Foto dalla rete
I
lavavetri sono stati uno dei temi caldi dell’estate. La nota ordinanza del
Sindaco del Comune di Firenze ha infatti sollevato un vespaio di commenti
disparati, molti di (ovvia) matrice politica e ideologica. Non si deve tuttavia
perdere di vista il nodo primario della questione, ossia quello
tecnico-giuridico, concernente la legittimità di questo provvedimento, del
quale cercheremo qui di occuparci in via del tutto neutra. L’ordinanza in
questione, emessa il 25.8.2007 e immediatamente esecutiva, avente ad oggetto il
“divieto di esercizio del mestiere girovago di lavavetri”, muove innanzi tutto
dalla considerazione, in punto di fatto, dello stato di degrado indotto, sulle
strade cittadine, dalla presenza di persone, che esercitano il mestiere
girovago di cosiddetto “lavavetri”, le quali causano gravi pericoli
intralciando la circolazione dei veicoli e dei pedoni, bloccando le auto,
costringendo i pedoni a scendere dal marciapiede a causa dell’occupazione
abusiva con secchi, attrezzi, ombrelloni, e in genere procurando disagi e
ponendo a repentaglio l’incolumità personale. Inoltre, si legge sempre nella
motivazione, durante l’esercizio dell’attività di lavavetri, si sarebbero
verificati molteplici episodi di molestie, soprattutto agli incroci con
semaforo, con conseguente pericolo di conflitto sociale per i numerosi alterchi
che ne sono conseguiti, in particolare nei confronti di donne sole. Secchi e
contenitori, ed i relativi versamenti, peraltro, pongono a rischio anche
l’igiene delle strade. In punto di diritto, l’ordinanza, citando il Regolamento
di Polizia Municipale Del. Pod. 28/9/1932 e successive modifiche e
integrazioni, per il quale erano assoggettati ad autorizzazione
dell’Amministrazione comunale tutti i mestieri girovaghi, rileva che il
mestiere di lavavetri viene svolto abusivamente, non essendo mai state
rilasciate autorizzazioni. Ciò, a prescindere dalla situazione di grave
pericolo per la cittadinanza e per la sicurezza, e per l’ordinato svolgimento
della circolazione stradale e l’igiene pubblica, già descritto. Sussisterebbero
quindi anche i presupposti per l’adozione di un provvedimento contingibile e
urgente che inibisca il mestiere di lavavetri. L’ordinanza ha quindi disposto
il divieto, fino al 30 ottobre 2007, dell’esercizio del mestiere girovago di
“lavavetri” su tutto il territorio comunale, facendo nel contempo presente che
la violazione di tale disposizione è punita ai sensi dell’art. 650 cp e con il
sequestro delle attrezzature utilizzate per lo svolgimento dell’attività e
della merce. Sono quindi due le ragioni, sul piano giuridico, del divieto
imposto. Il fatto che si tratta di un mestiere girovago non autorizzato, e la
situazione di grave pericolo e degrado che si è venuta a creare. Per
quanto concerne il primo presupposto, si deve innanzitutto rilevare che
l’attività di lavavetri non è mai stata espressamente contemplata dalla
normativa concernente i mestieri girovaghi, in particolare dagli artt. 121 (i
cui primi due commi sono stati tuttavia abrogati) e seguenti del TULPS (ma ciò
si può agevolmente spiegare col fatto che, all’epoca dell’emanazione di tale
testo unico, sicuramente l’attività di lavavetri non esisteva). Tuttavia, essa
vi poteva essere ricompressa per analogia. L’art. 121, infatti, enumerava a
titolo anche esemplificativo varie attività: venditore ambulante, cenciaiolo,
saltimbanco, cantante, suonatore, servitore di piazza, facchino, cocchiere,
conduttore di veicoli di piazza, barcaiolo, lustrascarpe e mestieri analoghi.
