L’ordinanza
che si commenta è provvedimento consequenziale al ricorso ex art. 310 c.p.p.
che la difesa proponeva innanzi al Tribunale del riesame, avverso la decisione
della Corte d’Appello di Bologna, che veniva accusata di errata applicazione
dei principi che reggono i termini di durata massima della custodia cautelare. 1.
Si deve addivenire all’applicazione, nella fattispecie, del solo art. 304 comma
6° c.p.p. - che regola la sospensione dei termini di durata massima della
custodia cautelare – sul presupposto dato dalla correlazione di tale norma con
l’art. 303 comma 2° c.p.p. (nell’accezione derivata dall’intervento della
sentenza della Corte Costituzionale n. 292 del 18 Luglio 1998). 2.
Alla luce di questa impostazione, il Collegio – operando un esplicito
riferimento al cd. termine di fase, in forza della circostanza che il
procedimento in questione è regredito (a seguito di annullamento con rinvio da
parte della Suprema corte di Cassazione) alla fase dell’appello – sanciva come
scadenza del termine di custodia vigente il giorno 1° Novembre 2007, in
sostituzione dell’originario termine fissato all’11 Agosto 2007, atteso il
raddoppio del termine di custodia cautelare concernente la fase dell’appello; 3.
Su tale abbrivio, dunque, la Corte giungeva a conferire allo specifico termine
di fase, di cui al comma 2° dell’art. 303 c.p.p. una vigenza assoluta. Vale
a dire che, a mente del provvedimento annullato, il computo autonomo e
segmentato dei singoli termini custodiali assumerebbe valenza assoluta e,
quindi, prevalenza rispetto al disposto dell’art. 303 comma 4° c.p.p., che
regola la durata massima della custodia cautelare, comprese le proroghe ex art.
305 c.p.p., cioè i limiti estremi in questione. 1.
il richiamo all’art. 304 comma 6° c.p.p., quale norma ottimizzatrice il regime
di calcolo involgente situazioni di regresso previste dall’art. 303 comma 2°
c.p.p. sia solo astrattamente pertinente e possa assumere efficacia applicativa
quando non entri in conflitto con la previsione del comma 4° dell’art. 303
c.p.p., 2.
quest’ultima disposizione di legge regola l’ipotesi estrema e massima di
sottoposizione ad una misura cautelare, nonché funge da riferimento nel caso
della cd. doppia conforme di cui all’ultimo alinea della lett. d) del comma 1°, 3.
nella fattispecie, pertanto, erroneamente, è stata conferita prevalenza e
preferenza alla valutazione specifica concernente il termine parcellizzato di
fase (quantificato in 2 anni, a seguito di regressione del giudizio), a scapito
di quello, che, invece, deve essere ritenuto termine generale che abbraccia
tutte le fasi del giudizio e che sancisce, quindi, il limite invalicabile a
livello complessivo, 4.
consegue, dunque, che la rideterminazione del termine massimo di custodia
cautelare confermata dall’ordinanza oggetto dell’annullamento, appare viziata
dal denunziato errore. Va,
infatti, osservato che la struttura metodologica dell’art. 303 c.p.p., si
compone sia di indicazioni quantitative che attengono in modo specifico alle
singole fasi del procedimento, [le quali vengono considerate in maniera
atomizzata], sia di un’indicazione finale – il comma 4° - che, invece, appare
destinata ad assolvere funzione di cerniera di chiusura, rivolgendosi – in
ambito residuale – ad abbracciare il processo in un’ottica di interezza, nella
quale confluiscono globalmente le varie fasi. 5.
La pronunzia che si commenta è assolutamente condivisibile anche perchè non
pare, ulteriormente, che si possa conferire valenza decisiva, in senso
contrario all’orientamento che la stessa abbraccia, all’insegnamento reso dalla
Corte Costituzionale con la sentenza 18 Luglio 1998 n. 292 che il Collegio
territoriale cita a difesa del provvedimento gravato. Tale
sentenza, infatti, nega la fondatezza della questione sollevata, in riferimento
all’art. 3 Cost., riguardo ai limiti di durata della carcerazione preventiva,
con riferimento specifico al dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 303
c.p.p., nella parte in cui, nell’ipotesi, contemplata nel comma 2, di nuovo
inizio della decorrenza dei termini per la regressione del procedimento, in
seguito ad annullamento con rinvio da parte della Cassazione o per altra causa,
ad una fase o a un grado di giudizio diversi, o di rinvio ad altro giudice,
prevede che possa essere causa di scarcerazione solo il superamento del termine
complessivo di durata massima, stabilito dallo stesso articolo al comma 4. (Altalex,
20 novembre 2007. Nota di Carlo Alberto
Zaina) Tribunale di Bologna Sezione impugnazioni cautelari penali Ordinanza 22 settembre 2007
Custodia cautelare in carcere – termine di durata massima – regresso
ad una fase processuale precedente – norma di chiusura Nei
casi di regresso ad una fase processuale precedente, i termini di custodia
cautelare decorrono ex novo, ma restano fermi i termini di durata massima,
operando, come norma di chiusura, il limite della durata massima della custodia
cautelare ex art. 303 co. 4 lett. b) c.p.p.. Il
Tribunale riunito in camera di consiglio nelle persone dei Magistrati:
ORDINANZA premesso
che: 1. K.R. trovasi ristretto per questa
causa dal 12.06.2003, data del suo arresto, eseguito in esecuzione
