Foto Blaco
Introduzione I problemi della sicurezza stradale sono oggi sotto l’attenzione
di tutti. Le ragioni di questo interesse appaiono diverse, ma quella più
importante sembra essere l’eco suscitata dall’obiettivo che l’Unione Europea ha
proposto ai Paesi che la costituiscono: diminuire per il 2010 del 50% le
conseguenze devastanti degli incidenti stradali (morti, invalidi, ricoveri,
ecc.). Questa decisione dell’Unione rappresenta una delle prove tangibili di un
profondo cambiamento culturale che si sta verificando da qualche tempo su
questo tema. Alla sfida proposta dall’UE all’inizio di questo secolo, i vari
Stati componenti (vecchi e nuovi) hanno già risposto attivamente. Il cammino da
percorrere appare comunque ancora “in salita”, in quanto esistono diversi
problemi che attendono di essere risolti, in special modo riguardanti i dati
dell’incidentalità stradale e le sue conseguenze sanitarie. Quest’ultimo
aspetto è di particolare urgenza e rilevanza in quanto solo sulla base di dati
validi è possibile valutare correttamente l’efficacia delle azioni messe in
atto per pervenire ad una riduzione concreta del fenomeno. In riferimento ai
dati di base della sicurezza stradale, quello che appare oggi quanto mai
necessario risulta essenzialmente: - rendere i dati più affidabili (e più
completi); - far sì che, sia per il monitoraggio del fenomeno sia per la
valutazione delle azioni di prevenzione, essi divengano più rapidamente
disponibili; - attivare analisi statistiche finalizzate sui data base esistenti,
maggiormente “adeguate” alle esigenze del presente; - mettere tra loro in
relazione le diverse informazioni contenute nei vari data base disponibili,
siano essi relativi alla circolazione, come pure agli incidenti e alle loro
conseguenze sanitarie. Purtroppo, in moltissimi casi detti punti risultano
largamente disattesi nella pratica. Questa situazione è particolarmente
evidente nel caso degli incidenti stradali: e le ragioni sottostanti sono di
natura diversa, e vanno da quelle legate alla “costruzione” del dato statistico
elementare a quelle più specificatamente organizzative. Tra le tante ragioni
che impediscono una lettura utile e tempestiva di questo fenomeno forse la più
importante è quella di considerare su uno stesso piano fonti diverse di dati,
la cui valenza e il cui significato (e la cui utilità applicativa) differiscono
profondamente. In particolare intendiamo riferirci alle Statistiche degli
Incidenti Stradali Verbalizzati dalle Forze dell’Ordine (SISV), gestite
dall’ISTAT con la collaborazione ed il supporto dell’ACI, e a diverse
statistiche sanitarie che descrivono nell’individuo le conseguenze
dell’incidente stradale (mortalità, ricoveri, ecc.), gestite queste dall’ISTAT
e che indicheremo nel seguito con l’acronimo SSIS (Statistiche Sanitarie
dell’Incidentalità Stradale). Dovrebbe essere evidente, ma nella pratica non lo
è, che queste fonti si riferiscono ad unità statistiche diverse. Le SISV,
infatti, hanno come unità statistica di ingresso l’incidente stradale: in altre
parole, le SISV “parlano” dell’incidente stradale, descrivendone molteplici
caratteristiche, che potremmo riassumere nella ben nota triade Uomo-Ambiente-
Veicolo. Le SSIS, invece, hanno come unità statistica l’infortunato: esse
trattano del soggetto che ha riportato lesioni, descrivendone caratteristiche
di interesse sanitario, unitamente a poche (e frammentarie) caratteristiche
proprie della triade Uomo-Ambiente-Veicolo. Dalle SISV sappiamo quindi tante
cose in relazione all’incidente stradale; nelle SSIS tante sui traumi riportati
dall’infortunato e sulle loro conseguenze. Sicché, sulla base delle prime
abbiamo conoscenza ricca e minuziosa delle caratteristiche dell’incidente
stradale (tipologia, modalità di accadimento, ecc.), ma ben poca sulle
conseguenze sanitarie dell’evento (ad esempio, nulla è dato a conoscere della
gravità delle lesioni riportate); sulla base delle seconde veniamo a disporre
di importanti elementi di impatto sanitario dell’incidente stradale, senza aver
modo di poterli collegare con le sue caratteristiche, se non in termini
elementari, di scarsa utilità pratica, e in genere largamente incompleti. Due
tipologie diverse di dati, dunque, due tipologie diverse di informazione: da
questo, peraltro, discende la necessità di una sintesi. Il problema, crediamo,
non è tanto quello di essere tutti d’accordo su questo modo di vedere le cose
(anche se di per sé piuttosto evidente), quanto quello di trovare valide
soluzioni. Insomma, più che una questione di diagnosi, siamo in presenza della
necessità di individuare un’opportuna terapia. A tale scopo, in questo - e in
altri due successivi lavori in corso di pubblicazione - mostreremo quella che a
nostro parere può essere una terapia valida. Più specificamente, nel presente
lavoro tratteremo delle SISV - Statistiche degli Incidenti Stradali
Verbalizzati (e di altre a queste collegate); nel successivo esamineremo i
problemi connessi con le SSIS - Statistiche Sanitarie dell’Incidentalità
Stradale; nel terzo ed ultimo lavoro metteremo in luce modalità utili per il
collegamento di queste diverse tipologie di dati (ovvero, l’operazione di
sintesi cui prima si accennava).
