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Multa fuori dal centro abitato, sulla strada statale? Il vigile
può farla ed il trasgressore non può chiederne l’annullamento per carenza di
competenza amministrativa. Il caso, risolto dalla Cassazione con la sentenza 15
marzo 2001, n. 3761, per certi versi fa scuola e soprattutto tranquillizza
quelle amministrazioni che attraverso l’autovelox tesaurizzano gli eccessi di
velocità sulle vie di grande comunicazione a vantaggio delle casse locali.
Qualcuno parla di odioso pedaggio, ma non si può trascurare il dato, di valenza
etica, che al di là di tutto ogni introito è conseguenza di una violazione.
Comunque, a sollevare il caso fu uno sfortunato conducente il quale,
percorrendo una strada che attraversa San Ferdinando di Puglia, si vide
recapitare un verbale per eccesso di velocità, non dalla polizia stradale e
nemmeno dai carabinieri, ma dalla polizia municipale della cittadina del
foggiano. La prima conseguenza è la destinazione dell’ “obolo” alle cassa del
Comune piuttosto che a quelle dello Stato, ma quel che al trasgressore era
apparso più grave riguardava la presenza dei vigili che piuttosto di presidiare
l’abitato si erano per così dire dati alla pesca in acque non territoriali,
cioè sulla strada statale. Denunciando la violazione dell’art. 11 del codice
stradale, l’automobilista aveva portato l’ingiunzione di pagamento del Prefetto
di Foggia davanti al giudice. La norma detta le regole della competenza ed
espressamente sancisce: “ai servizi di polizia stradale provvede il Ministero
dell’Interno, salve le attribuzioni dei comuni per quanto concerne i centri
abitati”. Quindi, secondo il ricorrente, la competenza della polizia locale è
residuale poiché integra quella generale del Ministero e limitatamente ai
centri abitati. Il sillogismo quindi, sempre a detta del trasgressore, è
semplice: se la polizia locale può intervenire sui centri abitati fuori dai
quali la competenza è attribuita ad autorità dello stato, la sua multa
accertata sulla statale e lontano dalle case non poteva essere redatta dai
vigili urbani. Con questo ragionamento, peraltro, aveva convinto il giudice che
con piena soddisfazione del ricorrente aveva rimandato l’ingiunzione alla
prefettura con un bel timbro: “annullato”. Caso strano, a difendere le ragioni
del Municipio e delle sue casse, nella questione di specie, ci ha pensato lo
Stato che, attraverso la Prefettura di Foggia, ha presentato ricorso per
cassazione. Secondo l’autorità prefettizia, i vigili non hanno bisogno di
alcuna autorizzazione per uscire dall’abitato e svolgere servizi di polizia
stradale. La questione ruota intorno all’interpretazione di due norme, cioè gli
artt. 11 e 12 del D.lgs. 285/1992. Il primo è intitolato ai servizi di polizia
stradale, il secondo all’espletamento dei servizi medesimi. Tra le due norme è
facile la confusione, ma l’art. 11 si riferisce alle attribuzioni degli enti,
il 12 alla competenza degli organi di polizia. Quindi, quando si parla di
attribuzione dei Comuni, si intende far riferimento alla competenza in ordine
alla pianificazione, alla programmazione e tutto ciò che attiene alla
progettualità in materia. Altro è il campo dell’espletamento dei servizi che
l’art. 12, comma 1, lettera e), affida ai Corpi e servizi di polizia municipale
nell’ambito del territorio di competenza. Ed in queste poche locuzioni sta la
soluzione: il territorio di competenza della polizia municipale è circoscritto
nei confini comunali e comprende tanto il centro urbano quanto la rete stradale
esterna ad esso. Quindi i vigili possono fare la multa sulle strade e superstrade
che solcano il territorio comunale. Un brutto colpo per l’automobilista, un
ottimo colpo per le Amministrazioni locali ed i propri bilanci. Altro discorso
invece, vale per la prassi di alcuni Comuni di prestarsi i Vigili, fuori
servizio, per i servizi di competenza. Spesso, in occasione di sagre o fiere
con grande afflusso di pubblico, Amministrazioni Comunali limitrofe prestano i
vigili che volontariamente si offrono per il “doppio lavoro”. Dello stesso
beneficio fruiscono i Comuni turistici che chiamano a lavorare, nel periodo di
maggiore afflusso, vigili messi in ferie nella propria Amministrazione, la
quale peraltro favorevolmente autorizza. Certo, se le Amministrazioni stipulano
un accordo tra loro, nel rispetto delle modalità previste dal contratto di
lavoro (art. 14 CCNL 22.1.2004), possono anche prestarsi il personale. Tuttavia
con la circolare 15700/6 del 27 giugno 2007, il Ministero dell’Interno ha
escluso questa possibilità per gli appartenenti alla Polizia Municipale.
Occorre rammentare - dice il Ministero - che il particolare profilo
professionale che rivestono i dipendenti con la qualifica di vigili urbani fa
sì che gli stessi possano svolgere legittimamente le loro funzioni solo
nell’ambito del territorio di competenza del Comune di appartenenza o, nel caso
di svolgimento associato delle predette funzioni, nell’ambito dei comuni che ne
fanno parte, così come previsto dall’art. 3 della legge quadro sull’ordinamento
della polizia municipale n. 65/1986. Quindi, al di fuori dei servizi di missione
autorizzati solo ai fini di rappresentanza e di collegamento, ovvero per
soccorso in caso di calamità o per particolari occasioni stagionali o
eccezionali (art. 4, legge 65/1986), resta esclusa qualsiasi altra modalità di
incarico, che qualora conferito comporterebbe la nullità degli atti assunti.
Tradotto, solo il vigile in servizio di missione (e non in ferie e fuori
dall’orario di servizio) può svolgere legittimamente il suo compito in altri
territori comunali. Da Il Centauro n.118 |
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