Il danno biologico richiede, per
la sua risarcibilità, un comportamento colposo della Pubblica Amministrazione,
che è escluso in presenza di una condotta del dipendente contraria alle
disposizioni di servizio.
Con tale pronuncia, il Consiglio
di Stato torna ad occuparsi del tema della responsabilità della Pubblica
Amministrazione e, in particolare, dei presupposti per l’ammissibilità del
risarcimento del danno biologico ed esistenziale ad opera della parte pubblica.
Nel caso di specie, un agente
della Guardia di Finanza lamenta di aver subito un infortunio nel corso di
un’esercitazione militare di tiro, alla quale aveva partecipato in qualità di
addetto a funzioni di vedetta. Egli riferisce, in particolare, che durante
l’esercitazione, una persona, ignara delle operazioni in corso, si era diretta
verso l’area di tiro e tale circostanza aveva reso necessario un suo immediato
intervento per allontanare lo sprovveduto passante dall’area di tiro. A seguito
di tale intervento, improvviso e repentino, l’esponente aveva riportato un
danno biologico e ne chiedeva il risarcimento all’Amministrazione.
Il Consiglio di Stato accoglie il
ricorso proposto dall’Amministrazione avverso la sentenza di primo grado, con
la quale il giudice di prime cure aveva accolto la domanda risarcitoria del
ricorrente, ravvisando nell’operato dell’Amministrazione la violazione di
regole cautelari di prudenza e perizia.
Nell’occasione, il Collegio
rileva che il dipendente non solo ha agito al di fuori delle proprie mansioni,
che consistevano nella segnalazione al direttore dell’esercitazione di
eventuali violazioni del divieto di superamento del limite del poligono ma ha,
altresì, violato le disposizioni di servizio, che non gli consentivano di
allontanarsi, durante le operazioni di tiro, dalla postazione assegnata. Tale
circostanza espone, secondo il Collegio, il dipendente alle relative
conseguenze dannose, le quali non possono essere addebitate
all’Amministrazione, che, al contrario, ha posto in essere tutti gli
accorgimenti richiesti dalla normativa in materia di sicurezza nelle
esercitazioni militari.
La mancanza del presupposto del
colpa nell’operato dell’Amministrazione esclude, pertanto, ad avviso del
Consiglio di Stato, la risarcibilità del danno biologico lamentato dal
dipendente.
La pronuncia in esame si segnala,
inoltre, per una compiuta puntualizzazione dei presupposti di risarcibilità del
danno esistenziale.
A tal proposito, il Collegio,
dopo aver precisato che tale figura di danno attiene ai riflessi negativi della
violazione di un diritto della personalità, ribadisce che la sua risarcibilità
postula sia la dimostrazione in giudizio, anche in via presuntiva, a cura del
danneggiato, dell’esistenza di tale danno sia l’accertamento positivo, da parte
del giudice, di una condotta illecita dell’Amministrazione. Si tratta di un
principio consolidato nella giurisprudenza amministrativa e ordinaria, la
quale, in più occasioni, al fine di scongiurare un’eccessiva proliferazione
delle istanze risarcitorie, ha precisato che il danneggiato è tenuto a provare,
l’an e il quantum di tale voce di danno. L’onere probatorio può,
tuttavia, essere alleggerito, nel primo caso attraverso il ricorso alle
presunzioni e, nel secondo, mediante l’impiego di criteri equitativi.
Nessuno di tali presupposti
risulta sussistente nel caso di specie, in cui, il Consiglio di Stato rileva
l’assenza di una condotta illecita dell’Amministrazione e la mancata
dimostrazione del danno a cura del dipendente.
(Altalex, 31 gennaio 2008. Nota di Cristina Ravera)
Consiglio di Stato
Sezione IV
Decisione 27 dicembre 2007, n. 6687
Responsabilità della Pubblica Amministrazione – danno biologico – colpa
della P.A. –
violazione di disposizione di servizio – insussistenza [art. 2087 c.c.]
