Mancano pochi minuti alla
mezzanotte del 24 febbraio quando un’autobotte dei Vigili del Fuoco, partita in
emergenza dalla vicina caserma centrale di via La Farina, inizia la sua corsa
per raggiungere il luogo d’intervento indicato dalla Centrale Operativa 115.
Sirena e lampeggianti inseriti, l’autista dell’automezzo si appresta ad
impegnare l’incrocio tra via La Farina e via della Robbia, regolato da impianto
semaforico. Nello stesso momento, un’ambulanza della P.A. Fratellanza Militare
Firenze, a bordo della quale si trova una squadra di militi volontari, sta
percorrendo via della Robbia. Anche l’ambulanza è impegnata nella corsa in
emergenza per portarsi sul proprio obbiettivo, su richiesta della Centrale
Operativa 118. Anche in questo caso, i sistemi di allarme sono attivi e l’autista
del veicolo di soccorso sanitario si sta apprestando ad impegnare lo stesso
incrocio sul quale, da sinistra rispetto all’ambulanza, sta per affacciarsi
l’imponente frontale del mezzo antincendio. I suoni delle due sirene si
fondono, coprendosi l’uno con l’altro; a bordo delle due unità di soccorso,
nessuno tra gli occupanti può sentire niente altro che la sirena del veicolo su
cui si trova in quel momento. Nella stessa misura, nessuno dei due autisti è in
grado di distinguere, nel riverbero delle luci dei propri lampeggianti sulle
facciate dei palazzi e sulla segnaletica stradale, il riflettersi delle luci proiettate
dai sistemi dell’altro veicolo di emergenza, nonostante l’ora notturna ne
amplifichi al massimo l’efficacia. In questo particolare caso, sirena e
lampeggianti sono praticamente inutili; i due veicoli di soccorso stanno marciando
in rotta di collisione, perfettamente ignari l’uno della presenza dell’altro. Il
campo di visibilità utile per il reciproco avvistamento è quello, fortemente
limitato, di un incrocio cittadino tra i più classici, chiuso ai quattro angoli
da alti fabbricati senza soluzione di continuità. Quando il fascio di luce dei
fari dell’autobotte viene squarciato dalla sagoma bianca dell’ambulanza,
entrata nell’incrocio dalla destra del pesante automezzo, l’impatto è
drammaticamente inevitabile. Uno schianto pauroso e l’ambulanza, colpita dal
massiccio frontale del veicolo antagonista, scarroccia a destra della propria
traiettoria di marcia, entra in rotazione sollevandosi in appoggio sulle ruote
esterne e finisce poi per rovesciarsi sul fianco destro, terminando la propria
corsa adagiata sul marciapiede. Il profilo angolare di un palazzo, rivestito in
pietra, è a poco più di un metro di distanza dal tetto del veicolo. Trascorre
un solo, interminabile, minuto, prima che la stessa squadra di Vigili del Fuoco
coinvolta nell’incidente, sposti alcuni veicoli a due ruote in sosta ed apra a
viva forza le portiere posteriori dell’ambulanza, deformatesi nell’urto. I
soccorritori volontari che si trovavano nel vano sanitario sono praticamente
incolumi – ferite superficiali e qualche contusione – mentre l’autista ed un
altro componente della squadra escono del tutto indenni dall’abitacolo. I
Vigili del Fuoco lamentano un paio di “colpi di frusta”, non gravi, ed anche
per loro qualche contusione. Paura, quella si, e tanta, per tutti i coinvolti.
