Lunedì 25 Novembre 2024
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Rassegna stampa Alcol e guida del 10 gennaio

A cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta

L’ADIGE

Vendita di alcolici, le colpe dei locali
Tutto sto’ casino per poter vendere alcolici dopo le due! Ma dove siamo arrivati! Federazioni e associazioni di categoria dei gestori dei locali notturni che chiedono al Governo di andare contro una legge dello stato italiano per poter vendere e guadagnare più soldi e tutto in barba alla salute ed alla incolumità delle persone. Si continua a parlare di nuove povertà, e loro pretendono addirittura di far cambiare una legge, che già si sta dimostrando efficace nel ridurre gli incidenti stradali, per potersi arricchire alle spalle di chi non è più in grado di intendere e di volere, perché dopo alcuni bicchieri di qualsiasi bevanda alcolica non è più il cervello che comanda ma è l’alcol! Quando si invitavano i gestori a controllare se i ragazzini avevano più di 16 anni, ci rispondevano di non essere autorizzati a chiedere i documenti, ora però si permettono di sequestrare addirittura la patente e le chiavi della macchina. I gestori hanno sempre sostenuto che i ragazzi arrivavano nelle discoteche già bevuti o con gli alcolici negli zainetti, quindi se si ubriacavano non era colpa loro! Come mai ora vogliono vendere alcolici anche dopo le 2? Ecco cosa chiederei all’anno nuovo per ridurre un po’ di sofferenze alcolcorrelate: lo zero assoluto di alcolemia per guidare tutti gli autoveicoli e motoveicoli; che vengano raggiunti i due milioni e mezzo di controlli stradali con l’etilometro ogni anno; omicidio doloso per gli incidenti stradali mortali provocati con qualsiasi grado di alcolemia; revoca definitiva della patente a chi provoca un incidente mortale guidando in stato di ebbrezza e a tutti coloro che vengano trovati recidivi a guidare in stato di ebbrezza; reclusione da un anno a cinque anni e ritiro della patente da tre a dieci anni a seconda della gravità dell’incidente stradale con feriti; reclusione da uno a tre mesi e ritiro della patente per tre anni a chi viene sorpreso a guidare con alcolemia diversa dallo zero assoluto; chiusura di tutti gli esercizi pubblici alle due; vietato vendere e somministrare alcolici dalle due alle undici del mattino su tutto il territorio italiano, pena la revoca della licenza; vietato vendere e somministrare alcolici ai minori di anni 18 su tutto il territorio italiano pena la revoca della licenza; più controlli agli esercizi pubblici che vendono alcolici.

Guido Dellagiacoma - Predazzo


CORRIERE ADRIATICO

Il sindaco: le forze dell’ordine impegnate a vegliare sui giovani
“I controlli non mancano”
Luana Angeloni risponde all’appello di una madre

SENIGALLIA - “Nel territorio di Senigallia i controlli ci
sono eccome”. Risponde così il sindaco Luana Angeloni allo sfogo di una madre che ha scritto al Corriere Adriatico chiedendo alle istituzioni maggiore attenzione sulle problematiche legate al consumo di alcol da parte dei giovani, rispetto alle quali non vi sarebbe a Senigallia una sufficiente attenzione da parte delle autorità preposte alla sicurezza pubblica.
“L’amaro sfogo della signora - si legge nella nota del primo cittadino - merita naturalmente la massima considerazione. Troppo frequenti sono infatti in Italia gli episodi di cronaca che ci raccontano di gravi incidenti stradali legati all’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti, per non creare nei genitori un comprensibile stato di profonda paura. Tuttavia il quadro a tinte fosche con il quale raffigura la nostra città non corrisponde alla realtà. La Polizia di stato e i carabinieri effettuano in maniera costante controlli per verificare se gli esercenti di locali di pubblico spettacolo rispettano il divieto di somministrare alcolici dopo le due di notte. Allo stesso modo, i controlli anche di notte lungo le nostre strade rappresentano una prassi costante che le forze dell’ordine seguono”.
“La Polizia municipale - prosegue Luana Angeloni - destina a questo fondamentale compito importanti energie e risorse, applicando nei confronti di coloro che vengono sorpresi a guidare in stato di ebrezza le sanzioni del ritiro della patente e della denuncia penale previste dalle leggi. Dal momento poi che un problema così complesso non ha bisogno soltanto di interventi in chiave repressiva, ma richiede anche iniziative in tema di prevenzione, l’amministrazione ha promosso tutta una serie di progetti che si muovono in questa direzione. Penso da ultimo al progetto cofinanziato dalla Regione, “viaggio sicuro al termine della notte”, che prevede una serie di azioni di sensibilizzazioni rivolte ai giovani, coinvolgendo sia il mondo della scuola che le imprese, per illustrare i rischi legati all’abuso dell’alcol. Insomma: ben venga ogni invito ad intensificare la guardia ma le istituzioni senigalliesi che operano per la sicurezza nella città non mi sembra che meritino l’accusa di insensibilità o, peggio, di colpevole inerzia”.


