L’ADIGE
Vendita di alcolici, le colpe dei locali Tutto sto’ casino per poter vendere alcolici dopo le due!
Ma dove siamo arrivati! Federazioni e associazioni di categoria dei gestori dei
locali notturni che chiedono al Governo di andare contro una legge dello stato
italiano per poter vendere e guadagnare più soldi e tutto in barba alla salute
ed alla incolumità delle persone. Si continua a parlare di nuove povertà, e
loro pretendono addirittura di far cambiare una legge, che già si sta
dimostrando efficace nel ridurre gli incidenti stradali, per potersi arricchire
alle spalle di chi non è più in grado di intendere e di volere, perché dopo
alcuni bicchieri di qualsiasi bevanda alcolica non è più il cervello che
comanda ma è l’alcol! Quando si invitavano i gestori a controllare se i
ragazzini avevano più di 16 anni, ci rispondevano di non essere autorizzati a
chiedere i documenti, ora però si permettono di sequestrare addirittura la
patente e le chiavi della macchina. I gestori hanno sempre sostenuto che i ragazzi
arrivavano nelle discoteche già bevuti o con gli alcolici negli zainetti,
quindi se si ubriacavano non era colpa loro! Come mai ora vogliono vendere
alcolici anche dopo le 2? Ecco cosa chiederei all’anno nuovo per ridurre un po’
di sofferenze alcolcorrelate: lo zero assoluto di alcolemia per guidare tutti
gli autoveicoli e motoveicoli; che vengano raggiunti i due milioni e mezzo di
controlli stradali con l’etilometro ogni anno; omicidio doloso per gli
incidenti stradali mortali provocati con qualsiasi grado di alcolemia; revoca
definitiva della patente a chi provoca un incidente mortale guidando in stato
di ebbrezza e a tutti coloro che vengano trovati recidivi a guidare in stato di
ebbrezza; reclusione da un anno a cinque anni e ritiro della patente da tre a
dieci anni a seconda della gravità dell’incidente stradale con feriti;
reclusione da uno a tre mesi e ritiro della patente per tre anni a chi viene
sorpreso a guidare con alcolemia diversa dallo zero assoluto; chiusura di tutti
gli esercizi pubblici alle due; vietato vendere e somministrare alcolici dalle
due alle undici del mattino su tutto il territorio italiano, pena la revoca
della licenza; vietato vendere e somministrare alcolici ai minori di anni 18 su
tutto il territorio italiano pena la revoca della licenza; più controlli agli
esercizi pubblici che vendono alcolici. Guido Dellagiacoma -
Predazzo
CORRIERE ADRIATICO
Il sindaco: le
forze dell’ordine impegnate a vegliare sui giovani “I
controlli non mancano”Luana
Angeloni risponde all’appello di una madre
SENIGALLIA - “Nel territorio di
Senigallia i controlli ci sono eccome”. Risponde così il sindaco Luana Angeloni allo sfogo di una madre
che ha scritto al Corriere Adriatico chiedendo alle istituzioni maggiore
attenzione sulle problematiche legate al consumo di alcol da parte dei giovani,
rispetto alle quali non vi sarebbe a Senigallia una sufficiente attenzione da
parte delle autorità preposte alla sicurezza pubblica. “L’amaro sfogo della signora - si legge nella nota del
primo cittadino - merita naturalmente la massima considerazione. Troppo
frequenti sono infatti in Italia gli episodi di cronaca che ci raccontano di
gravi incidenti stradali legati all’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti,
per non creare nei genitori un comprensibile stato di profonda paura. Tuttavia
il quadro a tinte fosche con il quale raffigura la nostra città non corrisponde
alla realtà. La Polizia di stato e i carabinieri effettuano in maniera costante
controlli per verificare se gli esercenti di locali di pubblico spettacolo
rispettano il divieto di somministrare alcolici dopo le due di notte. Allo
stesso modo, i controlli anche di notte lungo le nostre strade rappresentano
una prassi costante che le forze dell’ordine seguono”. “La Polizia municipale - prosegue Luana Angeloni - destina
a questo fondamentale compito importanti energie e risorse, applicando nei
confronti di coloro che vengono sorpresi a guidare in stato di ebrezza le
sanzioni del ritiro della patente e della denuncia penale previste dalle leggi.
