(omissis) ORDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 5 del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, promosso dal Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di N. F., con ordinanza del 3 aprile 2006, iscritta al n. 219 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2007. Visti l’atto di costituzione di N. F., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri: udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2007 il Giudice relatore Luigi Mazzella. Ritenuto che, con ordinanza del 3 aprile 2006, il giudice monocratico del Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 5 del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, nella parte in cui detta norma prevede la competenza del tribunale, anziché del giudice di pace, per il reato di guida sotto l’influenza dell’alcool; che, riferisce il rimettente, N.F., imputato del reato di cui all’art. 186, comma 2, del codice della strada, ha eccepito nel corso del giudizio tale illegittimità costituzionale, denunciando la disparità di trattamento, in tema di competenza, tra le fattispecie normative previste dagli artt. 186 e 187 del codice della strada; che, osserva il rimettente, a seguito della riforma legislativa prevista dal decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, e successiva legge di conversione legge 1° agosto 2003, n. 214, per il reato previsto dall’art. 186, comma 2, del codice della strada, è stato introdotto il regime della attribuzione di competenza al tribunale, ratione materiae; che al contrario, secondo il Tribunale rimettente, la fattispecie prevista dall’art. 187 del codice della strada è stata incisa dalla riforma de qua limitatamente alla disciplina sanzionatoria, dovendosi ritenere che sia rimasta invariata l’originaria attribuzione di competenza per materia al giudice di pace; che, di conseguenza, per la guida in stato di ebbrezza la competenza sarebbe devoluta al tribunale, mentre per la guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, la competenza per il giudizio resterebbe al giudice di pace; che, secondo il rimettente, tale diversa attribuzione di competenza, per fattispecie che presentano la medesima ratio, integrerebbe una violazione del principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.; che, infatti, in forza della riforma introdotta, nel procedimento per il reato di guida in stato di alterazione da sostanza stupefacente, previsto dall’art. 187 del codice della strada, sussistendo la competenza del giudice di pace l’imputato potrà beneficiare, ove ne ricorrano i presupposti, della dichiarazione di improcedibilità ex art. 34 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’art. 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468), per la particolare tenuità del fatto; che, inoltre, in tale fattispecie, la pena congiunta dell’ammenda e dell’arresto è stata sostituita, ai sensi dell’art. 52, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 274 del 2000, con la pena alternativa della pena pecuniaria e della permanenza domiciliare (ovvero con la pena del lavoro di pubblica utilità), con la conseguente possibilità per il reo di chiedere l’oblazione ex art. 162-bis del codice penale.; che, al contrario, nel procedimento previsto per il reato di cui all’art. 186 del codice della strada, punito con pena cumulativa dell’arresto e dell’ammenda, sarebbe preclusa all’imputato la possibilità di accedere all’oblazione; che ciò determinerebbe una ingiustificata differenza di trattamento tra le due fattispecie; che invero, prosegue il rimettente, le due fattispecie incriminatici (guida sotto l’influenza dell’alcool e guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti) tutelano il medesimo bene giuridico, che è quello dell’ordine pubblico, hanno il medesimo oggetto giuridico, in quanto la condotta consiste nel guidare in stato di alterazione psico-fisica a causa dell’assunzione di sostanze che menomano la concentrazione e prontezza di riflessi, e sono caratterizzate dal medesimo elemento soggettivo, ovvero la consapevolezza e volontà di mettersi alla guida di un veicolo in tale stato; che la disparità di trattamento tra le due situazioni previste dalle suindicate norme incriminatrici dunque, secondo il rimettente, contrasterebbe con il principio di ragionevolezza, considerato che in base a diverse sentenze della Corte costituzionale (si vedano le sentenze n. 13 del 1986 e n. 241 del 1989) una figura caratteristica del giudizio di ragionevolezza è costituita dalla «incoerenza», rilevabile nel caso di involontari scoordinamenti legislativi o attraverso la totale inesistenza di correlazioni tra fine della legge e differenziazioni normative, o attraverso il totale scoordinamento delle differenziazioni normative rispetto al fine positivamente individuabile; che, con memoria depositata il 19 marzo 2007, è intervenuto nel giudizio di costituzionalità il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ministero dell’Avvocatura dello Stato, e ha chiesto che la questione, invadendo la sfera di discrezionalità riservata al legislatore, fosse dichiarata inammissibile e, in subordine, infondata; che, con atto depositato in data 7 maggio 2007, N.F., che aveva sollevato l’eccezione nel corso del giudizio di merito, si è costituito nel giudizio di legittimità costituzionale che aveva sollecitato, svolgendo ulteriori deduzioni a sostegno della tesi dell’illegittimità costituzionale della norma censurata. Considerato che il giudice monocratico del Tribunale di Roma dubita, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 5 del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214., nella parte in cui detta norma prevede la competenza del tribunale, anziché del giudice di pace, per il reato di guida sotto l’influenza dell’alcool; che il rimettente, in primo luogo, ha omesso completamente di descrivere la fattispecie oggetto del giudizio a quo; che tale omissione comporta – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (si vedano, da ultimo, le ordinanze numeri 45, 72, 91 e 132 del 2007) – la manifesta inammissibilità della questione sollevata; che, in ogni caso, il rimettente non fornisce alcuna motivazione sulle ragioni che lo hanno indotto a scartare l’interpretazione alternativa, espressa in un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il riferimento all’art. 186, comma 2, del codice della strada, contenuto nel comma 7 del novellato art. 187, deve ritenersi riferito, nell’intenzione del legislatore, sia al trattamento sanzionatorio che alla disciplina sulla competenza; che in tal modo il rimettente si è sottratto all’obbligo di interpretare la norma, ove possibile, in senso conforme a Costituzione (si vedano, in tal senso, con riferimento a fattispecie analoga in tema di guida in stato di ebbrezza, le ordinanze nn. 133 e 47 del 2007 e, con riguardo a fattispecie diverse, la sentenza n. 188 del 1995, le ordinanze nn. 272, 187, 143 e 57 del 2006, n. 306 del 2005 e l’ordinanza n. 63 del 1989). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. per questi motivi |
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