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Articoli 06/05/2005

I traumi della strada

 

I traumi della strada

di Antonia Liaci *

I più recenti dati statistici indicano che i traumi causati da incidenti stradali interessano per il 77% l’apparato locomotore; quelli che portano a morte sono per il 68 % traumi dell’addome e del torace, e per il 35% lesioni del cranio.
Tali percentuali si sono capovolte rispetto a solo pochi anni fa, quando era il trauma cranico a causare almeno la metà dei decessi; questo in seguito all’utilizzo sempre più ampio, nella progettazione e costruzione dei veicoli, di avanzati strumenti tecnologici finalizzati alla sicurezza.
Per definizione, il trauma è un’alterazione prodotta da una causa lesiva di natura meccanica, ed il meccanismo lesivo può essere diretto ed indiretto. Le lesioni possono essere, infatti, provocate da un urto contro le parti interne del veicolo oppure dovute a fattori di accelerazione e decelerazione.
In rapporto alla gravità del danno riportato, le lesioni si possono distinguere in:
1) lesioni severe, che minacciano immediatamente la vita, costituiscono il 15% di tutte le lesioni, ma sono responsabili del 50% delle morti traumatiche;
2) lesioni urgenti, che non minacciano immediatamente la vita, ma possono minacciarla o esitano in invalidità significativa, e comprendono il 10-15% di tutte le lesioni;
3) lesioni non urgenti, che non minacciano direttamente la vita, e non presentano rischio di invalidità permanente.
Fortunatamente, queste rappresentano l’80% di tutte le lesioni.
In scontri frontali, ribaltamenti e sbandamenti le lesioni sono dovute quasi sempre alla rapida ed improvvisa decelerazione del corpo, che, per elevate velocità, può provocare anche gravi lesioni interne come strappi del pericardio e dell’aorta, e rotture dell’intestino.
Nei tamponamenti è, invece, frequente la lesione da colpo di frusta del rachide cervicale, poiché il capo per inerzia si sposta violentemente all’indietro e poi rimbalza in avanti; il trauma può determinare anche lo strappo dei legamenti o la sezione delle strutture ossee e midollari del collo. A livello del capo si possono riscontrare fratture del cranio e del viso (frattura della mandibola, del naso, rottura di denti) per urto contro il cruscotto o il parabrezza, lesioni della laringe per schiacciamento del collo, lesioni del torace e dell’addome per urto contro il volante. Le lesioni agli arti inferiori comprendono la lussazione dell’anca e la frattura della rotula per urto contro il cruscotto e la lussazione della caviglia per violenta pressione sul pedale del freno.
Generalmente le lesioni sono meno gravi nel guidatore rispetto al passeggero che gli sta seduto accanto, perché il guidatore di solito percepisce prima quanto sta per accadere, ed in qualche modo cerca di ripararsi, magari aggrappandosi al volante.
Nei passeggeri posteriori, invece, si verificano raramente lesioni della faccia per urto contro lo schienale dei sedili anteriori, mentre è molto frequente la lussazione del gomito, dovuta all’arresto improvviso del veicolo. Anche il cattivo uso delle cinture di sicurezza e dell’airbag può causare lesioni da cruscotto ad ossa, articolazioni ed organi interni. Se la fascia trasversale della cintura non appoggia contro il bacino il più in basso possibile, il passeggero, anziché essere trattenuto, scivola in avanti sotto la cintura, ed urta il ginocchio contro il cruscotto, arrivando, in caso di impatti violenti, anche a fratture o lussazioni di tibia e femore. Se la fascia trasversale della cintura risale troppo in alto, può provocare anche rottura o spappolamento di organi addominali e fratture della colonna vertebrale. La fascia obliqua della cintura posizionata bene al centro della spalla evita l’urto del torace e della testa contro il volante e il cruscotto e contro l’airbag, ma se è troppo vicina al collo può ledere arterie e nervi e fratturare la clavicola.