Le problematiche sulle
SISV Una corretta conoscenza epidemiologica del fenomeno in tempi brevi
(quanti morti, quanti feriti, dove, quando, con quali mezzi, in che condizioni
psico-fisiche, in che condizioni ambientali, ecc.) è la base imprescindibile di
qualsiasi strategia di intervento. Ad oggi, purtroppo, in Italia abbiamo un
forte differimento sull’ottenimento di questi dati che va dai nove ai venti
mesi di ritardo rispetto all’evento. Ad esempio, in riferimento ad altri Paesi
dell’Unione europea come la Spagna, la Gran Bretagna o la Francia, i portali
internet governativi riescono a pubblicare solo dopo 30 o 40 giorni al massimo,
i primi dati provvisori relativi all’anno precedente, con conferma e
validazione di quelli definitivi entro 2-3 mesi al massimo. Vi è poi un’altra
problematica che coinvolge questo settore: la sottostima del fenomeno. Questa è
determinata fondamentalmente da un duplice ordine di motivi: - il primo è
relativo alla mancata trasmissione all’ISTAT dei dati da parte di alcune
Amministrazioni locali (Comuni, Province, corpi di Polizia Municipale). Tali
omissioni, assieme alle tardive o incomplete comunicazioni, non hanno
unicamente effetti negativi sulle statistiche incidendo, di fatto, anche sulla
possibilità di individuare con celerità le situazioni di massimo rischio; - il secondo
è relativo all’attuale eccessiva complessità con la quale i dati vengono
raccolti e trasmessi all’ISTAT, senza l’utilizzo di una moderna piattaforma
informatica via rete (es. intranet), come invece sarebbe tecnicamente possibile
oltre che auspicabile nell’attuale era di internet e dell’ICT (Information
& Communication Tecnology). In definitiva possiamo dire che le attuali
carenze informative sui dati dell’incidentalità stradale sono da ricercarsi
principalmente nelle modalità manuali e cartacee di raccolta dei dati (laddove
ancora presenti) e nelle relative modalità di trasmissione di alcune forze di
polizia all’ISTAT, metodi e procedure purtroppo anche difformi tra organi
rilevatori1. Le principali cause di perdita delle informazioni sono quindi
enucleabili nei seguenti fattori chiave: - Incidenti non rilevati e rilevazioni
non trasmesse; - Conseguenze sanitarie successive all’evento non registrate2; -
Morti oltre i 30 giorni dall’incidente; - Errori di raccolta e difficoltà
interpretative del modello di rilevazione; - Errori di trascrizione sul modulo
Istat; - Effettiva difficoltà di alcuni dati da rilevare nella contingenza
dell’evento incidentale.
Gli archivi e
l’anagrafe nazionale previsti dal CdS Ai sensi degli articoli 1 e 73 del Regolamento di esecuzione ed
attuazione del Nuovo Codice della Strada (D.P.R. 16 dicembre 1992, n.495)
compete al Ministero dei trasporti - DG Motorizzazione il coordinamento
dell’attività di raccolta dei dati e delle informazioni necessarie
all’elaborazione del rapporto annuale sui problemi della circolazione e
sicurezza stradale. Inoltre, gli articoli 225 e 226 del Codice statuiscono, ai
fini della sicurezza stradale, l’istituzione degli archivi nazionali dei
veicoli e delle strade e l’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida,
implementato con i dati relativi agli incidenti e alle violazioni. L’archivio
dei dati relativi alle violazioni è stato di fatto attuato col noto sistema
della patente a Punti (PaP), mentre l’integrazione con i dati degli incidenti
deve essere ancora realizzato3. L’articolo 403 del regolamento, poi, ha anche
previsto, al comma 6, che la sezione “incidenti” dell’anagrafe nazionale presso
il Centro di elaborazione dati (CED) del Dipartimento per i trasporti terrestri
(DTT) deve essere popolato e continuamente aggiornato con i dati trasmessi per
via telematica, dall’autorità di Polizia che ha rilevato l’incidente e dalla
compagnia di assicurazione cui l’incidente stesso è stato denunciato4.
