foto Blaco I danni
alla salute provocati dall’inquinamento atmosferico degli scarichi veicolari e
dagli incidenti stradali in costante aumento sono oramai noti a tutti, ma più
recenti ricerche hanno rilevato come l’eccessivo uso dell’automobile sia
responsabile di una serie di danni alla salute che in passato venivano
sottovalutati. L’uso indiscriminato dell’automobile anche per i piccoli
spostamenti, ad esempio, ha senz’altro contribuito negli ultimi decenni
all’aumento del numero di soggetti obesi, favorendo uno stile di vita
sedentario che spesso si concretizza nel passaggio dalla poltrona dell’ufficio
al sedile della propria auto, e nella completa assenza, tra le abitudini
quotidiane, di percorsi a piedi o in bicicletta, che da soli ridurrebbero del
50% il rischio di obesità. Si stima, poi, che chi vive in una grande
città dorma in media trenta minuti a notte in meno, a causa dei rumori prodotti
dal traffico, e soffra più frequentemente di insonnia. L’automobile,
affermatasi nel secolo scorso come mezzo per i rapidi spostamenti e considerata
un simbolo di velocità e di libertà, si è, in realtà, trasformata in una
prigione, che tiene bloccati nel traffico i conducenti, a volte per ore. Le
difficoltà di parcheggio, l’occupazione da parte dei mezzi a quattro ruote di aree
destinate al passaggio pedonale rendono le aree urbane spesso non più vivibili
e non più “a misura d’uomo”. Sicuramente la guida nelle città influisce
negativamente sull’umore, stimolando gli istinti più aggressivi, e rappresenta
una concausa importante di sofferenza psichica, a volte aggravando o scatenando
la sintomatologia in soggetti già ansiosi, depressi o affetti da attacchi di
panico. Una recente ricerca inglese sull’impatto del traffico sui guidatori,
sostenuta da una compagnia di assicurazioni, e condotta somministrando un
apposito questionario ad un significativo numero di automobilisti, ha
individuato una vera e propria patologia attribuibile alla guida nel traffico,
e responsabile di danni fisici e psicologici. Questa patologia è stata denominata
“sindrome da stress da traffico” (TSS), e si manifesta con uno stato
d’ansia caratterizzato da aumento del battito cardiaco, mal di testa,
sudorazione alle mani, nausea e crampi allo stomaco, e, nei casi più gravi,
confusione e veri e propri attacchi di panico. Sul piano comportamentale può
sfociare in forte aggressività e provocare disturbi della sfera sessuale e del
sonno. Stare in mezzo al traffico significa anche dover gestire i rapporti con
gli altri automobilisti, mettendo alla prova la propria capacità di
adattamento. Questo stato di tensione può sfociare in rabbia ed aggressività
che si traduce a volte nello schiacciare più del dovuto il pedale
dell’acceleratore, mettendo a rischio la propria e l’altrui incolumità. I
sintomi della TSS costituirebbero l’esito della risposta dell’organismo agli
agenti stressanti: all’iniziale fase di allarme, ed a quella successiva
di resistenza, in cui l’organismo mette in atto una complessa reazione
biologica che coinvolge il sistema neurovegetativo, endocrino e immunitario,
subentra la terza ed ultima fase, di esaurimento delle risorse, che
comporta la comparsa dei disturbi fisici e psichici. Dalla ricerca è
emerso, combinando i dati degli incidenti con il manifestarsi di alcuni
sintomi, quali la perdita di concentrazione e la guida pericolosa, che la
sindrome da stress da traffico è stata responsabile di più di due milioni di
incidenti nel 2004. Attualmente nel Regno Unito un automobilista su tre soffre
di TSS, ma la situazione è peggiore in Italia, dove secondo uno studio analogo
a quello britannico condotto dall’ISTAT, ne è colpito un italiano su due. La
percentuale più elevata si riscontra nel Lazio, poi in Campania, Veneto e
Lombardia. In base a questa ricerca, il 20% degli automobilisti italiani accusa
un aumento del battito cardiaco, il 19% ha mal di testa e al 12% sudano le
mani. Molti avvertono aggressività o depressione. L’Italia detiene la più alta
concentrazione di auto al mondo, e gli italiani sono i cittadini europei che
trascorrono il maggior tempo in automobile. L’utilizzo è in media di circa due
ore al giorno, di cui almeno 25-30 minuti sono impegnati a cercare un
parcheggio. Il tempo di spostamento effettivo è dunque limitato a un’ora e
mezza al giorno, con una velocità media, in città, tra i 9 e i 16-18 km/ora. Ne
deriva che le difficoltà di collegamento e di parcheggio, l’inquinamento
prodotto dall’elevata circolazione sono spesso sentiti come un problema
insormontabile, tanto che un recente sondaggio ha messo in evidenza che quattro
persone su cinque approvano la chiusura delle città alle auto. Lo stress da
traffico viene vissuto in modo indiretto anche dal pedone, che è costretto a
districarsi in una bolgia di auto, facendo lo slalom tra macchine in sosta o in
fila disordinata negli ingorghi, senza alcun rispetto della distanza di
sicurezza, e quasi sempre così attaccate le une alle altre da non consentire
neppure il passaggio. La soluzione al problema è di educarsi a fare a meno il
più possibile dell’automobile, utilizzando la macchina solo per i lunghi
spostamenti, così da guadagnarne in salute mentale e fisica. Per ottenere
questo risultato, all’impegno dei singoli cittadini si deve, però, sommare
quello delle istituzioni e degli organismi competenti nel disincentivare l’uso
dell’auto in città, promuovendo adeguate misure, quali, ad esempio,
l’estensione delle aree pedonalizzate e/o a traffico limitato, parcheggi a
pagamento, percorsi ciclabili, implementando dall’altra parte il servizio di
trasporto pubblico e i piani urbani della mobilità. Intanto, i suggerimenti per
coloro che soffrono di TSS sono molteplici: prevedere del tempo in più per gli
spostamenti, mettere in atto attività di distrazione cognitiva (pensare a cose
gradevoli) o ascoltare musica, respirare lentamente e profondamente, utilizzare
il meccanismo di riciclo dell’aria per evitare che i gas tossici dell’ingorgo
entrino nell’abitacolo. Questi semplici accorgimenti aiuteranno sicuramente gli
automobilisti a ridurre la sensazione di malessere indotta dagli ingorghi e dal
traffico, anche se nella maggior parte dei casi non si potrà parlare di vera e
propria malattia, ma di una situazione di grave disagio. da Centauro n.116 |
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