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In mancanza di un effetto protezionistico l’Europa non può censurare livelli di tassazione elevati No a limiti Ue sulle tasse di immatricolazione auto

(Corte di giustizia Ue 17.6.2003)
In mancanza di un effetto protezionistico l’Europa non può censurare livelli di tassazione elevati
No a limiti Ue sulle tasse di immatricolazione auto

(Corte di giustizia Ue 17.6.2003)

L’Unione europea non può fissare limiti massimi sulle tasse di immatricolazione delle auto nuove. In mancanza di un effetto protezionistico o discriminatorio, queste tasse sono tributi interni compatibili con le norme del Trattato comunitario. E’ quanto emerge da una recente sentenza della Corte di giustizia relativa ad una questione sollevata dal giudice danese. In particolare, un’associazione danese di importatori di autovetture, ha invocato il diritto comunitario per chiedere il rimborso di una tassa di immatricolazione su un’Audi importata, ritenuta eccessiva. Questa tassa elevata è contraria alle leggi europee? No, secondo la Corte. Pur essendo molto alta, infatti, la tassa non costituisce un intralcio alla libera circolazione delle merci poiché viene imposta non in ragione dell’attraversamento della frontiera, ma in occasione della prima immatricolazione dell’autovettura sul territorio della Danimarca: essa rientra pertanto in un regime generale di tributi interni sulle merci. Di conseguenza, è stata esaminata alla luce dell’art. 90 del Trattato CE. Tale articolo vieta di gravare i prodotti di altri Stati membri con tributi interni superiori a quelli che gravano sui prodotti nazionali similari o tali da proteggere indirettamente altre produzioni. La norma è intesa a garantire l’assoluta neutralità dei tributi interni per quanto riguarda la concorrenza fra merci nazionali e merci importate. Ma questa disposizione non può essere invocata se non c’è una produzione nazionale similare o concorrente. Ed è questo il caso. La Danimarca, infatti, non ha una produzione nazionale di autovetture. Quelle che circolano nel suo territorio sono tutte d’importazione, quindi una tassa elevata non può avere intenti protezionistici e l’Unione europea non può fissare alcun limite. (23 giugno 2003)


SENTENZA DELLA CORTE "Libera circolazione delle merci - Tassa di immatricolazione relativa agli autoveicoli nuovi - Tributo interno - Misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa", 17 giugno 2003

Nel procedimento C-383/01,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dall’østre Landsret (Danimarca) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

De Danske Bilimportører

e

Skatteministeriet, Told- og Skattestyrelsen,

domanda vertente sull’interpretazione degli artt. 28 CE e 30 CE,

LA CORTE,

composta dal sig. J.-P. Puissochet, presidente della Sesta Sezione, facente funzione di presidente, dai sigg. M. Wathelet

(relatore) e R. Schintgen, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, A. La Pergola, P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr e J.N. Cunha Rodrigues, giudici,

avvocato generale: sig. F.G. Jacobs


cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la De Danske Bilimportører, dai sigg. K. DyekjÊr-Hansen e T. Ryhl, advokaterne;

- per il governo danese, dal sig. J. Molde, in qualità di agente, assistito dal sig. K. Hagel-Sørensen, advokat;

- per il governo italiano, dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato;

- per il governo finlandese, dalla sig.ra E. Bygglin, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. H. C. StøvlbÊk, in qualità di agente,

vista la relazione d’udienza,

sentite le osservazioni orali della De Danske Bilimportører, rappresentata dall’avv. K. DyekjÊr-Hansen, del governo danese, rappresentato dal sig. J. Molde, assistito dall’avv. K. Hagel-Sørensen, del governo finlandese, rappresentato dalla sig.ra T. Pynn”, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dal sig. H. C. StøvlbÊk, all’udienza del 6 novembre 2002,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 febbraio 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1. Con ordinanza 26 settembre 2001, pervenuta presso la Corte il 5 ottobre successivo, l’østre Landsret ha sottoposto a quest’ultima, ai sensi dell’art. 234 CE, due questioni pregiudiziali sull’interpretazione degli artt. 28 CE e 30 CE.