Dal momento poi che un problema così complesso non ha bisogno soltanto di
interventi in chiave repressiva, ma richiede anche iniziative in tema di
prevenzione, l’amministrazione ha promosso tutta una serie di progetti che si
muovono in questa direzione. Penso da ultimo al progetto cofinanziato dalla
Regione, “viaggio sicuro al termine della notte”, che prevede una serie di
azioni di sensibilizzazioni rivolte ai giovani, coinvolgendo sia il mondo della
scuola che le imprese, per illustrare i rischi legati all’abuso dell’alcol.
Insomma: ben venga ogni invito ad intensificare la guardia ma le istituzioni
senigalliesi che operano per la sicurezza nella città non mi sembra che
meritino l’accusa di insensibilità o, peggio, di colpevole inerzia”.
IL GAZZETTINO (Pordenone)
Concordate le modalità per gli accertamenti e arrivare ai
processi con la sentenza di confisca delle autovetture Ubriachi al volante, pugno di
ferro In Procura convocate tutte le
forze di polizia per mettere a punto un inasprimento dei controlli È in arrivo un inasprimento dei controlli di polizia sulle
strade della provincia, con particolare attenzione a quanti saranno sorpresi
alla guida ubriachi o in stato di alterazione provocata dall’assunzione di
droghe. L’incontro svoltosi ieri mattina in Tribunale a Pordenone, convocato
dal Procuratore della Repubblica Luigi Delpino, aveva lo scopo di far sì che da
oggi ci sia uniformità negli accertamenti e rigore nella richiesta degli esami
per la presenza di alcol o sostanze stupefacenti nel corpo di una persona
fermata per vari motivi o protagonista di un incidente stradale. Delpino aveva
lanciato un vero e proprio allarme, segnalando l’aumento esponenziale di reati
legati all’uso di droghe e all’abuso di alcol da parte degli automobilisti. «L’incontro
è servito per concordare le modalità per gli accertamenti - ha spiegato il
procuratore al termine dell’incontro di ieri -. In questo modo siamo sicuri che
al processo ci assicuriamo la prova del fatto. Ma la cosa più importante è che
ci sarà immediatamente il sequestro dei veicoli in caso di recidiva, poi l’auto
sarà confiscata e quindi si perderà la proprietà del mezzo». Ieri, in Tribunale, c’erano i vertici di carabinieri,
questura, Polstrada, Guardia di finanza e Polizia municipale (da tutta la
provincia): l’invito di Delpino è stato accolto da tutti con favore e
interesse. «L’iniziativa del procuratore è indispensabile - ha commentato il
comandante provinciale dei carabinieri, Fabio Antonazzo - È ovvio che le
modifiche frequenti della legge fanno sì che sia necessario avere la direttiva
del capo della Procura. Anche per evitare incomprensioni». I carabinieri
possono contare su quattro etilometri per l’intera provincia, «ma il problema è
che devono essere sottoposti a manutenzioni periodiche - ha concluso Antonazzo
- per cui se ce me fosse qualcuno in più sarebbe meglio». La Polizia
municipale di Pordenone ha invece in dotazione due etilometri, strumenti che
ben poche Municipali hanno, visto il loro costo. (*) «Gli etilometri e la
preparazione degli agenti ci consentono un maggiore controllo del territorio -
ha spiegato il comandante della Polizia municipale di Pordenone Arrigo Buranel
-. In caso di incidente o sospetto, viene effettuata immediatamente la prova
dell’etilometro e devo dire che sono pochi quelli che la rifiutano». Buranel
plaude all’iniziativa del Procuratore, definendola «un lampo di luce per noi
che operiamo. Così il magistrato ci è vicino e fornisce direttive chiare,
permettendoci di operare in modo uniforme». Susanna Salvador (*) Nota: un etilometro omologato
costa circa 10-11 mila euro; non sarebbe una spesa così eccessiva. Il motivo
vero della scarsità di etilometri in dotazione alle polizie municipali è che,
essendo la guida in stato di ebbrezza un reato penale, gli introiti delle contravvenzioni
vanno nelle casse dello stato. A differenza delle contravvenzioni per eccesso
di velocità. Un autovelox costa molto di più, ma quasi tutte le polizie
municipali ne sono dotate.
