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Corte Costituzionale - Legittima la nuova disciplina del danno biologico di lieve entità

(Corte Costituzionale , ordinanza 16.04.2003 n° 126)
Legittima la nuova disciplina del danno biologico di lieve entità
(Corte Costituzionale , ordinanza 16.04.2003 n° 126)
Salva la nuova disciplina del danno biologico di lieve entità prevista dalla legge 5 marzo 2001, n. 57 concernente "Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati".

La Corte Costituzionale, con l’ordinanza 16 aprile 2003 n. 126, ha infatti dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, dal Giudice di pace di Conegliano.

Invero secondo la Consulta i profili di incostituzionalità denunciati dal Giudice rimettente sono risultati privi degli elementi idonei a dare valido ingresso al giudizio di legittimità costituzionale, quanto alla necessaria motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle questioni stesse, non essendovi sufficienti indicazioni delle ragioni per cui si configurerebbe la violazione del parametro costituzionale.

(Nota a cura della redazione altalex.it)


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE


composta dai Signori:

Riccardo CHIEPPA Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
Valerio ONIDA
Carlo MEZZANOTTE
Fernanda CONTRI
Guido NEPPI MODONA
Piero Alberto CAPOTOSTI
Annibale MARINI
Franco BILE
Giovanni Maria FLICK
Ugo DE SIERVO
Romano VACCARELLA
Paolo MADDALENA
Alfio FINOCCHIARO

ha pronunciato la seguente


ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 1, 2, 3 e 4, legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati) promosso con ordinanza dell’11 maggio 2002 dal Giudice di pace di Conegliano nel procedimento civile vertente tra Irene Cracco e Annamaria De Nardi ed altri, iscritta al n. 364 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti l’atto di costituzione della RAS s.p.a. nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2003 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

uditi l’avvocato Alessandro Pace per la RAS s.p.a. e l’Avvocato dello Stato Carlo Sica per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di una causa civile promossa da Irene Cracco nei confronti di Annamaria De Nardi, di FIN-ADERB e della RAS s.p.a., per il risarcimento dei danni subiti a seguito di incidente stradale avvenuto il 17 aprile 2001, il Giudice di pace di Conegliano ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati);

che, secondo il rimettente, ove non fosse stata applicabile la norma citata, entrata in vigore il 4 aprile 2001, il danno sarebbe stato liquidato equitativamente, assumendo i parametri seguiti dal Tribunale di Treviso, fissando il punto di invalidità a L. 2.745.000 (Ä 1.417,67), mentre, applicandosi i criteri stabiliti dalla legge sopravvenuta, si perviene ad una rilevante decurtazione della liquidazione del danno, in contrasto con i principi di uniformità pecuniaria di base, e di necessaria e imprescindibile personalizzazione del danno;

che della disciplina legislativa vanno rilevate le incongruenze, contraddizioni, disparità di trattamento, violazioni di diritti fondamentali e che in particolare:

contrasta con la Costituzione l’art. 5, comma 1, secondo cpv., nella parte in cui impone al danneggiato la comunicazione dei dati reddituali, notoriamente ininfluenti ai fini della valutazione del danno biologico, e concede all’assicuratore ulteriore termine di novanta giorni per l’offerta risarcitoria in aggiunta ai sessanta giorni previsti quale presupposto processuale;

contrasta con gli artt. 3 e 32 della Costituzione l’art. 5, comma 2, lettera a), nella parte in cui, fissando un valore fisso per il primo punto di invalidità permanente, non consente di conseguire il risarcimento integrale del danno alla salute per le lesioni di lieve entità, introducendo ingiustificatamente un principio indennitario che non assicura piena tutela del bene compromesso;

è incostituzionale l’art. 5, comma 2, lettera a), nella parte in cui introduce un metodo di liquidazione caratterizzato da uniformità ed irrisorietà della misura economica, escludendo qualsiasi valutazione giudiziaria dei casi concreti con liquidazione equitativa e specificazione degli elementi valorizzati;

è incostituzionale l’art. 5, comma 2, lettera b), nella parte in cui predetermina un importo irrisorio e rigido per ogni giorno di inabilità assoluta, indipendentemente dalla tipologia e gravità delle lesioni e caratteristiche personali del danneggiato;

è incostituzionale l’art. 5, comma 3, nella parte in cui definisce il danno biologico e ne determina un criterio di accertamento e risarcimento destinato a creare disparità di trattamento in relazione al danno da fatto illecito o da incidente stradale, all’azione giudiziaria intrapresa, e alla natura dell’attività del danneggiante;

è incostituzionale l’art. 5, comma 4, nella parte in cui, consentendo l’ulteriore risarcimento riguardo alle condizioni soggettive del danneggiato, non determina caratteristiche e contenuti delle condizioni soggettive del danneggiato, non stabilisce criteri né consente valutazioni equitative;

che il Presidente del Consiglio dei ministri è intervenuto nel giudizio ed ha chiesto la declaratoria di infondatezza della questione;

che nel giudizio si è costituita la RAS s.p.a., eccependo profili di manifesta inammissibilità e comunque di infondatezza della questione sollevata dal Giudice di pace di Conegliano, reiterando tali osservazioni nella memoria depositata il 27 gennaio 2003.