IL GAZZETTINO (Pordenone)

Concordate le modalità per gli accertamenti e arrivare ai processi con la sentenza di confisca delle autovetture 
Ubriachi al volante, pugno di ferro

In Procura convocate tutte le forze di polizia per mettere a punto un inasprimento dei controlli

È in arrivo un inasprimento dei controlli di polizia sulle strade della provincia, con particolare attenzione a quanti saranno sorpresi alla guida ubriachi o in stato di alterazione provocata dall’assunzione di droghe. L’incontro svoltosi ieri mattina in Tribunale a Pordenone, convocato dal Procuratore della Repubblica Luigi Delpino, aveva lo scopo di far sì che da oggi ci sia uniformità negli accertamenti e rigore nella richiesta degli esami per la presenza di alcol o sostanze stupefacenti nel corpo di una persona fermata per vari motivi o protagonista di un incidente stradale. Delpino aveva lanciato un vero e proprio allarme, segnalando l’aumento esponenziale di reati legati all’uso di droghe e all’abuso di alcol da parte degli automobilisti. «L’incontro è servito per concordare le modalità per gli accertamenti - ha spiegato il procuratore al termine dell’incontro di ieri -. In questo modo siamo sicuri che al processo ci assicuriamo la prova del fatto. Ma la cosa più importante è che ci sarà immediatamente il sequestro dei veicoli in caso di recidiva, poi l’auto sarà confiscata e quindi si perderà la proprietà del mezzo».
Ieri, in Tribunale, c’erano i vertici di carabinieri, questura, Polstrada, Guardia di finanza e Polizia municipale (da tutta la provincia): l’invito di Delpino è stato accolto da tutti con favore e interesse. «L’iniziativa del procuratore è indispensabile - ha commentato il comandante provinciale dei carabinieri, Fabio Antonazzo - È ovvio che le modifiche frequenti della legge fanno sì che sia necessario avere la direttiva del capo della Procura. Anche per evitare incomprensioni». I carabinieri possono contare su quattro etilometri per l’intera provincia, «ma il problema è che devono essere sottoposti a manutenzioni periodiche - ha concluso Antonazzo - per cui se ce me fosse qualcuno in più sarebbe meglio». La Polizia municipale di Pordenone ha invece in dotazione due etilometri, strumenti che ben poche Municipali hanno, visto il loro costo. (*) «Gli etilometri e la preparazione degli agenti ci consentono un maggiore controllo del territorio - ha spiegato il comandante della Polizia municipale di Pordenone Arrigo Buranel -. In caso di incidente o sospetto, viene effettuata immediatamente la prova dell’etilometro e devo dire che sono pochi quelli che la rifiutano». Buranel plaude all’iniziativa del Procuratore, definendola «un lampo di luce per noi che operiamo. Così il magistrato ci è vicino e fornisce direttive chiare, permettendoci di operare in modo uniforme».
Susanna Salvador
(*) Nota: un etilometro omologato costa circa 10-11 mila euro; non sarebbe una spesa così eccessiva. Il motivo vero della scarsità di etilometri in dotazione alle polizie municipali è che, essendo la guida in stato di ebbrezza un reato penale, gli introiti delle contravvenzioni vanno nelle casse dello stato. A differenza delle contravvenzioni per eccesso di velocità. Un autovelox costa molto di più, ma quasi tutte le polizie municipali ne sono dotate.


