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Condanna europea per non aver ancora recepito la direttiva 1999/94/CE - Risparmio di carburante, l’Italia non ha informato i consumatori

(Corte di Giustizia europea 11.9.2003)
Condanna europea per non aver ancora recepito la direttiva 1999/94/CE
Risparmio di carburante, l’Italia non ha informato i consumatori

(Corte di Giustizia europea 11.9.2003)

L’Italia non ha fornito ai consumatori le informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove. Questo è il motivo della condanna inflitta dalla Corte di Giustizia europea con la recentissima sentenza dell’11 settembre 2003 nella causa C-22/02, Commissione delle Comunità europee contro la Repubblica Italiana. Cosa avrebbe dovuto fare l’Italia? Fornire ai compratori potenziali di autovetture nuove informazioni utili sul consumo di carburante e le emissioni di CO2 dei veicoli, per poter orientare la loro scelta verso modelli che consentissero di risparmiare più carburante. Questo, in sintesi, il contenuto di un’importante Direttiva, la 1999/94/CE che garantisce che a disposizione dei consumatori vengano messe un certo numero di informazioni sul consumo dei carburanti e sulle emissioni di CO2 delle autovetture private nuove, destinate alla vendita o al leasing. La Direttiva, che doveva essere attuata entro il 18 gennaio 2001, indica con precisione quali informazioni debbano essere fornite e in che modo: innanzitutto è prevista una diffusione pubblicitaria ad ampio raggio di materiale promozionale (pubblicità sui giornali, manifesti, opuscoli) da utilizzarsi per la commercializzazione di autovetture nuove e contente dati relativi al consumo di carburante e alle emissioni di CO2; le norme comunitarie stabiliscono poi una serie di misure particolari quali l’apposizione sul parabrezza di tutte le autovetture private nuove di un’etichetta relativa al consumo di carburante, la realizzazione di una guida del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 e l’apposizione di manifesti nelle sale di esposizione di autovetture. La direttiva 1999/94/CE, maturata dopo la Conferenza di Kyoto del 1997 si inserisce nella strategia comunitaria della riduzione delle emissioni di CO2, fornendo, al contempo, informazioni utili al minor consumo di carburante. L’Italia si è difesa sostenendo di aver avuto vari problemi di natura istituzionale, amministrativa, tecnica e finanziaria ed inoltre la direttiva avrebbe ad oggetto una materia che interessa le competenze di vari Ministeri, così che si sono determinate esigenze di coordinamento e resa necessaria l’acquisizione di informazioni presso diversi uffici. Tali motivazioni, tuttavia, non hanno convinto la Seconda Sezione della Corte che ha ritenuto l’Italia inadempiente e l’ha condannata alle spese. (12 settembre 2003)

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione). 11 settembre 2003. "Inadempimento di uno Stato - Mancato recepimento della direttiva 1999/94/CE" Nella causa C-22/02, Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. G. Valero Jordana e R. Amorosi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente, contro Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguaglia, in qualità di agente, assistito dal sig. A. De Stefano, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo, convenuta, avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato o, in ogni caso, non avendo comunicato alla Commissione le disposizioni legislati

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. R. Schintgen, presidente di sezione, dal sig. V. Skouris e dalla sig.ra N. Colneric (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. F.G. Jacobs


cancelliere: sig. R. Grass

vista la relazione del giudice relatore,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di trattare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 29 gennaio 2002, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell’art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato o, in ogni caso, non avendo comunicato alla Commissione le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 dicembre 1999, 1999/94/CE [1], relativa alla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove (GU 2000, L 12, pag. 16; in prosieguo: la "direttiva"), è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell’art. 12 di tale direttiva.

Contesto normativo e fase precontenziosa

2.

L’art. 12 della direttiva dispone:

"1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 gennaio 2001. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

(...)

2. GIi Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva".

3.

Considerando che la direttiva non era stata recepita nell’ordinamento italiano entro il termine prescritto, la Commissione ha avviato il procedimento per inadempimento. Dopo aver invitato la Repubblica italiana a presentare le sue osservazioni, il 26 luglio 2001 la Commissione ha emesso un parere motivato chiedendo a tale Stato membro di adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi entro due mesi dalla sua notifica. PoichÈ la Repubblica italiana non ha fornito alcuna risposta al suddetto parere, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti della Repubblica italiana

4.

Il governo italiano conferma di non aver trasposto la direttiva entro il termine prescritto, ma rileva che i lavori di recepimento sono in corso. Vari problemi di natura istituzionale, amministrativa, tecnica e finanziaria avrebbero finora impedito di ultimare la procedura di recepimento, che sarebbe stata tuttavia avviata e allo stato proseguirebbe.

5.

La direttiva avrebbe ad oggetto una materia che interessa le competenze di vari Ministeri, così che si determinerebbero esigenze di coordinamento e si renderebbe necessario acquisire informazioni presso diversi uffici. Inoltre, la recente riforma del titolo V della Costituzione, che comporterebbe una nuova articolazione delle competenze legislative e amministrative tra Stato e Regioni, renderebbe necessario verificare il nuovo ruolo che questi ultimi enti assumono sia nella fase di regolamentazione sia in quella di attuazione e di controllo.

6.

Secondo il governo italiano, il recepimento della direttiva richiede la previa risoluzione di numerosi problemi tecnici e finanziari. Esso rammenta che la disciplina comunitaria prevede in maniera dettagliata e vincolante un capillare sistema di informazioni a favore dei consumatori attraverso vari strumenti - quali etichette, poster e guide - che devono essere creati ex novo, e che era altresì necessario rinvenire nel bilancio statale le opportune risorse per contribuire ai costi che il nuovo sistema informativo comporta.

Giudizio della Corte

7.

Da una giurisprudenza costante risulta che l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v. in particolare sentenze 11 settembre 2001, causa C-71/99, Commissione/Germania, Racc. pag. I-5811, punto 29, e 11 ottobre 2001, causa C-110/00, Commissione/Austria, Racc. pag. I-7545, punto 13).

8.

Nella fattispecie il recepimento della direttiva non è stato effettuato entro il termine impartito nel parere motivato.

9.

Peraltro, la Corte ha reiteratamente statuito che uno Stato membro non puÚ eccepire disposizioni, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare la mancata attuazione di una direttiva entro il termine prescritto (v., in particolare, sentenza 7 novembre 2002, causa C-352/01, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-10263, punto 8).

10.

Pertanto il ricorso proposto dalla Commissione deve considerarsi fondato.

11.

Di conseguenza occorre dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù di quest’ultima.

Sulle spese

12.

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. PoichÈ la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1) La Repubblica italiana, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 dicembre 1999, 1999/94/CE, relativa alla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove, è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù di tale direttiva.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

(Firme) Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 settembre 2003.

Il cancelliere

Il presidente della Seconda Sezione

R. Grass

R. Schintgen

Giovedì, 18 Settembre 2003
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