Foto Coraggio
Forse è capitato a tutti, in qualche locale, di assistere alle
avance di un uomo nei confronti di una donna. E volutamente non parliamo di avance
agite o subite in prima persona, per il semplice fatto che l’esservi
coinvolti ci priverebbe di uno dei più grossi privilegi che invece ci viene
riservato nel ruolo di spettatori, da esterni, e cioè la possibilità di
osservare. Dal nostro comodo tavolino vediamo l’uomo avvicinarsi con passo
sicuro e dire qualcosa alla donna, la quale sorride. Si è stabilito un
contatto, una possibilità di transazione. L’uomo sta in piedi, ben eretto,
“petto in fuori e pancia in dentro”, cosa che ci fa ricordare gli ordinativi
del sergente al plotone di militari; le mani sono sui fianchi, le braccia semi-piegate
con i gomiti all’esterno. Non è un caso: il gatto che voltato l’angolo si trova
inaspettatamente davanti ad un cane drizza il pelo, gonfia la coda e si pone
leggermente in tralice, una reazione finalizzata né più né meno ad influenzare la
valutazione della propria immagine da parte dell’altro. Infatti, facendo così,
quello che il gatto dice è: “io sono più grosso di quel che sembra,
attento a te!” La postura del nostro corteggiatore non è diretta conseguenza della
paura, ma della motivazione alla conquista della donna, e quello che la sua
comunicazione non verbale rivela è molto simile: “sono grande e grosso”. Col
petto in fuori e la pancia in dentro, invece, le dice: “sono sano”. Poi cambia
posizione e si appoggia al bancone col gomito e col fianco: “sono a mio agio,
sono sicuro di me, ho la situazione sotto controllo”. In poche parole: “ho
tutte le carte in regola, sono in grado di crescere i tuoi figli”. Tutti questi
messaggi passano generalmente inosservati ai due attori inconsapevoli, anche se
le varie informazioni metacomunicative raggiungono comunque il destinatario, il
quale le recepisce a livello, per così dire, subliminale. A sostenere la
comunicazione legata alla postura viene in aiuto l’abbigliamento, che
sottolinea alcuni tratti salienti del sesso maschile. Ad esempio, le giacche
hanno le spalle rinforzate, dando così l’illusione di un fisico largo e
forte, le camicie hanno il colletto alto e duro, a sottolineare la robustezza
del collo (è un caso che i cani si gettino subito al collo dell’avversario?), e
così via. Ne sa qualcosa chi indossa una divisa. Per molte donne, la divisa ha
il suo fascino, è risaputo. Ed il fascino di cui parliamo attinge proprio a
questi aspetti di cui abbiamo discusso. L’aspetto marziale che la divisa
dà a chi la indossa è innanzitutto legato all’appartenenza ad un gruppo
(qualunque esso sia) che il singolo rappresenta, un gruppo che ha un fine
comune e che è coordinato nelle azioni, un gruppo “fatto di mille braccia”, una
forza immane, un gruppo di riferimento che sta dalla parte di quel singolo.
Quindi, essere dalla parte del singolo è come avere tutto il gruppo dalla
propria. Secondariamente, come già detto, questo fascino deriva dall’esaltazione
dei tratti maschili. Nella divisa infatti, oltre ad una giacca che mette in
evidenza spalle e pettorali, è molto importante il cappello, e dove previsto lo
sono gli stivali. Il primo, calato sugli occhi sostituisce le sopracciglia
aggrottate, conferendo alla persona un aspetto minaccioso; gli stivali danno l’illusione
di una caviglia e di un polpaccio forti, mentre gli ampi pantaloni che da
questi escono sottolineano la grandezza della coscia, requisiti questi
essenziali per un buon guerriero. Secondo la Teoria dell’Evoluzione, è questo
che la donna cerca, più o meno consapevolmente, un uomo combattivo e forte, che
sappia proteggere lei e la sua prole dai pericoli del mondo, una richiesta
ancestrale che possiamo ritrovare tutt’oggi in forma esplicita o più
metaforica, attraverso la ricerca di un uomo non fisicamente, ma socialmente
forte. Nonostante questa sorta di culturalizzazione della richiesta,
ad un certo livello, quello più animale, l’abbigliamento rimane comunque
anche oggi un tratto sessuale secondario, che serve a mettere in risalto gli
aspetti appetibili del proprio corpo. Darwin ha suggerito che a promuovere l’evoluzione
di questi tratti fosse la selezione sessuale. In altre parole, questi tratti
sono vantaggiosi per colui che li esibisce, dato che lo favoriscono nella
competizione per la conquista del partner sessuale, una conquista che può
realizzarsi sia attraverso la competizione diretta coi propri rivali (il
maschio combatte contro l’altro maschio fino a che non ne esce un vincitore, il
quale potrà accoppiarsi con la femmina), sia attraverso una competizione indiretta,
con la scelta attiva da parte della femmina, in base ai tratti esibiti dai vari
maschi. Dunque, con immensa delusione per l’uomo che è tuttora convinto di
scegliere la propria compagna, nella nostra cultura la donna è l’unico agente
di selezione. |
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