IL TIRRENO
Nuovi strumenti e più controlli contro il binomio alcol e
guida Con
l’apparecchiatura attuale basteranno le verifiche sul posto PESCIA. Automobilista avvisato, mezzo salvato. Prima di
mettersi al volante sarà bene stare molto attenti a quanto si beve. E poiché -
a giudicare dai risultati dei controlli - non basta l’istinto di sopravvivenza
(che dovrebbe sconsigliare l’uso di alcol a chi deve guidare), si faranno
ancora più intensi i controlli mirati delle forze dell’ordine. Guidare alticci
equivale a giocare alla roulette russa, anzi, peggio, perché a rimetterci in
questo caso può essere anche chi non c’entra nulla. Per questo la polizia
municipale di Pescia annuncia un giro di vite e il ricorso a nuovi strumenti là
dove il solo buon senso non basta. Dall’inizio
dell’anno, infatti, sono in dotazione al comando della polizia municipale gli
strumenti “etilometro” e “precursore elettronico”, che saranno utilizzati
durante i controlli di polizia stradale dalle pattuglie di pronto intervento. Strumenti
che consentiranno di fare i cosiddetti “accertamenti urgenti” per verificare il
tasso alcolemico nel sangue, senza bisogno - per esempio - di ricorrere al
ricovero al pronto soccorso. Le pattuglie di
pronto intervento stanno già utilizzando questi strumenti, sia durante i posti
di controllo eseguiti ordinariamente anche per i controlli della velocità (con
l’utilizzo del telelaser), sia durante i servizi coordinati con polizia di
Stato e carabinieri. L’alcoltest con
l’etilometro può essere compiuto sui conducenti di veicoli in diversi casi:
dopo che l’automobilista è stato sottoposto con esito positivo al “precursore”,
in seguito a un incidente stradale o quanto la persona presenta dei sintomi che
fanno sospettare uno stato di ebbrezza (odore precario, equilibrio precario,
difficoltà ad esprimersi o, al contrario, eccessiva loquacità e così via). L’accertamento
viene fatto indicando i risultati di due diverse campionature, da effettuare
con cinque minuti di intervallo tra la prima e la seconda prova. Se
l’accertamento risulta positivo, con superamento del limite di 0,5 g/l di tasso
alcolico nel sangue, si procede all’identificazione e denuncia all’autorità
giudiziaria del conducente. Anche l’eventuale
rifiuto dell’automobilista a sottoporsi all’accertamento dello stato di
ebbrezza, comporta una violazione dell’articolo 186 del codice della strada.
Questo qualsiasi sia la natura del rifiuto dell’automobilista. È vero che il
rifiuto è stato depenalizzato (in sostanza non si rischia il carcere) ma pur
trattandosi solo di una violazione di natura amministrativa le sanzioni sono
comunque pesanti, e comportano l’applicazione di una multa di 2.500 euro (che
sale fino a 3.500 in caso di incidente), la decurtazione di 10 punti dalla
patente di guida, il ritiro della patente stessa e il fermo del veicolo per 180
giorni (salvo che appartenga a persona estranea), con facoltà di affidarlo
all’interessato se in possesso dei necessari requisiti (con rimozione a mezzo
carro attrezzi) oppure con affidamento alla depositeria autorizzata (sempre
obbligatoria per ciclomotori e motocicli per i primi 30 giorni). Insomma quel
bicchierino di troppo può costare davvero caro, alla salute propria e degli
altri innanzitutto, ma anche al portafoglio. Occhio dunque perché, come annuncia
la polizia municipale «i controlli saranno intensificati durante i servizi
serali e notturni, per organizzare servizi mirati al contrasto di quei fenomeni
che possono sfociare in quelle vicende tristemente note come stragi del sabato
sera».
