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Articoli 18/04/2005

Le luci accese, anche di giorno, servono? Sì, ed è ampiamente dimostrato

 

Le inchieste de il Centauro
Le luci accese, anche di giorno, servono?
Sì, ed è ampiamente dimostrato


di Lorenzo Borselli

Centauri più esperti ricorderanno la voce di Nico Cereghini, il famoso giornalista esperto di motori, che dagli schermi della neonata Italia 1 testava, per il rotocalco settimanale Grand Prix, le bellissime moto dei ruggenti anni ’80, concludendo sempre – in anticipo sulle leggi – “…casco in testa ben allacciato, luci accese, anche di giorno…”. Era l’esperienza dell’uomo attento, prudente, a lungo incompreso dai sapienti della poltrona ma ignoranti delle leggi naturali di sopravvivenza stradale. Oggi, le nuove moto nascono senza l’interruttore di accensione, perché i fari non debbono spegnersi mai.
L’Italia, che dal 2002 pretende le luci sempre accese, anche di giorno, è stata uno dei primi paesi dell’area Europea, dopo di quelli Scandinavi, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, a sposare la tesi che un faro illuminato sia sinonimo di maggior visibilità e, quindi, di maggior sicurezza. La nuova generazione di lampade, poi, garantisce una durata maggiore dei filamenti ed un livello di luminosità davvero ottimale, grazie anche alla crescente qualità dei materiali utilizzati per la realizzazione delle parabole interne ai fari, in grado di penetrare con forza anche nella luce più intensa del sole.
Nel corpo di questa nuova inchiesta de Il Centauro, la redazione ha scelto di mantenere, come suo solito, una posizione assolutamente neutrale: questo non perché non abbiamo una nostra opinione, ma perché riteniamo assolutamente fuori luogo, in un contesto tecnico come queste pagine debbono essere, realizzare una par condicio tra le parti che francamente a noi, che ricerchiamo soprattutto la sicurezza stradale, non interessa in questo contesto. Ne accenneremo comunque, ma a noi premono esperimenti scientifici e dati statistici, peraltro tutti condotti e realizzati all’estero, in paesi in cui la lotta alla violenza stradale è da sempre una questione, per dirla alla Colin Powell, di Sicurezza Nazionale.
Partiamo con una semplice domanda: perché qualcuno ci ha obbligati a viaggiare con le luci sempre accese, anche di giorno?
I vari esperimenti condotti, hanno rivelato che l’utilizzo dei proiettori anabbaglianti in condizioni di perfetta visibilità aumenta il livello di percezione che gli altri hanno di noi e che noi abbiamo degli altri, perché la forte energia che emana dai punti luce di un veicolo aumenta i contrasti con l’ambiente circostante. Ci riferiamo alla differenza di colore che c’è tra il veicolo e il luogo in cui questo viaggia, alla monotonia di un paesaggio, che abbassa il livello di guardia del cervello creando una sorta di ipnosi o di colpo di sonno visivo, in una strada che attraversi un bosco o che risenta della bassa posizione del sole rispetto al suo asse, ma anche se questo emani una luce più forte del solito (per qualche fenomeno atmosferico) o se un ipotetico conducente si dovesse trovare a guidare con angoli di percezione visiva laterali.
La scelta, quasi globale, di introdurre questa nuova norma di comportamento ha creato, però, anche molte polemiche, lanciate sullo stesso campo della contesa con motivazioni e strategie diverse: si va dalle associazioni di consumatori (e non ci riferiamo solo a quelle italiane) che protestano per le sanzioni previste, a quelle dei motard francesi, che intravedono nell’estensione dell’obbligo il rischio di un’abitudine al faro acceso, che eliminerebbe – a loro dire – quel piccolo vantaggio che i centauri avevano rispetto al resto dell’utenza grazie all’allumage che li contraddistingueva, fino alla vibrata polemica degli ambientalisti che tirano in ballo il maggior consumo di propellente, e quindi l’inquinamento più elevato.
I fautori della riforma, ritengono invece che la maggior percezione comporti una maggior sicurezza nella circolazione, arrivando a prevedere un congruo numero di morti e feriti in meno che peseranno non poco sui bilanci economici della società.
Un vantaggio sociale, che mette in secondo piano – per chi ha lavorato al “sì” dei legislatori – l’impatto negativo sull’ambiente dovuto al maggior consumo di lampadine ed al maggior consumo di carburante.