IL TIRRENO

Nuovi strumenti e più controlli contro il binomio alcol e guida
Con l’apparecchiatura attuale basteranno le verifiche sul posto 
PESCIA. Automobilista avvisato, mezzo salvato. Prima di mettersi al volante sarà bene stare molto attenti a quanto si beve. E poiché - a giudicare dai risultati dei controlli - non basta l’istinto di sopravvivenza (che dovrebbe sconsigliare l’uso di alcol a chi deve guidare), si faranno ancora più intensi i controlli mirati delle forze dell’ordine. Guidare alticci equivale a giocare alla roulette russa, anzi, peggio, perché a rimetterci in questo caso può essere anche chi non c’entra nulla. Per questo la polizia municipale di Pescia annuncia un giro di vite e il ricorso a nuovi strumenti là dove il solo buon senso non basta.
Dall’inizio dell’anno, infatti, sono in dotazione al comando della polizia municipale gli strumenti “etilometro” e “precursore elettronico”, che saranno utilizzati durante i controlli di polizia stradale dalle pattuglie di pronto intervento. Strumenti che consentiranno di fare i cosiddetti “accertamenti urgenti” per verificare il tasso alcolemico nel sangue, senza bisogno - per esempio - di ricorrere al ricovero al pronto soccorso.
Le pattuglie di pronto intervento stanno già utilizzando questi strumenti, sia durante i posti di controllo eseguiti ordinariamente anche per i controlli della velocità (con l’utilizzo del telelaser), sia durante i servizi coordinati con polizia di Stato e carabinieri.
L’alcoltest con l’etilometro può essere compiuto sui conducenti di veicoli in diversi casi: dopo che l’automobilista è stato sottoposto con esito positivo al “precursore”, in seguito a un incidente stradale o quanto la persona presenta dei sintomi che fanno sospettare uno stato di ebbrezza (odore precario, equilibrio precario, difficoltà ad esprimersi o, al contrario, eccessiva loquacità e così via).
L’accertamento viene fatto indicando i risultati di due diverse campionature, da effettuare con cinque minuti di intervallo tra la prima e la seconda prova. Se l’accertamento risulta positivo, con superamento del limite di 0,5 g/l di tasso alcolico nel sangue, si procede all’identificazione e denuncia all’autorità giudiziaria del conducente.
Anche l’eventuale rifiuto dell’automobilista a sottoporsi all’accertamento dello stato di ebbrezza, comporta una violazione dell’articolo 186 del codice della strada. Questo qualsiasi sia la natura del rifiuto dell’automobilista. È vero che il rifiuto è stato depenalizzato (in sostanza non si rischia il carcere) ma pur trattandosi solo di una violazione di natura amministrativa le sanzioni sono comunque pesanti, e comportano l’applicazione di una multa di 2.500 euro (che sale fino a 3.500 in caso di incidente), la decurtazione di 10 punti dalla patente di guida, il ritiro della patente stessa e il fermo del veicolo per 180 giorni (salvo che appartenga a persona estranea), con facoltà di affidarlo all’interessato se in possesso dei necessari requisiti (con rimozione a mezzo carro attrezzi) oppure con affidamento alla depositeria autorizzata (sempre obbligatoria per ciclomotori e motocicli per i primi 30 giorni).
Insomma quel bicchierino di troppo può costare davvero caro, alla salute propria e degli altri innanzitutto, ma anche al portafoglio. Occhio dunque perché, come annuncia la polizia municipale «i controlli saranno intensificati durante i servizi serali e notturni, per organizzare servizi mirati al contrasto di quei fenomeni che possono sfociare in quelle vicende tristemente note come stragi del sabato sera».


