Chi ha paura del photored? Semafori rossi violati, foto come prove
schiaccianti, multe a non finire, giudici di pace qualcosa di più che
garantisti: la rilevazione automatica dei passaggi a semaforo rosso non finisce
di richiamare polemiche e discussioni, ma intanto il numero delle violazioni è
spaventoso con buona pace di chi si fida ancora del semaforo. Se vogliamo
metterla sul piano del diritto, il semaforo è un segnale variabile, che
prescrive alternativamente, con tempi sincronizzati, su percorsi che si
intersecano, il divieto assoluto di procedere o viceversa il via libera. L’art.
41 del codice stradale lo classifica “lanterne semaforiche veicolari normali”
e chiarisce quel che ai bambini si insegna oramai alla scuola materna: la luce
rossa significa “arresto”, quella gialla “preavviso d’arresto”, la verde “via
libera”. Il meccanismo è piuttosto elementare: chi giunge con la luce verde,
passa confidando che coloro che incrocerebbero la propria traiettoria, come è
doveroso (art. 146 CdS), si siano fermati al rosso. Certo, in ossequio al
principio di massima prudenza, la Cassazione consiglia anche a chi passa col
verde di essere diligente. Dice la Corte: “il conducente che impegna
l’incrocio disciplinato da semaforo, ancorché segnalante a suo favore luce
verde, non è esentato dall’obbligo della diligenza nella condotta di guida, che
pur non potendo essere richiesta nella massima estensione, stante la situazione
di affidamento generata dal semaforo, deve tuttavia tradursi nella necessaria
cautela”. Anche le ragioni per cui il semaforo viene installato sono
piuttosto chiare: regolamentano il passaggio in crocevia dove lasciare un
segnale di dare la precedenza sarebbe pericoloso e mettere lo stop
penalizzerebbe troppo, in condizioni di intenso traffico, una delle direttrici
di marcia. Mettendola sul faceto, diciamo che serve a dare uguaglianza e pari
opportunità al numeroso popolo degli utenti stradali. Siccome il valore,
sotteso alla prescrizione del semaforo rosso, è proverbialmente acquisito nella
coscienza comune (si dice in senso figurato, per indicare la battuta d’arresto,
lo stop alle azioni, l’aut aut), è piuttosto evidente che poche volte la
violazione è involontaria, mentre quasi sempre chi passa lo fa deliberatamente.
Così facendo tradisce tre volte: la regola di diritto, quella di comune buon
senso, ma soprattutto quella per la quale chi arriva col verde vede
tragicamente sgretolarsi, subito dopo aver impegnato l’incrocio, il proprio
affidamento circa il “via libera”. Se vogliamo metterla, poi, sul piano
sociologico (quello delle politiche di sicurezza e di contenimento del danno),
la violazione dell’obbligo di fermarsi col rosso è comportamento deliberatamente
deviante, pericoloso in sé, a prescindere dall’evento che possa derivarne. Il
massimo della devianza l’hanno raggiunto quelli della “roulette russa”, macabro
gioco inventato dal fior fiore della gioventù sulle strade di Rimini e Riccione
nelle notti di sballo. Le modalità, semplici, stupide e criminali: corroborati
da alcool e droghe eccitanti, a turno il concorrente lancia l’auto a forte
velocità su una laterale secondaria incrociando, senza toccare il freno né
guardare, la statale; se non ti uccidi vinci la posta in palio. Una roulette
russa molto più immorale di quella fatta con la pistola, che uccide solo il
giocatore e non anche chi ignaro del pericolo guida sulla strada statale e non
ha alcuna voglia di essere iscritto al macabro gioco a sua insaputa. Il
problema però è che, stando alle ultime rilevazioni statistiche, a passare col
rosso, non sono solo gli sconsiderati del sabato sera, ma una moltitudine di
utenti al di sopra di ogni sospetto, per i quali il semaforo non è più rigida
regola se non quando proietta il verde. Per questo motivo non ci meravigliamo
affatto che la tecnologia abbia cercato di dare un ausilio, dal momento che non
è pensabile tenere un vigile a fianco di ogni impianto semaforico. Chi passa,
così, viene fotografato seduta stante e successivamente multato, e se la
poniamo ancora sul sociologico, non c’è multa più meritata. Su piano del
diritto non è sempre andata così liscia. Gli apparecchi che fotografano e
sanzionano sono finiti ben presto sotto la lente dei giudici territoriali. Un
automobilista beccato dal “photored”, a Castellammare di Stabbia (Na), per
