Giurisprudenza di legittimità CORTE DI CASSAZIONE
CIVILE Sezione II, 16 gennaio 2008, n.
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La Corte chiarisce
che nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, ove il giudice scelga
di redigere e leggere, contestualmente al dispositivo, anche la motivazione
della sentenza, come è sua facoltà, egli non è esentato a pena di nullità della
sentenza dall’obbligo di esporre l’oggetto del giudizio, le conclusioni delle
parti e di fornire una motivazione adeguata della decisione adottata.
FATTO E DIRITTO
Il Comune di Roncofreddo impugna per cassazione
la sentenza 26.11.03 n. 824
con la quale il G.d.P. di Cesena, su ricorso in opposizione proposto
da Tommaso M., ha ridotto l’entità pecuniaria della sanzione, inflitta per violazione
dell’art. 142 CdS a
seguito d’accertamento con verbale di contestazione n. AX 257/03 redatto
addì 22.5.03 dalla
polizia municipale a carico del detto opponente. Parte intimata non svolge attività difensiva. Il ricorrente denunzia, con il primo motivo, la
violazione dell’art. 204 bis
comma 7 CdS e dell’art. 112 CPC; con il secondo, vizi di
motivazione; con il terzo nullità ex art. 360 n 4 e 112 CPC. Attivatasi procedura ex art. 375 CPC, il Procuratore Generale
fa pervenire requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere
espresso nella nota di trasmissione, conclude chiedendo l’accoglimento del
ricorso siccome manifestamente fondato. Al riguardo le considerazioni svolte dal
Procuratore Generale e la conclusione cui è pervenuto
sono senza dubbio da condividere. Il primo ed il terzo motivo, da trattarsi
congiuntamente, risultano manifestamente fondati, dacché l’impugnata sentenza - che,
per il fatto d’essere stata pronunziata in udienza ex art. 23/~111 della L
689/81, non esonerava il giudice dall’obbligo d’esporre le ragioni della
controversia e di fornire adeguata motivazione della decisione adottata - risulta
palesemente nulla, oltre che per vizio di forma, in difetto d’indicazione delle
conclusioni delle parti e dell’oggetto del giudizio quale prescritta dall’art.
132 CPC - donde, tra l’altro, l’incomprensibilità della decisione - anche
per essersi, comunque, pronunziata una riduzione della sanzione decidendo ex officio e, quindi, extra petita, dacché dalla sentenza
stessa non emerge fosse stata proposta dall’opponente domanda in tal senso, né
l’intimato si è costituito per eccepire al motivo di
ricorso d’averla invece proposta. In vero, l’opposizione avverso l’ingiunzione di
pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione amministrativa, di cui
agli artt. 22 e segg. della Legge 24 novembre 1981 n. 689, procedimento al
quale rinvia l’art. 204 bis CdS per la materia, configura l’atto introduttivo,
secondo le regole proprie del procedimento civile, d’un giudizio di
accertamento della pretesa sanzionatoria, il cui oggetto è delimitato,
per l’opponente, dalla causa petendi
fatta valere con l’opposizione stessa, e, per l’Amministrazione, dal divieto di
dedurre motivi o circostanze, a sostegno di detta pretesa, diverse da quelle
enunciate con la ingiunzione; ne consegue che il giudice, salve le ipotesi
d’inesistenza, non ha il potere di rilevare d’ufficio ragioni di nullità del
provvedimento opposto o del procedimento che l’ha preceduto, nemmeno sotto il
profilo della disapplicazione del provvedimento stesso, e che l’opponente, se
ha facoltà di modificare l’originaria domanda nei limiti consentiti dagli artt.
183 e 184 CPC, non può introdurre in corso di causa domande nuove, a meno che
su di esse non vi sia accettazione del contraddittorio da parte
dell’Amministrazione (da ultimo, Cass. 9.3.04 n. 4781, 17.9.03 n. 13667,
24.6.03 n. 9987, ma già Cass. 28.10.83 n. 6381). Nello specifico, va considerato, dunque, come la
modifica del provvedimento limitatamente all’entità della sanzione, non possa
essere disposta dal giudice se non in accoglimento della corrispondente domanda
dell’opponente (cfr. Cass. 11.11.04 n. 21486, 11.5.01 n. 6555) che, come già
evidenziato, non risulta fosse stata nella specie proposta In secondo luogo, va anche considerato come,
nella stessa materia, debbano applicarsi i seguenti principi: ove la norma
indichi un minimo e un massimo della sanzione, spetta al potere discrezionale
del giudice determinarne l’entità entro tali limiti, allo scopo di commisurarla
alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi
oggettivi e soggettivi; il giudice non è tenuto
a specificare nella sentenza i criteri adottati nel procedere a detta
determinazione, né la Corte di cassazione può censurare la statuizione adottata
ove tali limiti siano stati rispettati, ma sempre che dal complesso della
motivazione risulti l’avvenuto compimento di quella valutazione ed, in
particolare, che nel valutare complessivamente il fatto e la personalità
dell’autore dell’illecito, il giudice abbia indicato, nella formazione del suo
giudizio di fatto, quali elementi siano stati ritenuti di valore preminente
rispetto agli altri (Cass. 11.5.01 n. 6555, 2.8.00 n. 10113); ove, poi,
l’infrazione non abbia caratterizzazioni specifiche tali da indurre a maggiore
o minor rigore, deve ritenersi corretto il riferimento, che peraltro deve pur
esservi, alla misura deducibile dall’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n.
689, dalla quale si prevede il pagamento in misura ridotta pari alla terza
parte del massimo edittale o, se più favorevole, al doppio del minimo (Cass.
24.3.04 n. 5877, 4.11.98 n. 11054, 1.6.95 n. 6155). Anche il secondo motivo è palesemente
fondato, in ragione dell’illogicità della motivazione della sentenza impugnata,
laddove si decide in base a considerazioni non solo irrazionali, quale la
particolare potenza del veicolo, ma anche erronee, quali le condizioni della
strada e del traffico che, se consentite ove sia contestato un generico eccesso
di velocità in relazione alle dette condizioni ex art. 141/1 CdS, non sono
consentite ove si tratti di contestazione del superamento d’un limite specifico
ex art. 142 CdS, in ordine alla violazione del quale non è prevista
alcuna valutazione discrezionale. Il ricorso merita, dunque, accoglimento e
l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata, peraltro senza rinvio, dovendo
questa Corte decidere esclusivamente sul capo di sentenza impugnato, in quanto
gli altri motivi dell’originaria opposizione risultano disattesi (dichiarandosi
accoglimento parziale) dalla sentenza in esame non impugnata, al riguardo, con
ricorso incidentale. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono
la soccombenza per il giudizio di legittimità mentre, per quello di merito, non
v’ha luogo a provvedere in difetto della nota delle spese vive affrontate
dall’Amministrazione per la difesa a mezzo funzionario.
LA CORTE
accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la
statuizione dell’impugnata sentenza con la quale è disposta
la riduzione dell’entità della sanzione; condanna M. Tommaso alle spese che
liquida in € 450,OO per onorari ed € 100,OO per esborsi, oltre
agli accessori di legge.
Così deciso in Camera di Consiglio i 19.10.2007.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2008
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