IL GAZZETTINO

ABUSO DI ALCOL E DROGA AL LAVORO
Cisl e Uil: «Il problema esiste ma non si faccia la caccia alle streghe. Si collabori per la prevenzione»
(r.g.) «Alcol e droga rappresentano solo una delle ragioni che causano incidenti sul lavoro in provincia di Belluno e vanno affrontati in un contesto sociale molto più ampio rispetto a quello strettamente occupazionale». Primo Torresin ed Eugenio Padovan, segretari provinciali rispettivamente di Cisl e Uil, concordano sul fatto che «non si deve fare la caccia alle streghe. Il problema esiste ma non è il solo».
«Mi dissocio dalla linea espressa dalla Cassa Edile - afferma Torresin - innanzitutto perché se fosse vero il suo disegno vorrebbe dire che viviamo in una società dalla quale usciremmo tutti sconfitti. In secondo luogo, se è vero che una rondine non fa primavera, un ubriaco sul posto di lavoro non fa di tutti i lavoratori delle persone che alzano il gomito. Se i dipendenti devono fare la propria parte anche gli imprenditori devono rispettare le regole. Ma il problema, in definitiva, va affrontato ad ampio raggio soprattutto dal punto di vista sociale, ognuno ricoprendo il proprio ruolo. La Cisl, da parte sua, difende la sicurezza sul lavoro fin dalla sua costituzione nel 1950. Nessuno può pensare di essere più paladino degli altri in questo settore».
Padovan sottolinea che «benvenga tutto ciò che è rivolto a migliorare le condizioni di sicurezza nel posto del lavoro. Ma attenzione a non fare la caccia alle streghe. E a non strumentalizzare un problema, quello dell’abuso di alcol e dell’uso di stupefacenti, che esiste e che merita azioni concrete e condivise. Non entro nel merito delle dichiarazioni del presidente della Cassa Edile. Invito solo a volgere questa provocazione in uno spunto per far fronte, assieme, a quella che è la cultura "dell’alzare il gomito"».
Sulla medesima linea d’onda Edi Toigo (segretario Filca-Cisl) e Danilo Ferigo (responsabile Uil della sicurezza nell’artigianato). «Distinguerei il problema della sicurezza sul lavoro - afferma Toigo - da quello che è il disagio dell’alcolismo che è una questione molto più ampia e che va affrontata a più voci dal punto di vista sociale». Ferigo aggiunge però che «quello dell’alcolismo, in provincia, è un problema. Basti pensare che i nostri giovani iniziano a bere in un’età media di 11 anni e mezzo. Un dato che deve far pensare e che deve indurre ad avviare una forte prevenzione».


IL GIORNALE

Per il rom ubriaco giustizia a zig zag...
di Mario Cervi - L’andirivieni di Marco Ahmetovic tra carcere e arresti domiciliari appartiene alle consuetudini della giustizia italiana: che ha le porte girevoli come i grandi alberghi. È inutile discutere sulla congruità della condanna inflitta al rom per aver investito e ucciso, guidando ubriaco, quattro minorenni di Appignano del Tronto. Sei anni e mezzo di galera rappresentano una pena piuttosto severa, per il metro dei nostri Tribunali e delle nostre Corti d’Appello. Ma non fa onore alla giustizia italiana il balletto su dove debba essere scontata la condanna: il carcere; anzi, no: detenzione domiciliare in un campo nomadi; anzi, no: nel residence dove era già stato «ospite»; anzi, no: in cella. Uno slalom di decisioni, fuori e dentro dal carcere in tre mosse e in meno di 24 ore, inaccettabile anche se riguarda un tipo come Ahmetovic: il quale, considerati i suoi precedenti e i suoi comportamenti, può essere tranquillamente qualificato un poco di buono. Un soggetto che la società degli onesti vorrebbe espellere, e che invece profittando delle maglie larghe di codici e regolamenti investe, ammazza, e ha contatti con la malavita - come ha dimostrato - persino dai «domiciliari».
E non diamo peso alla solfa dell’innocenza presunta fino a sentenza di colpevolezza passata in giudicato, il che farebbe dell’Ahmetovic, oggi come oggi, la possibile vittima d’un errore giudiziario. Sappiamo tutti che questi sono sofismi avvocateschi, e che i ricorsi in appello e in Cassazione presentati anche quando le prove appaiono schiaccianti, hanno esclusivamente uno scopo dilatorio. Mamma giustizia ha sempre in serbo i domiciliari, le libertà condizionate, le amnistie, gli indulti, i permessi per lavoro esterno al penitenziario. Ci vuole molta buona volontà, in Italia, per andare in cella.
Ahmetovic è odioso: per il suo stile di vita, per il suo essere in servizio permanente nella malavita, per il modo indecente con cui voleva sfruttare pubblicitariamente una notorietà acquisita grazie al sangue altrui (forse più spregevoli di lui, nella specifica circostanza, coloro che erano disposti a utilizzarlo come «testimonial»). Ma, se proprio vogliamo guardare alla situazione senza partiti presi, dobbiamo ammettere che Ahmetovic in qualche modo sta pagando, l’Italia intera lo vuole castigato, Storace prometteva «un bel comitato d’accoglienza» qualora fosse stato trasferito a Roma. Viene tenuto d’occhio. È, nel bene e nel male, sotto la luce dei riflettori.