esempio, ha chiesto ed ottenuto dal Giudice di Pace (sentenza 14.6.2006), un
risarcimento ritenendo illegittimo il verbale redatto a suo carico sulla base
della foto scattata al passaggio dall’incrocio. Due sostanzialmente i motivi:
l’atto non menzionava né omologazione, né taratura dell’apparecchio; sul posto
non era presente nessun agente del traffico a contestare l’infrazione. Così,
con una articolata sentenza, il Giudice ha da una parte confermato il verbale e
dall’altra, anche se può sembrare un paradosso giuridico, riconosciuto il
risarcimento dei danni al trasgressore. Due situazioni antitetiche, il verbale
valido e il risarcimento del danno, che il giudice ha ricondotto ad unità con
buona pace della pubblica amministrazione condannata a pagare. Andiamo con
ordine. L’automobilista passato col rosso, o col giallo, riceve la notifica del
verbale e decide di ricorrere: non solo ai sensi della legge 689/1981 per
l’annullamento dell’atto ritenuto illegittimo, ma anche per ottenere il
risarcimento che, a suo avviso, sarebbe derivato al comportamento illecito
della pubblica amministrazione. Ciò nonostante, per stare tranquillo, mette
mano alla tasca e paga il verbale. Ora, è piuttosto chiaro, perché testualmente
previsto dalla legge, che chi paga chiude sul nascere il contenzioso e non può
più ricorrere. L’art. 204 bis del codice della strada prevede, infatti,
la possibilità per il trasgressore, di ricorrere al Giudice di pace “qualora non sia stato effettuato il
pagamento in misura ridotta”. Qui l’amministrazione ha incassato, quindi
partita chiusa. Ricordiamo che questa norma è stata recentemente posta sotto la
lente della Corte Costituzionale che con la sentenza 471/2005 ne ha però
salvata la legittimità, a patto che consenta all’obbligato in solido di
ricorrere per conto suo, anche quando il trasgressore abbia già pagato, per
contestare la decurtazione dei punti sulla patente. Tornando al nostro caso,
per quanto riguarda il verbale, il giudice ne ha costatata l’oblazione ed ha
quindi respinto la domanda di annullamento. Tutt’altra storia per il
risarcimento del danno. La logica comune avrebbe fatto pensare che passata
indenne la liceità del verbale, la questione del risarcimento sarebbe stata
archiviata, come dicono i giuristi, de plano. Invece, secondo una
argomentata motivazione il Giudice di Castellammare ha dimostrato il contrario.
C’è un ostacolo: il multato chiede di essere risarcito ai sensi dell’art. 2043
cod. civ., ma ad essere stato leso non è un suo diritto, ma un semplice
interesse legittimo (cioè la pretesa di veder applicata correttamente la legge
nei propri riguardi). Ora, di quale interesse legittimo stiamo parlando, se
l’atto – cioè la multa – ha esplicato i suoi effetti, non è stato dichiarato
illegittimo e non è nemmeno più opponibile? Una domanda lecita fino al 1999
quando, la Suprema Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 500/99 ha fornito
una risposta molto eloquente. Secondo l’alto collegio, sussiste la responsabilità
della pubblica amministrazione anche quando è leso un interesse legittimo a
prescindere dalla caducazione o meno del procedimento amministrativo. Da parte
sua il Consiglio di Stato, ha poi chiarito che esiste violazione dell’interesse
legittimo se si riscontra la colpevolezza della P.A. (C. di Stato, sentenza n.
32/2005). C’è anche da dire, però, che su questo gli interpreti non hanno
manifestato pacifica concordia. Secondo il giudice, comunque, siccome il
verbale non riporta i dati di omologazione dello strumento, non fa cenno alla
taratura e non è affatto provata la presenza sul posto di un agente ad
accertare la violazione, la colpevolezza e bella che acclarata. Quindi è giusto
risarcire. Così, a Castellammare abbiamo il primo photored che riesce a multare
il Comune. In precedenza, il Giudice di Pace di Carinola (sentenza 16.12.2005),
aveva annullato un verbale elevato tramite “fotored”, per violazione degli
artt. 41 e 146, comma 3, cod. strad., in considerazione della mancata
omologazione dell’apparecchio e della dichiarata violazione della normativa che
prescrive che “la violazione deve essere documentata con sistemi
fotografici…di ripresa video o con analoghi dispositivi, nel
rispetto delle esigenze correlate alla tutela della riservatezza personale”.
