ORDINANZA N.212 - ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY
Presidente
- Valerio ONIDA
Giudice
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
- Alfonso QUARANTA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 5
della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione
dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario) e dell’art.
19 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione
dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo
1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), promossi con ordinanze del 6
febbraio e del 21 marzo 2003 dal Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo
nei procedimenti penali a carico di B.M. e di F.E. iscritte ai nn. 768
e 1042 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 39 e 49, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 aprile 2004 il Giudice relatore
Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con le due ordinanze, di identico tenore, indicate in epigrafe
il Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo ha sollevato, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale degli artt. 1 e 5 della legge 25 giugno 1999, n. 205
(Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche
al sistema penale e tributario) e dell’art. 19 del decreto legislativo
30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma
del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge
25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui non prevedono la depenalizzazione
del reato punito dall’art. 186, comma 2, del codice della strada,
limitatamente al comportamento di chi conduce un veicolo, per il quale
non vi è l’obbligo di abilitazione alla guida, in stato
di ebbrezza;
che il giudice a quo ò investito del processo penale nei confronti di
persona imputata della contravvenzione di cui all’art. 186, comma
2, del codice della strada, per aver guidato in stato di ebbrezza un
ciclomotore per il quale non è prescritta l’abilitazione
alla guida ò assume che la scelta di escludere detta contravvenzione
dalla depenalizzazione operata con la legge n. 205 del 1999 ed il d.lgs.
n. 507 del 1999 sarebbe del tutto illogica, a fronte dell’avvenuta
trasformazione in illecito amministrativo della contravvenzione di guida
senza aver conseguito la patente (e, dunque, senza esperienza), ovvero
senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei
requisiti, fisici e psichici, previsti dal codice della strada;
che ò ad avviso del rimettente ò tali ultime condotte risulterebbero,
infatti, ben più gravi e pericolose per l’incolumità
pubblica rispetto a quella di chi, guidando un veicolo la cui capacità
offensiva della sicurezza stradale è stata ritenuta dal legislatore
così ridotta da non richiedere l’abilitazione alla guida,
venga sorpreso in uno stato di momentanea alterazione dovuta al consumo
di alcool: alterazione che potrebbe essere peraltro desunta anche da
meri "dati sintomatici", senza che siano richiesti particolari
accertamenti in ordine alla sua effettiva incidenza sulla capacità
di guida;
che, d‚altro canto, la sanzione amministrativa accessoria della
sospensione della patente di guida, prevista dalla norma impugnata,
presupporrebbe "un abuso dell’autorizzazione amministrativa"
che abilitava alla guida del veicolo con cui il reato è stato
commesso: abuso che non si riscontrerebbe nel caso di guida, in stato
di ebbrezza, di un veicolo per il quale non è richiesta alcuna
abilitazione, con conseguente insussistenza "anche dell’oggetto
della sanzione medesima";
che nei giudizi di costituzionalità è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata
inammissibile.
Considerato che le ordinanze sollevano la medesima questione e che pertanto
i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica pronuncia;
che questa Corte ha già dichiarato manifestamente infondata identica
questione di legittimità costituzionale, ribadendo ò in conformità
alla propria costante giurisprudenza ò che il potere di configurare
le ipotesi criminose e di determinare la pena per ciascuna di esse,
nonché di depenalizzare fatti già configurati come reato,
rientra nell’ambito della discrezionalità del legislatore:
discrezionalità che può essere censurata, in sede di sindacato
di costituzionalità, nella sola ipotesi ò non ravvisabile nella
specie ò in cui sia esercitata in modo manifestamente irrazionale (cfr.
ordinanza n. 177 del 2003);
che la scelta di escludere dalla depenalizzazione il reato di guida
in stato di ebbrezza, anche quando si tratti di veicolo per il quale
non è prescritta l’abilitazione alla guida, non può
essere infatti ritenuta palesemente irrazionale ed arbitraria sulla
base della mera valutazione del giudice a quo, circa l’asserita
minore pericolosità di tale condotta rispetto a quella ò inclusa,
per contro, nell’area della depenalizzazione ò di guida senza patente,
ove prescritta; e ciò tenuto conto, segnatamente, del fatto che
lo stato di ebbrezza non equivale ad una qualsiasi carenza di requisiti
fisici e psichici per la guida ò requisiti previsti anche in rapporto
ai veicoli per i quali non si richiede la patente (cfr. art. 115 del
codice della strada) ò ma integra una situazione speciale e particolarmente
qualificata di inidoneità alla guida, suscettibile di provocare
un accentuato allarme sociale;
che l’odierna ordinanza di rimessione non propone argomenti nuovi
che inducano a rivedere la decisione già assunta: tale non potendo
essere considerato, in specie, quello relativo alla dedotta inapplicabilità
ò nel caso di illecito commesso conducendo un veicolo che non richiede
abilitazione alla guida ò della sanzione amministrativa accessoria della
sospensione della patente, che resta del tutto inconferente rispetto
al thema decidendum;
che la questione deve essere dichiarata, pertanto, manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 1 e 5 della legge 25 giugno 1999, n. 205
(Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche
al sistema penale e tributario) e dell’art. 19 del decreto legislativo
30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma
del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge
25 giugno 1999, n. 205), sollevate, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, dal Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo con le ordinanze
indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2004.
F.to:
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2004.
Il Cancelliere
F.to: MELATTI