IL TIRRENO

L’episodio avvenne sul viale Apua nel luglio 2003: il ragazzo, oggi ventenne. rimase in coma per 16 giorni Giovane perse l’occhio dopo l’incidente 
A processo l’uomo che lo travolse sul viale Apua: era in stato di ebbrezza
PIETRASANTA. Giacomo ha appena vent’anni. L’età della spensieratezza, quando il mondo intero sembra ai tuoi piedi. Non per Giacomo: lui, da quella sera del 10 settembre del 2003, ha visto più letti e stanze di ospedale che la sua cameretta, più medici e infermieri che amici e ragazzine. Colpa di quel maledetto incidente, di quello scontro lungo sul viale Apua tra il suo scooter e un motocarro che lo travolse. Un episodio che è stato ricostruito ieri mattina nella prima udienza del processo a carico di Roberto Evangelisti, pietrasantino di 44 anni che quel giorno si trovava alla guida del piccolo motocarro. L’accusa è di lesioni gravissime e di aver condotto il mezzo in stato di ebbrezza.
Le conseguenze dell’incidente furono devastanti per Giacomo Marchetti, parte lesa nel procedimento. «Ero andato a cena allo Scivolo di Focette con il mio amico Filippo Franceschi quella sera - ha raccontato davanti al giudice Gerardo Boragine, rispondendo alle domande del suo legale, l’avvocato Serafini - ed eravamo in sella ai nostri scooter. Filippo ha svoltato a sinistra dal viale Apua in via Primo Maggio, il semaforo era verde ma io ho visto le luci di un veicolo che arrivava in direzione monti-mare e mi sono fermato. Poi non ricordo più niente». L’impatto, come ha testimoniato poi il vigile urbano Angelo Coppedè che eseguì i rilievi, fu tremendo. Pezzi del motocarro e dello scooter si sparsero per decine di metri, Marchetti fu scagliato indietro di almeno 15 metri. Riportò un fortissimo trauma cranico, rimase in coma per sedici lunghissimi giorni come ha ricordato, commossa, la madre Maria Mancini. Perse quasi completamente l’uso dell’occhio sinistro e - lo ha confermato il consulente nominato dalla parte offesa, Pietro Coveri - ha riportato anche danni alla scatola cranica, oltre a una forma di epilessia post-traumatica. Giacomo ha perso un anno di scuola e poi ha smesso di studiare, e le spese per le cure sono state sostenute dal padre manovale e dalla madre casalinga. «E al momento non abbiamo ricevuto un euro dall’assicurazione», ha spiegato ancora la mamma. Per Evangelisti, difeso dall’avvocato Riccardo Carloni, una posizione pesante da sostenere. Perchè agli atti del processo è allegato anche l’esame eseguito all’ospedale Versilia secondo il quale l’uomo quella sera era alla guida con una percentuale di alcol nel sangue superiore al massimo consentito. Il processo è stato aggiornato al 7 maggio.