IL GAZZETTINO
ABUSO DI ALCOL E DROGA AL LAVORO Cisl e Uil: «Il problema esiste ma non si faccia la caccia
alle streghe. Si collabori per la prevenzione» (r.g.) «Alcol e droga rappresentano solo una delle ragioni
che causano incidenti sul lavoro in provincia di Belluno e vanno affrontati in
un contesto sociale molto più ampio rispetto a quello strettamente
occupazionale». Primo Torresin ed Eugenio Padovan, segretari provinciali
rispettivamente di Cisl e Uil, concordano sul fatto che «non si deve fare la
caccia alle streghe. Il problema esiste ma non è il solo». «Mi dissocio dalla linea espressa dalla Cassa Edile -
afferma Torresin - innanzitutto perché se fosse vero il suo disegno vorrebbe
dire che viviamo in una società dalla quale usciremmo tutti sconfitti. In
secondo luogo, se è vero che una rondine non fa primavera, un ubriaco sul posto
di lavoro non fa di tutti i lavoratori delle persone che alzano il gomito. Se i
dipendenti devono fare la propria parte anche gli imprenditori devono
rispettare le regole. Ma il problema, in definitiva, va affrontato ad ampio
raggio soprattutto dal punto di vista sociale, ognuno ricoprendo il proprio
ruolo. La Cisl, da parte sua, difende la sicurezza sul lavoro fin dalla sua
costituzione nel 1950. Nessuno può pensare di essere più paladino degli altri
in questo settore». Padovan sottolinea che «benvenga tutto ciò che è rivolto a
migliorare le condizioni di sicurezza nel posto del lavoro. Ma attenzione a non
fare la caccia alle streghe. E a non strumentalizzare un problema, quello
dell’abuso di alcol e dell’uso di stupefacenti, che esiste e che merita azioni
concrete e condivise. Non entro nel merito delle dichiarazioni del presidente
della Cassa Edile. Invito solo a volgere questa provocazione in uno spunto per
far fronte, assieme, a quella che è la cultura "dell’alzare il
gomito"». Sulla medesima linea d’onda Edi Toigo (segretario
Filca-Cisl) e Danilo Ferigo (responsabile Uil della sicurezza
nell’artigianato). «Distinguerei il problema della sicurezza sul lavoro -
afferma Toigo - da quello che è il disagio dell’alcolismo che è una questione
molto più ampia e che va affrontata a più voci dal punto di vista sociale».
Ferigo aggiunge però che «quello dell’alcolismo, in provincia, è un problema.
Basti pensare che i nostri giovani iniziano a bere in un’età media di 11 anni e
mezzo. Un dato che deve far pensare e che deve indurre ad avviare una forte
prevenzione».
IL GIORNALE
Per il rom ubriaco giustizia a zig
zag... di Mario Cervi - L’andirivieni di Marco Ahmetovic tra
carcere e arresti domiciliari appartiene alle consuetudini della giustizia
italiana: che ha le porte girevoli come i grandi alberghi. È inutile discutere
sulla congruità della condanna inflitta al rom per aver investito e ucciso,
guidando ubriaco, quattro minorenni di Appignano del Tronto. Sei anni e mezzo
di galera rappresentano una pena piuttosto severa, per il metro dei nostri
Tribunali e delle nostre Corti d’Appello. Ma non fa onore alla giustizia
italiana il balletto su dove debba essere scontata la condanna: il carcere;
anzi, no: detenzione domiciliare in un campo nomadi; anzi, no: nel residence
dove era già stato «ospite»; anzi, no: in cella. Uno slalom di decisioni, fuori
e dentro dal carcere in tre mosse e in meno di 24 ore, inaccettabile anche se
riguarda un tipo come Ahmetovic: il quale, considerati i suoi precedenti e i
suoi comportamenti, può essere tranquillamente qualificato un poco di buono. Un
soggetto che la società degli onesti vorrebbe espellere, e che invece
profittando delle maglie larghe di codici e regolamenti investe, ammazza, e ha
contatti con la malavita - come ha dimostrato - persino dai «domiciliari». E non diamo peso alla solfa dell’innocenza presunta fino a
sentenza di colpevolezza passata in giudicato, il che farebbe dell’Ahmetovic,
oggi come oggi, la possibile vittima d’un errore giudiziario. Sappiamo tutti
che questi sono sofismi avvocateschi, e che i ricorsi in appello e in
Cassazione presentati anche quando le prove appaiono schiaccianti, hanno
esclusivamente uno scopo dilatorio. Mamma giustizia ha sempre in serbo i
domiciliari, le libertà condizionate, le amnistie, gli indulti, i permessi per
lavoro esterno al penitenziario. Ci vuole molta buona volontà, in Italia, per
andare in cella. Ahmetovic è odioso: per il suo stile di vita, per il suo
essere in servizio permanente nella malavita, per il modo indecente con cui
voleva sfruttare pubblicitariamente una notorietà acquisita grazie al sangue
altrui (forse più spregevoli di lui, nella specifica circostanza, coloro che
erano disposti a utilizzarlo come «testimonial»). Ma, se proprio vogliamo
guardare alla situazione senza partiti presi, dobbiamo ammettere che Ahmetovic
in qualche modo sta pagando, l’Italia intera lo vuole castigato, Storace
prometteva «un bel comitato d’accoglienza» qualora fosse stato trasferito a
Roma. Viene tenuto d’occhio. È, nel bene e nel male, sotto la luce dei
riflettori.