L’airbag, invece, in caso di urto senza cintura di sicurezza, si comporta come un vero e proprio corpo contundente, provocando lesioni facciali nei casi più lievi. Se l’urto è molto violento, il passeggero rimbalza contro l’airbag e viene proiettato indietro con la testa contro il soffitto dell’abitacolo.
L’alta velocità è causa, tra gli altri, dei traumi da intrusione, che si verificano quando un violento urto frontale sospinge il motore verso l’abitacolo, cosicché il cruscotto e le parti meccaniche invadono l’abitacolo e schiacciano il passeggero. In questi casi frequentemente si verificano la frattura della rotula e della tibia, e la lussazione posteriore del ginocchio, nonché fratture e lussazioni di piede e caviglia, che rimangono incarcerati tra i pedali.
Questo dimostra che la tecnologia correttamente utilizzata è di aiuto nel ridurre le conseguenze di un incidente automobilistico, ma serve a poco ad altissima velocità.
Nei motociclisti coinvolti in incidenti stradali, la mortalità per trauma cranico è nettamente superiore in coloro che non indossano il casco. Da lesioni in zone circoscritte del cervello o del tronco encefalico possono derivare, inoltre, deficit motori, percettivi, psicologici e comportamentali anche permanenti.
Negli scontri il motociclista è soggetto a dinamiche sovrapponibili a quella dell’eiezione di un’automobilista dal veicolo, che comprendono meccanismi di decelerazione ed impatto, e l’azione della forza centripeta. I motociclisti più esperti, al momento dell’impatto, spesso volontariamente si lanciano o si lasciano cadere dalla moto, facendola proseguire da sola. In questo caso, la maggior parte delle lesioni si verificano a livello del bacino e della colonna lombo-dorsale. Per prevenire questi danni si sta studiando una sorta di "zaino-airbag" che, in caso di caduta all’indietro, si gonfierebbe in pochi decimi di secondo. La maggior parte degli incidenti, secondo i dati ISTAT, avviene per errore del conducente da disattenzione, alta velocità, stanchezza e infrazioni delle più elementari norme del codice stradale (91,3% dei casi), seguono, in bassa percentuale, i guasti al veicolo e le condizioni ambientali. Da ciò la centralità della prevenzione nella lotta alla traumatologia stradale, ma non bisogna dimenticare che la mortalità ed invalidità associata al trauma dipendono dalla qualità del soccorso. L’andamento trimodale della mortalità per trauma rende fondamentale l’intervento qualificato nella prima ora dal momento dell’evento traumatico, la cosiddetta “golden hour".
La morte per trauma riconosce, infatti, tre diversi livelli: le morti immediate (nell’arco di alcuni minuti), che rappresentano il 50% dei decessi e sono legate a lesioni spinali, del cranio e dei grossi vasi sanguigni; le morti precoci (nell’arco di ore) rappresentano il 30-35% dei decessi e sono legate a lesioni di torace, organi parenchimatosi, bacino e visceri; le morti tardive (nell’arco di una-due settimane) rappresentano il 15-20% dei decessi e sono legate a sepsi ed insufficienza multipla d’organo.
Il soccorso pre-ospedaliero qualificato assume, perciò, grande importanza, ed implica una buona organizzazione del sistema di soccorso e personale in grado di valutare la gravità delle lesioni e le priorità di intervento, e di compiere manovre di rianimazione avanzata sul terreno.
La capacità di intervento della struttura ospedaliera è, invece, limitata al secondo e terzo livello, dove la centralizzazione dei gravi politraumatizzati in strutture ad alta specializzazione si associa  ad un miglioramento della prognosi e ad una riduzione della mortalità. 


* Medico Capo della Polizia di Stato
Questura di Ragusa.

 

 

di Antonia Liaci

da "Il Centauro n. 94"
Venerdì, 06 Maggio 2005
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