A noi interessava però trovare la prova che l’essere visti comporti davvero la riduzione della sinistrosità: secondo un’indagine portata a termine dall’Istituto Tedesco di Statistica, lo Statistisches Bundesamt (in pratica l’omologo germanico della nostra ISTAT) il 71,7% degli incidenti stradali con esiti letali o fortemente invalidanti avvenuto in quello Stato, è avvenuto in condizioni di visibilità diurne. La nostra posizione ci permette di affermare, con una certa sicurezza, che una buona parte di sinistri gravi avviene per scontro frontale, in prossimità di incroci o sulle strade a doppio senso di marcia, dove i veicoli finiscono con il collidere in modo frontale o frontolaterale: tali circostanze, anche questo è un dato che diamo per scontato, sono ingenerate da una delle parti coinvolte, che non ha visto per niente l’auto in arrivo (50% durante la progressione di marcia su strada a doppio senso di marcia, 80% in prossimità di incroci) o che ne ha avuto percezione quando l’evoluzione del moto del veicolo non consentiva un arresto utile. In questo contesto pagano un caro prezzo anche i pedoni.
I primi a ricorrere all’obbligo dei fari anche di giorno, a parte il Texas nel 1960, furono i paesi scandinavi, che sulla metà degli anni ’70 adottarono la misura in relazione alla geografia dei luoghi ed alle condizioni climatiche, ottenendo l’effetto di veder scemare il numero di incidenti con due o più veicoli coinvolti nelle strade a doppio senso di marcia: i tanto temuti scontri frontali, cominciavano a diminuire.
A conforto di quanto appena detto citiamo uno studio condotto dall’Istituto per la Sicurezza del Traffico della Bassa Sassonia, che in base alle proprie indagini ha rilevato come l’uso dei proiettori anabbaglianti nelle ore diurne comporti una riduzione del 25% di tutti gli incidenti mortali e del 35% degli scontri frontali. Se i parametri dell’investigazione epidemiologica potessero essere trasposti sic et simpliciter nel nostro paese, che ha registrato nel 2003 ben 6.015 morti, significherebbe salvare la vita a 1.504 persone ogni anno.
Secondo il rapporto ISTAT relativo al 2003, infatti, in Italia ci sono in media 617 incidenti stradali, che comportano quotidianamente la perdita di 16 vite ed il ferimento di 874 persone.
Non entriamo nel merito del metodo utilizzato dai ricercatori tedeschi, la previsione potrebbe sembrare eccessivamente ottimistica, ma si deve tener conto dell’attuale fattore di trasgressione alla regola, che resta ad oggi notevolmente alto, complice forse una carenza pubblicistica della norma a vantaggio di altre, oggetto invece di vere e proprie campagne mediatiche. La stessa Unione Europea ha commissionato una ricerca sugli aspetti della sicurezza nella guida con luci accese all’Istituto Ricerca Sicurezza Stradale dei Paesi Bassi (UE ricerca SWOV 1997), che ha fornito risultati davvero importanti. In pratica, se il 100% di conducenti di tutta l’Unione ottemperasse a tale prescrizione, si registrerebbero 5.500 morti in meno, mentre la diminuzione dei feriti è stata stimata in 155mila unità.
La previsione è stata presa subito sul serio, e l’UE, sulla base del rapporto stilato dalla Commissione, ha già pronta nel cassetto una disposizione per estendere a tutte le case costruttrici l’obbligo di far sparire nei veicoli nuovi gli interruttori di accensione delle luci, che in questo modo sarebbero azionate al solo girare della chiave.
Si badi, che la ricerca non è di quelle fatte alla leggera, magari per sponsorizzare beni di rapido consumo come le costose lampadine che animano i fari: i ricercatori olandesi hanno infatti confrontato ben 24 indagini diverse, effettuate nei paesi scandinavi, in Canada, Israele ed Austria, e tutte hanno fornito esito positivo.
Gli esperimenti di psicologia percettiva portati a termine nel corso del lavoro di ricerca, hanno infatti confermato che i veicoli con i fari accesi nelle ore diurne sono maggiormente visibili, e che nel campo visivo periferico i movimenti problematici di altri veicoli sono percepiti con largo anticipo. L’effetto luce, consente inoltre – secondo un rapporto del 1997, a firma dei ricercatori Koornstra, Bijleveld e Hagenzieker – un riconoscimento precoce dei veicoli in arrivo da parte di un conducente, quand’anche si trovassero a distanze tali da renderne impossibile l’avvistamento in condizioni normali (di luci spente), con l’effetto non trascurabile che con un riferimento così preciso ed immediato fornito dalla luce, anche la valutazione di distanza e di velocità di avvicinamento risulterebbero più corrette.
