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Il grande business delle revisioni private, cioè di quelle
effettuate presso i centri autorizzati dal Dipartimento dei trasporti
terrestri, pare avere subito una battuta di arresto. Da qualche anno, infatti,
nonostante il sensibile incremento dei centri operativi dove si svolgono queste
operazioni, si assiste ad un livellamento della richiesta. E non è un caso se
anche il bilancio del 2006 (che ha visto un incremento del 2% dei centri
autorizzati) abbia fatto registrare un decremento dell’attività dell’11%, con
una conseguente percentuale negativa del 13% se calcolata sulla base della
produttività media unitaria. Eppure, un decreto assorbito dall’ultima legge
finanziaria ha portato alla completa parificazione delle tariffe per la
revisione sia per le officine private che per gli uffici della ex
Motorizzazione civile. La decisione, dunque, ha eliminato una volta per tutte
una penalizzazione che per i privati durava da troppo tempo e che rischiava di
essere letta dall’automobilista come l’ennesimo balzello di Stato a carico di
quanti costretti a rivolgersi alle autofficine per risparmiare tempo. Ma
andiamo per ordine e facciamo una sorta di cronistoria di questa vicenda a
partire dall’anno 2000, quando sono per l’appunto entrate in vigore le
revisioni quadriennali e biennali degli autoveicoli. Da allora ad
oggi i centri privati di revisione sono sempre andati aumentando, anche se
occorre rammentare che per via del forte pregresso si è registrata una
differenza di attività fra gli anni pari e quelli dispari. La media delle
revisioni per ciascun centro, inoltre, è sempre stata in balia del numero di
controlli annui e della continua concorrenza che ha visto l’apertura costante
di nuovi centri di revisione anche a breve distanza fra loro. Nel frattempo, il
carico fiscale è aumentato sensibilmente e questo ha ulteriormente indebolito
il buon funzionamento dei centri privati. Ma per quale motivo gli anni dispari
sono sempre stati più “allettanti” di quelli pari, se consideriamo che il
numero di veicoli immatricolati è pressoché uguale ogni anno e si aggira sui
due milioni di unità? Foto dalla rete
La risposta nasce nel contesto che ha visto il passaggio
di consegne tra il vecchio periodo decennale della legge italiana, con quello
più recente (quadriennale e biennale) delle direttive europee. Non a caso, per
riuscire a portare a regime il più velocemente possibile quest’ultimo sistema,
sono state chiamate a revisione nel 1999 ben 5 annualità piene, cioè tutte le
vetture immatricolate tra il 1991 ed il 1995, vale a dire una cifra superiore a
dieci milioni di unità. A queste si sono poi aggiunte anche quelle che
dovevano essere chiamate per la seconda e la terza revisione, pari ad altri 3
milioni di veicoli. Nell’anno 2000 (cioè ad anno pari) fu dunque possibile
partire con le cadenze europee, chiamando alla visita di prima revisione una
sola annualità, ovvero, quelle immatricolate nel 1996 ed alla successiva tutto
il revisionato 1998. L’anno seguente (anno dispari) sono state controllate per
la prima volta le vetture immatricolate nel 1997 e tutte quelle già revisionate
per la prima volta nel 1999 che, come abbiamo già visto, è stato l’anno di
maggiore afflusso sui banchi di prova della revisione. Benché un poco
farraginoso, questo concetto ha di fatto reso più difficoltosa l’organizzazione
dei centri autorizzati, costretti a distribuire un gran lavoro negli anni
dispari con la previsione di un forte ridimensionamento in quelli pari. Basti
pensare, che analizzando la già citata situazione del 2006 la diminuzione è
stata dell’11% rispetto all’anno precedente, a cui si deve aggiungere un
ulteriore 2% per effetto dell’immissione di nuovi centri autorizzati. Di
contro, il prossimo anno, a parità di numero di centri privati si ipotizza un
segno positivo del 19%, riproponendo così il gioco perverso delle alternanze.
Questi i numeri. Ma vediamo anche cosa è successo in termini di costi. Le
revisioni del 2006 sono costate agli utenti complessivamente oltre 511 milioni
di euro, di cui il 64% è andato ai titolari di officine autorizzate e il
restante 36% alle casse statali. {foto6c} Se poi analizziamo i costi di revisione dal
2000 ad oggi, allora ci si accorge che ai centri autorizzati è stato garantito
un aumento dei ricavi pressoché irrisorio, mentre in termini di tassazione
l’incremento ha sfiorato il 35%. Non così per le revisioni effettuate negli
uffici della ex Motorizzazione civile. Di questa anomalia, però, si è accorto
fortunatamente anche il legislatore, che ha così compensato - attraverso la
legge finanziaria - una situazione iniqua e per certi versi vessatoria nei
confronti dei centri privati, che hanno l’obbligo di effettuare ben sessanta
operazioni di controllo manuale e strumentale prima di garantire, sotto la loro
stessa responsabilità, l’idoneità alla circolazione di un veicolo a motore sia
esso a due o quattro ruote. {foto5c} da Il
Centauro n.116 |
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