L’informatizzazione della trasmissione dei dati Attualmente il sistema di trasmissione dei dati tra organo
rilevatore e database ISTAT è basato sulla seguente architettura. (fig. 1) Tale
sistema, che potremmo definire lento, complesso e disomogeneo, comporta tutti i
ritardi e le incompletezze a cui abbiamo innanzi accennato. Al fine di rendere
più dirette e quindi più veloci le operazioni di invio dei dati, occorre
convergere verso un sistema omogeneo, completamente informatizzato e quindi
velocissimo, con collegamento diretto degli organi accertatori, via intraweb,
al data-base ISTAT ed al CED del DTT del Ministero dei trasporti,
secondo lo schema sottoriportato. (fig. 2) Ciò consentirebbe la fruizione dei
dati da parte dell’ISTAT per i fini statistici di competenza e da parte del
Ministero dei trasporti per la verifica di efficacia degli interventi normativi
di competenza, entro poche ore dall’evento (con riferimento alla mortalità
immediata ed al numero di accessi al pronto soccorso), con successiva
possibilità di report annuale consolidato e validato (con riferimento
alla mortalità a 30 gg dall’evento ed ai feriti effettivamente curati o
ricoverati) entro il mese di gennaio o al massimo febbraio dell’anno successivo
(con una riduzione quindi del differimento dei dati a soli 30-60 giorni
dall’evento). A nostro parere, questa ipotesi di “flusso”, se realizzata,
permetterebbe all’Italia di mettersi in linea con i Paesi più virtuosi in tema
di ottenimento dei dati e delle informazioni che, come abbiamo avuto modo di
ribadire più volte, rappresenta una esigenza imprescindibile per l’applicazione
delle migliori strategie ed azioni per il governo della sicurezza stradale.
Infine, occorre precisare che sarebbe opportuno programmare un atto normativo
cogente che preveda il duplice invio dei dati (all’Istat ed al CED del
Ministero dei trasporti) da parte delle Forze di Polizia e delle imprese di
assicurazione, secondo la procedura informatizzata di cui alla fig.2 e relative
sanzioni in caso di inadempimento o ritardo5. L’enorme vantaggio apportato da
questa procedura è il seguente: dato per scontato che si andrebbero così a
rendere operativi i dettami del Codice della strada e del relativo regolamento
(225, 226 CdS e 403 Reg.), la circostanza fondamentale per la sicurezza
stradale è che si potrebbe costituire un data base incidenti integrato
nello stesso data base degli abilitati alla guida (i patentati).
Infatti, oltre che il punteggio sulla patente derivante dall’applicazione del
noto istituto della Patente a Punti (PaP), si potrebbe anche avere a
disposizione, per ogni utente della strada (ed abilitato alla guida
ovviamente), la sua “situazione incidenti”. Il controllo incrociato di questi
due dati consentirebbe, inequivocabilmente, di stabilire la reale pericolosità
soggettiva nel panorama della circolazione stradale. È noto infatti che i
soggetti maggiormente esposti al rischio di incidente stradale sono soggetti
poli-incidentati (cioè soggetti che più di una volta si sono ritrovati
coinvolti in un incidente stradale) ed in genere recidivi nei confronti delle
infrazioni e delle relative sanzioni. In definitiva potremmo dire che un
archivio di dati così impostato permetterebbe un controllo continuo sulla reale
idoneità alla guida dei singoli cittadini, superando il concetto di semplice “idoneità
psico-fisica” (appurata al primo rilascio della patente) per arrivare al
più completo ed utile concetto di “idoneità comportamentale” (derivante
dal reale comportamento mantenuto dall’utente sulla strada e quindi
dall’archivio delle norme violate, punti sottratti sulla patente, corsi di
recupero effettuati, incidenti nei quali il soggetto è rimasto coinvolto,
ecc.). Tali informazioni permetterebbero l’applicazione di sanzioni
amministrative accessorie (quali la sospensione, la revisione o, nei casi più
gravi, la revoca della patente di guida, ovvero il ritiro della carta di
circolazione od il fermo amministrativo dei veicoli incorsi in un determinato
numero di incidenti) permettendo così di escludere dalla circolazione stradale
solo i soggetti realmente più pericolosi, sulla base di un “complesso
probatorio” ricco ed esaustivo, comprendente dati rigorosi ed oggettivi, non
basato quindi su singoli accadimenti (es. una infrazione al CdS, che potrebbe,
in alcuni casi, essere sporadica e/o casuale).
