(ASAPS) FORLÌ, 6 febbraio 2008 – Gli incidenti
“comuni”, quelli cioè che non coinvolgono le categorie professionali e che non
appartengono alla categoria degli infortuni sul lavoro, costano in Svizzera
qualcosa come l’equivalente di quasi 8 miliardi di euro. Il dato, diffuso
dall’UPI (Ufficio Svizzero per la Prevenzione degli Infortuni), ripartito su
ogni singolo cittadino elvetico finisce col pesare sulle sue tasche per oltre
1.000 euro annui. Ebbene, oltre la metà degli incidenti non professionali
avvengono sulla strada e sono direttamente legati alla circolazione stradale,
ma il dato più grave è che tutta o quasi la fattispecie letale, proviene dalla
categoria. Ogni lenzuolo bianco costa circa 785mila euro, mentre il ferito
grave pesa sulle tasche della collettività per oltre 230mila euro. Sono calcoli
che devono far riflettere, soprattutto il nostro paese, nel quale si cercano
tante ricettine per limitare la mortalità stradale. Se facciamo nostro il dato
svizzero e lo applichiamo ai morti italiani, scopriamo che solo i 5.669 morti
“costano” alla collettività circa 4 miliardi e mezzo di euro, ai quali dobbiamo
aggiungere il valore dei feriti gravi, che secondo l’Istituto Superiore di
Sanità corrispondono al 20% dei 332.955 referti stilati al pronto soccorso:
66.591 persone che riportano sulla strada, ogni anno, lesioni irreversibili e
che costano da sole 15 miliardi di euro. Il costo complessivo, tenendo conto
dei rincari assicurativi e degli oneri
di pronto soccorso, supera i 30 miliardi. Se riuscissimo a dimezzare la
mortalità, chissà quanti ospedali potremmo costruire, quante scuole potrebbero
veder migliorate le proprie infrastrutture, quante strade potremmo mettere
finalmente a norma. Sogni di un paese civile ai quali dobbiamo rinunciare?
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