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Corte di Cassazione 12/02/2008

Giurisprudenza di legittimità - Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro – Fermo amministrativo di motoveicolo – Configurabilità – Esclusione

(Cass. Civ., sez. III, 24 settembre 2007, n. 35391)

 Giurisprudenza di legittimità
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 24 settembre 2007, n. 35391 

Non sussiste il reato di cui all’art. 334 C.p. qua­lora la sottrazione riguardi beni sottoposti a provve­dimento di fermo amministrativo a norma dell’art. 213 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ostandovi il prin­cipio di tassatività e determinatezza delle fattispecie penali che, per il divieto di analogia malam partem, esclude la riconducibilità del fermo amministrativo nella nozione di sequestro amministrativo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 18 aprile 2006 il Tribunale di Napoli mandava assolto M. F. dai reati di cui agli artt. 334 comma secondo c.p. e 349 c.p. (nn. 1 e 2 della rubrica) «perché il fatto non sus­siste».
In punto di fatto il tribunale accertava che in data 4 dicembre 2004, a carico di M., era stato emesso un provvedimento di fermo amministrativo in relazione al motoveicolo Honda Transalp, tg. CC 79624, stante l’accertamento del mancato uso del casco protettivo e, dunque, in applicazione dell’art. 171 C.S. Si accertava altresì che il M., che sottoscriveva il verbale di fermo ed affidamento, veniva reso edotto degli obbli­ghi gravanti sul custode e che il luogo di custodia ve­niva indicato in Piazza Mercato n. 184, Napoli.
In data 18 aprile 2004 agenti di P.S. si recavano all’indirizzo di cui sopra per verificare la presenza del motoveicolo, constatando che sul citofono non era pre­sente il nome del prevenuto e che nel cortile del pa­lazzo non si trovava alcuna moto. Il M., pertanto, veniva denunciato per i reati di cui agli artt. 334 comma 2 C.p. e 349 comma 2 c.p.
Il Tribunale di Napoli mandava assolto l’imputato da entrambe le imputazioni con formula ampiamente assolutoria.
In particolare, quanto al reato di cui all’art. 334 C.p., osservava che non sussistevano i presupposti della norma asseritamente violata, punendo espressamente l’art. 334 C.p. la condotta di chi «sottrae, sopprime, di­strugge, disperde o deteriora cose sottoposte a seque­stro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa», laddove - nel caso di specie - il provvedimento emesso a carico del preve­nuto era un mero fermo amministrativo e non poten­dosi operare alcuna estensione, per i principi di tassa­tività delle incriminazioni e del divieto di interpretazione analogica in materia penale, dell’am­bito di operatività della norma.
Quanto alla imputazione relativa al reato di cui all’art. 349 c.p., non risultava alcuna materiale apposizione di sigilli sul motociclo e, dunque, l’ipotesi con­testata non poteva dirsi integrata. Oltretutto - osser­vava il tribunale,- il reato di cui all’art. 349 c.p. non poteva dirsi sussistente nel caso di sigilli apposti non già per assicurare la conservazione o l’identità della cosa, ma al solo fine di impedirne l’uso.
Avverso la pronunzia assolutoria -limitatamente al capo 1) della rubrica (art. 334 c.p.) - ha proposto ri­corso per Cassazione il procuratore della Repubblica di Napoli, deducendo che il tribunale aveva mandato assolto il M. per la considerazione che il provve­dimento di fermo amministrativo esulava dal novero degli atti elencati dall’art. 334 C.p. quali antecedenti necessari della condotta illecita descritta (ovvero pro
cedimento penale e procedimento amministrativo). Ciò posto, non si comprendeva in quale possibile ca­tegoria andasse annoverato il fermo amministrativo, atto finale di un procedimento amministrativo di ac­certamento di un’infrazione al codice della strada.
Si chiedeva l’annullamento della sentenza.
Il ricorso del pubblico ministero va rigettato perché infondato.
Invero, il fermo amministrativo di un veicolo, disci­plinato dall’art. 214 del codice della strada, è una mi­sura cautelare amministrativa, che mira a far cessare la circolazione del veicolo ed a provvedere alla colloca­zione del veicolo stesso in apposito luogo di custodia. Il sequestro amministrativo è, invece, disciplinato dall’art. 213 c.s. ed è previsto «nell’ipotesi in cui il pre­sente codice prevede la sanzione accessoria della con­fisca amministrativa». Ad esempio, si avrà una sem­plice ipotesi di fermo amministrativo nel caso di destinazione ed uso di un veicolo in modo difforme da quanto indicato nella carta di circolazione o ancora nel caso di utilizzo del veicolo adibito al trasporto delle per­sone, ad uso proprio senza avere il titolo prescritto. Si avrà, per contro, confisca amministrativa del veicolo nell’ipotesi - a titolo esemplificativo - di cui all’art. 116 comma 18 C.S., nel caso di reiterata violazione di guida di autoveicolo o motoveicoli senza aver conseguito la patente come pure nel caso di effettuazione su ciclomo­tore di modifiche idonee ad aumentarne la velocità oltre i limiti previsti di 45 Km/h o ancora nel caso di fabbri­cazione, commercio o vendita di ciclomotore svilup­pante una velocità superiore a 45 Km/h.
Le due norme (artt. 213 e 214 c.s.) muovono da pre­supposti ontologicamente diversi ed ubbidiscono a lo­giche tra loro distinte, con la conseguenza che, per il principio della tassatività e della determinatezza delle fattispecie penali, deve ritenersi che la condotta tipica come delineata dall’art. 334 c.p., parlando di «seque­stro» (giudizio e/o amministrativo) del bene, non possa ritenersi comprensiva anche del «fermo amministra­tivo», che è misura diversa, fattualmente e normativa­mente, rispetto al sequestro.
Ora, è pur vero che l’art. 214 comma 8 C.S., preve­dendo la condotta di colui che circoli con un veicolo sottoposto al fermo amministrativo, fa salva «l’applica­zione delle sanzioni penali per la violazione degli ob­blighi posti in capo al custode». Tuttavia, tale previ­sione, mentre sicuramente integra la fattispecie tipica del capoverso dell’art. 649 c.p. (violazione dei sigilli), erroneamente esclusa dal tribunale e per la quale il pub­blico ministero non ha dedotto alcuna specifica censura, di certo non può estensivamente ricondursi nell’ambito di operatività dell’art. 334 c.p., ostandovi il principio generale del divieto analogico in malam partem.

Il ricorso proposto dal pubblico ministero va, con­seguentemente, rigettato. 


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Martedì, 12 Febbraio 2008
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