IL TIRRENO
L’episodio avvenne sul viale Apua nel luglio 2003: il
ragazzo, oggi ventenne. rimase in coma per 16 giorni Giovane perse l’occhio
dopo l’incidente A processo l’uomo che lo travolse sul viale Apua: era in
stato di ebbrezza PIETRASANTA. Giacomo ha appena vent’anni. L’età della
spensieratezza, quando il mondo intero sembra ai tuoi piedi. Non per Giacomo:
lui, da quella sera del 10 settembre del 2003, ha visto più letti e stanze di
ospedale che la sua cameretta, più medici e infermieri che amici e ragazzine.
Colpa di quel maledetto incidente, di quello scontro lungo sul viale Apua tra
il suo scooter e un motocarro che lo travolse. Un episodio che è stato
ricostruito ieri mattina nella prima udienza del processo a carico di Roberto
Evangelisti, pietrasantino di 44 anni che quel giorno si trovava alla guida del
piccolo motocarro. L’accusa è di lesioni gravissime e di aver condotto il mezzo
in stato di ebbrezza. Le conseguenze
dell’incidente furono devastanti per Giacomo Marchetti, parte lesa nel
procedimento. «Ero andato a cena allo Scivolo di Focette con il mio amico
Filippo Franceschi quella sera - ha raccontato davanti al giudice Gerardo Boragine,
rispondendo alle domande del suo legale, l’avvocato Serafini - ed eravamo in
sella ai nostri scooter. Filippo ha svoltato a sinistra dal viale Apua in via
Primo Maggio, il semaforo era verde ma io ho visto le luci di un veicolo che
arrivava in direzione monti-mare e mi sono fermato. Poi non ricordo più
niente». L’impatto, come ha testimoniato poi il vigile urbano Angelo Coppedè
che eseguì i rilievi, fu tremendo. Pezzi del motocarro e dello scooter si
sparsero per decine di metri, Marchetti fu scagliato indietro di almeno 15
metri. Riportò un fortissimo trauma cranico, rimase in coma per sedici
lunghissimi giorni come ha ricordato, commossa, la madre Maria Mancini. Perse
quasi completamente l’uso dell’occhio sinistro e - lo ha confermato il consulente
nominato dalla parte offesa, Pietro Coveri - ha riportato anche danni alla
scatola cranica, oltre a una forma di epilessia post-traumatica. Giacomo ha
perso un anno di scuola e poi ha smesso di studiare, e le spese per le cure
sono state sostenute dal padre manovale e dalla madre casalinga. «E al momento
non abbiamo ricevuto un euro dall’assicurazione», ha spiegato ancora la mamma.
Per Evangelisti, difeso dall’avvocato Riccardo Carloni, una posizione pesante
da sostenere. Perchè agli atti del processo è allegato anche l’esame eseguito
all’ospedale Versilia secondo il quale l’uomo quella sera era alla guida con
una percentuale di alcol nel sangue superiore al massimo consentito. Il
processo è stato aggiornato al 7 maggio.
PIACENZADAY
Pirata della strada tampona un’auto a Guardamiglio e fugge
a casa ubriaco Trovato dai
Carabinieri di Codogno, è stato multato e privato della patente Ieri sera un uomo ha tamponato una vettura sulla Strada
Statale 9, a Guardamiglio, fuggendo poi senza prestare soccorso. Per sua
fortuna nessuno è rimasto ferito e non gli può essere imputata l’ipotesi di
omissione di soccorso, un brutto reato. I Carabinieri di Codogno, infatti, informati
dell’accaduto, sono riusciti a raggiungere il pirata della strada presso la sua
abitazione, e lo hanno sottoposto all’etilometro. L’uomo, risultato ubriaco, è
stato multato per un’infrazione al codice della strada di 270 euro, e la sua
patente ha preso il volo. (*) (*) Nota: il Codice della strada dovrebbe prevedere
l’obbligo di non bere alcolici dopo essere stati coinvolti in un incidente.
