foto dalla rete
La gestione dei rifiuti
costituisce attività di pubblico interesse e è la legge (parte IV del d. Lgs.
152/2006, net testo C.D.A.) ad assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e
controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti
pericolosi. In tal senso, i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti(1)
senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che
potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per
l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza
causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il
paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa
vigente.
A tal fine, la gestione dei
rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione,
di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i
soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel
consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi
dell’ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al
principio comunitario "chi inquina paga". Una particolare tipologia di
rifiuti, è quella proveniente dai cantieri edili. Posto che la
movimentazione di tali merci avviene sulle strade pubbliche e per il tramite
degli autotrasportatori, latamente e generalmente intesi, i controlli di polizia
stradale, evidentemente, possono contribuire notevolmente a prevenire – mediante
i c.d. fenomeni di deterrenza, che derivano dalla assiduità dei controlli –
traffici illeciti di tali rifiuti e, dunque, abbandono degli stessi in luoghi
inidonei ovvero depositi incontrollati. Due, quindi, sono le attività di
controllo, mediante le quali la polizia stradale può realmente contribuire
acciocché “chi inquina paga”:
– mediante il controllo, in
sito, delle modalità di deposito dei rifiuti da demolizione; –
mediante il controllo, durante la movimentazione, dei documenti atti a
dimostrare la regolarità del trasporto del
rifiuto da demolizione.
IL RIFIUTO DA DEMOLIZIONE: QUESTO
SCONOSCIUTO
Come risaputo, l’art. 184 C.D.A.
classifica i rifiuti (2) in urbani e speciali e, tra
gli ultimi, i rifiuti speciali da demolizione, costruzione e di scavo, di cui al
comma 3, lett. b) dell’articolo da ultimo citato. Tali rifiuti, sono
così identificati al capitolo 17 del C.E.R. (catalogo europeo dei
rifiuti)(3) (rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione
(compreso il terreno proveniente da siti contaminati)), che forma parte
integrante dell’All.to A alla parte IV del C.D.A. Chiaramente, le
operazioni di demolizione di fabbricati preesistenti, avvengono in modo tale da
determinarne la completa frantumazione. Qui si possono rinvenire oltre ai tipici
“inerti” (quindi, mattoni, calcinacci, ecc.), anche altre tipologie di rifiuti;
idonei, questi ultimi, a cedere al suolo sostanze pericolose (si pensi, ad
esempio, alle fibre di amianto-cemento, presenti in buona parte di vecchi
fabbricati). Di contro, parte di questo materiale potrebbe essere recuperato per
la realizzazione di nuove opere (pietre, mattoni integri,
ecc.). Chiaramente, il prodotto della demolizione tal quale, non può
essere recuperato in sito, se non con le modalità previste dal C.D.A.: al più,
potrà essere ammessa l’immediata cernita di prodotti da riutilizzare sul posto,
senza contaminazione del suolo, risultando che il prodotto di scarto – dunque
quello di cui il detentore ha l’obbligo di disfarsi – sarà da considerare il
prodotto della demolizione e quindi, rifiuto speciale.
IL DEPOSITO TEMPORANEO
Per evitare irrazionali spese di
conduzione e di gestione del cantiere – con ovvio riferimento al rifiuto
speciale che ivi, viene prodotto, sia durante la demolizione, sia durante la
costruzione della nuova opera – i rifiuti speciali possono essere raggruppati,
prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, nella forma del
c.d. “deposito temporaneo” (art. 183, comma 1, lett. m)
C.D.A.). Peraltro, in ragione di quanto previsto dal c.d. principio di
precauzione e di prevenzione, più sopra richiamati, tale deposito deve essere
“controllato” dal suo produttore o detentore e, quindi, se non si tratta di
rifiuti pericolosi, questi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di
recupero o di smaltimento secondo le seguenti modalità alternative, a
scelta del produttore:
1) con cadenza almeno trimestrale,
indipendentemente dalle quantità in deposito; 2) quando il deposito
raggiunga i 20 metri cubi.
In ogni caso, allorché il
quantitativo di rifiuti non superi i 20 metri cubi, il deposito temporaneo non
può avere durata superiore ad un anno e, limitatamente al deposito temporaneo
effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori, indipendentemente
dalle quantità, sempre entro il termine di durata massima di un anno.
Se il prodotto della demolizione
contiene rifiuti pericolosi, i limiti di cui sopra sono ridotti a:
1) trasporto periodico,
bimestrale; 2) quantitativo massimo ammesso, 10 metri cubi l’anno.
