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Coraggio - archivio Asaps
(ASAPS) CUNEO, 4 dicembre 2007 – Una giovane guardia
giurata di Carcoforo (Cuneo), si è tolta la vita nella tarda nottata di sabato
scorso, dopo aver subito il ritiro della patente di guida da parte della
Polizia Stradale. Il giovane, che secondo il quotidiano La Stampa avrebbe
supplicato gli agenti di non procedere alla verbalizzazione dell’illecito
perché avrebbe perso il lavoro, aveva un tasso alcolemico di 1,8 g/l . Gabriele
Aimar, 29 anni, aveva trascorso una serata fuori con un amico ed al rientro a
casa è stato fermato per un controllo da una pattuglia della Specialità. Gli
agenti lo hanno fatto soffiare nell’etilometro e la positività
dell’accertamento non ha lasciato loro alcuna possibilità di transigere. Il
29enne ha supplicato i poliziotti, chiamando poi singhiozzando il padre perché
lo venisse a prendere. Rientrato a casa, poco dopo le quattro, è salito in
camera, ha preso la propria pistola e si è sparato. Il padre lo ha subito
raggiunto e lo ha portato in braccio fino alla macchina, dirigendosi subito
all’ospedale, ma nonostante il disperato tentativo dei medici è spirato poche
ore dopo. (ASAPS) Per dovizia di particolari, riportiamo di seguito anche
l’articolo del quotidiano “La Stampa”, che ha fatto conoscere al paese intero
questa storia di disperazione. Il tono del giornale piemontese, però, ci sembra
del tutto fuori luogo. In primis, perché le tante – secondo noi troppe –
virgolette, danno al pezzo un pathos che alla fine fa ricadere la
responsabilità di quanto accaduto alla Polizia Stradale, così insensibile alle
suppliche del ragazzo da indurlo al suicidio. Noi non possiamo che essere
costernati davanti al dramma dei familiari del giovane Gabriele, ma rifiutiamo
il modo con cui gli articolisti raccontano la vicenda. “Così mi rovinate” “Perderò
il lavoro”: non ci pare che il giornalista fosse sul posto, ma il modo con cui
il virgolettato viene posto nella ricostruzione della tragica serata, finisce
con l’essere un vero e proprio editoriale “contro”. “È notte – si legge nella ricostruzione de La Stampa – e lui
ha bevuto. Non tanto da essere ubriaco, abbastanza per non passare l’esame
dell’etilometro, il più temuto dagli automobilisti del sabato sera, quelli che
tornano dalle discoteche, dalle cene con gli amici, dal divertimento non
necessariamente eccessivo”. È evidente che l’articolista non ha la stessa nostra idea
di sicurezza stradale: eppure, ogni giorno anche i cronisti di quel giornale
fanno il cosiddetto “giro di nera”, riportando poi la conta dei morti sulla
strada: 1,8 grammi
di alcol per litro di sangue, sono un valore di tutto rispetto. Troppo, per
essere raggiunto con solo “qualche bicchiere”. Certo è che il povero Gabriele
indossava una divisa di Guardia Particolare Giurata e portava al cinturone
un’arma da fuoco: possibile che la sospensione della patente – “angheria” alla
quale vengono sottoposte centinaia di migliaia di italiani ogni anno – abbia
potuto spingere il ragazzo a rivolgersi contro l’arma? La sua tragica scelta di farla finita, il suo pianto
dirotto, ci dicono che poteva esserci qualcosa di più, oltre ad una multa, per
convincerlo che farla finita era l’unica via. “Divertimento non necessariamente
eccessivo”: l’alcol uccide in mille modi diversi, ma spesso, nei casi di
suicidio, costituisce un elemento favorente. Uccide lentamente, con le infinite
patologie legate alla sua assunzione, e all’istante, sulla strada. Ce lo spiega il giornalista quando un divertimento supera
il confine dell’eccesso? Non c’è una legge che limita i comportamenti
pericolosi, non ci sono valori – in questo caso quelli alcolemici –
attentamente stabiliti da scienziati dell’OMS o dell’ISS (se qualcuno non lo
sa, parliamo di Organizzazione Mondiale della Sanità ed Istituto Superiore di
Sanità)? Questa storia non doveva essere raccontata in questo modo,
distorto dalla realtà, per ribadire la personalissima opinione che guidare in
stato di ebbrezza, se non si fa male a nessuno, non è poi cosa grave. Opinione
legittima, per l’amor del cielo, ma del tutto infondata. E questo lo diciamo
senza paura di sbagliare, perché sulla strada ci siamo noi, ogni notte, ogni
sabato sera: molti di coloro che, dopo “qualche bicchiere”, uccidono il
prossimo sulla strada, hanno proprio valori del genere, “non necessariamente
eccessivi”. Noi, che come tutti usciamo di casa, temiamo solo l’etilometro che
non c’è. Perché quando non c’è, la gente
muore. La storia di Gabriele, è un’altra cosa.