È ovvio, che non essendo ancora possibile contare sul rispetto totale della regola da parte dell’utenza stradale, i risultati su scala continentale potranno essere valutati solo quando tutti terranno accesi i fari ed applicare così lo studio sulla fase precedente e quella successiva.
È necessario precisare, però, che l’adozione della contromisura, come già detto, non potrà portare gli stessi risultati in tutti i Paesi: questo perché l’intensità degli effetti è soggetta a variazioni relative al differente grado di latitudine, che influisce in maniera determinante sulle condizioni della luce. In paesi come quelli scandinavi, infatti, gli effetti saranno maggiori, ma complessivamente il dato non cambia: 25% in meno delle collisioni con esito mortale.
Si tratta dunque di un riferimento che gli scienziati danno per acquisito.
Gli stessi studi effettuati sulla psicologia percettiva, hanno inoltre escluso che alcune categorie, come i motociclisti, possano perdere quel vantaggio che avevano rispetto agli altri utenti, dai quali si sono sempre contraddistinti proprio per tenere le luci sempre accese. Semmai, assicurano gli specialisti, sarà l’esatto contrario, ed i primi ad ottenerne beneficio saranno soprattutto le dueruote ed i pedoni, perché potranno contare – esattamente come tutti gli altri – su una migliore e più rapida percezione, che consente tempi di reazione maggiori e quindi più corretti.
Resta, unica contropartita, un maggior consumo di carburante, calcolato in media del +0,9%.
Conclusioni?
Sono passati 45 anni, da quando si è cominciato a parlare di fari accesi nelle ore diurne: si era in Texas, dove l’adozione non costituiva nei propositi del legislatore una norma di sicurezza, ma il semplice simbolo di una guida sicura.
Metodologicamente, la ricerca è stata effettuata allineando tutte le indagini fatte nel corso di questi 45 anni, promuovendone altre e cercando riscontro nella statistica, come vuole uno studio che possa dirsi scientifico. Sono stati stabiliti criteri differenziali, per esempio dividendo tra collisioni con veicoli a motore e tra veicoli ed utenza debole (pedoni e ciclisti), separando i risultati delle varie nazioni in base ai parametri del grado di latitudine per evidenziare le condizioni di luce, distinguendo tra stagioni ed altro ancora, come per esempio il colore stesso della macchina.
Si pensi che una ricerca effettuata sui taxi statunitensi (i cosiddetti Yellow Cab) e sui veicoli del servizio postale austriaco, entrambi di colore giallo, ha dimostrato che l’efficacia delle luci di giorno quando il colore dell’auto è così sgargiante, è più basso del 50%.
In termini di cifre, oltre a salvare 5.500 vite ed a risparmiare a 155mila persone lesioni gravi, il decremento derivante dall’accensione diurna dei fari interesserebbe anche il numero di incidenti senza feriti rilevati dalle forze di polizia, che scenderebbe di 740mila, mentre quelli senza feriti denunciati solo alle compagnie assicurative per le pratiche risarcitorie diminuirebbero di quasi 2 milioni, con un risparmio sociale stimato in 4,78 miliardi di euro.
I costi che invece dovremmo sostenere, sempre a livello europeo, dall’adozione generale di una norma del genere, corrisponderebbero a 2,26 miliardi di euro di carburante in più, a 1,26 miliardi per le lampadine, 0,18 miliardi di euro per costi ambientali e 0,06 miliardi di euro di spese relative alla manutenzione dei motori, per un totale di 3,78 miliardi di euro.
Il rapporto costi/utilità corrisponde al minimo economico al 4,78/3,78, un indubbio vantaggio monetario.
Poi, se è difficile attribuire un valore economico ad una vita, figuriamoci a 5.500.
Lamps...


Fonti:
• UPI, Ufficio Svizzero Prevenzione Infortuni;
• Unione Europea;
• “Viaggiare con le luci di giorno e sicurezza nel traffico stradale”, prof. Matthijs J. Koornstra, università di Amsterdam;
• SWOV, Koornstra, Bijleveld e Hagenzieker, 1997.

 

 

di Lorenzo Borselli

Le inchieste de il Centauro
Lunedì, 18 Aprile 2005
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