PIACENZADAY

Pirata della strada tampona un’auto a Guardamiglio e fugge a casa ubriaco
Trovato dai Carabinieri di Codogno, è stato multato e privato della patente
Ieri sera un uomo ha tamponato una vettura sulla Strada Statale 9, a Guardamiglio, fuggendo poi senza prestare soccorso. Per sua fortuna nessuno è rimasto ferito e non gli può essere imputata l’ipotesi di omissione di soccorso, un brutto reato.
I Carabinieri di Codogno, infatti, informati dell’accaduto, sono riusciti a raggiungere il pirata della strada presso la sua abitazione, e lo hanno sottoposto all’etilometro. L’uomo, risultato ubriaco, è stato multato per un’infrazione al codice della strada di 270 euro, e la sua patente ha preso il volo. (*)
(*) Nota: il Codice della strada dovrebbe prevedere l’obbligo di non bere alcolici dopo essere stati coinvolti in un incidente. Diversamente chi fugge può avvantaggiarsi dal sostenere di aver bevuto dopo, (con la scusa dello spavento ed il consiglio dell’avvocato). Senza possibilità di essere smentito.


IL SECOLO XIX

Chessa fuori dal coma, fissato l’interrogatorio

Incidente mortale alla margonara 

Sono migliorate le condizioni del giovane responsabile della morte di Roberto Salvaterra. Il pm Landolfi intende sentirlo

SONO MIGLIORATE le condizioni di Carlo Alberto Chessa, il ventisettenne di Albisola accusato di omicidio colposo per aver causato, ubriaco e sotto l’effetto di stupefacenti (oltre che con la patente sospesa), la morte di Roberto Salvaterra, 31 anni, capitano della compagine calcistica del Santa Cecilia.
Trasferito nei giorni scorsi dall’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure all’ospedale San Paolo di Savona, Chessa è uscito dalla stato di coma nel quale, a causa delle gravi lesioni riportate nell’incidente, era tenuto sotto controllo medico.
Il sostituto procuratore Alberto Landolfi a seguito dello scioglimento della prognosi può ora completare tutti gli accertamenti. Probabilmente già in questi giorni interrogherà in ospedale Carlo Alberto Chessa.
In seguito provvederà a formulare il definitivo capo d’imputazione che potrebbe mutare in una ben più grave contestazione del reato: omicidio volontario.
In questo caso il pm Landolfi potrebbe anche richiedere, come già annunciato, l’arresto del protagonista dell’incidente stradale avvenuto, a quanto pare, al limite tra la colpa cosciente e il dolo eventuale.
Carlo Alberto Chessa, poco prima di causare l’incidente, aveva dato in escandescenze in un bar savonese distruggendo arredi e aggredendo un amico. Era il 20 dicembre.
Infuriato, sotto l’effetto di alcol e cannabis, si era messo alla guida della sua Rover 214 lanciandosi a elevata velocità lungo l’Aurelia in direzione Albisola.
Nei pressi del parcheggio della Margonara aveva perso il controllo della vettura finendo di traverso e invadendo l’altra corsia.
Proprio in quel momento stava sopraggiungendo Robby Salvaterra in sella alla sua Vespa 250 Granturismo. Diretto verso casa, dove l’attendevano moglie e figlioletto, era di ritorno dall’allenamento con la sua compagine.
Lo schianto terribile ha tolto la vita al giovane papà ancora oggi pianto, oltre che dai famigliari, dai suoi amici e dai tifosi genoani.
N. F.


IL SECOLO XIX

Si mette sui binari e blocca il traffico ferroviario per due ore

Corniglia

UN MAROCCHINO ubriaco si è piazzato in mezzo ai binari alla stazione di Corniglia e ha paralizzato il traffico ferroviario per quasi due ore. L’episodio è successo nella notte tra martedì e mercoledì, attorno all’una, quando lo straniero è sceso sui binari, si è appoggiato alla locomotiva del treno regionale La Spezia-Sestri Levante e ha impedito al macchinista di poter riprendere la marcia dopo la sosta a Corniglia.

L’uomo non ha voluto sentire ragioni di spostarsi. Il capotreno ha tentato di convincerlo. Ci hanno provato anche alcuni passeggeri, ma lui non si è voluto assolutamente spostare. Quando ha capito che non c’era nulla da fare, il capotreno è stato costretto ad allertare la centrale operativa di Trenitalia che ha disposto il blocco del traffico ferroviario regionale lungo tutta la tratta. Una situazione di imbarazzo tra il malumore dei pochi passeggeri che a quell’ora della notte, si trovavano a bordo del convoglio. Attorno all’1.45, al capotreno non è rimasto altro da fare che allertare i carabinieri della stazione di Monterosso.

