un agente della Guardia Civil spagnola
(ASAPS)
MADRID, 18 dicembre 2007 – In Spagna il codice penale è stato pesantemente
integrato, a partire dal mese di dicembre, da una serie di modifiche tutte in
chiave stradale. Una riforma vera e propria, passata con il voto contrario dei
popolari – che nella passata legislatura, quando erano maggioranza, avevano
inasprito numerose fattispecie di violazione – che costituisce un chiaro
segnale di belligeranza ai conducenti dal “gas facile” o dal gomito
eccessivamente alzato: superare di 60 km/h il limite massimo in una zona
urbana, o di 80 km/h sulle altre strade, comporterà finire dietro le sbarre. Analogo
destino per chi deciderà di mettersi al volante dopo aver bevuto oltre la
soglia legale (0,5 g/l) o dopo aver assunto sostanze stupefacenti, mentre si
esporrà all’esercizio dell’azione penale anche chi condurrà un veicolo in modo
“temerario”, senza patente o dopo aver esaurito la riserva di punti. L’obiettivo è chiaro: ridurre del 40% il numero dei morti
sulle strade, cercando di avvicinarsi – nei pochi mesi che restano –
all’obiettivo dell’UE di dimezzare la mortalità entro il 2010: traguardo che, a
differenza dell’Italia, in Spagna potrebbe essere ancora centrato. “Chi guida come un criminale – ha commentato il deputato
socialista Victorino Mayoral, tra i relatori del pacchetto di leggi – deve essere
trattato come tale”. Severità, dunque, sembra essere divenuto
l’imperativo categorico del governo, che ha previsto un graduale avvicinamento
alle sanzioni più severe: tanto per citarne uno, a partire dal 1 maggio 2008,
chi sarà sorpreso a guidare senza patente, si beccherà 6 mesi di carcere e
288mila euro di multa. Il primo a compiacersi della svolta è il ministro
dell’interno Alfredo Pérez Rubalcaba, che ha esercitato tutto il suo potere per
pubblicare la legge sul Bollettino Ufficiale di Stato (la nostra Gazzetta
Ufficiale) entro il ponte dell’Immacolata e per chiudere così entro l’anno
la gestazione della riforma. Il dato puro, dimostra che la consegna della Tolleranza
Zero non è stata disattesa: in soli 8 giorni, dal 2 al 10 dicembre, sono stati
aperti 558 procedimenti penali, di cui 548 per guida in stato di ebbrezza e 10
per velocità temeraria. Agli analisti non sfuggirà certo che il 98% delle celle
hanno ospitato conducenti ubriachi. Tra mille polemiche si è fatto sentire anche il direttore
della Direzione Generale del Traffico (DGT), Pere Navarro, il quale ha
sottolineato che l’intenzione della riforma penale è comunque di carattere
preventivo. “La dissuasione – ha spiegato – consiste nel fatto che se tutti i
delitti più gravi in materia di circolazione stradale saranno puniti con il
carcere, la coscienza dei conducenti dovrà cambiare”. Come dire: vedrete che col tempo il numero di procedimenti
penali specifici diminuirà e con esso quello dei morti. Ogni valutazione, al momento, appare prematura: quel che è
certo è che passa un messaggio di rigore
e severità. Il ministro Rubalcaba parla di condivisione e
dell’appoggio incondizionato delle associazioni di familiari e vittime, che da
tempo “reclamavano” un giro di vite in materia. “Non è in alcun modo
giustificabile – ha detto – che una persona possa guidare a 200 all’ora,
mettendo a rischio la sua vita e quella degli altri, senza andare incontro ad
alcuna conseguenza”. I
Popolari, come già detto, si sono opposti con tutte le loro forze, bollando come
“repressiva” e “inapplicabile” la riforma del codice penale ed accusando il
governo di aver previsto sanzioni per comportamenti di fatto indimostrabili. Il
riferimento, ha spiegato il deputato Federico Souvirón, è alla mancanza di
sistemi validi in grado di accertare l’assunzione di sostanze stupefacenti, ad
eccezione di un test oggetto di sperimentazione in Catalogna. La posizione degli eredi di Aznàr è però piuttosto
isolata: l’onorevole Jordi Jané, eletto al parlamento nelle file del “CiU”, è
presidente della Commissione Sicurezza Stradale del Congresso e commentando
l’entrata in vigore delle nuove leggi ha
avuto modo di spiegare che “grazie a questa riforma potremo ridurre il numero
di ebbri e drogati al volante, che da soli – ha detto – provocano il 40% delle
vittime della strada”. Ed anche i più scettici, come i rappresentanti di
Izquierda Unida, hanno alla fine dato il proprio placet con la speranza di
incidere profondamente sul bollettino della sinistrosità, trovando sintonia
anche coi rappresentanti del Partito Nazionalista Basco. I dubbi, però,
restano. Secondo gli Automobilisti Europei Associati (AEA), se la legge sarà
applicata alla lettera – tenendo conto del rapporto sulla trasgressività
relativo al 2006 – il numero di carceri spagnole dovrà raddoppiare: infatti,
55mila persone che fino al dicembre di quest’anno avrebbero commesso semplici
infrazioni amministrative, d’ora in avanti commetteranno veri e propri crimini,
punibili con pene fino a 5 anni di prigione. Oggi, i penitenziari iberici
ospitano 66mila persone, 11mila in più rispetto al 2003. La prospettiva,
secondo l’AEA, un’associazione di “utenti” a tutti gli effetti, è definita
agghiacciante e solo il buon senso dei giudici potrà evitare una catastrofe. L’allarme è ridimensionato da Bartolomé Vargas, uno dei
super-ispettori della Sicurezza Stradale, che ha spiegato come per molti
delitti stradali siano in realtà già previste pene di carattere sociale: lavori
socialmente utili, affidamento a comunità durante i fine settimana o servizi di
assistenza a familiari e vittime di incidenti stradali. A patto, precisa, “che
non si tratti di condanne riportate per omicidio o lesioni gravi o per condotte
particolarmente temerarie”. Per questi casi, la cella resta l’unica ipotesi. Polemiche, certo, ma anche tanti fatti. E, soprattutto,
uno scopo comune che, da osservatori neutrali, registriamo trasversalmente in
tutte le forze politiche: evitare quante più morti possibili. (ASAPS)
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