“Il
precetto posto dal comma 3 denunciato, lungi dall’essere privo di criteri
indicativi della condotta alla quale è tenuto l’utente della
strada, presenta invece un contenuto sufficientemente determinato, giacché
l’obbligo di adeguare la velocità alla situazione contingente,
sebbene si atteggi in modo elastico, risulta tuttavia percepibile chiaramente
dal conducente proprio in base ad elementi e circostanze di fatto tratti
dalla comune esperienza della circolazione stradale e che ne circoscrivono
i margini di applicazione.”
(Ordinanza n. 218 del 31 maggio 2005)
ORDINANZA N. 218
ANNO 2005 del 31.05.2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Franco GALLO"
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 141, comma
3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), promosso con ordinanza del 14 maggio 2004 dal Giudice di pace
di Isernia nel procedimento civile vertente tra Valvona Pasquale contro
la Prefettura di Isernia, iscritta al n. 715 del registro ordinanze
2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima
serie speciale, dell’anno 2004.
Visto l’atto d’intervento nonché del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 aprile 2005 il Giudice relatore
Paolo Maddalena.
Ritenuto che il Giudice di pace di Isernia, con ordinanza del 14 maggio
2004, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.
141, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada), “nella parte in cui non è previsto
alcun criterio legale di riferimento per la configurabilità dell’infrazione
amministrativamente sanzionata dal comma ottavo dello stesso articolo”;
che il remittente è chiamato a pronunciarsi in un giudizio di
opposizione ad ordinanza ingiunzione emessa dal Prefetto di Isernia
nei confronti di un conducente di motoveicolo, al quale è stata
ascritta la violazione del citato art. 141, comma 3, del codice della
strada, per aver omesso – secondo il verbale redatto dagli agenti
accertatori – “di regolare adeguatamente la velocità
in modo da non costituire pericolo nell’attraversamento di un centro
abitato fiancheggiato da edifici”;
che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione denunciata subordinerebbe
l’accertamento dell’infrazione “alla mera valutazione soggettiva
del verbalizzante, senza alcun parametro legale di riferimento circa
la valutazione del comportamento di guida tenuto dal conducente”,
così da configurarsi come norma “a trama aperta”, indeterminata
quanto al presupposto della pretesa sanzionatoria, giacché questo
prescinderebbe dall’esistenza di una segnaletica stradale, che dovrebbe
invece essere l’unico “parametro valutativo circa la legittimità
o meno del comportamento dell’utente”;
che, argomenta ancora il remittente, il censurato comma 3 dell’art.
141, essendo carente nella “predeterminazione di specifici criteri
di comportamento idonei a costituire di volta in volta la fattispecie
sanzionabile”, contrasterebbe dunque:
a) con l’art. 3 Cost., “poiché l’estrema discrezionalità
offerta all’agente di ritenere, in un dato contesto temporale e geografico,
se la condotta del conducente costituisca o meno infrazione sanzionabile,
anche a prescindere dall’esistenza – e del rispetto – di una
segnaletica stradale, provoca un’inevitabile discriminazione tra gli
utenti che tengano un identico comportamento di guida, lasciando alla
mera valutazione soggettiva del verbalizzante l’individuazione del contravventore
ed il conseguente destinatario della pretesa sanzionatoria”;
b) con l’art. 97, comma primo, Cost., in riferimento ai principi del
buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa,
giacché “la configurabilità di un comportamento sanzionabile”
sarebbe rimessa “all’arbitrio dei pubblici funzionari”;
c) con l’art. 24, secondo comma, Cost., comprimendo oltremodo il diritto
di difesa per l’impossibilità del ricorrente di fornire prova
contraria in suo favore e, segnatamente, di superare “la presunzione
di legittimità ed il valore probatorio del verbale di accertamento
dichiarando o facendo dichiarare da testimoni che la sua condotta era
in effetti congrua, ovvero di aver adeguatamente regolato la velocità,
avuto riguardo alle caratteristiche dei luoghi, del carico del veicolo
e di ogni altra circostanza di qualsiasi natura nell’attraversare centri
abitati o comunque tratti di strada fiancheggiata da edifici”;
che, quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo, escludendo
di poter far ricorso al giudizio di equità e, comunque, di poter
“emettere una decisione totalmente avulsa da ogni parametro legale
di riferimento”, tale da sostituire all’arbitrio della pubblica
amministrazione quello del giudice, sostiene che, proprio per la evidenziata
configurazione della disposizione denunciata, il ricorso in opposizione
dell’interessato dovrebbe essere respinto;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
concludendo per l’infondatezza della questione;
che, secondo la difesa erariale, il denunciato art. 141, comma 3, del
d.lgs. n. 285 del 1992, introdurrebbe il principio secondo cui, anche
in mancanza di specifica segnaletica stradale, il conducente “deve
riferire la velocità di marcia a condizioni obiettive, in concreto
percepibili con l’uso dei normali criteri di attenzione, prudenza e
diligenza”, e ciò in forza delle superiori esigenze di sicurezza
della circolazione;
che, pertanto, rileva ancora l’Avvocatura, la disposizione censurata
configurerebbe un illecito amministrativo di pericolo a forma libera,
integrando il precetto con parametri – quali: caratteristiche del
veicolo, della strada, del traffico, etc. – assunti dalla comune
esperienza, “fornendo all’agente accertatore le chiavi di valutazione
dei comportamenti posti in essere dagli utenti”;
che, conclude l’Avvocatura dello Stato, proprio in forza di tali principi
la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto manifestamente infondata
analoga questione di costituzionalità prospettata, in riferimento
agli artt. 24 e 25 Cost., avverso il comma 1 dello stesso art. 141 del
nuovo codice della strada.