{foto6c} Conclusioni Con l’implementazione dell’ipotesi qui descritta sarebbe possibile
ottenere con assoluta immediatezza tutti i principali dati relativi
all’incidentalità stradale verbalizzata. Va sottolineato, peraltro, che tale
ipotesi ben si presta anche al rilievo ed alla trasmissione dell’intero modulo
di rilevazione (l’attuale modello ISTAT “CCT.INC”)6. Si tratterebbe comunque
sempre di dati relativi all’unità statistica di ingresso delle SISV, ovvero
l’incidente stradale, che potrebbero successivamente essere arricchiti ed
integrati con dati di più specifico interesse sanitario provenienti da altre
fonti (e di questo tratteremo, come detto, nei due lavori successivi). È bene,
comunque, prima di concludere il presente discorso, sottolineare che quanto sin
qui discusso fa riferimento a dati di statistica descrittiva, la cui funzione è
quella di mettere in luce le caratteristiche di un fenomeno, non già le cause
dello stesso. Le statistiche generali, come è noto, permettono di descrivere
adeguatamente “lo stato delle cose”, ma non di identificare affidabilmente i
fattori di rischio sottostanti. Esse possono solo darci degli spunti per
individuare dei possibili fattori di rischio, non altro. Lo studio dei fattori
di rischio dell’incidentalità stradale (la loro identificazione, la quantificazione
della loro importanza e intensità) si basa nello stesso modo non già sulla
statistica descrittiva ma su altre metodologie (biomeccanica, epidemiologia
analitica, sperimentazione, ecc.): da questo discende la validità e
l’importanza dei centri di monitoraggio (cfr. PNSS) come strutture dedicate
alla rilevazione e la gestione dei dati statistici sull’incidentalità stradale,
in particolare per le analisi di tipo approfondito (in-depth investigation)7,
eseguite da organismi indipendenti e professionalmente preparati, orientate
all’individuazione delle cause dell’incidente e, solo in subordine, alle
responsabilità.
* Direzione Generale Motorizzazione Ministero dei Trasporti
** Reparto “Ambiente e Traumi” Dipartimento Ambiente e connessa Prevenzione
Primaria’ Istituto Superiore di Sanità
[Note bibliografiche]
I. “Salute e sicurezza stradale: L’Onda lunga del trauma” a cura di Franco Taggi
& Pietro Marturano, CAFI editore.
II. “E’ raggiungibile l’obiettivo dell’Europa per il 2010” di Franco
Taggi (in corso di pubblicazione).
III. “I centri di monitoraggio per la sicurezza stradale” di Luca
Persia, Gabriele Giustiniani, Davide Shingo Usami (in corso di pubblicazione).
IV. “Il sistema ‘Ulisse’ per il monitoraggio dell’uso delle cinture di
sicurezza e del casco in Italia (2000-2005)” F.Taggi, G.Dosi,
M.Giustini, A.Crenca, C.Cedri, G.Fondi, P.Iascone, P.Marturano, Istituto
Superiore di Sanità e Ministero dei Trasporti, rapporto ISTISAN 06/39 , ISSN
1123- 3117 (2006).
V. “Stato ed evoluzione dell’incidentalità stradale in Italia, strumenti per il
miglioramento della sicurezza verso il 2010”, Atti del primo convegno
nazionale della Provincia di Taranto sulla sicurezza stradale del 29 marzo
2007, a cura di Pietro Marturano, CAFI editore (in corso di pubblicazione).
VI. “L’analisi approfondita degli incidenti stradali” di Francesco
Filippi, Luca Persia, Pietro Marturano, Il Centauro, Organo ufficiale ASAPS,
n.111, marzo 2007.
[Note]
1 - Purtroppo, le forze di polizia locali (polizia provinciale, polizia
municipale), che tra l’altro raccolgono circa il 55% del totale degli incidenti
verbalizzati, non hanno un organo centrale che possa fare da raccordo per tutto
il territorio nazionale, come invece accade per la Polizia stradale ed Arma dei
Carabinieri. Questa mancanza di coordinamento a livello nazionale e centrale
comporta conseguentemente il ritardo (e la possibile omissione) della
comunicazione dei dati su una percentuale non trascurabile degli incidenti.
