Codice della strada, art. 94,
comma 3, modificato dall’art. 17, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n.
449 e dall’art. 1 del d.m. 22 febbraio 2001. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°° REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 94, comma 3, del d.lgs. 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), così come modificato dall’art.
17, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la
stabilizzazione della finanza pubblica), e dall’art. 1 del decreto ministeriale
22 febbraio 2001 (Adeguamento monetario degli importi delle sanzioni
amministrative e pecuniarie previste dall’art. 94, commi 3 e 4, del d.lgs. 30
aprile 1992, n. 285), promossi con una ordinanza del 29 marzo e con due
ordinanze del 28 giugno 2006 dal Giudice di pace di Chiavenna, rispettivamente
iscritte ai nn. 677, 678 e 679 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri; Ritenuto che il Giudice di pace di Chiavenna,
con ordinanza del 29 marzo 2006 (reg. ord. n. 677 del 2006), ha sollevato, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 94, comma 3, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), così come modificato dall’art. 17, comma 18, della legge 27 dicembre
1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), e
dall’art. 1 del decreto ministeriale 22 febbraio 2001 (Adeguamento monetario
degli importi delle sanzioni amministrative e pecuniarie previste dall’art. 94,
commi 3 e 4, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), là dove assoggetta alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 600 ad euro 3.003 la
mancata osservanza delle formalità per il trasferimento della residenza
dell’intestatario di un autoveicolo;
che il rimettente premette che il giudizio
dinanzi ad esso pendente ha ad oggetto l’opposizione proposta contro il verbale
di accertamento elevato il 20 dicembre 2005 dalla Polizia municipale per
violazione dell’art. 94, commi 2 e 3, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per
omessa richiesta al competente Ufficio entro il prescritto termine di 60 giorni
dell’aggiornamento della carta di circolazione in conseguenza dell’avvenuto
trasferimento di residenza dell’intestatario dell’autoveicolo, e riferisce che
la ricorrente, a sostegno dell’opposizione, afferma di essere incorsa
nell’omissione in buona fede e di aver già avviato le pratiche di
regolarizzazione; che, quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo ne motiva la sussistenza osservando che, ove venisse ritenuta irrilevante la buona fede dedotta dall’opponente, la medesima si troverebbe assoggettata quantomeno al pagamento della sanzione minima prevista dalla norma denunciata, senza che al giudice sia consentita una interpretazione equitativa che consenta una determinazione della sanzione al di sotto del minimo edittale; che, ad avviso del rimettente, l’art. 94, comma 3, del codice della strada sarebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, per violazione del principio della ragionevolezza; che – osserva il rimettente – il testo originario dell’art. 94 prevedeva, per la violazione in esame, una sanzione pecuniaria pari, nel minimo, a lire duecentomila; per una grave violazione delle norme di comportamento come quella di cui all’art. 148, comma 10 (sorpasso in curva), la sanzione ammontava invece, nel minimo, a lire centomila ed analoga era la proporzione con gli importi stabiliti per violazioni di portata similare quali l’eccesso di velocità e l’omessa precedenza; che – prosegue il giudice a quo – l’art. 17, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ha elevato la sanzione prevista per le violazioni di cui all’art. 94 del codice della strada a lire un milione, e cioè ad una misura pari a cinque volte quella originaria, cifra portata poi ad euro 600 dal decreto ministeriale 22 febbraio 2001; nulla è stato invece innovato per quanto concerne le gravi violazioni alle norme comportamentali sopra indicate; in ordine alle stesse sono stati apportati successivamente diversi ritocchi ed arrotondamenti che hanno portato le relative sanzioni al livello odierno in forza del quale, ad esempio, il sorpasso in curva viene colpito con una sanzione pecuniaria pari ad euro 138,00; che, ad avviso del giudice a quo, la violazione dell’art. 94 del codice della strada ha un carattere meramente formale, e non è suscettibile di impedire l’attività di accertamento della pubblica amministrazione; può, semmai, renderla più difficoltosa ed onerosa, il che giustifica la sua sanzionabilità; che tale violazione, mentre era originariamente punita con una sanzione pecuniaria obiettivamente modesta e comunque proporzionata a quella stabilita per altre violazioni, oggi viene colpita con un onere pecuniario che equivale, per numerose categorie di lavoratori, alla retribuzione di un mese, mentre gravi violazioni alle norme di comportamento, tali da mettere in pericolo il bene primario dell’integrità fisica o addirittura della vita, comportano un onere che, anche a seguito dei modesti incrementi progressivamente stabiliti, rientra in un ordine di grandezza nettamente inferiore; che il rimettente ritiene che la scelta del legislatore non avrebbe