Giovedì 26 Dicembre 2024
area riservata
ASAPS.it su

Corte costituzionale - Modificati alcuni articoli del Codice di procedura penale Giudizio abbreviato anche in fase dibattimentale

(Corte costituzionale 169/2003)

Modificati alcuni articoli del Codice di procedura penale
Giudizio abbreviato anche in fase dibattimentale

(Corte costituzionale 169/2003)


Giudizio abbreviato anche in fase dibattimentale. Lo ha deciso la Consulta dopo che da Milano e da Catanzaro le erano pervenuti sul tavolo due ricorsi, i quali hanno contestato la legittimità costituzionale di taluni articoli del codice di procedura penale (artt. 458, 438, 441, 442), per il fatto che in essi non era previsto il riconoscimento all’imputato della facoltà di tornare a proporre efficacemente, in esordio di fase dibattimentale, la richiesta di giudizio abbreviato (seppure "condizionata"), già dichiarata inammissibile dal Giudice per le indagini preliminari. Nel caso specifico, avendo l’imputato presentato richiesta di giudizio abbreviato, "subordiata all’espletamento di perizia psichiatrica", e avendone ricevuto un rifiuto dal G.I.P., si sarebbe portata la valutazione dell’eventuale errore commesso dal precedente magistrato, unitamente al rinnovo della richiesta, dinanzi al Giudice del dibattimento. La mancata previsione normativa di tale facoltà, non consentendo la strada del rito "deflattivo" in fase di apertura del dibattimento, finirebbe per impedire altresì l’applicazione dello sconto sulla pena, conseguente a una tale scelta. La questione, inquadrata nella prospettiva delle modifiche apportate al "giudizio abbreviato" dalla novella del 16 dicembre 1999, n.479, e alla luce del principio che mira a eliminare qualsiasi "irragionevole limitazione del diritto di difesa dell’imputato" (art. 24 della Costituzione), non è apparsa infondata ai Componenti della Corte. Si è trattato così di rimuovere l’ostacolo che impediva al Giudice del dibattimento un certo qual sindacato sulla decisione del Giudice per le indagini preliminari (in tema di giudizio abbreviato), ancor prima della considerazione che se ne sarebbe fatta in stesura di sentenza. Sarà ora lo stesso G.I.P. a poter disporre l’introduzione del giudizio abbreviato e, in tale sede, sarà sempre lui a decidere circa l’ammissione di eventuali richieste d’integrazione probatoria che ne condizionino l’apertura, anche in contrasto con quanto deciso nella fase preliminare del giudizio. (9 giugno 2003)


SENTENZA della Corte costituzionale N. 169 dell’anno 2003

LA CORTE COSTITUZIONALE

(Ö)

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 458, 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, promossi, nell’ambito di diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Milano con ordinanza in data 7 maggio 2002 e dalla Corte d’assise di Catanzaro con ordinanza in data 11 novembre 2002, rispettivamente iscritte al n. 369 e al n. 562 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2002 e n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visto l’atto di costituzione dell’imputato nel procedimento nel cui ambito è stata sollevata la questione iscritta al n. 562 del registro ordinanze 2002, nonchÈ gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 aprile 2003 e nella camera di consiglio del 9 aprile 2003 il Giudice relatore Guido Neppi Modona;

uditi nell’udienza pubblica dell’8 aprile 2003 l’avvocato Armando Veneto per la parte costituita e l’avvocato Nicola Bruni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - La Corte d’assise di Catanzaro ha sollevato, su eccezione della difesa, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 458, comma 2, 438, commi 3 e 5, 441 e 442 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono la facoltà dell’imputato, la cui richiesta di giudizio abbreviato condizionata sia stata dichiarata inammissibile dal giudice per le indagini preliminari, di riproporla in limine litis al giudice del dibattimento e non consentono a quest’ultimo, verificata l’ammissibilità della richiesta, di disporre il giudizio abbreviato.

Il rimettente premette: che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva rigettato la richiesta di incidente probatorio avanzata dalla difesa per l’espletamento di una perizia psichiatrica finalizzata all’accertamento della capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del delitto e aveva disposto, su richiesta del pubblico ministero, il giudizio immediato; che l’imputato aveva quindi presentato, ai sensi dell’art. 458 cod. proc. pen., richiesta di giudizio abbreviato subordinata all’espletamento della perizia psichiatrica (già oggetto della richiesta di incidente probatorio) e che il Giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato inammissibile tale richiesta.