Il danno c.d. biologico (o danno all’integrità fisica e psichica,
coperto dalla garanzia dell’art. 32 Cost.) richiede, per la sua risarcibilità,
che esso sia riconducibile ad un comportamento colposo della Pubblica
Amministrazione.
Se il dipendente viola disposizioni di servizio non vi è colpa della P.A.. (1)
(2) (3) (4)
(1) In materia di mobbing, si veda il relativo Focus: Mobbing: le
ultime evoluzioni giurisprudenziali.
(2) In materia penale di responsabilità del datore per lesioni gravi al
dipendente, si veda Cassazione
penale 16422/2007.
(3) Sul tema dello stress da lavoro ed incidente stradale, si veda Cassazione
civile 13309/2007.
(4) In materia di cenestesi lavorativa e danno biologico, si veda Cassazione
civile 14840/2007.
(Fonte: Altalex Massimario 1/2008. Cfr. notadi Cristina
Ravera)
Massima e sentenza
Consiglio di Stato
Sezione IV
Decisione 27 dicembre 2007, n. 6687
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 7406/2004, proposto dal Ministero dell’Economia e
delle Finanze, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ex
lege, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro A. F., rappresentato e difeso … omissis …
per la riforma
della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale per la Campania – Salerno – Sez. VI – n. 5669/2004;
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione con
appello incidentale di A. F.; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla
pubblica udienza del 16 ottobre 2007, il Consigliere Bruno Mollica;
Uditi, altresì, l’Avvocato dello Stato Gianna Maria de Socio e l’avv. G. su
delega dell’avv. Sergio G. ;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO E DIRITTO
1.- Il Ministero dell’Economia e delle Finanze impugna la sentenza di T.A.R.
specificata in epigrafe, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da A.
F., agente della Guardia di finanza, inteso ad ottenere il risarcimento del
danno biologico conseguente ad infortunio occorso in occasione di
un’esercitazione militare in data 17 marzo 1998.
Il signor A. resiste al ricorso con articolata memoria difensiva; propone
altresì appello incidentale avverso il capo di sentenza che denega il
riconoscimento del danno esistenziale nonchè avverso la liquidazione delle
spese di giudizio nella misura di mille euro.
2.-La sentenza di prime cure, precisato che l’incidente è avvenuto nel corso di
una esercitazione di tiro presso il poligono di Campolongo, in relazione alla
quale erano stati assegnati all’interessato i compiti di “vedetta”, assume che
l’Amministrazione militare, nell’esecuzione degli obblighi contrattuali di
salvaguardia della incolumità fisica del dipendente, venne meno ai doveri della
diligenza contrattuale ordinaria. Secondo il primo giudice, sarebbero almeno tre
le violazioni colpose delle norme cautelari, delle quali due atterrerebbero a
violazione di regole di prudenza ed una a violazione di regole riconducibili a
contenuti di perizia. Ed invero: a) il ricorrente A. ed il commilitone M.
avrebbero svolto il servizio assegnato in assenza di adeguate protezioni al
torace e al viso; b) l’Amministrazione avrebbe disposto lo svolgimento delle
operazioni di tiro pur in presenza di un forte vento e, soprattutto,
rinunciando al servizio di vigilanza della motovedetta d’appoggio, la cui
presenza nello specchio di mare antistante la zona interessata avrebbe
consentito di individuare in anticipo la persona che “si stava pericolosamente
dirigendo verso l’area di tiro”; c) l’area di tiro non sarebbe stata
esattamente individuata né sarebbe stata esattamente calcolata la portata
effettiva delle armi utilizzate.
3.-Ciò premesso, e posto che il danno c.d. biologico (o danno all’integrità
fisica e psichica, coperto dalla garanzia dell’art. 32 Cost.) richiede
comunque, per la sua risarcibilità, che esso sia riconducibile ad un
comportamento colposo della Pubblica Amministrazione ex art. 2087 Cod. civ.