Considerato che il Giudice di pace di Isernia dubita, in riferimento
agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, Cost., della legittimità
costituzionale dell’art. 141, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), “nella parte in cui non
è previsto alcun criterio legale di riferimento per la configurabilità
dell’infrazione amministrativamente sanzionata dal comma ottavo dello
stesso articolo”;
che il remittente muove dalla premessa che la norma denunciata sarebbe
priva di specifici criteri di determinazione della condotta oggetto
di sanzione, giacché il precetto non terrebbe in alcun conto
l’esistenza di una segnaletica stradale, quale unico parametro idoneo
a valutare “la legittimità o meno del comportamento dell’utente”;
che, pertanto, sempre secondo la prospettazione del giudice a quo, ciò
comporterebbe la lesione dei parametri evocati, in considerazione del
fatto che la stessa configurabilità del comportamento sanzionabile
sarebbe rimessa al mero arbitrio dell’agente accertatore dell’infrazione,
ciò che renderebbe, altresì, impossibile l’esercizio della
difesa in giudizio da parte dell’interessato, non potendo questi fornire
prova contraria rispetto a quanto riportato nel verbale di accertamento,
assistito dalla presunzione di legittimità;
che, contrariamente a quanto sostiene il giudice a quo, il sistema normativo
sulla circolazione, essendo ispirato al principio di salvaguardia della
sicurezza stradale in vista della protezione dell’incolumità
personale, impone agli utenti della strada di conformare la propria
condotta anzitutto alle comuni regole di prudenza e diligenza, pur in
assenza di specifica segnaletica di pericolo (art. 140 del codice della
strada);
che, a maggior ragione, tale principio trova applicazione in riferimento
all’obbligo di adeguare la velocità del veicolo alle contingenti
situazioni di fatto, anche là dove non siano prescritti precisi
limiti di marcia, costituendo la velocità del mezzo di trasporto
uno dei fattori principali di pericolosità della circolazione
stradale;
che, in raccordo con siffatte finalità, l’art. 141, comma 1,
del d.lgs. n. 285 del 1992, prescrive l’obbligo del conducente di regolare
la velocità del veicolo, tra l’altro, alle caratteristiche e
alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza
di qualsiasi natura, affinché si possa evitare ogni pericolo
per la sicurezza delle persone e delle cose;
che il denunciato comma 3 dello stesso art. 141 costituisce specificazione
del precetto più generale del citato comma 1, imponendo al conducente
di tenere una velocità adeguata in situazioni di particolare
esposizione al pericolo, quali quelle che possono concretizzarsi “nei
tratti di strada a visibilità limitata, nelle curve, in prossimità
delle intersezioni e delle scuole o di altri luoghi frequentati da fanciulli
indicati dagli appositi segnali, nelle forti discese, nei passaggi stretti
o ingombrati, nelle ore notturne, nei casi di insufficiente visibilità
per condizioni atmosferiche o per altre cause, nell’attraversamento
degli abitati o comunque nei tratti di strada fiancheggiati da edifici”;
che la stessa giurisprudenza di legittimità, nell’interpretare
la norma censurata, ha precisato che il giudizio sulla valutazione della
velocità non è ancorato ad astratti valori numerici, bensì
assume un connotato relativo, postulando che il concreto apprezzamento
della condotta del conducente si svolga proprio in rapporto a quelle
determinate circostanze di tempo e di luogo che la fattispecie legale
evidenzia come parametri di riferimento per un comportamento prudente;
che, dunque, il precetto posto dal comma 3 denunciato, lungi dall’essere
privo di criteri indicativi della condotta alla quale è tenuto
l’utente della strada, presenta invece un contenuto sufficientemente
determinato, giacché l’obbligo di adeguare la velocità
alla situazione contingente, sebbene si atteggi in modo elastico, risulta
tuttavia percepibile chiaramente dal conducente proprio in base ad elementi
e circostanze di fatto tratti dalla comune esperienza della circolazione
stradale e che ne circoscrivono i margini di applicazione;
che, pertanto, deve escludersi che il legislatore, nel configurare la
fattispecie sanzionatoria in esame, abbia esorbitato, nell’esercizio
della sua discrezionalità, dai limiti della ragionevolezza e
lasciato all’arbitrio dell’agente accertatore dell’infrazione il compito
di riempirne il contenuto;
che, quanto alla dedotta violazione dell’art. 24, secondo comma, Cost.,
tale parametro non può dirsi vulnerato dal valore probatorio
privilegiato che, nella sede processuale, assiste il verbale del pubblico
ufficiale che contesta l’infrazione, trovando ciò fondamento
nella tutela dell’interesse, costituzionalmente garantito, al buon andamento
della pubblica amministrazione, senza tuttavia limitare il diritto di
difesa dell’interessato (ordinanza n. 504 del 1987 e sentenza n. 255
del 1994);
che, difatti, a presidio della garanzia di difesa, non solo vi è
la possibilità di ricorrere ai normali mezzi di prova tramite
l’apposito procedimento di querela di falso, ma rileva altresì
la circostanza che la fede privilegiata del verbale di contestazione,
richiedendo anzitutto, da parte dell’autore, una redazione particolareggiata
sugli elementi di fatto che riguardano le norme violate (così,
la citata sentenza n. 255 del 1994), non si estende in ogni caso –
secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza ordinaria –
alla verità sostanziale delle dichiarazioni del verbalizzante,
ovvero alla fondatezza dei suoi meri apprezzamenti e valutazioni;
che, dunque, alla luce delle argomentazioni che precedono, la questione
deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 141, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento
agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione,
dal Giudice di pace di Isernia con l’ordinanza in epigrafe indicata.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 23 maggio 2005.
F.to:
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2005.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
|