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Articoli 09/02/2008

La malattia tubercolare: passato, presente e futuro


Nel diciannovesimo secolo la tubercolosi, malattia conosciuta fin dall’antichità, ha avuto in Europa la sua massima diffusione. L’Ottocento ed il Novecento sono i secoli in cui si sviluppa la conoscenza scientifica della malattia, si comprende l’importanza di una diagnosi precoce e dell’isolamento degli infetti, si mette a punto il primo vaccino (BCG) e si scoprono gli antibiotici attivi contro il bacillo tubercolare. Ma, se in tutto il XX secolo l’impegno per la prevenzione è enorme, successivamente la tubercolosi diventa un problema di secondo piano nei paesi europei e nordamericani. Oggi, però, i flussi migratori dal sud del mondo verso i paesi occidentali ed il propagarsi dell’infezione da HIV stanno determinando un pericoloso ritorno della malattia. Nei paesi sottosviluppati, infatti, la gravità dell’infezione tubercolare rimane altissima: tra gli 8 e i 10 milioni di nuovi malati all’anno, con 3-4 milioni di morti. Molti ceppi di bacilli, inoltre, sono diventati resistenti ai farmaci disponibili, per cui la ricerca è costretta a fare nuovi sforzi per ottenere terapie più efficaci. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, oramai da alcuni anni, ha dichiarato la tubercolosi un’emergenza globale e ha dettato la strategia e gli obiettivi di interventi mirati al controllo dell’infezione nei paesi in via di sviluppo. La malattia era curabile già 50 anni fa con una combinazione di farmaci da assumere giornalmente per alcuni mesi. Da qualche tempo, però, sono in circolazione alcuni ceppi resistenti ai farmaci: MDR-TB (Multi-Drug Resistant TB), resistenti agli antibiotici di prima linea, ed XDR-TB (Extensively Drug Resistant TB), contro i quali qualsiasi farmaco esistente diventa quasi del tutto inefficace, e che generano la forte preoccupazione di una possibile futura pandemia di tubercolosi. In Italia, come in altri Paesi occidentali, si è assistito ad una progressiva riduzione del numero dei casi di TBC dalla seconda metà del 1900 fino agli anni ‘80, mentre negli ultimi venti anni l’andamento epidemiologico della malattia è stato sostanzialmente stabile. Attualmente si registra una bassa incidenza nella popolazione generale (7 casi per 100.000 abitanti nell’anno 2005) e una concentrazione della maggior parte dei casi in particolari gruppi a rischio. La tubercolosi, causata dal Mycobacterium Tubercolosis o bacillo di Koch, è un’infezione batterica che generalmente colpisce i polmoni, ma può estendersi a tutti gli altri organi (tubercolosi extra-polmonare). Si presenta in due fasi: l’infezione e la malattia conclamata. Una volta che l’infezione si è stabilita, la tubercolosi clinica può svilupparsi nel giro di mesi o può non manifestarsi per anni e addirittura decenni. Ma se le difese immunitarie si indeboliscono per carenze alimentari o altre patologie, la possibilità di sviluppare la malattia aumenta notevolmente. Si crea quindi un circolo vizioso, per cui coloro che vivono in condizioni di estrema povertà sono indeboliti dalla denutrizione e più esposti alla tubercolosi, mentre lo scarso accesso alle cure e ad un ambiente salubre impediscono una veloce guarigione e aumentano i rischi di trasmettere la malattia ad altre persone. Il legame tra povertà e tubercolosi è rafforzato dalla presenza dell’infezione da HIV. Si stima che più di dieci milioni di persone nel mondo siano contemporaneamente infette dai due microrganismi, e la tubercolosi è oramai diventata la prima causa di morte per i malati di Hiv/Aids del continente africano. La trasmissione dell’infezione avviene per via aerea, a causa dell’esposizione al bacillo presente nelle goccioline di saliva o di secrezioni bronchiali, prodotte attraverso colpi di tosse o starnuti. Non è, tuttavia, facilissima, tanto che devono ricorrere alcune condizioni essenziali:
• l’ammalato deve essere affetto da TBC polmonare “aperta”, cioè la parte malata deve essere comunicante con l’albero bronchiale e quindi con l’esterno;
• deve esserci una carica batterica molto elevata,
• il paziente non deve essere in terapia (il rischio di contagio cessa dopo circa due settimane dall’inizio di una terapia efficace),

• vi deve essere un ricambio d’aria ambientale scarso o assente. È molto improbabile che si possa contrarre l’infezione da una persona che tossisce all’aria aperta o in larghi spazi adeguatamente ventilati. La TBC non viene, inoltre, trasmessa da indumenti, lenzuola, oggetti personali, attraverso la stretta di mano, o facendo uso di piatti e posate. La TBC di altri organi, come reni o ossa, usualmente non è contagiosa. Se la malattia si sviluppa, compaiono tosse, perdita di peso, dolore toracico, febbre e sudorazione e, più tardi, presenza di sangue nell’espettorato. Il metodo diagnostico più diffuso è il test della tubercolina (Mantoux), la cui positività indica che il sistema immunitario è già venuto a contatto con il batterio. Allora, per accertare che non ci sia un’infezione in atto, è necessario eseguire una radiografia del torace. Metodi diagnostici più approfonditi sono l’esame diretto e l’esame colturale dell’espettorato, o l’identificazione tramite PCR (Polimerase Chain Reaction) del M. tuberculosis in vari materiali. Di recente è stato messo a punto un test che ricerca la presenza degli anticorpi contro il bacillo di Koch nel sangue, e che può essere utile nei casi in cui il test di Mantoux è poco affidabile o non può essere controllato dopo i 3 giorni prestabiliti. Sulle lesioni infiltrative si pratica, invece, una biopsia e si sottopone il campione a esame colturale, istologico e alla PCR. La terapia è molto lunga e complessa, in quanto anche i ceppi tubercolari sensibili ad un antibiotico hanno un piccolo numero di bacilli ad esso resistente, per cui la TBC clinica deve essere sempre trattata con almeno due farmaci battericidi che agiscano attraverso meccanismi differenti, per prevenire lo sviluppo di resistenza. In realtà, la maggior parte delle persone che presentano la malattia tubercolare attiva iniziano la terapia con quattro tipi differenti di farmaci che devono essere assunti tutti i giorni per almeno 6 mesi, e può accadere facilmente che i farmaci non vengano utilizzati per tutto il periodo necessario alla guarigione e in modo corretto, favorendo l’ulteriore sviluppo di “resistenze”. È stata, perciò, elaborata la “strategia Dot” (directly observed therapy), che prevede che il paziente venga seguito costantemente da un operatore con il compito di osservare la regolarità di assunzione dei farmaci, gli eventuali effetti collaterali e l’efficacia degli stessi, nonché l’andamento della malattia. La vaccinazione tubercolare con BCG, diffusissima nei paesi in via di sviluppo, è di limitata efficacia nella prevenzione della tubercolosi nell’adulto. Si sta ancora studiando un vaccino più efficiente, che utilizza ceppi di Mycobacterium Tuberculosis mancanti di una particolare proteina, e non il Mycobacterium Bovis del BCG. Un valido strumento di prevenzione è la “chemioprofilassi”, basata sulla somministrazione di farmaci antitubercolari in particolari situazioni di rischio, ad esempio tra i contatti di un caso contagioso di tubercolosi.

*Medico Capo Polizia di Stato Questura di Ragusa

da Il Centauro 117
  

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Sabato, 09 Febbraio 2008
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