(cfr. Cass. nn. 9856/2002, 3162/2002, 13887/2004), occorre verificare, per
quanto rileva in questa sede, la configurabilità o meno di tale elemento nella
fattispecie che ne occupa. Lo scrutinio conduce a conclusioni difformi rispetto
a quelle cui è pervenuto il Tribunale amministrativo regionale.
3.1.-Va osservato, in primo luogo, che le misure di sicurezza e le regole di
condotta per l’Amministrazione militare risultano analiticamente fissate
dall’apposito regolamento approvato dal Comando Reggimento “Cavalleggeri e
Guide” dell’Esercito Italiano; le prescrizioni di tale regolamento non sono
state oggetto di contestazione alcuna (l’atto è rimasto inoppugnato in prime
cure né è stato censurato con appello incidentale): ne consegue che la verifica
per cui è causa può solo concernere l’eventuale difformità dell’operato
dell’Amministrazione dalle prescrizioni stesse, fermo restando il limite di
comportamenti abnormi, in linea generale, direttamente incidenti sul profilo
delle condizioni di sicurezza, nella specie peraltro non ravvisabili.
3.2.- Non rientra in tale quadro l’omissione di “adeguate protezioni al torace
ed al viso”, quale regola di comune prudenza in considerazione del tipo di
operazioni.
Va ricordato in proposito che l’agente A. era stato addetto a funzioni di
vedetta – e cioè, a meri compiti di vigilanza sull’accesso all’area di tiro e
di segnalazione al direttore di esercitazione, tramite collegamento radio,
delle eventuali violazioni al divieto di superamento del limite del poligono –
e che la postazione assegnata si trovava sulla linea di sicurezza prescritta
per il poligono di Campolongo (cfr. cartografie allegate al regolamento, all. D
ed E), non risultando in atti elementi che possano orientare per l’effettiva
attribuzione di una postazione diversa (e cioè, a distanza inferiore dalla
linea di tiro) da quelle previste dalle cartografie relative al poligono di cui
trattasi (la stessa distanza di mt. 336, citata dall’appellato, per quanto
possa rilevare, è riferita alla chiazza di sostanza ematica, e non ad altro).
Da ciò l’inconsistenza, anche, dell’assunto della non esatta individuazione
dell’area di tiro e del non esatto calcolo della portata effettiva delle armi
utilizzate, che la sentenza ritiene desumibile non da elementi concreti ma “in
considerazione di quanto accadde”.
Dai compiti assegnati alle
vedette e dalla rilevata collocazione delle postazioni discende la non necessarietà
delle “protezioni” indicate, dovendo escludersi la diretta partecipazione alle
operazioni di tiro e l’applicabilità al personale di vedetta, in quanto non
impiegato nelle esercitazioni di tiro, delle prescrizioni di cui alla
pubblicazione n. 5939/1991 in ordine al casco protettivo, la cui obbligatoria
utilizzazione non può farsi inoltre derivare, ex se, dalla asserita circostanza
che le vedette indosserebbero tute da combattimento.
3.3.-Quanto al “forte vento” presente nella zona, appare semplicistico, avuto
riguardo alla esistenza di ovvie esigenze addestrative in qualunque situazione
climatica, ricollegare a siffatta condizione atmosferica (rectius, ad una
pretesa condotta contraria ad una regola di prudenza che avrebbe dovuto
sconsigliare le operazioni di tiro) il verificarsi dell’incidente occorso
all’agente A. ; ne può fondatamente sostenersi che la rinuncia al servizio
della motovedetta d’appoggio abbia concorso al verificarsi dall’evento: basti
por mente alla circostanza che la funzione della vedetta a mare è quella di
assicurare lo sgombero dei natanti nel tratto di mare prospiciente il poligono
(all. G al regolamento), e non già quella di evitare intrusioni da terra (come
avvenuto nella specie).
