La sede della Corte di
Cassazione
ROMA - Ormai è
espressione purtroppo frequente ma attenzione non è soltanto
un’espressione estremamente volgare, ma costituisce anche una vera e propria
ingiuria. E pertanto chi dice ’Che c... vuoi’ può essere legittimamente
multato. A stabilirlo è la Cassazione che sottolinea come l’espressione,"oltre
che triviale", è "sinonimo di disprezzo dell’uomo e della sua
dignità".
I supremi giudici sono intervenuti sul caso di un 26enne di Potenza, R. B., reo
di essersi rivolto a dei poliziotti dicendo loro ’che c... volete, chi c...
siete’. Immediata la denuncia e la multa per ingiuria aggravata (nella sentenza
7656 della Quinta sezione penale non si specifica l’entità della multa)
inflitta a Rocco B. dalla Corte d’appello di Potenza, nel novembre 2006.
Inutilmente il giovane (condannato anche per lesioni aggravate nei confronti di
un poliziotto) si è rivolto alla Cassazione al fine di ottenere la
cancellazione della multa inflitta per quell’espressione tanto diffusa
"certamente di significato scurrile - ha argomentato la difesa - ma non
idonea a ledere l’onore e il decoro della persona cui era stata rivolta".
Piazza Cavour ha respinto il ricorso e ha osservato che la multa non va
cestinata poiché legittimamente "la Corte territoriale ha argomentato che
la frase rivolta agli operanti, oltre che triviale, ha una oggettiva idoneità a
ledere l’onore ed il decoro del destinatario, tanto più nel caso in esame,
apparendo evidente il proposito di mortificare l’operato degli agenti,
apostrofati, nell’adempimento del proprio dovere, con un epiteto che è sinonimo
di disprezzo dell’uomo e della sua dignità". Quindi calma quando ci ferma un agente, ce lo
dice poi lui quello che...vuole. (Asaps)
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