In limine al dibattimento l’imputato chiedeva, sulla base della sentenza della Corte costituzionale n. 54 del 2002, di essere ammesso al giudizio abbreviato "condizionato" nei termini già prospettati, eccependo in subordine l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 438 e 458 cod. proc. pen.

Il giudice a quo, rilevato che in difetto di una espressa disposizione di legge non è consentito all’imputato di reiterare la richiesta di giudizio abbreviato condizionata e al giudice del dibattimento, che ritenga ingiustificato il rigetto, di disporre dinanzi a sÈ il giudizio abbreviato, ritiene che sia "irragionevole e contemporaneamente lesivo del diritto di difesa un sistema normativo che non preveda un "meccanismo di reazione" all’eventuale errore di valutazione commesso dal giudice per le indagini preliminari, poichÈ in tal modo si verrebbe irrimediabilmente a privare l’imputato dello "sconto di pena" cui pure aveva diritto, in virtù della scelta del rito deflattivo".

L’irragionevolezza risulterebbe ancora più evidente dal raffronto di tale disciplina con quella prevista per il patteggiamento: infatti, a norma dell’art. 448 cod. proc. pen., nel caso di dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del giudice per le indagini preliminari, l’imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può rinnovare la richiesta e il giudice, se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza; nello stesso modo il giudice provvede dopo la chiusura del dibattimento di primo grado quando ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il rigetto della richiesta.

Ai fini della rilevanza della questione il rimettente osserva che la perizia psichiatrica cui l’imputato aveva subordinato la richiesta di giudizio abbreviato risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del giudizio abbreviato.

2. - Si è costituito l’imputato nel procedimento a quo, rappresentato e difeso dall’avvocato Armando Veneto, insistendo per l’accoglimento della questione.

La parte, nello sviluppare le argomentazioni svolte nell’ordinanza di rimessione, si sofferma in particolare sulla portata e sul significato della sentenza n. 54 del 2002, in forza della quale ritiene di poter essere ammessa a reiterare in limine la richiesta di giudizio abbreviato condizionata. Secondo la parte privata, pur trattandosi di una pronuncia di inammissibilità, la richiamata decisione "ipotizza chiaramente, a fronte di una grave lacuna normativa, la possibilità di un rimedio da esperire in presenza di una erronea valutazione del giudice per le indagini preliminari che rigetta la richiesta di giudizio abbreviato condizionata, avanzata in seguito al decreto di giudizio immediato, dal momento in cui, affermando che "l’eventuale riesame non deve più necessariamente essere collocato in esito al dibattimento", ne conferma l’esperibilità in un momento anteriore".

La difesa rileva inoltre che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionata avanzata dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio immediato, l’imputato non può più formulare neppure richiesta di giudizio abbreviato "semplice" una volta che siano decorsi i termini di decadenza previsti dall’art. 458, comma 1, cod. proc. pen.

3. - Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata, con riserva di illustrare le proprie ragioni.

4. - Nell’udienza pubblica le parti hanno precisato e chiarito le argomentazioni a sostegno delle loro richieste.

5. - Il Tribunale di Milano ha sollevato su eccezione della difesa, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, nella parte in cui, in caso di rigetto da parte del giudice dell’udienza preliminare della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, non consentono all’imputato di reiterare la richiesta negli atti introduttivi del dibattimento e al giudice di sindacare il provvedimento di rigetto.

Il rimettente premette che l’imputato aveva formulato in udienza preliminare richiesta di giudizio abbreviato subordinata all’espletamento di una formale ricognizione di persona, rigettata dal giudice che aveva ritenuto l’integrazione probatoria non necessaria ai fini della decisione e incompatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento.

Nella fase degli atti introduttivi del dibattimento l’imputato aveva rinnovato la richiesta di giudizio abbreviato condizionata, eccependo, qualora la richiesta fosse stata ritenuta inammissibile, l’illegittimità costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 cod. proc. pen. nei termini sopra precisati.

Nell’aderire all’eccezione proposta, il rimettente osserva che la decisione con la quale il giudice dell’udienza preliminare rigetta la richiesta di giudizio abbreviato condizionata non è allo stato sindacabile da alcun organo giurisdizionale, in quanto nessuna norma consente al giudice del dibattimento di valutare nel merito la fondatezza della decisione del giudice dell’udienza preliminare e non è ipotizzabile il conflitto fra giudice del dibattimento e giudice dell’udienza preliminare, ammesso dalla giurisprudenza di legittimità esclusivamente per la differente ipotesi in cui con provvedimento abnorme o comunque illegittimo venga rigettata la richiesta di giudizio abbreviato "semplice".

