foto Blaco - archivio Asaps (ASAPS) TORINO, 28 gennaio 2008 – Aveva
provato a difendersi accusando proprio quelli che lo avevano colto in
flagrante. Lui era fuggito, dopo essere stato pizzicato da due Carabinieri del
Nucleo Radiomobile di Torino a spacciare eroina. Quando venne poi catturato,
denunciò di essere stato rapinato di 800 euro proprio dai due militari i quali,
secondo il suo racconto, lo avrebbero prelevato, portato con la forza in
montagna e lì lasciato libero dopo averlo alleggerito nel portafoglio.
Un’accusa infamante, costata ai carabinieri un procedimento penale per rapina
aggravata in concorso. Noi non sappiamo se la parola di un uomo in divisa vale
ancora qualcosa, ma stavolta a smentire
l’infamante accusa ci hanno pensato i colleghi stessi degli uomini dell’Arma,
quelli del comando generale di Roma. In aula hanno mostrato al giudice lo
schermo di un computer portatile, sul quale era riprodotto l’itinerario
percorso durante la notte incriminata – siamo al settembre 2006 – dalla
gazzella su cui lavoravano i due carabinieri. Una versione incontrovertibile,
messa a disposizione dell’autorità giudiziaria, che smonta parola per parola le
accuse del pusher senegalese, nel frattempo divenuto (come migliore tradizione
vuole) irreperibile. Ora sarà lui a doversela vedere con la giustizia, essendo
già stato incriminato per calunnia aggravata nei confronti dei carabinieri
precedentemente accusati e che ora si sono costituiti parte civile. Difficile
però che l’immigrato paghi per ciò che ha detto e fatto, visto che non si è
nemmeno più sicuri della sua identità: l’uomo si è infatti cancellato le
impronte digitali ed in numerosi controlli di polizia ha sempre fornito
generalità diverse. Purtroppo però, non sempre esiste la possibilità di
smentire chi lancia accuse così infamanti. (ASAPS) |
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