La Corte Costituzionale, con la
sentenza n. 345 del 19 ottobre 2007, ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale sollevata dai Giudici di pace di Aosta, Urbino,
Trento, Padova e Belluno – in riferimento all’art. 3 della Costituzione –
dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1,
lettera c), numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115,
recante “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della
pubblica amministrazione”, nel testo risultante dalla relativa legge di
conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui
dispone la confisca di cicl
omotori e motoveicoli nei casi in cui tali mezzi siano stati adoperati per
commettere un reato.Il testo dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della
strada è stato successivamente modificato dall’art. 2, comma 169, del decreto-legge
3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria), convertito con modificazioni dalla legge
24 novembre 2006, n. 286.
Tuttavia la norma, anche nella sua attuale formulazione, continua a prevedere
l’applicazione della sanzione accessoria della confisca dei soli ciclomotori e
motoveicoli nel caso in cui gli stessi siano adoperati per commettere un reato,
il citato “ius superveniens” ha eliminato unicamente la previsione
dell’applicazione della sanzione nelle ipotesi di violazione amministrative di
cui all’art. 169, commi 2 e 7, 170 e 171 del codice
della strada, norme che disciplinano il trasporto, rispettivamente
di “persone, animali e oggetti sui veicoli a motore”, “persone e oggetti sui
veicoli a motore a due ruote”, nonché “l’uso del casco protettivo per gli
utenti di veicoli a due ruote”.
Priva di effetti si presenta la successiva modifica apportata al testo
dell’art. 186 del codice della strada, dall’art. 5 del decreto-legge
3 agosto 2007, n. 117 “Disposizioni urgenti modificative del codice
della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella
circolazione”, convertito con modificazioni dalla legge
2 ottobre 2007, n. 160.
Sebbene abbia introdotto nel citato art. 186 il comma 2-bis, l’applicazione del
“fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni” nel caso in cui il “conducente
in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, la circostanza che in
nessuna delle fattispecie oggetto dei giudizi venga in rilievo l’ipotesi
contemplata dalla nuova disposizione – quella cioè di un sinistro stradale
quale conseguenza della violazione dell’art. 186 del codice della strada – ne
esclude la rilevanza nei giudizi principali.
La Corte ritiene non irragionevole la scelta del legislatore di prevedere una
più intensa risposta punitiva, quando un reato sia commesso mediante l’uso di
ciclomotori o motoveicoli, attraverso l’adozione di una sanzione accessoria,
quale è la confisca, idonea a scongiurare la reiterata utilizzazione del mezzo,
specie se sussiste un rapporto di strumentalità tra l’impiego del veicolo e la
consumazione del reato.
(Altalex, 17 gennaio 2008. Nota di Cesira Cruciani)
Corte Costituzionale
Sentenza 19 ottobre 2007, n. 345
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies
(comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2,
del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per
assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel
testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168),
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
promossi con ordinanze del 5 gennaio 2006 dal Giudice di pace di Aosta, del 2
maggio 2006 dal Giudice di pace di Urbino, del 6 giugno 2006 dal Giudice di
pace di Trento, del 22 maggio 2006 dal Giudice di pace di Padova e del 26
ottobre 2006 dal Giudice di pace di Belluno, rispettivamente iscritte ai nn.
152, 320, 687 e 697 del registro ordinanze 2006 e al n. 270 del registro
ordinanze del 2007 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 21 e 38, prima serie speciale, dell’anno 2006 e nn. 6 e 7, prima
serie speciale, dell’anno 2007.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 settembre 2007 il Giudice
relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto in fatto
1.¾ I Giudici di pace di Aosta (r.o. n. 152 del 2006), Urbino (r.o. n. 320 del
2006), Trento (r.o. n. 687 del 2006), Padova (r.o. n. 697 del 2006) e Belluno
(r.o. n. 270 del 2007) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale
– in riferimento all’art. 3 della Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies
(comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2,
del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per
assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel
testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168),
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
nella parte in cui dispone la confisca di ciclomotori o di motoveicoli nei casi
in cui siano stati adoperati per commettere un reato.
1.1.¾ In particolare, il Giudice di pace di Aosta premette di dover giudicare,
in sede civile, ai sensi dell’art. 22-bis della legge 24 novembre 1981,
n. 689 (Modifiche al sistema penale), di un provvedimento di sequestro adottato
dall’autorità amministrativa a seguito della contestazione dell’infrazione
prevista e punita dall’art. 186, comma 2, del codice della strada. Evidenzia, pertanto, che in forza
di quanto previsto dal citato art. 213, comma 2-sexies, è sempre
disposta la confisca in tutti i casi in cui il ciclomotore o il motoveicolo
siano stati adoperati per commettere una delle violazioni amministrative di cui
agli articoli 169, commi 2 e 7, 170 e 171 o per commettere un reato.