2 - Ricordiamo che a partire dal 1999 l’ISTAT ha esteso da 7 a 30 giorni dopo
l’incidente il periodo valido per la contabilizzazione dei decessi da incidente
stradale. Questa circostanza ha portato dal 2000 in poi a ridurre la discrasia
tra i dati rilevati dalle forze dell’ordine e le statistiche sanitarie (si è
passati da una sottostima del 30% ad una sottostima inferiore al 10%). E’
tuttavia importante evidenziare che il dover seguire l’iter dell’incidentato
nei successivi 30 giorni dall’evento rappresenta, di fatto, per le forze di
polizia un onere molto gravoso al quale spesso non riescono ad ottemperare,
generando gli annosi problemi di carenza e latenza dei dati.
3 - Il comma 12 dell’art.226 CdS ha previsto che tale anagrafe sia
completamente informatizzata e popolata dai dati raccolti dal Dipartimento per
i trasporti terrestri (DTT), dalle prefetture, dagli organi di polizia
stradale, dalle compagnie di assicurazione che sono tenuti a trasmettere i dati
al CED del DTT.
4 - Occorre sollecitare e stimolare gli Organi accertatori (in particolare le
Polizie municipali e locali) all’invio dei dati. E’ necessario, inoltre,
imporre l’invio degli stessi dati da parte delle imprese di assicurazione al
CED del Ministero dei trasporti, prevedendo altresì importanti sanzioni in caso
di inadempienza o ritardi.
5 - Poichè, come noto, il problema della mancanza e del ritardo dei dati
sull’incidentalità stradale riguarda principalmente le Polizie locali, si
potrebbe, ad esempio, prevedere l’inammissibilità di accesso ai fondi messi a
disposizione dal Piano Nazionale per la sicurezza stradale per le Amministrazioni
che risultino in ritardo od abbiano omesso l’invio di detti dati. Per quanto
attiene invece le società di assicurazione, si potrebbe pensare ad un divieto
generalizzato (per legge) di aumento delle tariffe di RC auto in caso di
ritardo, omissione o incompletezza dei dati trasmessi. Inoltre, le varie forze
di Polizia locale (circa 8200 Comandi di P.M.) potrebbero far convergere i dati
verso le Prefetture di competenza che, a loro volta, potrebbero inviare i dati
all’ufficio di coordinamento del Viminale (già esistente e che attualmente
assembla i dati di Polizia stradale e Carabinieri), da qui, poi, i dati
potrebbero passare direttamente ai CED dell’ISTAT e del Ministero dei
Trasporti.
6 - Anche riguardo a questo modello di rilevazione, da più fronti, è ormai
sentita l’esigenza di un radicale rinnovo della tipologia di informazioni da
rilevare e trasmettere. Lo stesso ISTAT, infatti, da tempo sta valutando
l’opportunità di un processo di rinnovo per il modello CCT.INC.
7 - L’in-depth investigation è una analisi dettagliata degli incidenti stradali
per identificare i fattori causali di tipo fisico (infrastruttura, veicolo) e
comportamentale che portano al verificarsi dell’evento incidente. Le indagini,
effettuate esclusivamente a fini di ricerca scientifica, comportano
l’intervento in loco, in tempi molto rapidi dopo l’incidente, di tecnici
appositamente addestrati. I tecnici provvedono a rilevare un lungo elenco di
variabili (Comportamento dell’utente, Caratteristiche dell’infrastruttura,
Caratteristiche del veicolo, Fattori di circostanza). Inoltre, vengono scattate
immagini dell’incidente, cercando di cogliere ciò che ciascun utente coinvolto
poteva vedere negli istanti precedenti l’incidente. Le indagini vengono poi
completate con interviste alle persone coinvolte ed ai testimoni. Su questi
dati viene quindi condotta da un team di esperti una apposita analisi. È utile
evidenziare le differenze fra i dati raccolti dai team del Progetto e quelli
raccolti dalle Forze di Polizia. Tali differenze sono sia quantitative
(l’in-depth investigation richiede una elevata mole di dati) sia qualitative.
Quest’ultimo aspetto è legato al diverso approccio delle due attività: mentre
lo scopo principale della raccolta effettuata dalle Forze di Polizia è
l’identificazione delle responsabilità, quello dell’in-depth investigation è
stabilire quali cause hanno portato all’incidente.
Da Il Centauro n. 117
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