4.-In realtà, è la stessa sentenza impugnata ad ammettere, condivisibilmente,
che la verificazione dell’incidente è “verosimilmente da ascrivere” alla
circostanza della presenza di una “persona che, ovviamente ignara delle
operazioni in corso, si stava pericolosamente dirigendo verso l’area di tiro e
che costrinse i due agenti ad andargli incontro, inducendoli al movimento
repentino (ed improvviso)”.
Solo che la sentenza ritiene “doveroso” tale movimento, richiamando la
deposizione del finanziere M. : il che non trova conforto nelle prescrizioni regolamentari
che assegnano alla vedetta il mero compito di “segnalazione” mediante opportuno
mezzo di collegamento (nella specie, radiotelefono) alla direzione di
esercitazione delle eventuali inosservanze al divieto di transito (cfr. punto
2, lett. a), ai fini della immediata sospensione delle operazioni, e non già
quello dell’intervento diretto per l’allontanamento dell’intruso.
In altri termini, il pur – per altri versi – apprezzabile intento di evitare
pregiudizio all’incolumità fisica della persona presente nell’area di tiro (“i
militari si portavano celermente verso tale persona”, espone la relazione di
servizio in data 20.4.1998) si pone in violazione di una precisa disposizione
di servizio, che non consentiva alla “vedetta” di allontanarsi dalla postazione
assegnata durante le operazioni di tiro, con ciò, determinando un comportamento
censurabile del militare, le cui conseguenze non possono fare carico
all’Amministrazione che, per converso, ha posto in essere tutti gli
accorgimenti richiesti dalla disciplina normativa in tema di sicurezza nel
poligono di tiro, sì che non può ad essa addebitarsi una condotta colposa o
dolosa causativa dell’evento.
E’ ben vero che l’agente A. singolarmente afferma di non essere a conoscenza
delle disposizioni di servizio; ma risulta dagli atti versati in causa che il
ten. C. aveva provveduto ad illustrare i compiti demandati ai due militari di
vedetta, a specificare l’esatta posizione di servizio e ad inviarli alla
postazione assegnata, a consegnare agli stessi le bandiere e l’apparato radio
portatile necessari per gli adempimenti da espletare. E che ciò sia avvenuto
nel giorno stesso delle operazioni e non in quello precedente non appare di
alcun rilievo ove si consideri la mera finalità di previa informazione della disposizione
regolamentare di cui l’appellato assume la violazione.
5.- In conclusione, l’appello principale proposto dall’Amministrazione appare
fondato e deve essere accolto.
6.- Con l’appello incidentale il signor A. censura la sentenza di primo grado, in
primo luogo, nella parte in cui rigetta la domanda di riconoscimento del
diritto alla liquidazione del danno esistenziale.
Posto che tale specie di danno inerisce, nella sua più comune accezione, ai
riflessi esistenziali negativi che ogni violazione di un diritto della
personalità produce, non può comunque prescindersi, nella verifica in ordine
alla ricorrenza dei presupposti di risarcibilità, dalla dimostrazione in
giudizio dell’esistenza del danno medesimo e della condotta illecita
dell’Amministrazione: nella specie, quest’ultima resta esclusa dalle
considerazioni in precedenza esposte, mentre la configurabilità del danno – pur
nella ritenuta ammissibilità della prova per presunzioni – è preclusa dalle non
probanti allegazioni di parte.
7.- Quanto all’impugnativa incidentale concernente le spese di giudizio,
liquidate dal primo giudice in euro mille, va solo ricordato che la decisione
in ordine alle dette spese è sindacabile nelle limitate ipotesi di evidente
illogicità o erroneità del giudizio compiuto dal giudice di primo grado.
Comunque, a seguito dell’accoglimento dell’appello principale, non vi è
soccombenza dell’Amministrazione.
8.- L’appello incidentale proposto dal signor A. va pertanto respinto.
9.- Le spese di giudizio del doppio grado possono essere compensate in ragione
delle peculiari condizioni soggettive della parte privata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
accoglie il ricorso
principale; respinge il ricorso incidentale.
Compensa integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Depositata in Segreteria Il 27/12/2007.
Da Altalex.com
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