In ogni caso, tali rifiuti non
possono contenere le sostanze indicate al n. 1, della lett. m) del comma
1, dell’art. 183 del decreto. Generalmente, durante il raggruppamento di
rifiuti nella forma del deposito temporaneo, il produttore/detentore dei rifiuti
dovrebbe compilare il registro di carico e scarico previsto dall’art. 190 del
C.D.A. Peraltro, tale obbligo grava soltanto sui soggetti meglio individuati
alle lett. e), d) e g), del comma 3, dell’art. 184 C.D.A., restandone quindi
esclusi, tra gli altri, i rifiuti speciali di cui si discute.
IL TRASPORTO DEI PRODOTTI DELLA
DEMOLIZIONE: RIFIUTI O MATERIE PRIME?
La fase terminale dello
smaltimento/recupero dei rifiuti da demolizione, si attua mediante il trasporto
degli stessi, dal luogo di produzione al luogo di smaltimento o di
recupero. Infatti, nei termini stabiliti all’art. all’art. 188 C.D.A.,
il produttore o detentore dei rifiuti speciali, assolve i propri obblighi, tra
l’altro, con le seguenti priorità:
a) autosmaltimento dei
rifiuti; b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle
disposizioni vigenti;
Pertanto, la responsabilità del
detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa in caso
di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o
di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di
cui all’articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario, entro
tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla
scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla
provincia della mancata ricezione del formulario. Infatti, ai sensi
dell’art. 193 del C.D.A., durante il trasporto effettuato da enti o imprese i
rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale
devono risultare almeno i seguenti dati:
a) nome ed indirizzo del
produttore e del detentore; b) origine, tipologia e quantità del
rifiuto; c) impianto di destinazione; d) data e percorso
dell’instradamento; e) nome ed indirizzo del destinatario.
Una sorta di documento, che
permette la “traccibilità” del rifiuto. Detto formulario, deve essere
redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore o dal
detentore dei rifiuti e controfirmato dal trasportatore. Una copia del
formulario deve rimanere presso il produttore o il detentore e le altre tre,
controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal
destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al
detentore. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque
anni. Per altro verso, presso il cantiere possono essere conferiti gli
inerti prodotti dal recupero di rifiuti da demolizione che, come tali, sono da
considerare materie prime. Queste ultime, dunque, fatto salvo il rispetto delle
altre disposizioni di legge, possono essere utilmente utilizzate, purché se ne
dimostri la legittima provenienza, mediante l’esibizione dei documenti di
trasporto che ne attestano l’origine ovvero le certificazioni che attestano la
qualità ambientale delle medesime. Va precisato, infine, che secondo
quanto previsto dall’art. 193, comma 4, del CDA, tale obbligo non è previsto per
il produttore dei rifiuti stessi che non eccedano la quantità di trenta
chilogrammi o di trenta litri, quando il trasporto avvenga in modo occasionale e
saltuario.
CONTROLLARE PERCHE’? CONTROLLARE
COSA?
Sicuramente, i compiti della
polizia stradale, sono ben definiti dagli artt. 11 s. del nuovo codice della
strada. Analogamente, proprio la polizia stradale può contribuire a contrastare
un grave fenomeno, quale quello dell’abbandono di rifiuti edili da demolizione e
costruzione (D&C). Sol se si pensa che annualmente, in Italia, si producono
circa trentaquattro milioni di tonnellate (4) di D&C. Nulla
questio se tutto
questo materiale di scarto venisse effettivamente smaltito o, ancor meglio,
recuperato, in conformità a quanto previsto dalla legge. Purtroppo, questo non
avviene. Non è certo compito diretto della polizia stradale effettuare
sopralluoghi finalizzati all’accertamento della quantità e della qualità dei
D&C, se non anche dei rifiuti divenuti (formalmente) materie
prime. Sicuramente, sulle nostre strade troviamo più o meno evidenti
cumuli di D&C: anche con caratteristica di insidia stradale: piccole
“discariche a cielo aperto”, potenzialmente idonee a cedere al suolo ed al
sottosuolo sostanze nocive, quali metalli, amianto e quante altre sostanze
pericolose possono essere comunque presenti in un cumulo di
D&C. Purtroppo, il problema è culturale e non è facile da
risolvere. Sicuramente, l’applicazione ferrea delle regole già previste
dal c.d. decreto Ronchi ed oggi, dal CDA, può aiutare a prevenire tali e tanti
fenomeni. Intanto – soprattutto gli appartenenti alle polizie locali –
dovrebbero essere più sensibili al fenomeno, sbirciando oltre quella rete di
