Ai
fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, l’effettiva presenza sul
territorio nazionale può essere dimostrata con attestati di vaccinazione,
certificati medici in generale, certificazione scolastica, ecc... E’
quanto statuisce la circolare del Ministero dell’Interno, Dipartimento per le
libertà civili e l’immigrazione, del 7 novembre 2007, che fissa i criteri
interpretativi per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli
stranieri nati in Italia, i quali divenuti maggiorenni chiedono l’acquisto
della cittadinanza dello Stato dove sono cresciuti ed hanno frequentato le
scuole, conseguendo regolari titoli di studio. La
circolare premettendo che il periodo di residenza utile per l’acquisto della
cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572,
è quello di "residenza legale", richiama la necessità a carico
dell’interessato di dimostrare la sussistenza dei requisiti soggettivi fin
dalla nascita in Italia, quali il possesso di regolare permesso di soggiorno
(annotato su quello dei genitori) e la registrazione nell’anagrafe del Comune
di residenza. Atteso
però, che è stato rilevato da alcuni Comuni, che alcuni genitori stranieri,
sebbene legalmente presenti nel nostro Stato, non hanno provveduto - o lo hanno
fatto in ritardo - all’inserimento nel proprio permesso di soggiorno dei figli
nati in Italia o la loro iscrizione all’anagrafe del Comune di residenza, il
provvedimento, ammette la possibilità che tali requisiti siano dimostrabili da
parte dell’interessato producendo ogni atto idoneo a comprovare la presenza
dello stesso sul territorio nazionale.
(Altalex,
14 novembre 2007. Nota di Gesuele
Bellini)
MINISTERO DELL’INTERNO, Circolare 7 novembre 2007 Dipartimento per le Libertà Civili e L’immigrazione Direzione Centrale per i Diritti Civili, la Cittadinanza a le
Minoranze
OGGETTO: Acquisizione della cittadinanza italiana per gli stranieri
nati in Italia. Art. 4, comma 2, legge 5 febbraio 1992, n. 91.
L’entità
del fenomeno migratorio che ha coinvolto l’Italia negli ultimi anni ha
determinato un consistente aumento di nascite di bambini stranieri che chiedono,
una volta divenuti maggiorenni, di acquistare la cittadinanza dello Stato dove
sono cresciuti ed hanno frequentato le scuole, conseguendo regolari titoli di
studio. L’acquisizione
dello status civitatis del Paese in cui sono nati, del quale si sentono parte
per averne assunto cultura e stile di vita diventa, quindi, il momento
conclusivo di un delicato percorso di pieno inserimento nella collettività. Nei
prossimi anni il vero protagonista dell’integrazione sarà difatti il bambino
figlio di immigrati, chiamato a costruirsi una nuova "identità" a
fronte di due diversi modelli di riferimento, spesso molto distanti tra di
loro, quello ereditato dal Paese di origine e quello offerto dal Paese di
accoglienza, nel quale deve realizzare un completo e positivo inserimento, di
cui la scuola è uno degli elementi cardine. In
considerazione di quanto sopra, assume particolare importanza l’art. 4, comma 2
della legge 5 febbraio 1992, n. 91, che disciplina l’acquisto della
cittadinanza italiana per lo straniero nato in Italia che vi abbia risieduto
legalmente senza interruzioni fino alla maggiore età. Il
periodo di residenza da considerarsi ai fini dell’acquisto della cittadinanza
italiana ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572 è quello di
"residenza legale". Ciò significa che l’interessato deve
dimostrare fin dalla nascita in Italia, il possesso di regolare permesso di
soggiorno (annotato su quello dei genitori) e la registrazione nell’anagrafe
del Comune di residenza. Prima
del compimento del 19° anno il predetto, com’è noto, deve presentare al Comune
competente per residenza la dichiarazione di voler acquistare la cittadinanza
italiana, come prescritto dall’art. 23 della citata legge, allegando a tale
dichiarazione i documenti indicati all’art. 3, comma 4 del D.P.R. 572/93, vale
a dire atto di nascita e documentazione relativa alla residenza. Inoltre
ai sensi dell’art. 14 del predetto D.P.R. 572/1993 le dichiarazioni di volontà
dirette all’acquisizione della cittadinanza italiana devono essere corredate
anche da eventuali altri documenti
necessari a dimostrare che l’aspirante cittadino si trovi nelle condizioni
prescritte dalla legge per il conseguimento del nostro status civitatis. Alcuni
Comuni hanno rilevato - ed il fenomeno è aumentato negli ultimi tempi - che
alcuni genitori stranieri, sebbene legalmente presenti nel nostro Stato, non
hanno provveduto - o lo hanno fatto in ritardo - all’inserimento nel proprio
permesso di soggiorno dei figli nati in Italia o la loro iscrizione
all’anagrafe del Comune di residenza. In
mancanza di tale requisito non è stata ritenuta possibile l’ acquisizione del
nostro status civitatis. Si
è pertanto ritenuto opportuno individuare criteri di applicazione dell’art. 4,
comma 2 e del conseguente art. 1 del D.P.R. 572/93 sopracitati, che meglio
rispondano all’attuale contesto sociale, al fine di evitare che le omissioni o
i ritardi relativi ai predetti adempimenti, spettanti ai soggetti esercenti la
patria potestà e non imputabili al minore, possano arrecargli danno. Quanto
sopra, in armonia con la linea di azione del Governo e con l’orientamento in
ambito internazionale volti alla tutela in via primaria degli interessi del
minore. Alla
luce delle più recenti linee interpretative introdotte con la circolare n.
K.60.1 del 5 gennaio 2007, si precisa quindi che l’iscrizione anagrafica
tardiva del minore presso un Comune italiano, potrà considerarsi non
pregiudizievole ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, ai sensi
dell’art. 4 comma 2 della legge 91/92, ove vi sia una documentazione atta a
dimostrare l’effettiva presenza dello stesso nel nostro Paese nel periodo
antecedente la regolarizzazione anagrafica (attestati di vaccinazione,
certificati medici in generale etc). L’iscrizione
anagrafica dovrà comunque essere ragionevolmente ricollegabile al momento della
nascita e quest’ultima dovrà essere stata regolarmente denunciata presso un
Comune italiano da almeno uno dei genitori legalmente residente in Italia. Se
in periodi successivi alla nascita si rilevassero brevi interruzioni nella
titolarità del permesso di soggiorno, al fine di favorire la possibilità di
dimostrare la permanenza continuativa sul territorio italiano, l’interessato
potrà inoltre produrre documentazione integrativa quale certificazione
scolastica, medica o altro, che attesti la presenza in Italia, come già
richiamato nella citata circolare del gennaio 2007. I
criteri forniti, volti a garantire la positiva conclusione del percorso di
inserimento per i bambini stranieri nati nel nostro territorio, completano
l’orientamento espresso con la circolare K.69/89 del 18 febbraio 1997, che
aveva già indicato le modalità di superamento di alcune omissioni relative alla
regolarizzazione del minore in Italia, ai fini dell’applicazione del citato
art. 4, comma 2.
da
Altalex.it
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