Tale disposizione, tuttavia, darebbe luogo ad una «evidente disparità di
trattamento nei confronti dei cittadini che commettono lo stesso reato», e che
quindi «si trovano in una situazione identica», atteso che la guida in stato di
ebbrezza comporta la sanzione accessoria della confisca del mezzo solo per i
motociclisti, mentre per gli automobilisti determina quella, meno afflittiva,
della sospensione della patente. Né, d’altra parte, conclude il rimettente, si
comprende quali possano essere i «ragionevoli motivi» idonei a giustificare
tale trattamento differenziato.
1.2.¾ Analogamente, il Giudice di pace di Urbino – investito dell’opposizione
proposta avverso il provvedimento con il quale è stato disposto il sequestro di
un motociclo, essendo stata contestata la violazione dell’art. 186, comma 2,
del codice della strada – reputa il predetto art. 213, comma 2-sexies,
in contrasto con l’art. 3 Cost., «per aperta violazione del principio di
ragionevolezza e proporzionalità della sanzione», oltre che per la disparità di
trattamento tra le violazioni commesse dai conducenti di ciclomotori o
motocicli e dai conducenti di autoveicoli.
<>Difatti il rimettente,
consapevole che lo scrutinio di costituzionalità sulle scelte sanzionatorie
compiute dal legislatore è possibile solo quando l’opzione normativa contrasti
in modo manifesto con il canone della ragionevolezza (richiama, sul punto, le
pronunce della Corte costituzionale n. 144 del 2001, n. 58 del 1999, n. 297 del
1998, n. 313 del 1995), reputa che tale evenienza ricorra nel caso di specie,
giacché la norma in esame costituirebbe espressione di un uso distorto della
discrezionalità, non essendosi il legislatore conformato all’auspicio, espresso
dalla giurisprudenza costituzionale, circa la necessità di «rimodellare il
sistema della confisca stabilendo alcuni canoni essenziali al fine di evitare
che l’applicazione giudiziale della sanzione amministrativa accessoria produca
disparità di trattamento» (sentenze n. 435 e n. 349 del 1997). 1.3.— Anche il Giudice di pace di
Trento ipotizza l’illegittimità costituzionale della norma suddetta, della
quale chiede la caducazione «nella parte in cui dispone la confisca del
motoveicolo nei casi in cui questo sia stato adoperato per commettere un
reato». Nel premettere di dover giudicare
dell’opposizione ex artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, proposta
avverso un verbale di sequestro di motoveicolo emesso a seguito
dell’accertamento dell’infrazione consistente nella guida in stato di ebbrezza,
il giudice a quo evidenzia che la norma censurata, nel regolare «in
termini radicalmente divergenti la situazione del proprietario del motoveicolo
rispetto a quella del proprietario di qualsiasi altro veicolo», realizza una
«diversificazione del trattamento sanzionatorio nei confronti di comportamenti
antigiuridici esattamente identici», violando in tal modo «il principio di
eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge». Pertanto, pur dicendosi
«consapevole che la norma censurata trae origine dalla gravità del fenomeno da
sanzionare», che esige «un’azione di prevenzione diretta a ridurre
sensibilmente il numero dei reati commessi con l’uso di motoveicoli», reputa
che la denunciata disparità di trattamento ponga tale disposizione in contrasto
con l’art. 3 Cost.
1.4.— Il Giudice di pace di Padova deduce l’incostituzionalità, sempre in
riferimento all’art. 3 Cost., del predetto art. 213, comma 2-sexies,
«nella parte in cui prevede la sanzione accessoria della confisca obbligatoria
del ciclomotore o motoveicolo», nel caso in cui gli stessi siano utilizzati per
commettere tanto le infrazioni amministrative previste dagli artt. 169, commi 2
e 7, 170 e 171 del codice della strada, quanto un reato («nella specie guida in
stato di ebbrezza»). Difatti, la norma nel prevedere «la confisca obbligatoria
del “mezzo”» solo nel caso di ciclomotori o motocicli, «crea una disparità di
trattamento tra cittadini, a fronte di violazioni identiche e condotte
analoghe», come, nella specie, la «guida in stato di ebbrezza». 1.5.— Infine, anche il Giudice di
pace di Belluno – dopo aver premesso di essere investito di un’«opposizione ad
ordinanza ingiunzione» ai sensi della legge n. 689 del 1981 – ha chiesto
dichiararsi l’illegittimità costituzionale della norma suddetta, in ragione del
fatto che essa dà luogo «ad una disciplina difforme di fronte ad identici
comportamenti», a seconda che la violazioni contemplate nel testo del medesimo
art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada vengano commesse da
chi guidi un ciclomotore, un motociclo o (come nel caso sottoposto al suo
esame) un quadriciclo, ovvero da «un’automobile o un mezzo più pesante». Orbene, osserva il rimettente,
individuata la ratio della norma nella necessità di «punire severamente
chi utilizza un ciclomotore o un motociclo per commettere un reato, risulta
difficilmente comprensibile la ragione per cui il legislatore abbia ritenuto
meno grave un comportamento tenuto, invece, da un automobilista o un
camionista», anche in considerazione dei «ben maggiori danni che potrebbero
causare», donde l’ipotizzato contrasto con l’art. 3 della Carta fondamentale.