Diversamente chi fugge può avvantaggiarsi dal sostenere di aver bevuto dopo,
(con la scusa dello spavento ed il consiglio dell’avvocato). Senza possibilità
di essere smentito.
IL SECOLO XIX
Chessa fuori dal coma, fissato
l’interrogatorio
Incidente mortale alla
margonara Sono migliorate le condizioni del
giovane responsabile della morte di Roberto Salvaterra. Il pm Landolfi intende
sentirlo
SONO MIGLIORATE le condizioni di Carlo Alberto Chessa, il
ventisettenne di Albisola accusato di omicidio colposo per aver causato,
ubriaco e sotto l’effetto di stupefacenti (oltre che con la patente sospesa),
la morte di Roberto Salvaterra, 31 anni, capitano della compagine calcistica
del Santa Cecilia. Trasferito nei giorni scorsi dall’ospedale Santa Corona di
Pietra Ligure all’ospedale San Paolo di Savona, Chessa è uscito dalla stato di
coma nel quale, a causa delle gravi lesioni riportate nell’incidente, era
tenuto sotto controllo medico. Il sostituto procuratore Alberto Landolfi a seguito dello
scioglimento della prognosi può ora completare tutti gli accertamenti.
Probabilmente già in questi giorni interrogherà in ospedale Carlo Alberto
Chessa. In seguito provvederà a formulare il definitivo capo d’imputazione
che potrebbe mutare in una ben più grave contestazione del reato: omicidio
volontario. In questo caso il pm Landolfi potrebbe anche richiedere,
come già annunciato, l’arresto del protagonista dell’incidente stradale
avvenuto, a quanto pare, al limite tra la colpa cosciente e il dolo eventuale. Carlo Alberto Chessa, poco prima di causare l’incidente,
aveva dato in escandescenze in un bar savonese distruggendo arredi e aggredendo
un amico. Era il 20 dicembre. Infuriato, sotto l’effetto di alcol e cannabis, si era
messo alla guida della sua Rover 214 lanciandosi a elevata velocità lungo
l’Aurelia in direzione Albisola. Nei pressi del parcheggio della Margonara aveva perso il
controllo della vettura finendo di traverso e invadendo l’altra corsia. Proprio in quel momento stava sopraggiungendo Robby
Salvaterra in sella alla sua Vespa 250 Granturismo. Diretto verso casa, dove
l’attendevano moglie e figlioletto, era di ritorno dall’allenamento con la sua
compagine. Lo schianto terribile ha tolto la vita al giovane papà
ancora oggi pianto, oltre che dai famigliari, dai suoi amici e dai tifosi
genoani. N. F.