2. Le questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra la De Danske Bilimportører (in prosieguo: la "DBI"), associazione di categoria costituita da importatori di autovetture, e lo Skattenministeriet (Ministero danese delle Imposte e Accise) in merito alla riscossione di una tassa di immatricolazione relativa ad autoveicoli nuovi.

Ambito giuridico

Le disposizioni comunitarie

3. Mediante gli artt. 23 CE-31 CE, che formano il titolo I, intitolato "La libera circolazione delle merci", del Trattato CE, viene istituita un’unione doganale e si vietano le restrizioni quantitative agli scambi tra gli Stati membri.

4. In particolare, l’art. 25 CE prevede:

"I dazi doganali all’importazione [e] all’esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietati tra gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale".

5. Inoltre, ai sensi dell’art. 28 CE, "[s]ono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente". L’art. 29 CE include un identico divieto per le esportazioni.

6. Tuttavia, in forza dell’art. 30 CE:

"Le disposizioni degli articoli 28 e 29 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali (...). Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri".

7. Gli artt. 90 CE-93 CE costituiscono il capo 2, intitolato "Disposizioni fiscali", di cui al titolo VI, intitolato "Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni", del Trattato.

8. L’art. 90 CE dispone:

"Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari.

Inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni".

Normativa nazionale

9. La lov om registreringsafgift af motorkøretøjer (legge relativa alla tassa di immatricolazione degli autoveicoli), nella sua versione risultante dalla legge codificata 14 aprile 1999, n. 222, applicabile all’epoca dei fatti di cui alla causa principale, prevede la riscossione di una tassa, denominata "tassa di immatricolazione", sugli autoveicoli nuovi. Tale tassa, riscossa al momento della prima immatricolazione del veicolo nel territorio nazionale, è determinata sulla base del prezzo d’acquisto. La sua aliquota è pari al 105% di una prima parte stabilita annualmente e al 180% del prezzo residuo. Nel 1999 la prima parte ammontava a DKK 52 800.

10. Peraltro, il prezzo utilizzato come base dell’imposta include già il 25% di imposta sul valore aggiunto, nonché un aumento forfettario del 9% per tener conto del margine del distributore, indipendentemente dal margine effettivamente riscosso da quest’ultimo.

11. Dal fascicolo emerge che la finalità principale della tassa di immatricolazione è quella di alimentare le risorse fiscali, sebbene la sua riscossione possa essere fondata anche su altre considerazioni, come la tutela dell’ambiente e la sicurezza stradale.

12. Dato che la tassa viene riscossa in occasione della prima immatricolazione del veicolo in Danimarca, ma non di qualsiasi successiva rivendita, questo si verifica anche al momento dell’importazione in Danimarca di un’autovettura usata.

13. Prima del 1990 la tassa di immatricolazione veniva applicata ad autoveicoli usati importati in un modo che non rifletteva adeguatamente il deprezzamento del loro valore. Parimenti, la Corte, nella sua sentenza 11 dicembre 1990, causa C-47/88, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-4509), ha statuito che il Regno di Danimarca, riscuotendo una tassa di immatricolazione sulle automobili usate importate basata in genere su un valore forfettario superiore al valore effettivo del veicolo, con la conseguenza che gli autoveicoli usati importati venivano tassati maggiormente degli autoveicoli usati venduti in Danimarca dopo esservi stati previamente immatricolati, il Regno di Danimarca è venuto meno agli obblighi impostigli dall’art. 95 del Trattato CEE (divenuto art. 95 del Trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 90 CE).

14. Nel suo ricorso per inadempimento che ha originato la suddetta sentenza la Commissione contestava altresÏ la compatibilità della tassa di immatricolazione relativa agli autoveicoli nuovi con l’art. 95 del Trattato, tenuto conto in particolare del suo livello alquanto elevato.

15. La Corte ha tuttavia respinto tale censura di inadempimento dopo aver considerato che l’art. 95 del Trattato non poteva essere invocato nei confronti di tributi interni che colpiscono prodotti importati in mancanza di produzione nazionale similare o concorrente e che, in particolare, tale norma non consentiva di censurare il carattere eccessivo del livello di tassazione che gli Stati membri potrebbero stabilire per determinati prodotti in mancanza di ogni effetto discriminatorio o protezionistico (sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 10).

