Il dictum epigrafico della Cassazione: la giurisprudenza
di questa Corte distingue il caso in cui la morte segua immediatamente o quasi
alle lesioni da quello in cui tra le lesioni e la morte intercorra un
apprezzabile lasso di tempo; nel primo caso esclude la configurabilità del
danno biologico in quanto la morte non costituisce la massima lesione possibile
del diritto alla salute, incidendo sul diverso bene giuridico della vita; la
ammette, viceversa, nel secondo caso, essendovi un’effettiva compromissione
dell’integrità psico - fisica del soggetto che si protrae per la durata della
vita, e ne riconosce la trasmissibilità agli eredi. SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Danno biologico, iure haereditatis,
apprezzabile lasso di tempo, necessità Danno biologico – iure haereditatis – apprezzabile lasso
di tempo – necessità – danno patrimoniale futuro – prova – fatto notorio –
sufficienza Va distinto il caso in cui la morte segua immediatamente o quasi
alle lesioni da quello in cui tra le lesioni e la morte intercorra un
apprezzabile lasso di tempo; nel primo caso si esclude la configurabilità del
danno biologico in quanto la morte non costituisce la massima lesione possibile
del diritto alla salute, incidendo sul diverso bene giuridico della vita; va
ammessa, viceversa, nel secondo caso, essendovi un’effettiva compromissione dell’integrità
psico - fisica del soggetto che si protrae per la durata della vita, e ne
riconosce la trasmissibilità agli eredi. SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Motivi della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa
applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., nonché vizi di motivazione (art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c.); lamentano che la corte di merito abbia escluso con
motivazione insufficiente e contraddittoria la risarcibilità del danno
biologico "iure hereditatis"; sostengono che tale danno va sempre e
comunque risarcito, qualunque sia la durata della sopravvivenza della vittima,
in ragione della causalità cronologica: prima la causa (lesione) e poi la
conseguenza (morte); ricordano che secondo la giurisprudenza di legittimità
anche quando sopravviva per un limitato spazio temporale (poche ore) la vittima
acquista il diritto al risarcimento del danno biologico quanto meno nella sua
componente psichica e lo trasmette agli eredi. 1.1. Il motivo è fondato. 1.2. La giurisprudenza di questa Corte distingue il caso in cui
la morte segua immediatamente o quasi alle lesioni da quello in cui tra le
lesioni e la morte intercorra un apprezzabile lasso di tempo; nel primo caso
esclude la configurabilità del danno biologico in quanto la morte non
costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute, incidendo sul
diverso bene giuridico della vita (da ultimo Cass. 13.1.2006, n. 517); la
ammette, viceversa, nel secondo caso, essendovi un’effettiva compromissione
dell’integrità psico - fisica del soggetto che si protrae per la durata della
vita, e ne riconosce la trasmissibilità agli eredi (ex plurimis Cass.
21.7.2004, n. 13585; Cass. 21.2.2004, n. 3549). 1.3. Poiché ha affermato che la sopravvivenza di tre giorni non è
stata sufficiente a fare acquistare alla vittima il diritto al risarcimento del
danno biologico, la sentenza impugnata va cassata sul punto. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa
applicazione degli artt. 2043, 2056, 2059, 1322, 1326 c.c., 112 c.p.c, nonché
vizi di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.); la corte di merito -
sostengono - ha ignorato l’accordo sostanziale intervenuto tra le parti sul
danno morale; più specificamente i convenuti hanno riconosciuto nei propri
scritti difensivi che a ciascun genitore competeva la somma di lire
250.000.000; i giudici avrebbero dovuto prendere atto del riconoscimento ed
adeguare ad esso la decisione; non avendolo fatto, sono incorsi nella
violazione dell’art. 112 c.p.c; la corte di merito 1) ha rigettato la domanda
di risarcimento del danno biologico "iure proprio" senza valutare
compiutamente le risultanze della c.t.u. e particolarmente la parte di essa
nella quale si fa riferimento al "lutto prolungato e complicato da un
episodio depressivo maggiore"; 2) avrebbe dovuto, comunque, tenere conto
di tali risultanze nella valutazione del danno morale, incrementandone la
liquidazione; 3) ha negato il risarcimento del danno morale alla nonna paterna,
sebbene il defunto trascorresse con lei sei mesi all’anno, come affermato dalle
parti attrici nel loro interrogatorio libero senza contestazioni delle
Controparti; 4) ha contenuto il danno patrimoniale in somma inadeguata perché
non ha considerato che secondo dati di comune esperienza i figli lasciano la
casa dei genitori verso i trenta anni e che risulta impossibile provare uno
stato di bisogno futuro. 2.1. Il motivo è infondato. 2.2. Se la parte, contro la quale la domanda è proposta, ne
riconosce la fondatezza, viene a cessare la materia del contendere ed il
giudice è tenuto a dichiararlo eventualmente di ufficio. 2.3. Per giurisprudenza di questa Corte il danno biologico
degli stretti congiunti di una persona deceduta per effetto dell’illecita
condotta altrui è risarcibile quando vi sia la prova di una lesione psico -
fisica (Cass. 13.2.2002, n. 2082; Cass. 25.2.2000, n. 2134). 2.4. L’interrogatorio libero delle parti può fornire al giudice
elementi di convincimento liberamente valutabili; non è, pertanto, censurabile
in sede di legittimità il giudice che non utilizza tali elementi ’ ai fini
della formazione del proprio convincimento. 2.5. Per quanto concerne il danno patrimoniale da perdita di
aiuti economici futuri va rilevato che la prova di tale specie di danno è
presuntiva ed utilizza i dati ricavabili dal notorio e dalla comune esperienza,
adeguandoli alle peculiarità della fattispecie. 2.6. Ai principi sopra enunciati si è sostanzialmente adeguata la
corte di merito, la quale ha escluso in concreto futuri apporti del figlio in
favore dei genitori in considerazione del fatto che nulla fa presumere che
avrebbero avuto bisogno di aiuti in futuro e che non hanno allegato circostanze
idonee a superare la presunzione. 3. In conclusione, il primo motivo è accolto ed il secondo
rigettato; la sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto con
rinvio ad altra sezione della corte di appello di Milano per nuovo esame sulla
base dei principi di cui sopra e pronuncia sulle spese del giudizio di
cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo; rigetta il secondo;
cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della corte
di appello di Milano. di Luca
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