Nel giro di mezz’ora i militari dell’Arma sono arrivati alla stazione di Corniglia e hanno portato via lo straniero con la forza. La circolazione ferroviaria è ripresa soltanto dopo le 2.30 tra la rabbia dei passeggeri. Nel frattempo lo straniero è stato accompagnato nella caserma di Monterosso e identificato. Dagli accertamenti è risultato che su di lui pendeva un ordine di espulsione emesso dal questore della Spezia appena una settimana fa. A quel punto è scattato l’arresto. Il marocchino inoltre è stato denunciato anche per i reati di interruzione di pubblico servizio, per essersi rifiutato di esibire i documenti di riconoscimento e aver fornito false generalità ai carabinieri


CORRIERE DI COMO

Ubriaco aggredisce i carabinieri Patteggia cinque mesi di carcere 
IL FATTO A MONTANO LUCINO
Qualche bicchierino di troppo è costato a un 37enne già noto alle forze dell’ordine l’arresto, il processo per direttissima e il patteggiamento a 5 mesi di carcere. L’episodio è avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì davanti ad un bar di Montano Lucino. L’uomo, al momento del controllo delle generalità da parte dei carabinieri della compagnia di Cantù, ha deciso di passare alle vie di fatto aggredendo i militari. Le intemperanze sono proseguite dopo l’arresto tanto da richiedere l’accompagnamento in carcere invece che in camera di sicurezza. Ieri, poi, il patteggiamento davanti al giudice Anghileri.
Mauro Peverelli


IL TIRRENO

DENUNCIATO
Al volante ubriaco e senza patente
Quando i carabinieri del nucleo radiomobile lo hanno fermato alle 4 di notte sul viale a mare al volante della sua auto, hanno subito capito che aveva alzato troppo il gomito. Così hanno deciso di sottoporlo alla prova dell’etilometro. E il sospetto che Paolo L., 34 anni, nato e residente a Lucca, si fosse ubriacato è stato «certificato» dall’alcoltest che ha fatto segnare valori quasi tre volte superiori a quelli previsti dal codice della strada (1,30 contro lo 0,50 consentito). Quello che gli uomini dell’Arma non immaginavano di certo è che al giovane sottoposto a controllo fosse già stata sospesa la patente (per un anno) nel maggio scorso. E che quindi alla guida della macchina non potesse starci neppure senza un grammo di alcol in corpo. Nei suoi confronti, oltre ad una multa assai salata, è scattata così anche una doppia denuncia per guida senza patente e in stato di ebrezza.
E un cingalese di 33 anni è stato denunciato per guida in stato di ebrezza per aver provocato un incidente vicino al bar Catelli a San Vito. Era alla guida di un motorino che ha tamponato un’auto. I carabinieri volevano accompagnarlo in ospedale per sottoporlo ad alcol test, ma lui inizialmente si è sottratto. Nei suoi confronti è scattato anche il fermo amministrativo dello scooter.


ROMAGNA OGGI

Guida ubriaco e drogato tampona altra auto
Reggio Emilia - Alla guida della propria auto sotto l’effetto di alcol e droga ha causato un incidente dal quale è comunque uscito illeso. E’ andata invece peggio agli occupanti dell’altro veicolo che sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari.
Martedì sera un 23enne residente a San Polo d’Enza (Reggio Emilia) è stato denunciato dai carabinieri della locale stazione per aver tamponato in via Gramsci un’auto che lo precedeva. Nell’impatto le due persone che erano a bordo sono rimaste lievemente ferite, mentre lui non ha subito alcuna conseguenza.