16. La Corte ha sottolineato, a giusto titolo, al punto 12 della citata sentenza Commissione/Danimarca, che, come aveva statuito nella sentenza 4 aprile 1968, causa 31/67, Stier (Racc. pag. 313), gli Stati membri non possono colpire i prodotti che, in mancanza di prodotti nazionali comparabili, non sono soggetti ai divieti dell’art. 95 del Trattato, con tributi talmente alti da compromettere la libera circolazione di dette merci all’interno del mercato comune. Essa ha tuttavia aggiunto, al punto 13 della citata sentenza Commissione/Danimarca, che un siffatto pregiudizio per la libera circolazione delle merci può essere valutato eventualmente solo alla luce dell’art. 30 del Trattato CEE (divenuto art. 30 del Trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE) e degli articoli seguenti. Orbene, il ricorso della Commissione nella suddetta causa non si basava su questi ultimi.

Causa e questioni pregiudiziali

17. Occorre anzitutto constatare che, come emerge dal fascicolo, in Danimarca non esiste una produzione di autoveicoli. Durante il periodo compreso tra il 1985 e il 2000, il numero complessivo di autovetture immatricolate in tale Stato membro è passato da 1 501 000 a 1 854 000 e il numero di nuove immatricolazioni ha oscillato tra 78 453 e 169 492 all’anno.

18. Nel gennaio 1999 la DBI ha acquistato una nuova autovettura della marca Audi, a uso del suo direttore, per un prezzo totale (comprese le spese di consegna) pari a DKK 498 546, di cui DKK 297 456 a titolo di tassa di immatricolazione.

19. Ritenendo che tale tassa fosse stata riscossa in violazione, in particolare, dell’art. 28 CE, la DBI ne ha domandato il rimborso alle autorità fiscali, valendosi in particolare dei punti 12 e 13 della citata sentenza Commissione/Danimarca. A suo giudizio, l’importo esorbitante della tassa di immatricolazione rendeva impossibile l’importazione delle autovetture in Danimarca a normali condizioni commerciali, a vantaggio degli acquisti domestici di autovetture usate già immatricolate, che dovevano essere considerate prodotti danesi, conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenze Commissione/Danimarca, cit., punto 17, e 3 febbraio 2000, causa C-228/98, Dounias, Racc. pag. I-577, punto 42).

20. Lo Skattenministeriet ha risposto che, in base alla giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza Dounias, cit., punto 39), i tributi fiscali non possono rientrare nell’art. 28 CE, dal momento che la legittimità di tributi interni può essere valutata solo alla luce dell’art. 90 CE. Esso ha aggiunto che, nella sua sentenza 5 aprile 1990, causa C-132/88, Commissione/Grecia (Racc. pag. 1567, punto 17), la Corte ha dichiarato che allo stato attuale del diritto comunitario, gli Stati membri restano liberi di sottoporre i prodotti come le autovetture ad un sistema di imposte il cui ammontare aumenta progressivamente in relazione ad un criterio obiettivo e che l’art. 95 del Trattato non consente di censurare il carattere eccessivo del livello di tassazione eventualmente deciso dagli Stati membri per determinati prodotti sulla base di considerazioni di politica sociale.

21. Secondo lo Skatenministeriet la riserva formulata dalla Corte ai punti 12 e 13 della citata sentenza Commissione/Danimarca riguarderebbe solo i casi in cui, a seguito di un tributo interno, gli scambi relativi al prodotto in questione cessino o rappresentino un volume insignificante. Orbene, la tassa di immatricolazione degli autoveicoli non sarebbe proibitiva e il parco veicoli danese risulterebbe paragonabile a quello esistente in altri Stati membri.