IL SECOLO XIX
Si mette sui binari e blocca il
traffico ferroviario per due ore Corniglia UN MAROCCHINO ubriaco si è piazzato in mezzo ai binari
alla stazione di Corniglia e ha paralizzato il traffico ferroviario per quasi
due ore. L’episodio è successo nella notte tra martedì e mercoledì, attorno
all’una, quando lo straniero è sceso sui binari, si è appoggiato alla
locomotiva del treno regionale La Spezia-Sestri Levante e ha impedito al
macchinista di poter riprendere la marcia dopo la sosta a Corniglia. L’uomo non ha voluto sentire ragioni di spostarsi. Il
capotreno ha tentato di convincerlo. Ci hanno provato anche alcuni passeggeri,
ma lui non si è voluto assolutamente spostare. Quando ha capito che non c’era
nulla da fare, il capotreno è stato costretto ad allertare la centrale
operativa di Trenitalia che ha disposto il blocco del traffico ferroviario
regionale lungo tutta la tratta. Una situazione di imbarazzo tra il malumore
dei pochi passeggeri che a quell’ora della notte, si trovavano a bordo del
convoglio. Attorno all’1.45, al capotreno non è rimasto altro da fare che
allertare i carabinieri della stazione di Monterosso. Nel giro di mezz’ora i militari dell’Arma sono arrivati
alla stazione di Corniglia e hanno portato via lo straniero con la forza. La
circolazione ferroviaria è ripresa soltanto dopo le 2.30 tra la rabbia dei
passeggeri. Nel frattempo lo straniero è stato accompagnato nella caserma di
Monterosso e identificato. Dagli accertamenti è risultato che su di lui pendeva
un ordine di espulsione emesso dal questore della Spezia appena una settimana
fa. A quel punto è scattato l’arresto. Il marocchino inoltre è stato denunciato
anche per i reati di interruzione di pubblico servizio, per essersi rifiutato
di esibire i documenti di riconoscimento e aver fornito false generalità ai
carabinieri
CORRIERE DI COMO
Ubriaco aggredisce i carabinieri
Patteggia cinque mesi di carcere IL FATTO A MONTANO LUCINO Qualche bicchierino di troppo è costato a un 37enne già
noto alle forze dell’ordine l’arresto, il processo per direttissima e il
patteggiamento a 5 mesi di carcere. L’episodio è avvenuto nella notte tra
martedì e mercoledì davanti ad un bar di Montano Lucino. L’uomo, al momento del
controllo delle generalità da parte dei carabinieri della compagnia di Cantù,
ha deciso di passare alle vie di fatto aggredendo i militari. Le intemperanze
sono proseguite dopo l’arresto tanto da richiedere l’accompagnamento in carcere
invece che in camera di sicurezza. Ieri, poi, il patteggiamento davanti al
giudice Anghileri. Mauro Peverelli
IL TIRRENO
DENUNCIATO Al volante ubriaco e senza patente Quando i carabinieri del nucleo radiomobile lo hanno
fermato alle 4 di notte sul viale a mare al volante della sua auto, hanno
subito capito che aveva alzato troppo il gomito. Così hanno deciso di
sottoporlo alla prova dell’etilometro. E il sospetto che Paolo L., 34 anni,
nato e residente a Lucca, si fosse ubriacato è stato «certificato»
dall’alcoltest che ha fatto segnare valori quasi tre volte superiori a quelli
previsti dal codice della strada (1,30 contro lo 0,50 consentito). Quello che
gli uomini dell’Arma non immaginavano di certo è che al giovane sottoposto a
controllo fosse già stata sospesa la patente (per un anno) nel maggio scorso. E
che quindi alla guida della macchina non potesse starci neppure senza un grammo
di alcol in corpo. Nei suoi confronti, oltre ad una multa assai salata, è
scattata così anche una doppia denuncia per guida senza patente e in stato di
ebrezza. E un cingalese di
33 anni è stato denunciato per guida in stato di ebrezza per aver provocato un
incidente vicino al bar Catelli a San Vito. Era alla guida di un motorino che
ha tamponato un’auto. I carabinieri volevano accompagnarlo in ospedale per
sottoporlo ad alcol test, ma lui inizialmente si è sottratto. Nei suoi
confronti è scattato anche il fermo amministrativo dello scooter.
ROMAGNA OGGI
Guida ubriaco e drogato tampona altra auto Reggio Emilia - Alla guida della propria auto sotto
l’effetto di alcol e droga ha causato un incidente dal quale è comunque uscito
illeso. E’ andata invece peggio agli occupanti dell’altro veicolo che sono
dovuti ricorrere alle cure dei sanitari. Martedì sera un 23enne residente a San Polo d’Enza (Reggio
Emilia) è stato denunciato dai carabinieri della locale stazione per aver
tamponato in via Gramsci un’auto che lo precedeva. Nell’impatto le due persone
che erano a bordo sono rimaste lievemente ferite, mentre lui non ha subito
alcuna conseguenza.
L’ARENA
REINSERIMENTO A RISCHIO. Ha già scontato
vent’anni di cella «Camay» salvato dall’indulto Doveva scontare
altri 27 giorni di carcere per una guida in stato di ebbrezza Ha rischiato grosso Lorenzo Montorio, detto Camay nei
giorni scorsi in tribunale. La vecchia conoscenza della malavita veronese,
soprannominato così per la sua capacità di divincolarsi dalla morsa di polizia
e carabinieri e riabilitato dal tribunale poco meno di due anni fa, era stato
colto in una guida in stato di ebbrezza il 29 aprile 2006. Una bazzecola, un
reato non estremamente grave ma che gli poteva costare altri ventisette giorni
di carcere. Già perché il giudice l’ha condannato a quella pena per una guida
con un tasso alcolico quasi tre volte superiore a quello previsto dalla legge.
