Strada SP76 ad
Asiago: un viadotto altissimo, ma da qui non si cade. Ci sono le reti. (Foto
Raffaella Zampetti)
(ASAPS) TERNI, 26 novembre 2007 – La Corte d’Appello di Perugia
ha confermato, nei giorni scorsi, la condanna a 10 mesi di reclusione per due
funzionari dell’Anas, ritenuti colpevoli dell’omicidio colposo di Marco
Vettori, 27 anni, e Marco Vesprini, di 32. I due giovani, il primo di Amelia
mentre il secondo era di Porto Sant’Elpidio (Ascoli Piceno), il 7 agosto 2000
stavano percorrendo il raccordo Terni-Orte, quando la loro Audi A3 ebbe un
lieve incidente con una Fiat 500. Niente di grave e se la comitiva di amici si
fosse trovata in centro, anziché su una strada a scorrimento veloce ed in piena
notte, tutto si sarebbe concluso con la compilazione di un CID. Invece, la
tragedia era in agguato. Altre auto sopraggiunsero a forte velocità, le frenate
cominciarono a farsi sempre più lunghe e due ragazzi, credendo di mettersi al
riparo, saltarono oltre il guardrail. Storia già vista, dolore già noto. Morti
del tutto inutili. Le vittime non avevano capito di essere su un viadotto, quello
tra le gallerie di Fornaci e
Castelluccio. Marco Vesprini e Marco Vettori caddero nel vuoto per oltre 30 metri, morendo
all’impatto col suolo. I Carabinieri di Narni Scalo e quelli di Terni stilarono
un accurato rapporto dei fatti che dalla Procura arrivò dritto alle aule del
Tribunale: alla sbarra c’erano due funzionari dell’Anas, quelli che avevano la
responsabilità del tratto di strada. I due avrebbero dovuto provvedere a
mettere in sicurezza l’arteria e le sue pertinenze, cosa che in effetti venne
fatta alcuni mesi dopo la tragica fine dei due giovani. Anche questa, è storia
già vista: le morti di questo tipo hanno toccato tutti, soccorritori e
poliziotti compresi. Il buio e la paura possono giocare brutti scherzi e non
sempre si riesce a ragionare quando si sta per essere investiti. La sentenza di
primo grado è stata del tutto confermata dalla Corte d’Appello, che ha
addirittura ordinato il versamento di un risarcimento di 125mila euro a titolo
provvisionale nei confronti delle parti civili, e costituisce oggi un
precedente importantissimo per gli eventi di questo tipo. Poche settimane fa,
anche la Corte
d’Appello di Bologna ha risposto in questi termini giudicando gli imputati di
un caso analogo, aprendo di fatto le porte alla messa in sicurezza delle
campate. La domanda che ci poniamo noi è: ma servivano così tanti morti per
mettere una rete? Quando si è capito che certi salti potevano essere davvero
“mortali”, non si poteva spendere qualche soldo in più e far tornare a casa
tante persone morte così assurdamente? (ASAPS)
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