22. In tale contesto, l’østre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le due seguenti questioni pregiudiziali:

"1) Se un tributo indiretto (tassa di immatricolazione) percepito da uno Stato membro che ammonta per le nuove autovetture al 105% di DKK 52 800 e al 180% sul residuo del valore imponibile, costituisca una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione e sia pertanto vietato ai sensi dell’art. 28 CE (v. a tal riguardo sentenza 11 dicembre 1990, causa C-47/88, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-4509, punto 13).

2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1), se una tassa di immatricolazione possa trovare giustificazione nelle ragioni indicate all’art. 30 CE o derivanti dalla giurisprudenza della Corte relativa all’art. 28 CE, come risulta dalla sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe Zentral [denominata Cassis de Dijon], Racc. pag. 649".

Sulla prima questione pregiudiziale

23. Con la sua prima questione, il giudice a quo chiede alla Corte, in sostanza, se l’art. 28 CE debba essere interpretato nel senso che osta, in linea di principio, alla riscossione di una tassa di immatricolazione relativa ad autovetture nuove, come quella di cui trattasi nella causa principale.

Osservazioni sottoposte alla Corte

24. La DBI rileva, in sostanza, che la tassa di immatricolazione danese ostacola la libera circolazione delle autovetture nuove dal momento che, a causa del suo importo esorbitante, essa impedisce l’importazione in Danimarca di tali prodotti a normali condizioni commerciali, e da ciò traggono vantaggio al contempo gli acquisti nazionali di autoveicoli usati già immatricolati in Danimarca, che dovrebbero essere considerati prodotti danesi. La suddetta tassa costituirebbe quindi una restrizione quantitativa all’importazione contraria all’art. 28 CE.

25. La ricorrente nella causa principale basa la propria analisi sui punti 12 e 13 della citata sentenza Commissione/Danimarca, da cui emergerebbe che le tasse di un importo tale da compromettere la libera circolazione delle merci possono essere valutate alla luce dell’art. 28 CE.

26. Il governo danese sostiene che la tassa di immatricolazione non può essere ritenuta una restrizione quantitativa all’importazione vietata dall’art. 28 CE. Osserva che l’affermazione contenuta al punto 13 della citata sentenza Commissione/Danimarca non è mai stata ribadita dalla Corte nelle sue sentenze successive. Invece, da una giurisprudenza consolidata emergerebbe che gli ostacoli di natura fiscale alla libera circolazione delle merci devono essere valutati alla luce degli artt. 23 CE-25 CE o degli artt. 90 CE-93 CE. Orbene, nella causa principale, la tassa di immatricolazione relativa agli autoveicoli nuovi, in quanto tributo interno, non sarebbe né discriminatoria nei riguardi dei prodotti importati né volta a tutelare la produzione interna, cosicché non sarebbe vietata dall’art. 90 CE.

27. Per il resto, se la Commissione dovesse ritenere che la tassa di immatricolazione sia eccessivamente elevata, le incomberebbe elaborare una proposta di atto sul fondamento dell’art. 93 CE in vista di un ravvicinamento delle legislazioni nazionali.

28. In subordine, il governo danese rileva che il punto 13 della citata sentenza Commissione/Danimarca deve essere interpretato nel senso che il divieto delle restrizioni quantitative all’importazione, previsto dall’art. 28 CE, riguarda solo le disposizioni fiscali aventi una tale incidenza sul commercio intracomunitario che quest’ultimo, per quanto riguarda il prodotto soggetto a imposta, scompare o diviene insignificante. Orbene, questo non si verificherebbe nella causa principale in quanto in Danimarca il numero di autovetture è paragonabile a quello rilevato negli altri Stati membri.

29. Le osservazioni del governo italiano e finlandese vanno nella stessa direzione.

30. La Commissione ritiene che gli ostacoli di natura fiscale che non hanno effetto equivalente a un dazio doganale rientrino, in linea di principio, nelle previsioni dell’art. 90 CE, che costituirebbe una lex specialis rispetto al divieto generale degli ostacoli agli scambi, decretato all’art. 28 CE. Gli ostacoli di natura fiscale non disciplinati dall’art. 90 CE - o dagli artt. 23 CE-25 CE - potrebbero quindi rientrare nell’ambito dell’art. 28 CE quando compromettono la libera circolazione delle merci. Per contro, secondo la giurisprudenza della Corte, un ostacolo di natura fiscale non potrebbe rientrare contemporaneamente nelle due disposizioni.