Nell’ordinanza si dà inoltre atto che nella sentenza n. 54 del 2002 la Corte costituzionale ha affermato che la soluzione, adottata nella sentenza n. 23 del 1992, di applicare, in esito al dibattimento, la diminuzione di pena prevista dall’art. 442 cod. proc. pen. risulta incongrua alla luce delle innovazioni introdotte dalla legge n. 479 del 1999 e che l’eventuale riesame della decisione del giudice "non deve essere più necessariamente collocato all’esito del dibattimento".

Sulla base dei principi espressi dalla Corte nelle sentenze ora citate, il rimettente ritiene che la questione di legittimità costituzionale, così come prospettata dalla difesa, sia non manifestamente infondata. In riferimento all’art. 3 Cost., il giudice a quo denuncia la disparità di trattamento rispetto alla disciplina del patteggiamento e in particolare alle situazioni nelle quali, in caso di dissenso del pubblico ministero o di rigetto da parte del giudice per le indagini preliminari, è consentito all’imputato di rinnovare la richiesta al giudice del dibattimento a norma dell’art. 448 cod. proc. pen. Il diverso trattamento sarebbe palesemente irragionevole, posto che si tratta in entrambi i casi di procedimenti alternativi, rimessi alla disponibilità delle parti, e che anzi il rito abbreviato può essere richiesto solo dall’imputato.

Sarebbe inoltre violato l’art. 24 Cost., in quanto l’insindacabilità del provvedimento di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionata determina per l’imputato "effetti sostanziali pregiudizievoli, consistenti nella omessa riduzione della pena, prevista per legge".

Infine, quanto alla rilevanza della questione il rimettente osserva che la prova alla quale l’imputato ha subordinato la richiesta di giudizio abbreviato è necessaria ai fini della decisione, poichÈ "le modalità della individuazione fotografica effettuata nel corso delle indagini preliminari sono state tali da non garantire la genuinità dell’atto istruttorio, come risulta dall’esame del fascicolo fotografico prodotto dalla difesa con il consenso del pubblico ministero".

6. - Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata manifestamente infondata alla luce delle sentenze n. 54 del 2002 e n. 115 del 2001.

Considerato in diritto

1. - Sia la Corte d’assise di Catanzaro, sia il Tribunale di Milano, censurando rispettivamente gli artt. 458, comma 2, 438, commi 3 e 5, 441 e 442 e gli artt. 438, 441 e 442 del codice di procedura penale, lamentano che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria ex art. 438, comma 5, cod. proc. pen., non sia previsto che l’imputato possa rinnovare la richiesta negli atti introduttivi del dibattimento.

Comuni sono i parametri costituzionali evocati dai rimettenti: l’art. 24 della Costituzione, in quanto una disciplina che non prevede alcuna forma di sindacato giurisdizionale sul rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionata appare priva di ragionevolezza e lesiva del diritto di difesa, determinando "effetti sostanziali pregiudizievoli" per l’imputato cui venga negata la possibilità di fruire della riduzione di pena prevista per il rito speciale; l’art. 3 Cost., a cagione della ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla disciplina della applicazione della pena su richiesta, che prevede, in caso di dissenso del pubblico ministero o di rigetto del giudice per le indagini preliminari, la facoltà dell’imputato di rinnovare la richiesta al giudice del dibattimento a norma dell’art. 448, comma 1, cod. proc. pen.

La parziale difformità delle disposizioni censurate, dipendendo esclusivamente dalla diversità dei percorsi processuali che hanno dato origine ai giudizi a quibus, non incide sulla identità delle questioni sollevate dai rimettenti, i quali nella sostanza lamentano che l’art. 458, comma 2, nel caso di giudizio immediato, e l’art. 438, comma 6, cod. proc. pen., nel caso di udienza preliminare, non prevedano che il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionata sia suscettibile di sindacato ad opera del giudice del dibattimento: i relativi giudizi vanno pertanto riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.

2. - Le questioni sono fondate.