L’approvazione dell’indulto, però, gli ha fatto solo sfiorare il ritorno in
cella: la pena è stata condonata. Non ha potuto far nulla, invece, di fronte al
ritiro della patente che gli è stata inflitta una volta fermato dalle forze
dell’ordine. E così Lorenzo Montorio torna alla ribalta della cronaca
questa volta per un reato lontano sia nel contenuto che nel tempo con le sue
«specializzazioni» a partire dai furti. «Ho rubato per miliardi delle vecchie
lire», dichiarò. E le rapine? «Ne ho fatte poche, sono l’anticamera
dell’omicidio». E poi visse gli anni d’oro della mala veronese quando la droga
iniziò a rovinare la vita di tantissimi giovani e poi dei burattinai che tiravano
le fila dello spaccio. Anni intensi, vissuti freneticamente, tra stupefacenti e
donne da favole alle quali «Camay» non ha mai detto di no. Fino al 2000 quando dopo 8 anni filati di detenzione, ha
scelto di svestire i panni di «saponetta» e ha deciso di riprendere in mano la
sua vita. L’ha fatto, raccontò al nostro giornale, per sua madre e perché aveva
trascurato per troppo tempo gli affetti e la famiglia. Una strada tutta in
salita, ripida piena di tentazioni con il rischio di riprendere la strada dei
soldi facili e delle donne da sballo da un momento all’altro. Ma Lorenzo
Montorio è rimasto fedele al suo impegno fino ad arrivare al marzo del 2006
quando il tribunale di sorveglianza ha pronunciato la sentenza di
riabilitazione. Lo Stato gli toglieva così ogni laccio e interrompeva anche il
regime di sorvegliato speciale. Fino al 26 aprile 2006, quando un bicchiere di vino in
più, lo portò a guidare la sua auto con un tasso alcolemico troppo alto. Fu fermato e multato. Poi il processo di pochi giorni fa
con la condanna a ventisette giorni di carcere. Questa volta una fuga,
l’ennesima, non è servita. Ci ha pensato l’indulto a evitargli di tornare in
cella anche se solo per pochi giorni. E il soprannome Camay ha subito un altro
duro colpo. Forse quello finale.
ALCOLISMO
Droga: cinesi identificano geni che predispongono a
dipendenza Identificati da un team di scienziati dell’università di
Pechino (Cina) circa 400 geni che rendono le persone più ’vulnerabili’ nei
confronti di droghe, alcol o sigarette, ’aprendo la strada’ alla dipendenza
vera e propria. Sulla rivista ’Plos Computational Biology’, gli esperti
spiegano che i fattori genetici influiscono per il 60% circa sulla tendenza a
non poter fare meno di queste sostanze. Mentre quelli ambientali fanno il
resto. Gli esperti si sono concentrati su cocaina, oppio, alcol e
nicotina ’mappando’ le cinque principali ’strade’ o processi molecolari che
portano alla dipendenza. Esattamente per quanto accade nello studio
dell’insorgenza delle malattie, compreso il cancro: approfondendo il meccanismo
attraverso il quale una patologia si sviluppa e ampliando la conoscenza delle
proteine coinvolte in tale processo - assicurano gli scienziati - c’è maggior
possibilità di trovare una cura. Lo stesso vale anche per le tossicodipendenze: passando in
rassegna mille pubblicazioni scientifiche che mettono in relazione geni e
cromosomi con la dipendenza da droghe, gli studiosi cinesi hanno ottenuto una
lista di 1.500 proteine coinvolte. Ma essendo la presenza di alcuni di questi
geni ricorrente, si è potuto ’scremare’ tale lista e arrivare a contarne 396.
IL MESSAGGERO VENETO
Di nuovo ubriaco: uccide, ma tornerà a guidare
CORRIERE ALTO ADIGE
Alcol e divieti Il Rise non chiude
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