protezione (sostanziale e sub-culturale) del cantiere edile, al fine di capire
che fine ha fatto quel manufatto edile che prima c’era ed adesso non c’è più o,
molto più semplicemente, è stato sostituito da un nuovo
fabbricato. Quindi, si tratta di verificare se i rifiuti speciali
prodotti dalla demolizione, ma anche dalla costruzione dell’opera, sono stati
raggruppati in un deposito temporaneo oppure, sono stati ceduti a terzi
trasportatori. Questi ultimi, ad esempio (ma lo stesso
produttore/detentore del rifiuto) debbono (o possono, nel secondo caso) essere
iscritti all’Albo Nazionale Gestori Ambientali(5). Ne deriva, che
l’impresa costruttrice non iscritta all’Albo deve, necessariamente, avvalersi di
un terzo trasportatore per il successivo trasporto del rifiuto, non potendo
certo affermare, di avervi provveduto in proprio. Talvolta, in sede di
sopralluogo, è possibile constatare che buona parte dei D&C è stata sparsa
al suolo, al fine di rendere quest’ultimo compatto ed idoneo al transito delle
macchine operatrici; talaltra, lo stesso prodotto è utilizzato per dei rinterri
o dei riempimenti. Chiaramente, tali utilizzi non sono ammessi, laddove il
prodotto sia un rifiuto speciale prodotto dalla demolizione/costruzione di
edifici edili: la fattispecie è rilevante ai fini dell’applicazione della
contravvenzione prevista dall’art. 256, comma 2 del CDA (c.d. deposito
incontrollato), con riferimento a quanto prescritto dall’art. 192, comma 1 dello
stesso codice. Peraltro, qualora la violazione non sia commessa da titolare di
impresa o responsabile di ente, in luogo della pena anzidetta, è prevista,
invece, l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 105,00 ad euro
620,00 (6). Relativamente alla movimentazione di prodotti da
demolizione, come già detto, se gli stessi sono ancora allo stato di D&C, il
relativo trasporto deve avvenire mediante autocarri intestati ad impresa
iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali ed il rifiuto deve essere
previamente identificato mediante “formulario”. Ai sensi dell’art. 254
commi 5 s. del CDA, l’eventuale mancanza del formulario di identificazione del
rifiuto comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da euro
1.600,00 ad euro 9.300,00 (7); con la medesima sanzione è punita la
incompleta compilazione del formulario di identificazione.
-------------------------------------------------------------------------
* Ufficiale della Polizia
Municipale, attestato tecnico del segnalamento e tutela delle strade al
Politecnico di Milano e CISEL di Rimini; iscritto all’albo dei docenti della
Scuola di Polizia Locale dell’Emilia Romagna e dell’Istituto Superiore Operatori
di Polizia Locale. Referente A.S.A.P.S. nel comune di Forte dei
Marmi.
Note
1 Art. 181 s.
C.D.A. 2 Si ricorda, che con il termine
“rifiuto”, l’art. 184, comma 1, lett. a del C.D.A. indica qualsiasi sostanza od
oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’All.to A alla parte quarta
del citato decreto e di cui il detentore si disfi o abbia
deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. 3 Il numero identificativo dei
rifiuti è un codice numerico a sei cifre, del quale, i primi due numeri
(capitolo) sono rappresentativi del genere cui ricondurre la tipologia di
rifiuto mentre, gli altri sottocapitoli (cifre a seguire), sono ulteriori
specificazioni della tipologia di rifiuto che viene identificato. La precisa
identificazione del rifiuto rileva, in particolare, per le successive fasi di
recupero/smaltimento. Solitamente e nel caso di specie, il rifiuto è
identificato al numero 170107, per identificare i miscugli o scorie di cemento,
mattoni, mattonelle e ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 170106 che,
in quanto asteriscata, identifica gli analoghi rifiuti contenenti sostanze
pericolose. 4
http://www.edilportale.com/dossier/dos101003-1.asp 5 Si accede all’Albo dalla pagina
http://www.albogestoririfiuti.it/home.asp e qui è possibile interrogare la banca
dati ottenendo tutte le informazioni sulla ragione sociale degli iscritti, il
tipo di rifiuto che può essere trattato e con quali
modalità. 6 E’ ammesso il pagamento in misura
ridotta pari ad euro 206,66, entro 60 giorni dall’accertamento; i proventi sono
devoluti alla Provincia competente per territorio e l’autorità cui inviare
eventuali scritti difensivi è il Presidente della Giunta Provinciale. 7 E’ ammesso il pagamento in misura
ridotta pari ad euro 1.066,66, entro 60 giorni dall’accertamento; i proventi
sono devoluti alla Provincia competente per territorio e l’autorità cui inviare
eventuali scritti difensivi è il Presidente della Giunta Provinciale. Se
trattasi di rifiuti pericolosi o certificati di analisi del rifiuto falsi, si
applicano le pene previste dall’art. 483 c.p. |