Foto Blaco (ASAPS) FORLÌ, 7 febbraio 2008 – Non capita tutti i giorni poter
parlare ai ragazzi. O meglio: non capita tutti i giorni di saper usare il loro
linguaggio ed è cosa assai più rara ottenere la loro attenzione. Figuriamoci
quando si riesca ad avere anche la “condivisione”. Ed è ciò che accade ad
Albinia, cittadina della riviera tirrenica in provincia di Grosseto, sponda
storica della Maremma toscana, dove l’insegnante di diritto di una V classe
dell’ITC, sezione A, Gianna Pacini, si è
sentita rivolgere una domanda che da sola è la piena dimostrazione di quanto
nel centro abbia saputo colpire. “Prof, ma se verrà accertato che chi ha
ucciso Michele guidava in stato di ebbrezza, quale sarà la pena comminata?”.
L’insegnante ha fatto centro, ma la nostra società non ha risposte da dare, nel
senso che dire ai ragazzi che l’ubriaco uccisore di un bambino di 12 anni che
se ne andava tranquillo con la sua bici, non farà nemmeno un giorno di prigione
e che se la caverà con una sanzione che sa tanto di rimprovero e basta,
significa annunciare loro che la società nella quale si preparano a convivere
come persone adulte, è in realtà una jungla, dove l’importante è sopravvivere.
E, soprattutto, che l’eclissi permanente di luce che produce un costante cono
d’ombra tra dolo e colpa, una specie di grigio e durevole indulto su cui si è mosso
l’uccisore, è terra di nessuno. “SE LA VITA E’ DAVVERO UN DIRITTO
INDISPONIBILE GLI OMICIDI CAUSATI DA CHI GUIDA SOTTO L’ EFFETTO DI SOSTANZA
ALCOLICHE O STUPEFACENTI NON POSSONO ESSERE CONFIGURATI QUALI OMOCIDI COLPOSI”.
“ Prof, ma se verrà accertato che chi ha ucciso Michele guidava in stato di
ebbrezza , quale sarà la pena comminata?” E’ questo l’ inquietante interrogativo che i ragazzi della V A I.T.C. di Albinia hanno posto alla loro Prof. di diritto all’ indomani della tragica morte di Michele, un meraviglioso bambino di 12 anni nipote del bidello della scuola investito da una autovettura mentre, con la sua bici, si recava da un suo amichetto di scuola. La risposta all’ interrogativo ha aggiunto rabbia e incredulità al loro sgomento: “ Nel nostro ordinamento chi coscientemente si pone alla guida di un’ autovettura in stato di ebbrezza o alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti o alcoliche non viene quasi mai accusato di aver voluto la morte della vittima né di aver voluto il fatto da cui tale morte è derivata.La pena comminata è quindi molto più lieve di quella applicata a chi volontariamente cagiona la morte di un altro uomo configurandosi il fatto come omicidio colposo e non doloso.”. L’ interrogativo successivo è stato più inquietante del primo: “Ma tutto ciò è compatibile con il principio della indisponibilità della vita? In nome di tale principio nel nostro ordinamento si configurano dolosi l’ omicidio del consenziente e l’ eutanasia (morte dolce) e allora perché non dovrebbero essere considerati dolosi gli omicidi di chi uccide un uomo dopo essersi volontariamente posto in stato di incoscienza tale da non poter evitare la morte di una persona che voleva vivere? La gravità di tale contraddizione giuridica e umana è ingiustificabile. Una petizione nata dalla disperazione, dalla rabbia ma anche dalla speranza che le cose possono cambiare se chi di dovere avrà il coraggio e l’ umiltà di ascoltare. Non deludiamo le speranze di coloro che saranno gli adulti di domani e che saranno persone migliori di noi se solo oggi noi sapremo capire e realizzare il loro bisogno di amore e giustizia.
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