2.— È intervenuto in ciascuno dei giudizi – salvo quello originato
dall’ordinanza di rimessione del Giudice di pace di Aosta – il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato.
La difesa erariale – sul presupposto che il testo della norma censurata risulta
modificato dall’art. 2, comma 169, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262
(Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), nel testo
modificato dalla relativa legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286 – ha
chiesto, in via preliminare, alla Corte costituzionale di disporre la
restituzione degli atti ai giudici rimettenti «onde consentire una nuova
valutazione della rilevanza della questione alla luce dei sopravenuti mutamenti
del quadro normativo».
In subordine, quanto alla dedotta «manifesta irragionevolezza» della norma
censurata, giacché essa realizzerebbe una «ingiustificata disparità di
trattamento rispetto a situazioni analoghe più gravi», l’Avvocatura dello Stato
rileva che «la scelta di sanzionare in modo diverso una condotta di guida a
secondo del tipo di veicolo guidato non è di per sé irragionevole», rispondendo
oltretutto, nella specie, all’esigenza di contenere gli infortuni verificabili
con l’uso di motocicli o ciclomotori, in quanto veicoli «dotati evidentemente
di minore stabilità e con maggiore difficoltà di controllo».
Considerato in diritto
1.— I Giudici di pace di Aosta (r.o. n. 152 del 2006), Urbino (r.o. n. 320 del
2006), Trento (r.o. n. 687 del 2006), Padova (r.o. n. 697 del 2006) e Belluno
(r.o. n. 270 del 2007) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale
– in riferimento all’art. 3 della Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies
(comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2,
del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per
assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel
testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168),
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
nella parte in cui dispone la confisca di ciclomotori e motoveicoli nei casi in
cui tali mezzi siano stati adoperati per commettere un reato.
I rimettenti – investiti dell’opposizione proposta avverso provvedimenti di
sequestro dei suddetti veicoli, tutti adottati, in vista della successiva
confisca, in relazione alla contestata violazione dell’art. 186 del codice
della strada – lamentano l’assoggettamento di motoveicoli e ciclomotori, in
forza del censurato art. 213, comma 2-sexies, del codice, ad un
trattamento irragionevolmente più grave di quello previsto per gli altri
veicoli, per i quali la confisca non è invece stabilita.
2.— In via preliminare, deve esser disposta la riunione dei diversi giudizi, ai
fini di un’unica pronuncia, in ragione della identità delle questioni rimesse
all’esame di questa Corte.
3.— Prima di affrontare il merito, occorre esaminare le modificazioni
legislative che, successivamente alla pronuncia delle ordinanze di rimessione,
hanno interessato sia la disposizione censurata che il contesto normativo in
cui essa risulta inserita, e ciò al fine di verificarne l’eventuale incidenza
sul presente giudizio.
Difatti, dopo che i giudici a quibus hanno sollevato l’indicata
questione di costituzionalità, il testo dell’art. 213, comma 2-sexies,
del codice della strada è stato modificato dall’art. 2, comma 169, del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 24
novembre 2006, n. 286. Tuttavia, anche nella sua attuale formulazione, la norma
suddetta continua a prevedere l’applicazione della sanzione accessoria della
confisca dei (soli) ciclomotori e motoveicoli nel caso in cui gli stessi siano
adoperati per commettere un reato, giacché il citato ius superveniens ha
unicamente eliminato la previsione dell’applicazione della sanzione nelle
ipotesi di violazioni amministrative di cui agli articoli 169, commi 2 e 7, 170
e 171 del codice della strada (si tratta delle norme che disciplinano il
trasporto, rispettivamente, «di persone, animali e oggetti sui veicoli a
motore», quello «di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote»,
nonché l’uso «del casco protettivo per gli utenti di veicoli a due ruote»). Orbene, le fattispecie oggetto
dei giudizi principali concernono, invece, proprio la commissione di un reato
(segnatamente quello di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 del
codice della strada), sicché risulta evidente come il citato ius
superveniens non possa avere alcuna influenza sull’esito di detti giudizi.