L’ARENA

REINSERIMENTO A RISCHIO.
Ha già scontato vent’anni di cella
«Camay» salvato dall’indulto
Doveva scontare altri 27 giorni di carcere per una guida in stato di ebbrezza
Ha rischiato grosso Lorenzo Montorio, detto Camay nei giorni scorsi in tribunale. La vecchia conoscenza della malavita veronese, soprannominato così per la sua capacità di divincolarsi dalla morsa di polizia e carabinieri e riabilitato dal tribunale poco meno di due anni fa, era stato colto in una guida in stato di ebbrezza il 29 aprile 2006. Una bazzecola, un reato non estremamente grave ma che gli poteva costare altri ventisette giorni di carcere. Già perché il giudice l’ha condannato a quella pena per una guida con un tasso alcolico quasi tre volte superiore a quello previsto dalla legge. L’approvazione dell’indulto, però, gli ha fatto solo sfiorare il ritorno in cella: la pena è stata condonata. Non ha potuto far nulla, invece, di fronte al ritiro della patente che gli è stata inflitta una volta fermato dalle forze dell’ordine.
E così Lorenzo Montorio torna alla ribalta della cronaca questa volta per un reato lontano sia nel contenuto che nel tempo con le sue «specializzazioni» a partire dai furti. «Ho rubato per miliardi delle vecchie lire», dichiarò. E le rapine? «Ne ho fatte poche, sono l’anticamera dell’omicidio». E poi visse gli anni d’oro della mala veronese quando la droga iniziò a rovinare la vita di tantissimi giovani e poi dei burattinai che tiravano le fila dello spaccio. Anni intensi, vissuti freneticamente, tra stupefacenti e donne da favole alle quali «Camay» non ha mai detto di no.
Fino al 2000 quando dopo 8 anni filati di detenzione, ha scelto di svestire i panni di «saponetta» e ha deciso di riprendere in mano la sua vita. L’ha fatto, raccontò al nostro giornale, per sua madre e perché aveva trascurato per troppo tempo gli affetti e la famiglia. Una strada tutta in salita, ripida piena di tentazioni con il rischio di riprendere la strada dei soldi facili e delle donne da sballo da un momento all’altro. Ma Lorenzo Montorio è rimasto fedele al suo impegno fino ad arrivare al marzo del 2006 quando il tribunale di sorveglianza ha pronunciato la sentenza di riabilitazione. Lo Stato gli toglieva così ogni laccio e interrompeva anche il regime di sorvegliato speciale.
Fino al 26 aprile 2006, quando un bicchiere di vino in più, lo portò a guidare la sua auto con un tasso alcolemico troppo alto.
Fu fermato e multato. Poi il processo di pochi giorni fa con la condanna a ventisette giorni di carcere. Questa volta una fuga, l’ennesima, non è servita. Ci ha pensato l’indulto a evitargli di tornare in cella anche se solo per pochi giorni. E il soprannome Camay ha subito un altro duro colpo. Forse quello finale.


ALCOLISMO

Droga: cinesi identificano geni che predispongono a dipendenza
Identificati da un team di scienziati dell’università di Pechino (Cina) circa 400 geni che rendono le persone più ’vulnerabili’ nei confronti di droghe, alcol o sigarette, ’aprendo la strada’ alla dipendenza vera e propria. Sulla rivista ’Plos Computational Biology’, gli esperti spiegano che i fattori genetici influiscono per il 60% circa sulla tendenza a non poter fare meno di queste sostanze. Mentre quelli ambientali fanno il resto.
Gli esperti si sono concentrati su cocaina, oppio, alcol e nicotina ’mappando’ le cinque principali ’strade’ o processi molecolari che portano alla dipendenza. Esattamente per quanto accade nello studio dell’insorgenza delle malattie, compreso il cancro: approfondendo il meccanismo attraverso il quale una patologia si sviluppa e ampliando la conoscenza delle proteine coinvolte in tale processo - assicurano gli scienziati - c’è maggior possibilità di trovare una cura.
Lo stesso vale anche per le tossicodipendenze: passando in rassegna mille pubblicazioni scientifiche che mettono in relazione geni e cromosomi con la dipendenza da droghe, gli studiosi cinesi hanno ottenuto una lista di 1.500 proteine coinvolte. Ma essendo la presenza di alcuni di questi geni ricorrente, si è potuto ’scremare’ tale lista e arrivare a contarne 396.


IL MESSAGGERO VENETO

Di nuovo ubriaco: uccide, ma tornerà a guidare

CORRIERE ALTO ADIGE

Alcol e divieti Il Rise non chiude


© asaps.it
Venerdì, 11 Gennaio 2008
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