Considerato che con l’ordinanza si pone la questione se l’art. 5 della legge 5 marzo 2001, n. 57, (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati) sia costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 2, 3, 32 della Costituzione, laddove:

al comma 1, impone al danneggiato la comunicazione dei dati reddituali, notoriamente ininfluenti ai fini della valutazione del danno biologico, e concede all’assicuratore ulteriore termine di novanta giorni per l’offerta risarcitoria in aggiunta ai sessanta giorni previsti quale presupposto processuale;

al comma 2, lettera a), stabilendo un valore fisso per il primo punto di invalidità permanente, non consente di realizzare il risarcimento integrale del danno alla salute per le lesioni di lieve entità, introducendo ingiustificatamente un principio indennitario che non assicura piena tutela del bene compromesso, in violazione dell’art. 32 Cost.;

al comma 2, lettera a), introduce un metodo di liquidazione caratterizzato esclusivamente da uniformità ed irrisorietà della misura economica, escludendo qualsiasi valutazione giudiziaria dei casi concreti con liquidazione equitativa e specificazione degli elementi valorizzati;

al comma 2, lettera b), predetermina un importo irrisorio e rigido per ogni giorno di inabilità assoluta, indipendentemente dalla tipologia e gravità delle lesioni e caratteristiche personali del danneggiato;

al comma 3, definisce il danno biologico e ne determina un criterio di accertamento e risarcimento destinato a creare disparità di trattamento in relazione al danno da fatto illecito o da sinistro conseguente alla circolazione di veicoli a motore e di natanti, all’azione giudiziaria intrapresa, nonché alla natura dell’attività del danneggiante;

al comma 4, stabilisce che "il danno biologico viene ulteriormente risarcito tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato", senza determinare caratteristiche e contenuti delle circostanze soggettive, e senza stabilirne i criteri né attribuirli a valutazioni equitative;

che, nella introduzione all’illustrazione delle sei censure di incostituzionalità, il rimettente denuncia, testualmente, "le incongruenze, contraddizioni, disparità di trattamento, violazioni di diritti fondamentali", senza nessuna menzione di norme costituzionali;

che enunciando, poi, la seconda delle questioni, il giudice a quo richiama gli artt. 3 e 32 Cost., senza spiegare però in cosa consista il contrasto, né quale sia il precetto delle norme costituzionali violato, né quali principi di applicazione al caso concreto possano trarsi, limitandosi a dire che l’art. 5, comma 2, lettera a) introduce surrettiziamente un principio indennitario "costituzionalmente illegittimo" e richiamando, a chiusura della motivazione, le considerazioni dell’ordinanza del Giudice di pace di Roma (al momento non pervenuta alla Corte);

che nel dispositivo, infine, si invocano, riassuntivamente, per tutte le sei questioni, gli artt. 2 (non citato in motivazione), 3 e 32 della Costituzione;

che il Giudice rimettente solleva le sopra riferite questioni con ordinanza priva, nel suo complesso, degli elementi idonei a dare valido ingresso al giudizio di legittimità costituzionale, quanto alla necessaria motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle questioni stesse, non essendovi sufficienti indicazioni delle ragioni per cui si configurerebbe la violazione del parametro costituzionale, mancando per cinque delle sei questioni la stessa indicazione del parametro costituzionale violato;

che, pertanto, tutte le questioni vanno dichiarate, sulla base della costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., fra le ultime, ordinanze numeri 442, 243 e 239 del 2002), manifestamente inammissibili;

che la pregiudizialità della declaratoria di inammissibilità esime questa Corte dall’esaminare di ufficio la questione se debba disporsi la restituzione degli atti al giudice a quo a seguito della modifica legislativa intervenuta con l’art. 23, comma 3, della legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza), che ha sostituito il comma 4 dell’articolo 5 della legge 5 marzo 2001, n. 57, di cui è stata denunciata l’incostituzionalità;

che, pertanto, la questione è manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, commi 1, 2, 3, e 4, della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, dal Giudice di pace di Conegliano, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore


Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2003.

 

Mercoledì, 03 Dicembre 2003
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