291, SS.UU.).
Nella specie, al B. era stato contestato di aver lasciato la propria
autovettura in sosta, non consentita nel giorno dell’accertamento, su strada
interessata da divieto in giorni determinati per le operazioni di pulizia,
divieto imposto con ordinanza sindacale 13 febbraio 2004, n. 48.
Il Giudice di pace - dato atto che l’opponente aveva parcheggiato la propria
autovettura nella strada e nel periodo di tempo riconducibili all’ordinanza
suddetta - facendo riferimento all’art. 81 del reg. C.d.S., dal quale si
stabilisce "I segnali di prescrizione devono essere installati in
corrispondenza o il più vicino possibile al punto in cui inizia la prescrizione",
ha ritenuto che, nel caso al suo esame, la collocazione del cartello di divieto
a nove metri di distanza dal punto interessato dalla prescrizione non fosse da
considerare "prossimo o vicino alla zona di divieto" e fosse
inidoneo, quindi, ad imporre la prescrizione stessa.
Tale valutazione, se pure di fatto e rimessa, pertanto, al giudice del merito,
e’, all’evidenza, del tutto irrazionale, del che fondatamente si duole il
ricorrente ed e’ per questo che non e’ condivisibile l’opinione espressa dal
P.G., dacché e’ del tutto evidente che non solo nove metri rappresentano una
distanza minima sicuramente riconducibile al concetto di "più vicino
possibile" espresso dalla pertinente normativa, ma anche che tale distanza
e’ funzionale alla necessità d’adeguato preavviso dell’inizio del divieto.
Non trattasi, dunque, da parte del giudice a quo, di valutazione discrezionale
del fatto, ma d’erronea interpretazione della norma applicata e, comunque, di
motivazione irrazionale, suscettibile di censura in sede di legittimità, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
L’impugnata sentenza va annullata, peraltro senza rinvio, potendosi decidere
della vertenza allo stato degli atti in questa sede ex art. 384 c.p.c. e
respingere nel merito l’originaria opposizione.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza per il giudizio
di legittimità mentre, per quello di merito, non v’ha luogo a provvedere
essendosi l’Amministrazione costituita a mezzo di funzionario e non avendo
depositato la nota delle spese vive liquidabili.
P.Q.M.
La
Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e, decidendo
nel merito, respinge l’originaria opposizione; condanna B. Salvatore alle spese
del giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed in Euro
400,00 per onorari oltre ad accessori di legge.
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