LA STAMPA 03 Dicembre 2007
Cuneo,
il giovane aveva bevuto a una festa. Ha supplicato i poliziotti: «Mi rovinate,
perderò il lavoro» Gli ritirano la patente, si uccide «Così perderò il lavoro: faccio l’autista alla Mondialpol,
mi rovinate». Lo ha ripetuto più volte agli agenti della polizia stradale che
gli ritiravano la patente. Gabriele Aimar, residente nel Cuneese, a Cartignano,
rientrava da una cena, seguita da una serata al pub con gli amici. Qualche ora
di chiacchiere e qualche bicchiere. Quindi il rientro. Era quasi arrivato al
paese quando l’auto è stata fermata dagli agenti. Quando i poliziotti gli hanno
confermato il sequestro del documento di guida, ha chiamato il padre per farsi
venire a prendere. Lungo il tragitto di ritorno si è sfogato ancora: «Anche se
trovassi un altro posto, a Cuneo come ci vado?». Appena entrato in casa, è
salito in camera, ha preso la pistola d’ordinanza e si è sparato un colpo in
testa. E’ morto così, per una multa. A ventinove anni.
NEL CUNEESE: FACEVA L’AUTISTA,
TEMEVA DI PERDERE IL LAVORO
Fermato dopo una festa con gli amici
Ai genitori: e adesso come vado a lavorare?
CUNEO «Così
perderò il lavoro: faccio l’autista alla Mondialpol, mi rovinate». Lo ha
ripetuto più volte agli agenti della polizia stradale che gli ritiravano la
patente. Gabriele Aimar, residente nel Cuneese, a Cartignano, rientrava da una
cena, seguita da una serata al pub con gli amici. Qualche ora di chiacchiere e
qualche bicchiere. Quindi il rientro. Era quasi arrivato al paese quando l’auto
è stata fermata dagli agenti. Quando i poliziotti gli hanno confermato il
sequestro del documento di guida, ha chiamato il padre per farsi venire a
prendere. Lungo il tragitto di ritorno si è sfogato ancora: «Anche se trovassi
un altro posto, a Cuneo come ci vado?». Appena entrato in casa, è salito in
camera, ha preso la pistola d’ordinanza e si è sparato un colpo in testa. E’
morto così, per una multa. A ventinove anni.
Adesso gli uomini della stradale non dice quanto
avesse bevuto Gabriele. Oltre i limiti stabiliti dalla legge, e tanto basta.
Raccontano solo delle sue lacrime davanti allo strumento che segnava la sua
colpa. Quando chiama il padre è ancora sconvolto: «Mi hanno ritirato la patente
- singhiozza -. Venite a prendermi...».
Sono le cinque del mattino. Gabriele aspetta i
genitori lungo la strada, senza smettere di pensare al futuro. Poi si siede
sulla sua «Alfa 156» al posto del passeggero. Dietro la mamma e l’amico
ingegnere con cui ha passato la serata. Al volante, il papà. Con lui, Gabriele
si sfoga: «Senza patente perdo il lavoro. E anche se trovassi un altro posto, a
Cuneo come ci vado?». Parla di continuo, fino all’arrivo a casa, a Cartignano,
neanche cinque chilometri dal punto dove era stato fermato.
Scende e sale in camera di corsa. I genitori hanno
appena il tempo di portare la macchina in garage e di sentire un colpo. Il
primo a entrare è il padre: prende in braccio Gabriele. Urla, riprende l’auto e
vola all’ospedale di Cuneo. Tutto inutile, poche ore dopo e il suo ragazzo
muore.
L’ultima notte di Gabriele era stata tranquilla:
era andato a cena, poi una tappa al pub lungo la strada fra Dronero e Cartignano. Da queste parti la
«movida» comincia e finisce nel giro di una decina di chilometri: in tutta la
valle non ci sono discoteche. «Era un ragazzo per bene, solare, socievole -
dicono i vicini di casa - non aveva problemi. Se beveva? In modo occasionale,
nelle serate tra amici, niente di più. Parlava spesso del suo lavoro: fare la
guardia giurata gli piaceva. Era innamorato di quella divisa». AMEDEA FRANCO
GIANPAOLO MARRO da LaStampa.it
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