Analogamente, priva di effetti rispetto ad essi si presenta la successiva
modifica apportata, al testo dell’art. 186 del codice dalla strada, dall’art. 5
del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del
codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella
circolazione), convertito con modificazioni dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160.
Ed invero, sebbene esso abbia introdotto nel citato art. 186 il comma 2-bis,
che ha previsto l’applicazione del «fermo amministrativo del veicolo per
novanta giorni» nel solo caso in cui «il conducente in stato di ebbrezza
provoca un incidente stradale», la circostanza che in nessuna delle fattispecie
oggetto dei giudizi a quibus venga in rilievo l’ipotesi contemplata
dalla nuova disposizione – quella, cioè, di un sinistro stradale quale
conseguenza della violazione dell’art. 186 del codice della strada – esclude,
per definizione, la rilevanza anche di detto ius superveniens nei
giudizi principali, con ciò rendendo superfluo stabilire, nel caso di specie,
quali siano i rapporti intercorrenti tra la nuova norma ed il censurato art.
213, comma 2-sexies.
4.— Esclusa, dunque, la necessità di restituire gli atti ai giudici rimettenti,
la questione di costituzionalità dagli stessi sollevata deve ritenersi non
fondata.
5.— Premessa, invero, l’ampia discrezionalità nella individuazione delle
sanzioni, atteso che «la valutazione della congruità della sanzione appartiene
alla discrezionalità del legislatore, con il solo limite della manifesta
irragionevolezza» (così, da ultimo, con riferimento proprio alla disciplina
della circolazione stradale, l’ordinanza n. 246 del 2007), il solo scrutinio
che, anche nella presente ipotesi, questa Corte è legittimata a svolgere
consiste nel verificare se la scelta legislativa, in sé considerata, presenti
quel palese difetto di ragionevolezza che giustifichi la declaratoria di illegittimità
costituzionale.
Orbene, proprio alla stregua di una valutazione che investa, innanzitutto, la
sua ragionevolezza intrinseca (e dunque la coerenza tra il contenuto della
norma e la finalità perseguita attraverso la sua previsione), la disposizione
in esame si presenta immune dal denunciato vizio di costituzionalità.
Deve ritenersi, infatti, non irragionevole la scelta del legislatore di
prevedere una più intensa risposta punitiva, allorché un reato sia commesso
mediante l’uso di ciclomotori o motoveicoli, con riferimento all’adozione di
una sanzione accessoria, qual è la confisca, idonea a scongiurare la reiterata
utilizzazione illecita del mezzo, specie quando (come avviene proprio nel caso
contemplato dall’art. 186 del codice della strada, cui si riferiscono le
fattispecie oggetto dei giudizi a quibus) sussiste un rapporto di
necessaria strumentalità tra l’impiego del veicolo e la consumazione del reato.
Né, d’altro canto, la profilata disparità di trattamento tra utenti della
strada (atteso che l’operatività della confisca è stata limitata ad una sola
categoria di veicoli e non è stata invece prevista a carico dei conducenti
degli altri mezzi) potrebbe comunque comportare l’adozione della richiesta
pronuncia caducatoria.
A parte, infatti, il rilievo che tale disparità non è neppure assoluta, come
paiono invece ritenere i rimettenti (i quali mostrano di ignorare che per tutte
le tipologie di veicoli, sempre adoperati per commettere un reato,
l’applicazione della confisca – sebbene essa, in tal caso, operi solo
facoltativamente ed alla stregua non di una sanzione accessoria, bensì di una
misura di sicurezza reale – potrebbe comunque avvenire ai sensi dell’art. 240
del codice penale), dirimente è la constatazione che ogni iniziativa volta a
superare questo trattamento differenziato non potrebbe che spettare al
legislatore.
È principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello
secondo cui «rimodellare il sistema della confisca, stabilendo alcuni canoni
essenziali al fine di evitare che l’applicazione giudiziale della sanzione
amministrativa produca disparità di trattamento» costituisce un intervento
«riservato alla discrezionalità legislativa» (sentenza n. 435 del 1997).
per questi motivi LA
CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies
(comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2,
del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per
assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel
testo risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168),
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dai Giudici di pace di
Aosta, Urbino, Trento, Padova e Belluno con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 10 ottobre 2007.
F.to:
Franco
BILE, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria
il 19 ottobre 2007.
Da Altalex.com
|