Giurisprudenza di legittimità CORTE DI CASSAZIONE
PENALE Sez. IV, 25 gennaio 2007, n. 2638
In tema di violazioni al codice della
strada, la competenza per la contravvenzione di rifiuto di sottoporsi
all’accertamento del tasso alcoolemico nel sangue va stabilita - come per
il reato di guida in stato di ebbrezza - con riferimento al momento in cui
è emesso il decreto di citazione a giudizio, stante il rinvio quoad poenam
che il D.L. n. 151 del 2003 per la contravvenzione in oggetto
fa alla sanzione prevista per la guida in stato di ebbrezza.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 13 dicembre
2004 il Giudice di pace di Pisa dichiarava M. M. colpevole del reato di cui
all’art. 186 comma 2 D.P.R. 285/1992 e di quello previsto dal comma 6 del
medesimo testo normativo e, concesse le attenuanti generiche, ritenuta la
continuazione, lo condannava alla pena di euro 1.000,00 di ammenda. Proponeva ricorso per cassazione il Procuratore generale
della Repubblica presso la Corte
di appello di Firenze deducendo che, a norma
dell’art. 5 del D.L. 27 giugno 2001 (rectius: 2003) n. 151, il quale
aveva reintrodotto per il reato di cui all’art. 186 D.P.R. 309/1990 la pena
dell’arresto e dell’ammenda, la competenza per materia in ordine alle
contravvenzioni dette apparteneva al tribunale e non al giudice di pace.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato. Come correttamente rilevato dal P.G.
impugnante, l’art. 5 del decreto legge 27 giugno 2003 n. 151 ha apportato
modificazioni all’art. 186 comma 2 D.L.vo 285/1992, reintroducendo per la
contravvenzione di guida in stato di ebbrezza la pena dell’arresto e
dell’ammenda e, così, abolendo quanto previsto in ordine al trattamento
sanzionatorio dell’art. 52 comma 2 lett. c) del D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274. Il
D.L. citato ha pure stabilito al comma 7 che, «in caso di rifiuto
dell’accertamento di cui ai commi 3,4 o 5, il conducente è punito, salvo che il
fatto costituisca più grave reato, con le sanzioni di cui al comma 2». La legge
n. 214 dell’agosto 2003, entrata in vigore il 13 agosto 2003, nel convertire il
detto decreto legge, ha, a sua volta, modificato l’art. 5 di quest’ultimo testo
normativo nel senso che ha inserito al comma 2, dopo il primo periodo, le
parole «per l’irrogazione della pena è competente il tribunale». È così venuta
meno la competenza del giudice di pace cui era stata attribuita dall’art. 4,
comma 2, lett. q), del D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274. Nel caso di specie,
i reati ascritti al M. sono stati commessi il 7 luglio 2002, quando non era
ancora stata emanata la nuova disposizione sulla competenza e sono stati
giudicati con sentenza del 13 dicembre 2004, nella vigenza della legge n. 214
del l° agosto 2003. Non
avendo il legislatore previsto alcuna norma transitoria volta a stabilire se la
competenza a giudicare in ordine alle violazioni dell’articolo 186 del D.L.vo
1992/285 commesse in data anteriore a quella dell’entrata in vigore della nuova
normativa spetti al giudice di pace ovvero al tribunale, si è creato sul punto un contrasto
giurisprudenziale che ha determinato l’intervento delle Sezioni Unite della
Corte di cassazione. Queste con la sentenza n. 3821/06 del 17-31 gennaio 2006
hanno affermato il principio che in siffatte ipotesi la competenza per materia
per il reato di guida in stato di ebbrezza va determinata con riferimento al
momento in cui è emesso il decreto di citazione a giudizio. Il principio non
può non valere anche per la contravvenzione di rifiuto dell’accertamento del
tasso alcoolemico, stante il rinvio compiuto alla stessa pena di cui al comma 2
dell’art. 196 per la irrogazione della quale è stata fissata la competenza del
tribunale. Nel
caso in esame risulta che, l’atto di citazione a giudizio innanzi al giudice di
pace è stato notificato al Maffei il 23 gennaio 2004, a seguito di
autorizzazione del P.M. del 14 gennaio 2004, quindi in data successiva all’entrata
in vigore delle nuove disposizioni relative alla diversa competenza
dell’organo giudicante. Appartenendo
la competenza al tribunale, deve essere affermata l’incompetenza a conoscere
dei reati del giudice di pace che ha emesso la pronuncia nei confronti del M..
Ne deriva
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con conseguente
trasmissione degli atti al Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Pisa per il prosieguo di legge.
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