Ma il conto dei danni fisici è davvero leggerissimo, per fortuna. Non ci sono
terze persone coinvolte, per fortuna ancora maggiore. L’ambulanza è ridotta
molto male, mentre il massiccio automezzo antincendio ci ha rimesso soltanto il
paraurti, oltre ad alcune ammaccature ed a qualche graffio. E’ andata davvero
bene, ma non è stata soltanto questione di sorte benevola. Ha giocato un ruolo
determinante la velocità contenuta alla quale procedevano i due veicoli al
momento della collisione, nonostante fossero entrambi in emergenza. Le responsabilità dell’evento
sono al vaglio della Polizia Municipale, intervenuta per gestire la viabilità
ed effettuare i rilievi tecnici di legge. Non è pertanto questa la sede appropriata
dove disquisire su torti e ragioni
presunte, così come, nella stessa misura, non vi troveranno spazio
dissertazioni sulle superiori ragioni del soccorso sanitario rispetto a quello
tecnico e viceversa. Ancor più lungi da chi scrive, l’intento di sollevare
polemiche pretestuose sull’affidamento della conduzione dei mezzi di emergenza
ad autisti volontari, piuttosto che legittimarne la guida soltanto da parte
degli autisti professionisti. L’incidente che si è verificato a Firenze deve
far riflettere ed è questo l’invito che viene rivolto a tutti i vari attori che
concorrono al sistema di emergenza, a prescindere dal loro ruolo; devono
riflettere sia coloro che stringono il volante o il manubrio di un veicolo di
emergenza, sia coloro che vergano sulla carta le regole di impiego di questi “veicoli ad uso speciale”. Perché è
stata certamente fortuna se il frontale dell’autobotte non ha impattato
l’ambulanza nella zona dell’abitacolo, ma bensì nel punto più favorevole, così
come una dose di fortuna ancora maggiore – lo abbiamo già detto - è occorsa per
evitare danni collaterali a terzi. Ma il ruolo della buona o cattiva sorte tra
le cause e gli effetti di un incidente come quello in questione, finisce
senz’altro qui. Un evento che poteva avere conseguenze catastrofiche, non può
essere ricondotto alla semplice fatalità del contemporaneo attraversamento
dello stesso incrocio nello stesso momento, né, tanto meno, essere spiegato con
l’impossibilità del tempestivo allarme a causa della reciproca sovrapposizione
dei sistemi, appunto, di allarme. La velocità, come detto, era contenuta da
parte di entrambi gli autisti e questo è un dato senz’altro positivo, oggettivo
e non casuale; non è questione di fortuna, ma di reale prudenza, se, nonostante
le sirene azionate, entrambi gli autisti non erano impegnati a spremere fino
all’ultimo cavallo di potenza dai loro motori, come purtroppo accade ancora così
frequentemente di registrare, osservando il passaggio dei veicoli di emergenza
di qualsivoglia tipo, categoria ed Ente di appartenenza. L’urto è stato
senz’altro molto violento ma, a dispetto delle masse tutt’altro che
trascurabili in gioco, il contenimento dei chilometri orari – ma sarebbe più
corretto parlare di metri al secondo – ha valso il contenimento delle energie
cinetiche accumulate; l’ambulanza ha subito una spinta laterale sufficiente a
rovesciarla, ma il veicolo si è adagiato sul fianco in modo progressivo, circostanza
che ha limitato in misura determinante le sollecitazioni nei confronti
dell’equipaggio e di tutto il complesso dell’attrezzatura trasportata, che è
rimasta saldamente assicurata nei propri alloggiamenti senza piombare addosso
agli occupanti. A questo proposito, le immagini non devono trarre in inganno:
una volta aperte le portiere posteriori dell’ambulanza, sono stati i Vigili del
Fuoco ad estrarre la barella per agevolare la via d’uscita dal vano sanitario,
e non vi è stata alcuna proiezione violenta all’esterno della lettiga per
effetto del ribaltamento del mezzo. Ma, ancora una volta, sono le circostanze operative ambientali ad
assumere un ruolo primario nel determinare la correttezza o meno dell’azione
operativa: entrambi gli autisti avevano acquisito nel loro campo di visibilità
l’approssimarsi di un’area d’incrocio da superare, una delle fasi più critiche
della guida in emergenza. Un incrocio “chiuso”
- angolo di visuale laterale ridotto a causa degli alti fabbricati posti ai
quattro angoli – tra strade urbane di quartiere: i tempi e gli spazi per
manovre di emergenza di frenata e di sottrazione alle traiettorie collidenti
sono davvero limitati. E’ presente un impianto semaforico, regolarmente in
funzione, ma l’azionamento dei sistemi di allarme acustico e visivi – legittimo
da parte di entrambi gli autisti – ha svincolato la conduzione dei due veicoli
di soccorso dal rispetto della segnaletica stradale e dalle norme di
comportamento in genere, previste dal Codice della Strada, in tema di velocità,
precedenza e posizione sulla carreggiata. *Ispettore della Polizia Municipale di Firenze |
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