In forza di questa chiusura finale, quindi, l’attività di lavavetri poteva
essere ritenuta un’attività analoga, ad esempio, a quella del lustrascarpe, e
quindi essere associata al genus dei mestieri girovaghi. L’art. 121,
primo comma, subordinava l’esercizio di tutti questi mestieri girovaghi
all’iscrizione a un registro apposito tenuto presso l’autorità di pubblica
sicurezza. I primi due commi dell’art. 121, tuttavia, come detto, sono stati
abrogati dall’art. 6, comma primo, lettera b), del DPR 28.5.2001, n. 311, con
la conseguenza che ora tali mestieri non sono più autorizzabili con
l’iscrizione al registro di polizia. Il primo presupposto dell’ordinanza
dovrebbe pertanto essere errato, in quanto, trattandosi di un attività che
comunque non rientra in un suo potere autorizzatorio, su di essa il Sindaco non
ha competenza. D’altronde, la Corte di Cassazione già si era pronunciata sui
poteri del Sindaco in ordine all’attività di lavavetri, affermando, con la
sentenza 5.11.2002 n. 37112, che “non integra il reato di cui all’art. 650 cod.
pen. (inosservanza dei provvedimenti dell’autorità) l’inottemperanza
all’ordinanza sindacale di interdizione allo svolgimento dell’attività di
lavavetri, in quanto, non essendo quest’ultima soggetta ad autorizzazione, il
sindaco è sprovvisto del potere di emettere provvedimenti al riguardo,
rientranti nelle esclusive attribuzioni del questore, a norma dell’art. 17-ter,
comma 1, R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza)”. L’art. 17 ter TULPS, infatti, prevede che, ove si accerti una
condotta per la quale non è prevista un’autorizzazione, la denuncia va
inoltrata al questore, il quale è competente ad emettere il relativo
provvedimento interdittivo (così, ancora, ha affermato la Corte di Cassazione
nella sentenza sopra citata). Il fatto che sia prevista la denuncia al questore
fa peraltro capire, in via logica, che si tratta di una attività comunque non
ammessa (altrimenti non avrebbe senso l’obbligo di una denuncia all’autorità di
pubblica sicurezza). Ciò, ovviamente, a prescindere dalla contestabilità della
violazione amministrativa di cui all’art. 669 cp (esercizio abusivo di mestieri
girovaghi, illecito depenalizzato dalla legge 689/1981). Foto dalla rete Per quanto concerne
invece il diverso profilo dei presupposti legittimanti l’emissione di
un’ordinanza contingibile urgente ai sensi dell’art. 54 c. 2 D. L.vo 267/2000
(per il quale il sindaco può emettere tali provvedimenti in caso di gravi
pericoli per l’incolumità dei cittadini), l’ordinanza del Sindaco di Firenze
presta il fianco ad ulteriori dubbi. Occorre infatti richiamare un principio
generale più volte affermato dalla Suprema Corte, per la quale “l’inosservanza
di ordinanze sindacali integra la contravvenzione di cui all’art. 650
cod.pen. solo ove si tratti di provvedimenti contingibili ed urgenti, adottati
in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica ipotesi
normativa, mentre resta estranea alla sfera di applicazione di tale norma
incriminatrice l’inottemperanza a ordinanze sindacali” (così, da ultimo Cass.
24.2.2007, n. 7893; idem, in precedenza, Cass. 10.3.2004, n. 11367, la quale,
al riguardo, aveva anche specificato che l’applicazione della suddetta norma
incriminatrice resta esclusa anche quando “la condotta è direttamente
repressa con sanzione amministrativa”). Si deve a questo punto rilevare che
l’ordinanza del Sindaco di Firenze, nella sostanza, si è limitata a vietare
l’esercizio dell’attività di lavavetri quale mestiere girovago. Tale divieto,
però, è già posto in via generale dall’art. art. 669 cp, e la sua violazione è
punita con sanzione amministrativa. Non ricorrerebbero quindi i presupposti
legittimanti, in via generale, l’emissione dell’ordinanza contingibile urgente
adottata dal Sindaco di Firenze, in quanto essa verte in una situazione già
prefigurata da una specifica ipotesi normativa e direttamente repressa con
sanzione amministrativa. A meno che non si voglia ritenere prevalente, nella
ratio dell’ordinanza, l’aspetto, eccezionale, connesso a una massificazione
ingovernabile del fenomeno attraverso gli strumenti repressivi ordinari. Pare
tuttavia forzato sostenere ciò, anche perché significherebbe attribuire a
un’autorità amministrativa (il Sindaco) un potere di ricognizione formale
dell’inadeguatezza degli strumenti repressivi approntati dall’ordinamento,
potere riconoscibile solo in capo all’autorità legislativa. Da Il Centauro n.116
|
|
|
© asaps.it |