dell’ordinanza di applicazione della custodia cuatelare in carcere emessa dal
G.I.P. del Tribunale di Bologna i data 22.5.03 per i delitti di cui ai capi 9)
– delitto p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv c.p., 73 comma I dpr 309/90 – commesso
in Ravenna e Brescia nella seconda metà del 1998; 10) – delitto p. e p. dagli
artt. 110, 81 cpv c.p., 73 comma I dpr 309/90 – commesso in Ravenna, Torino,
Padova e Forlì dall’agosto 1999 al febbraio 2000 e 32) – delitto p. e p. dagli
art. 10, 12 e 14 L.497/74 – commesso in Ravenna e Brescia dal 20.9.1998 al
26.10.1998; 2. per i suddetti reati, l’imputato è
stato giudicato con rito abbreviato dal Gup del Tribunale di Bologna e
condannato alla pena di anni nove di reclusione ed €.36.000,00= di multa; pena
ridotta dalla Corte di Appello di Bologna, all’esito del giudizio di
impugnazione, ad anni sei e mesi quattro di reclusione oltre ad €.24.000,00 di
multa; 3. su ricorso della difesa, con
sentenza del 5.02.2007 la Suprema Corte di Cassazione ha annullato con rinvio
la decisione della Corte di Appello limitatamente alla pena inflitta; 4. in data 5.06.07 la Direzione della
Casa Circondariale di Ravenna, presso la quale l’imputato si trova ristretto,
ha chiesto alla Corte di Appello (attuale giudice cautelare competente) di
confermare la scarcerazione del K. per decorrenza termini al giorno 11.6.07,
specificando che dalla posizione giuridica risulta che fino al 31.03.06
l’imputato è stato ristretto a titolo di espiazione pena; 5. la Corte di Appello, rispondendo a
detta richiesta, ha rideterminato il termine massimo di custodia indicandolo
nel 1.11.2007 in considerazione del disposto degli artt. 303 e 304 c.p.p.; 6. la difesa ha impugnato il suddetto
provvedimento lamentando l’erroneità dell’interpretazione fornita dalla Corte
alle suddette disposizioni normative e chiedendo di annullare o riformare
l’ordinanza impugnata, disponendo la scarcerazione del K. per sopravvenuta
decorrenza del termine massimo di custodia (originariamente fissato
all’11.06.2007); 7. il Tribunale del Riesame,
investito della questione ex art. 310 c.p.p. Ha dichiarato inammissibile
l’impugnazione non trattandosi di gravame proposto nei confronti di
un’ordinanza in materia di libertà, resa ex. Art. 299 c.p.p.; 8. la difesa ha, dunque, reiterato le
sue contestazioni esponendole nell’istanza de liberate depositata il
24.07.07, che la Corte d’Appello ha rigettato con il provvedimento gravato,
confermando la data di scadenza dei termini di custodia cautelare al 1.11.2007; 9. all’esito dell’udienza camerale –
in cui il difensore ha insistito per l’accoglimento dell’appello – il Tribunale
si è riservato la presente decisione; ritenuto
che: Tale
assunto non pare condivisibile. Testualmente
nella motivazione si legge: “l’art. 304 co. 6, come già accennato, introduce
un limite massimo per i termini di fase, stabilendo che “la durata della
custodia cautelare non può comunque superare il doppio dei termini previsti
dall’art. 303 comma 1, 2 e 3”. Come sostenuto dalla
difesa in atto d’appello, la suddetta sentenza introduce un limite ulteriore
rispetto a quello rappresentato dal termine di fase che, nell’ipotesi di
regresso, torna a decorrere ex novo. Si tratta di un’interpretazione
ispirata al principio del favor rei (ponendo sullo stesso piano le
ipotesi di sospensione dei termini e di regresso a fase antecedente del
procedimento), che non incide sul termine massimo di durata della custodia
cautelare ex art. 303 co. 4 c.p.p.. La Consulta fa
riferimento alla prima parte del comma sesto dell’art. 304 c.p.p. Estendendone
l’ambito applicativo, ma non estende l’intero disposto della predetta norma
aumentando (della metà) il termine massimo di custodia previsto dall’art. 303
co. 4 c.p.p.. Quest’ultimo resta un termine invalicabile che non può essere
aumentato – in danno dell’imputato – in assenza di una espressa disposizione di
legge. Ad accedere
all’interpretazione fornita nel provvedimento gravato, l’estensione del comma
sesto dell’art. 304 c.p.p. alle ipotesi di regresso a fase processuale
precedente non opererebbe come terzo limite, in favore del cautelato, bensì
aumenterebbe (in pregiudizio di quest’ultimo) il termine massimo di custodia
cautelare. In definitiva si
ritiene che il K.R., ristretto ininterrottamente dal 12.06.03, a seguito del
regresso alla fase del giudizio di appello, secondo il combinato disposto di
cui agli artt. 303 co. 2 e 304 co. 6 c.p.p., vedrebbe il nuovo termine di fase
scadere il 1.11.07 (doppio del termine di fase dalla data della sentenza della
Corte di Appello del 2.11.05). Tuttavia, operando il limite della durata
massima della custodia cautelare ex art. 303 co. 4 lett. b) c.p.p. (quattro
anni dall’inizio della custodia), il termine è scaduto l’11.08.2007
(considerati i sessanta giorni di sospensione disposti ex art. 304 co. 1 lett.
C bis c.p.p. dalla Corte d’Appello con provvedimento del 21.03.05). L’accoglimento del
gravame solleva l’imputato dal pagamento delle spese della presente procedura
incidentale. P.Q.M come da dispositivo separatamente depositato. Bologna,
22 settembre 2007. DISPOSITIVO Bologna,
7 settembre 2007. |
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