una ragione giustificatrice coerente con l’intrinseca ratio legis e sarebbe espressione di un mero arbitrio; che, secondo il Giudice di pace, «la ragionevolezza non può essere altro che l’accettabilità sociale e culturale delle possibili e talvolta ineludibili discriminazioni che il legislatore può e deve operare al fine di contemperare interessi ed obiettivi diversi quando non contrastanti»; che, nel caso di specie, vi sarebbe violazione del parametro della ragionevolezza: il legislatore, operando una parziale e sbilanciata revisione dei canoni sanzionatori in ordine ad una specifica violazione, avrebbe avuto di mira unicamente le esigenze finanziarie dello Stato, le quali esulerebbero dalle finalità complessive del codice della strada, volto a tutelare, nella sua organicità, la pubblica incolumità e le esigenze di un efficace controllo amministrativo dei soggetti della circolazione; che identica questione è stata sollevata, con le medesime argomentazioni, con due ordinanze del 28 giugno 2006 (reg. ord. n. 678 e 679 del 2006) dallo stesso rimettente, il quale ha ritenuto sussistere in entrambi i casi la rilevanza «ove venissero ritenuti infondati i motivi di fatto e di diritto avanzati dall’opponente»; che in due dei tre giudizi (quelli promossi con le ordinanze iscritte al n. 677 e al n. 679 del registro ordinanze del 2006) è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità o per l’infondatezza della questione; che, secondo la difesa erariale, rientra nella discrezionalità del legislatore sia l’individuazione delle condotte punibili, sia la scelta e la quantificazione delle relative sanzioni; che tale discrezionalità potrebbe essere oggetto di censura soltanto ove il suo esercizio ne rappresenti un uso distorto o arbitrario, così da confliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza; che, nella specie, sarebbe significativa l’eterogeneità delle situazioni poste a confronto dal giudice rimettente, essendosi di fronte a condotte offensive di interessi totalmente diversi, inquadrabili in categorie concettuali ben distinte e rispetto alle quali la valutazione di maggiore o minore pericolosità (con conseguente maggiore o minore gravità della violazione) non può essere limitata a valutazioni soggettive dell’interprete; che il confronto operato dal rimettente tra norme rispondenti a criteri e finalità non omogenei non consentirebbe di dedurre dalle differenze rilevate la violazione del principio di eguaglianza, sancito dall’art. 3 della Costituzione; che l’apprezzamento compiuto dal legislatore – conclude l’Avvocatura – rientrerebbe nei limiti della ragionevolezza, tenuto conto anche della previsione di una forbice sanzionatoria di cui il giudice dispone per determinare, nell’esercizio della sua discrezionalità ai sensi degli artt. 132 e 133 cod. pen., la sanzione concreta. Considerato che con tre ordinanze di rimessione il Giudice di pace di Chiavenna ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, per contrasto con il principio di ragionevolezza, questione di legittimità costituzionale dell’art. 94, comma 3, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), così come modificato dall’art. 17, comma 18, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), e dall’art. 1 del decreto ministeriale 22 febbraio 2001 (Adeguamento monetario degli importi delle sanzioni amministrative e pecuniarie previste dall’art. 94, commi 3 e 4, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), là dove assoggetta alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 600 ad euro 3.003 la mancata osservanza delle formalità per il trasferimento della residenza dell’intestatario di un autoveicolo; che, stante l’identità delle questioni sollevate, i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia; che in tutte e tre le ordinanze di rimessione la motivazione sulla rilevanza ha carattere ipotetico ed eventuale; che, difatti, il rimettente osserva che l’assoggettamento alla sanzione minima prevista dalla norma denunciata si avrebbe, nel caso dell’ordinanza iscritta al reg. ord. n. 677 del 2006, «ove venisse ritenuta irrilevante la buona fede dedotta dall’opponente»; nelle altre due ordinanze, «ove venissero ritenuti infondati i motivi di fatto e di diritto avanzati dall’opponente»; che l’incertezza espressa dallo stesso rimettente in ordine all’applicazione della norma oggetto di scrutinio di costituzionalità rende la questione manifestamente inammissibile (sentenza n. 440 del 2000; ordinanza n. 374 del 2004). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 94, comma 3, del d.lgs. 30 aprile 1992, n.
285 (Nuovo codice della strada), così come modificato dall’art. 17, comma 18,
della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della
finanza pubblica), e dall’art. 1 del decreto ministeriale 22 febbraio 2001
(Adeguamento monetario degli importi delle sanzioni amministrative e pecuniarie
previste dall’art. 94, commi 3 e 4, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), sollevata,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice di pace di Chiavenna
con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2008. |
|||||||||||||||||||||||||||||
© asaps.it |