3. - Prima delle modifiche apportate alla disciplina del giudizio abbreviato dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, in un contesto normativo in cui presupposti per l’instaurazione del rito erano, da un lato, la richiesta dell’imputato e il consenso del pubblico ministero, dall’altro, una valutazione positiva del giudice per le indagini preliminari in ordine alla possibilità di definire il processo allo stato degli atti, questa Corte, con la sentenza n. 23 del 1992, aveva affermato che l’assenza di qualsiasi controllo sulla decisione del giudice contraria all’adozione del rito determinava, in considerazione delle conseguenze che ne derivavano sul piano sanzionatorio, una irragionevole limitazione del diritto di difesa dell’imputato. La soluzione per porre rimedio alla violazione dell’art. 24 Cost. venne allora individuata attribuendo al giudice il potere di sindacare, in esito al dibattimento, la precedente decisione del giudice per le indagini preliminari e di applicare la riduzione della pena.

Entrata in vigore la nuova disciplina del giudizio abbreviato, che non presuppone più alcuna valutazione circa la possibilità di definire il processo allo stato degli atti, nÈ il consenso del pubblico ministero, la Corte ha ritenuto con la sentenza n. 54 del 2002 che una soluzione che ricalchi pedissequamente quella indicata dalla sentenza n. 23 del 1992 appare incongrua rispetto all’attuale assetto normativo, rilevando, in particolare, che l’eventuale riesame del provvedimento che nega l’accesso al rito non deve più essere necessariamente collocato in esito al dibattimento.

4. ¯ Restano peraltro valide le ragioni che avevano indotto la Corte, con la sentenza n. 23 del 1992 (e con le precedenti sentenze n. 66 e n. 183 del 1990, n. 81 del 1991, relative a situazioni nelle quali l’accesso al giudizio abbreviato era precluso dal dissenso ingiustificato del pubblico ministero), a dichiarare illegittima la mancata previsione di un sindacato giurisdizionale sul rigetto della richiesta del rito abbreviato. Anche nell’attuale sistema, infatti, la decisione negativa del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria è sottratta a qualsiasi forma di sindacato e preclude in via definitiva l’ammissione dell’imputato al rito alternativo.

Alla luce del nuovo quadro normativo non vi è d’altro canto alcun ostacolo a che, qualora l’imputato riproponga prima dell’apertura del dibattimento la richiesta di giudizio abbreviato condizionata, sia lo stesso giudice del dibattimento, ove ritenga ingiustificato il rigetto della precedente richiesta, a disporre e celebrare il giudizio abbreviato.

Anzi, tale soluzione è conforme alle finalità di economia processuale che connotano il giudizio abbreviato quale rito alternativo al dibattimento. Non vi è infatti dubbio che, rispetto al dibattimento, la definizione del processo con il rito abbreviato consente comunque un sensibile risparmio di tempo e di risorse (sentenza n. 115 del 2001), in coerenza con il principio enunciato dall’art. 111, secondo comma, ultimo periodo, Cost.

Del resto l’ordinamento già prevede che sia lo stesso giudice del dibattimento a celebrare il giudizio abbreviato nelle ipotesi di cui agli artt. 452, comma 2, e 555, comma 2, cod. proc. pen. (giudizio direttissimo e citazione diretta a giudizio).

Infine, sebbene le differenze di struttura e di presupposti rispetto al giudizio abbreviato non consentano di assumere la disciplina del patteggiamento come termine omogeneo di comparazione, non si può non rilevare che un’ipotesi di recupero in limine al dibattimento di un rito ingiustamente negato è già prevista dall’art. 448, comma 1, cod. proc. pen. nel caso di rigetto della richiesta di applicazione della pena da parte del giudice per le indagini preliminari.

5. - Sulla base delle considerazioni sinora svolte, va dichiarata, per l’irragionevole limitazione del diritto di difesa, l’illegittimità costituzionale sia dell’art. 438, comma 6, sia dell’art. 458, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l’imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.

6. - Alla stregua dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 458, comma 2, cod. proc. pen. va estesa, negli stessi termini, all’art. 464, comma 1, secondo periodo, cod. proc. pen., in relazione alla richiesta di giudizio abbreviato presentata dall’opponente a decreto penale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 438, comma 6, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l’imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 458, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l’imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato;

in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87:

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 464, comma 1, secondo periodo, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, l’imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2003.

F.to:

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2003.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA

 

Martedì, 03 Dicembre 2002
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK