Foto Coraggio La patente di servizio: punto di arrivo o di partenza?
Con il Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti n° 246/2004 è stato
adottato il regolamento per il rilascio della patente di servizio ai soggetti
abilitati allo svolgimento dei compiti di Polizia Stradale, così come previsto
dall’art. 139 c. 1 del Codice della Strada. Tra le schiere del personale
ricompreso nell’elenco di cui all’art. 12 c. 1 del Codice della Strada,
figurano anche gli appartenenti ai Corpi ed ai Servizi di Polizia Provinciale e
Municipale - la cosiddetta Polizia Locale - ai quali viene pertanto concesso
l’ottenimento della patente di servizio, ovviamente previo superamento di un
corso di qualificazione con esame finale. Si tratta di un riconoscimento dovuto
ed a lungo atteso, dal quale consegue un indubbio vantaggio immediato:
l’eliminazione del “rischio professionale” al quale rimaneva esposta la personale
patente di guida civile dell’operatore di Polizia Locale, nella malaugurata
ipotesi di violazioni del Codice della Strada verificatesi alla guida di
veicoli di servizio. Per quanto si tratti di un beneficio tutt’altro che
trascurabile, sarebbe oltremodo riduttivo inquadrare questo strumento
professionale senza cogliere tutta la portata del suo reale principio
ispiratore: una “semplice” patente di guida civile non può legittimare la
conduzione di autopattuglie e motopattuglie in servizio di Polizia; occorre una
patente “specifica”. Se si ritiene, quindi, concretamente affermato ed attuato
questo indiscutibile principio, allora la patente di servizio deve essere
certamente considerata un punto di arrivo. Ma il crescente impegno della
Polizia Locale nei servizi di Polizia Stradale, non è oramai più conciliabile
con il grave problema emergente costituito dalla mancanza di addestramento
professionale specifico alla “conduzione operativa”, un argomento che molti
ritengono esaurito con un’attenta lettura del disposto di cui all’art. 177 del
Codice della Strada. La sterile elencazione delle facoltà concesse dal predetto
articolo costituisce però soltanto la punta di un iceberg, ancora
pericolosamente celato nelle sue reali dimensioni; sarebbe certo molto più indicato
analizzare i cosiddetti “servizi urgenti di istituto”, costituiti dai vari
contesti operativi nei quali il veicolo di servizio deve essere condotto e
posizionato sulla strada in condizioni di emergenza, ma con modalità
necessariamente diversificate, in rapporto al variare degli obbiettivi di volta
in volta perseguiti. Non si può, allora, non vedere nella patente di servizio -
intesa come istituto di formazione operativa - un punto di partenza,
un’occasione per un primo e significativo passo al di là dei confini di un
territorio ancora pressoché inesplorato.
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Una patente specifica alla quale non corrisponde una formazione altrettanto
specifica Purtroppo, il conseguimento della patente di servizio per la Polizia Locale non
è stato concepito quale esito di un percorso formativo realmente mirato e per
questo pienamente efficace. In buona sostanza, ci troviamo di fronte ad una
ripetizione, certamente più approfondita, delle nozioni teoricopratiche tipiche
dell’iter di rilascio delle patenti civili. Nel tracciare i confini del
problema legato all’impiego nei servizi di istituto dei veicoli di Polizia
Locale, non è certo intenzione dell’autore invadere la sfera addestrativa di
esclusiva competenza dei Corpi di Polizia dello Stato. Il riferimento rimane il
campo formativo nel quale si muovono le Polizie Locali, laddove il panorama -
rispetto ai brevetti di “guida veloce” rilasciati ad Agenti di P.S.,
Carabinieri e Finanzieri - cambia radicalmente. Si può certamente registrare
una crescente sensibilità al problema, uguale solo alla carenza di manualistica
specializzata, di pratica consolidata per non parlare dell’assenza di una
scuola addestrativa efficiente ed efficace, in grado di dare all’Agente di
Polizia Locale la certezza di guidare i veicoli d’istituto in servizio di
Polizia Stradale secondo procedure e tecniche oggettivamente idonee, sicure ed
affidabili. La necessità di colmare questa lacuna è però imprescindibile,
assoluta, vista la tendenza a tutelare la sicurezza del lavoratori - non si
dimentichi il cambio di mentalità acquisito con l’entrata in vigore della legge
626 - ed anche la sicurezza di terzi estranei all’azione di Polizia.
Il “day after” all’introduzione della patente di servizio: guida veloce, guida
sicura o nessuna delle due?
L’oggettiva inadeguatezza ha portato l’impianto formativo lontano dal
soddisfare i reali bisogni addestrativi; l’istituto della patente di servizio
non è stato realizzato muovendo da un’attenta analisi delle effettive esigenze
professionali, legate ai contesti dinamici di Polizia Stradale che gli
operatori di Polizia Locale sono chiamati quotidianamente ad affrontare. Un
brevetto di “guida veloce” anche per gli operatori di Polizia Locale? Al giorno
d’oggi, chiunque si trovi a guidare un veicolo di Polizia ha da tempo superato
il preconcetto che la guida corretta, nell’espletamento di servizi urgenti di
istituto, sia semplicemente quella “veloce”. La “guida veloce” è comunque una
locuzione alquanto nebulosa, quando viene inquadrata nell’ottica del servizio di
Polizia Locale; con questa terminologia è stato preso finora ad esempio il
comportamento operativo degli autisti delle Forze di Polizia dello Stato,
ignorando però che l’aggettivo “veloce” in realtà ricomprende tutta la serie di
tecniche opportune da adottarsi nei vari frangenti propri dell’azione di
Polizia: raggiungimento di obiettivi, inseguimenti, scorte, intercettazioni,
reazioni ad allarmi, ecc. Date le oggettive difficoltà a trasferire all’esterno
termini e contenuti delle procedure addestrative delle Forze di Polizia, questa
luce riflessa proveniente dagli Istituti di istruzione operativa statali si è
riverberata delineando i contorni di immagini falsate, lasciando molte zone
buie in un ambito di formazione professionale degli operatori di Polizia Locale
tanto delicato quanto trascurato. Nelle realtà locali dove si ricercata una
maggiore aderenza ai reali bisogni operativi, l’iter formativo per il
conseguimento del titolo di servizio è stato arricchito da corsi di “guida
sicura”, aprendo così la porta alle più recenti proposte innovatrici
dell’oramai anacronistico metodo tradizionale di apprendimento della guida di
autoveicoli e motoveicoli; esempi tanto encomiabili quanto, purtroppo, rimasti
isolati. Il dibattito sulla sicurezza stradale ha prodotto importanti concetti
evolutivi dell’attuale sistema di costruzione del rapporto
“uomo-veicolo-strada”, già da tempo superato a causa della sua sostanziale
inadeguatezza proprio sotto l’imprescindibile profilo della sicurezza. Con il
concetto di “guida sicura” si sta diffondendo un metodo formativo di efficacia
nettamente superiore, dove il conducente deve “inserirsi” in modo corretto
all’interno del veicolo e gestirlo efficacemente sotto il profilo dinamico,
apprendendo a controllarne le reazioni nelle manovre di emergenza che risultano
spesso fatali ai conducenti impreparati e, per questo, “non sicuri”. Purtroppo,
le nozioni teorico-pratiche di “guida sicura” non costituiscono materia di
insegnamento nelle autoscuole, ma, nonostante tutto, sono adesso numerose le
strutture private in grado di offrire prodotti formativi anche di altissimo
livello e di sicura efficacia. Grazie a professionalità provenienti dal mondo
motoristico sportivo, queste strutture sono sicuramente in grado di trasmettere
le basilari nozioni teoriche e pratiche per mantenere con sicurezza il
controllo del veicolo nelle situazioni più critiche della guida di tutti i
giorni. La previsione di un modulo formativo di “guida sicura” costituisce la
base di apprendimento necessaria ed imprescindibile, per potersi procedere poi
alla costruzione di un impianto addestrativo più mirato e specifico alle
esigenze dell’operatore di Polizia Locale. È intuibile che vi sia un problema
di costi connessi alla formazione ed al “retraining” di un numero elevato di
operatori, ma le Amministrazioni Locali di maggiori dimensioni non danno prova
di lungimiranza nel momento in cui non viene progettata una risorsa formativa
interna ai Corpi di Polizia Locale, selezionando e preparando idoneo personale
dipendente. Predisponendo aree adeguate, gli istruttori interni potrebbero
gestire attività formative dirette delle quali potrebbe beneficiare anche il
personale dei Corpi e Servizi di minori dimensioni e potenzialità, creando una
sorta di “area formativa a livello provinciale”. Ma si potrebbe osare certo di
più, se entrassero realmente in gioco le strutture regionali di formazione
della Polizia Locale.
La “guida operativa”: procedure e tecniche specifiche
I corsi di “guida sicura” sono uno strumento assolutamente necessario per
acquisire le superiori conoscenze teoriche sulla dinamica del veicolo e le
superiori abilità pratiche nella conduzione. Ma non ci si può fermare qui:
l’operatore di Polizia Stradale è un conducente professionale assolutamente
particolare, il cui addestramento deve necessariamente beneficiare di una
progettazione tarata sulle reali esigenze di servizio. L’insidia, infatti, non
è rappresentata soltanto dalle “situazioni operative di rischio”, perché queste
sono prevedibili ma non evitabili: sono parte integrante di questo lavoro.
Punto e basta. L’insidia si manifesta anche all’interno dell’operatore stesso
ed è costituita dalla sua impreparazione mentale e tecnica, dalla sua
sostanziale inadeguatezza professionale; in assenza di addestramento efficace,
questa è la “situazione operativa di rischio” più pericolosa di tutte. L’unica
situazione, tuttavia, che può essere non soltanto prevista, ma anche
concretamente evitata con una formazione rispondente alle esigenze operative.
Occorre preparare formatori interni al massimo livello nella “guida sicura”, in
modo da creare un “background” di preparazione che possa essere trasferito a
tutti gli operatori in sede interna, dove poi il personale può essere
agevolmente aggiornato e mantenuto in costante efficienza. Ma occorre,
soprattutto, aprire la porta su di un mondo inesplorato, quello appunto delle
procedure operative e delle conseguenti tecniche dinamiche di Polizia Stradale,
ad uso specifico della Polizia Locale, che non sono mai state codificate da nessuno,
salvo sporadici e dilettanteschi tentativi da parte di improvvisati e
soprattutto sedicenti “professionisti” dell’emergenza e delle tecniche di
Polizia, che hanno fatto di questa lacuna di cui si parla un mestiere. Oggi
diviene necessario dare una risposta all’interminabile serie di interrogativi
che scaturiscono da questo vuoto regolamentare e formativo, mediante un sistema
organico di preparazione (teorica e pratica), che parta dall’analisi degli
ambiti operativi a carattere dinamico dei servizi di Polizia Locale e ne
definisca le esigenze con un adeguato carattere di scientificità. Allo stesso
tempo, occorre gettare luce piena e diretta su questa materia, affermando un
concetto del quale nessuno parla ma che deve crescere, nella sensibilità generale
delle Istituzioni, fino ad ispirare tutta una costruzione concettualmente
diretta ad un’adeguata formazione del personale: la “guida operativa di Polizia
Locale”.
* Ispettore Polizia Municipale, Firenze Da Il Centauro n.118
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