Secondo il giudice l’intera attività di documentazione dell’illecito non era
stata svolta, neppure di riflesso, dalla Polizia (la quale dovrebbe quanto
meno presenziare a tali attività, essendo titolare della pretesa punitiva ed
organo destinato al controllo della legalità dell’operato dei privati ) fatto
che sommato alla totale assenza di polizia sul posto mina “il diritto alla
corretta contestazione dell’illecito”, seppure notificato in forma differita.
La decisione, peraltro, faceva richiamo al principio sostenuto dalla
Cassazione (sentenza 21847/05), secondo il quale è necessaria la prova
dell’esistenza di una previa delibera comunale che abbia provveduto
all’installazione dell’impianto di rilevazione automatica. C’è stato anche chi,
come un utente di Taranto, ha lamentato davanti al Giudice di Pace la mancata
informazione preventiva all’utenza,
della presenza di un photored sul semaforo. La norma però – ha rammentato il
giudice nella sentenza 27.7.2006 – si riferisce chiaramente alla rilevazione
delle violazioni di cui agli artt. 142 e 148 cod. strad. (velocità e sorpasso),
mentre l’utente della strada è sempre obbligato a rispettare le prescrizioni
del semaforo che costituisce un segnale molto vincolante per motivi di
sicurezza stradale. Lo stesso giudice di pace, poi, con sentenza 26.5.2005,
aveva rigettato il ricorso di un automobilista di Massafra, che lamentava pur
in presenza della taratura dell’apparecchio, la mancata osservanza delle
prescrizioni del decreto dirigenziale 1130 del 18 marzo 2004 del Ministero dei
Trasporti. Secondo la direttiva l’apparecchiatura doveva essere installata in
modo fisso, in posizione protetta non manomettibile o facilmente oscurabile;
dovevano essere scattati, per ogni infrazione, almeno due fotogrammi, di cui uno
all’atto del superamento della linea d’arresto e l’altro quando il veicolo si
trovava circa al centro dell’intersezione controllata; era necessario che nei
fotogrammi apparisse il tempo trascorso dall’inizio della fase di rosso oppure
l’apparecchiatura doveva essere predisposta per l’entrata in funzione dopo un
tempo prefissato dall’inizio del segnale rosso. Del resto le stesse cautele
erano state prescritte dal Giudice di Pace di Lecce che (questa volta
accogliendo il ricorso) aveva ricordato, nella sentenza 15 aprile 2005, come la
macchina dovesse sostituire perfettamente, a livello sensoriale, gli agenti del
traffico. Infine, sulla questione e a tutela del sistema photored sono
intervenuti, di comune accordo, i Ministeri dell’Interno e dei Trasporti, rispettivamente
con la circolare M/2413/12 del 22 marzo 2007 e parere n. 19687/USC del 28
febbraio 2007. Fino al 18 marzo 2004, spiega il Ministero dei trasporti, i
documentatori fotografici per rilevare il passaggio col rosso, potevano essere
impiegati solo con l’ausilio degli organi di polizia stradale. Da quella data
in poi, alcuni di essi (tra cui l’ELTRAF FTR e il PHOTORED F17A) sono stati
riconosciuti idonei a funzionare anche in modalità totalmente automatica, senza
la presenza degli agenti, nel rispetto di talune prescrizioni riguardanti le
modalità di installazione e di ripresa. Rispetto alla taratura, il ministero
ricorda come gli strumenti in questione non siano “strumenti di misura”, per
cui non ricadono nella sfera di applicazione della legge 273/1991, istitutiva
del servizio nazionale di taratura. Rispetto alla più volte contestata
differenza tra approvazione ed omologazione, secondo il Ministero, i due
termini possono essere usati come sinonimi, indicando la locuzione omologazione
una procedura che fa riferimento a norme unificate o a precise direttive
europee. In buona sostanza, quindi, sono validi gli accertamenti quando, in
assenza degli agenti, il photored sia approvato e ben installato. I fotogrammi
devono riportare quanto previsto dal decreto di conferma, cioè la località
dell’infrazione, la data e l’ora, elementi necessari alla compilazione del
verbale ai sensi dell’art. 383, comma primo, del regolamento di attuazione del
codice della strada. Tutto più chiaro, quindi. Ma torniamo alla domanda
iniziale: chi ha paura del photored? Siamo pragmatici: non è importante come
si fotografa, ma dovrebbe essere preoccupante cosa si fotografa,
soprattutto in questo caso, dove ogni fotogramma è lo spettro di un potenziale
disastro stradale.
* Funzionario
della Polizia di Stato
e Docente di Politiche della Sicurezza Presso l’Università di Bologna
da il Centauro n.116
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