Le foto segnaletiche di Salvatore Lo Piccolo e del figlio
PALERMO - Arrestati i boss latitanti
Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Padre e figlio sono finiti in manette in una
villetta a Giardinello, tra Cinisi e Terrasini, nel palermitano. Salvatore Lo
Piccolo, latitante dal 1983, era ritenuto al vertice di Cosa Nostra
palermitana. Dopo l’arresto di Bernardo Provenzano, infatti, avrebbe assunto il
controllo dell’organizzazione criminale contendendo la leadership a Matteo
Messina Denaro, boss latitante del trapanese.
Con loro sono stati arrestati anche i latitanti Gaspare Pulizzi e Andrea Adamo.
Il primo è reggente di Brancaccio il secondo di Carini. Tutti inseriti fra i 30
maggiori ricercati d’Italia. I quattro erano impegnati in una riunione fra
boss. Le manette sono scattate anche per altri due favoreggiatori. La notizia è
arrivata mentre a Palermo si celebra la ’Giornata della memoria’ in ricordo di tutte
le vittime della mafia.
I Lo Piccolo sono stati arrestati in una villetta in cemento totalmente
ammobiliate. Al contrario di Bernardo Provenzano, che viveva in un casolare
immerso nelle campagne, i due boss erano in appartamenti veri e propri, anche
se periferici, vicino al mare. E per le indagini è stato decisivo il contributo
di un nuovo pentito, Francesco Franzese, che è stato il fiduciario del boss nella
gestione delle estorsioni.
Franzese è stato arrestato lo scorso 2 agosto dagli uomini della Catturandi in
una villetta alla periferia della città. Allora gli agenti credevano di
arrivare con quel blitz a Lo Piccolo, invece trovarono Franzese, anche lui
latitante, ma uomo di fiducia del padrino. Nella sua abitazione i poliziotti
hanno trovato pizzini e indicazioni utili per ricostruire la cosca.
Il blitz ha impegnato circa quaranta agenti della sezione Catturandi della
squadra mobile, la stessa che ha messo le manette a Bernardo Provenzano. I
poliziotti hanno fatto irruzione nella villetta dopo aver circondato la casa in
cui si trovavano i quattro latitanti, che erano riuniti nel garage. Erano tutti
armati. Gli agenti hanno pure sparato alcuni colpi di arma da fuoco. Durante le
fasi concitate della cattura Sandro è uscito dalla casa in lacrime urlando più
volte "ti amo papà". I due sono rimasti barricati per qualche minuto
nella villetta. Nel covo sono stati trovati documenti, denaro e armi.
In particolare in un borsone i poliziotti hanno trovato otto pistole. Tra
queste: una è in dotazione alle forze di polizia, l’altra ha la matricola
abrasa e una terza ha il silenziatore. Rinvenute anche numerose agende zeppe di
appunti, soldi, e alcuni "pizzini" recuperati in bagno. Nella
villetta c’è un cane meticcio di colore bianco di grossa taglia molto
tranquillo. E’ accucciato e guarda i poliziotti svolgere il loro lavoro.
Il volto di Salvatore Lo Piccolo è differente da quello ricostruito
dall’identikit che era stato effettuato durante le indagini su indicazione di
alcuni collaboratori di giustizia. Il capomafia ha la barba incolta, veste
casual, e indossa un giubbotto di pelle. Il figlio del boss, Sandro Lo Piccolo,
ricercato da dieci anni, somiglia molto all’ultima foto di cui erano in
possesso gli investigatori. Ha i capelli corti e il volto rasato.
Lo Piccolo, 65 anni, detto "il Barone", era ricercato dal 1983. A
catturarlo è stata la polizia, che lo ha individuato nella villa assieme al
figlio Sandro, 32 anni, latitante da 9. A carico di Salvatore Lo Piccolo
pendevano 8 ordinanze di custodia cautelare. Imprenditore edile, aveva
cominciato la sua carriera di mafioso come guardaspalle e autista del ’padrino’
di San Lorenzo, Rosario Riccobono, poi soppresso con il metodo della ’lupara
bianca’ durante la guerra di mafia degli anni ’80.
Il suo potere si era via via esteso, fino ad abbracciare una vasta parte della
provincia occidentale di Palermo. Dopo l’arresto di Provenzano, la sua figura
era ulteriormente emersa come il nuovo riferimento dei clan palermitani, anche
in virtù delle alleanze negli Usa che il boss latitante aveva coltivato e
rilanciato.
Sandro Lo Piccolo, braccio destro del padre, era sfuggito alla cattura nel 1998
durante un blitz della polizia, che lo aveva intercettato nella borgata
marinara di Mondello, nel cuore del suo ’regno’, e da allora era ricercato.
Anche gli altri due capimafia catturati nell’operazione, Andrea Adamo e Gaspare
Pulizzi, vengono indicati dagli investigatori come boss di prima grandezza.
Adamo sarebbe il nuovo reggente del rione Brancaccio, tradizionale feudo di
Cosa Nostra, mentre Pulizzi controllerebbe il paese di Carini. Il primo è un
commerciante, Pulizzi è invece indicato come vivandiere e portaordini dei Lo
Piccolo.
Le indagini che hanno portato all’operazione che ha consentito l’arresto dei
boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, di Andrea Adamo e Gaspare Pulizzi, è stata
condotta dai pm Nico Gozzo, Gaetano Paci e Francesco Del Bene. L’inchiesta è
stata coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Morvillo.
"Siamo tutti soddisfatti per l’arresto di Salvatore e Sandro Lo
Piccolo", ha detto il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo.
"Dall’arresto dei due - ha detto il capo del pool antimafia - ci
attendiamo la disarticolazione dell’apparato criminale sul territorio. I due
grandi latitanti erano punto di riferimento dei capimafia che esercitavano il
controllo sull’apparato economico. Adesso ci attendiamo una conseguenza
positiva anche sul piano della possibilità della collaborazione dei
cittadini".
"E’ un risultato straordinario che dimostra che questo non è un ufficio
allo sbando e che il pool antimafia è pienamente operante - ha detto il pm
palermitano Gaetano Paci -. Ovviamente - ha aggiunto - alla polizia di Stato va
il merito di avere portato a compimento una brillante operazione".
"Si tratta di un successo dello Stato, della legalità civile e di tutti i
cittadini onesti". Il premier Romano Prodi, appresa la notizia, ha inviato
al capo della polizia, Antonio Manganelli un messaggio di congratulazioni
"per il brillante risultato conseguito nell’importante operazione che ha
portato all’arresto di quattro esponenti di spicco della criminalità
organizzata siciliana".
"E’ un risultato importante - ha sottolineato il ministro dell’Interno
Giuliano Amato - perché dopo le operazioni che hanno portato all’arresto di
Provenzano e poi dei suoi più stretti collaboratori, dimostriamo di riuscire a
colpire ripetutamente i vertici di Cosa nostra. E nessuna organizzazione può
sopravvivere a lungo ritrovandosi continuamente senza i propri vertici".
Da Repubblica.it del 5 novembre 2007
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