Patente a punti e Corte cost. 27/05: divagazioni a prima lettura!
di Luca Guerrini
E’ illegittimo togliere i punti della patente
al proprietario di un veicolo che non sia stato identificato mentre
commetteva un’infrazione.
Peccato che, se non Vi cautelate autodenunciandoVi, rischiate che la
sanzione “accessoria” di soli due punti di patente si trasformi
in una sanziona pecuniaria minima di Euro 343,35.
Forse esagero, ne vengo da un disturbo febbrile, ma, procedendo con
calma, proverò a chiarirmi.
Come è noto, l’art. 126-bis del Nuovo codice della strada
ha introdotto, con effetto a decorrere dal 1 gennaio 2003, la ormai
celebre patente a punti.
Da circa due anni, tutti noi sappiamo che, ogni qualvolta commettiamo
un illecito amministrativo, quest’ultimo determinerà non
solo la “solita” sanzione pecuniaria, ma anche la ben più
temibile sanzione accessoria della decurtazione dei punti.
Per primo in Italia, il Giudice di Pace di Voltri, nella persona del
dott. Nativi, con ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale
in data 8 novembre 2003 (in Nuova giur. lig., 2004, I, 5), ha rilevato
un profilo di incostituzionalità dell’art. 126-bis, comma
2 laddove il medesimo prevede(va) che, nel caso di mancata identificazione
del trasgressore, la decurtazione dei punti dovesse essere operata a
carico del proprietario del veicolo, salvo che il medesimo non comunicasse
all’organo di polizia procedente, entro trenta giorni dalla richiesta,
i dati personali e della patente del conducente al momento della violazione.
Una simile norma, recita l’ordinanza menzionata, «appare
in contrasto con l’art. 3 Cost. in quanto attribuisce una responsabilità
oggettiva del proprietario del veicolo per fatto altrui con una sanzione
di carattere personale».
In altre parole, poiché la decurtazione dei punti è sanzione
sui generis più facilmente accostabile alle sanzioni penali che
a quelle civili, pare errato (e contrario ai principi di cui alla L.
689/81) costruire un sistema di solidarietà a carico del proprietario
del veicolo per le violazioni commesse dal trasgressore.
Trascorrono i mesi e l’opinione di chi vede nell’art. 126-bis,
comma 2 N.C.d.S una norma palesemente configgente con il dettato costituzionale
si moltiplicano tanto che, sul ruolo della Camera di consiglio della
Consulta del 15 dicembre scorso, si legge che ben 10 sono stati i giudici
di pace italiani che hanno sollevato questione di legittimità
costituzionale del menzionato articolo.
Fin qui nulla di nuovo, se non la speranza di noi trasgressori di poterci
nel futuro limitare a pagare “multe salate” ma di avere salva
la patente, naturalmente quando “non ci fermano”.
Oggi 24 gennaio 2005 il sito web di Repubblica pubblica in mattinata
(penso in anteprima) la notizia sullo “stop” della patente
a punti a seguito della bocciatura dalla Consulta.
E l’idea che la Corte costituzionale abbia “ristabilito le
cose” la serbo durante la lettura di 14 delle 15 pagine che corro
a stampare nel pomeriggio, quando la sentenza viene “pubblicata”
dal medesimo efficientissimo sito.
Come si legge nella motivazione sopra riportata, i giudici costituzionali
hanno accolto le censure di violazione dell’art. 3, ritenendo l’art.
126-bis disposizione “irragionevole”.
La Consulta spiega il perché della bocciatura e il punto 9.2.2
si chiude come segue: “l’art. 126-bis, comma 2, del codice
della strada, nella parte in cui assoggetta il proprietario del veicolo
alla decurtazione dei punti della patente quando ometta di comunicare
all’Autorità amministrativa procedente le generalità
del conducente che abbia commesso l’infrazione alle regole della
circolazione stradale, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo”.
Fin qui bene, benissimo.
Segue però un - a mio modesto parere – funesto presagio
nel punto 10.
Punto di poche righe ma capace di modificare la pregnanza dell’intera
sentenza.
“L’accoglimento della questione di legittimità costituzionale,
per violazione del principio di ragionevolezza, rende, tuttavia, necessario
precisare che nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i
dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la
sanzione pecuniaria di cui all’articolo 180, comma 8, del codice
della strada”.
Detto altrimenti: non Vi ricordate chi era al volante? Peggio per Voi.
La vostra patente è salva ma sarete tenuti a sborsare circa 350
Euro (questo appunto prevede l’art. 180, all’8 comma). Oltre
alla somma prevista per la violazione commessa; questo va da sé.
Gli effetti di questa pronuncia?
La sanzione accessoria della decurtazione dei punti della patente a
carico del proprietario del veicolo non potendo essere automatica (per
Bacco, era incostituzionale!) diviene coattiva, o se si preferisce socialmente
automatica.
Per la serie, si stava meglio (e molto) quando si stava peggio.
Da oggi, infatti, scordarsi di inviare la comunicazione con i dati del
trasgressore significa correre concretamente il rischio di vedersi notificare
un avviso di pagamento di Euro 350,00 circa.
E, visto che – personalmente - non me lo posso permettere, ogni
qualvolta mi arriverà una “multa”, impiegherò
ben meno di trenta giorni ad effettuare la comunicazione richiestami;
e se non ero io al volante, pazienza, tanto la macchina in realtà
la uso quasi sempre io!
Queste le divagazioni di un praticante avvocato che legge una sentenza
che, dovendosi pronunciare sulla possibile bocciatura di un sistema
per diverse ragioni iniquo, lo ha modificato, rendendolo peggiore, e
per giunta in palese contrasto con le linee guida che il Ministero dell’Interno
ha dettato la scorsa estate con alcune note e circolari (l’invito
è a leggere la circolare Min. Interno del 12 agosto 2003 “Disposizioni
per l’applicazione della disciplina della patente a punti”,
in cui al punto 3 si spiegano proprio le ragioni per cui non può
trovare applicazione la sanzione prevista dall’art. 180, 8 comma).
A proposito, cosa dice l’art. 180 N.c.d.S.?
“Chiunque, senza giustificato motivo, non ottempera all’invito
dell’autorità di presentarsi, entro il termine stabilito
nell’invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni
o esibire documenti ai fini dell’accertamento delle violazioni
amministrative previste dal presente codice, è soggetto alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 343,35 a
Euro 1.376,55”.
Rimane una speranza: che “illuminati” Giudici di pace forniscano
un’interpretazione estensiva della locuzione “senza giustificato
motivo” ed affermino che non è possibile imporre ad un cittadino
di ricordare, a distanza di mesi, se si trovava o meno alla guida della
sua auto in circostanze di tempo e luogo ricostruibili attraverso non
un evento (i “vigili” non lo hanno neppure fermato) ma una
data e un’ora.
Mi sembra di essere tornato a scuola, quando il Preside del Liceo aveva
sempre qualcosa da dire sulla “giustificazione” che gli portavo.
Chissà che i Giudici di pace non decidano di chiudere un occhio
quando alla domanda “chi era quel giorno al volante?” diventerò
rosso.
Un po’ per l’imbarazzo di non saper rispondere, ma molto più
per il timore di veder così aspramente sanzionata la mia scarsa
memoria.