31. Di conseguenza incomberebbe al giudice a quo valutare, alla luce dei fatti di cui alla causa principale, se la tassa di immatricolazione delle autovetture nuove sia di un livello tale da compromettere la libera circolazione delle merci. La Commissione constata, a tale proposito, che dall’ordinanza di rinvio emerge il fatto che ogni anno in Danimarca vengono immatricolati numerosi autoveicoli, che le variazioni del numero di immatricolazioni risultano esclusivamente congiunturali e che il numero di autovetture per abitante si colloca allo stesso livello di altri paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (OCDE). Non sarebbe quindi dimostrato che la normativa danese di cui trattasi nella causa principale compromette la libera circolazione delle merci.

Risposta della Corte

32. Occorre rammentare che la sfera di applicazione dell’art. 28 CE non comprende gli ostacoli considerati da altre disposizioni specifiche e che gli ostacoli di natura fiscale o di effetto equivalente a dazi doganali considerati dagli artt. 23 CE, 25 CE e 90 CE non rientrano nel divieto di cui all’art. 28 CE (v. sentenze 11 marzo 1992, cause riunite da C-78/90 a C-83/90, Compagnie Commerciale de l’Ouest e a., Racc. pag. I-1847, punto 20, e Dounias, cit., punto 39).

33. Peraltro, per quanto riguarda i rispettivi ambiti di applicazione di cui agli artt. 25 CE e 90 CE, da una giurisprudenza consolidata risulta che le disposizioni relative alle tasse di effetto equivalente e quelle concernenti imposizioni interne discriminatorie non sono applicabili cumulativamente, di modo che, nel sistema del Trattato, una stessa imposizione non può appartenere contemporaneamente a queste due categorie (v. sentenza 23 aprile 2002, causa C-234/99, NygÂrd, Racc. pag. I-3657, punto 17).

34. Nella fattispecie, qualora una tassa di immatricolazione relativa alle autovetture nuove, come la tassa di immatricolazione danese di cui trattasi nella causa principale, presenti palesemente carattere fiscale e venga riscossa non a causa dell’attraversamento della frontiera dello Stato membro che l’ha introdotta bensÏ in occasione della prima immatricolazione dell’autovettura sul territorio di tale Stato, occorre ritenere che essa rientri in un regime generale di tributi interni sulle merci, e che quindi vada esaminata alla luce dell’art. 90 CE.

35. Il fatto che una siffatta tassa gravi unicamente le autovetture nuove importate, data la mancanza di una produzione nazionale, non è tale da poterla qualificare come tassa d’effetto equivalente, ai sensi dell’art. 25 CE, anziché come tributo interno ai sensi dell’art. 90 CE, quando rientri in un sistema generale di tributi interni che gravano sistematicamente su categorie di autovetture secondo criteri obiettivi applicati indipendentemente dall’origine dei prodotti (v., in tal senso, sentenza 3 febbraio 1981, causa 90/79, Commissione/Francia, pag. 283, punto 14).

36. Dal momento che l’applicabilità dell’art. 90 CE è pertanto dimostrata nella causa principale va rammentato che, a termini di tale norma, quest’ultima vieta di gravare i prodotti di altri Stati membri con tributi interni superiori a quelli che gravano sui prodotti nazionali similari o con tributi interni tali da proteggere indirettamente altre produzioni (v. sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 8).

37. Si deve anche rammentare che, come emerge dal punto 9 della citata sentenza Commissione/Danimarca, l’art. 90 CE, nel suo insieme, è inteso a garantire la libera circolazione delle merci fra gli Stati membri in normali condizioni di concorrenza, mediante l’eliminazione di ogni forma di protezione che possa risultare dall’applicazione di tributi interni discriminatori nei confronti delle merci originarie di altri Stati membri. Detta disposizione deve quindi garantire l’assoluta neutralità dei tributi interni per quanto riguarda la concorrenza fra merci nazionali e merci importate.

38. Per contro, l’art. 90 CE non può essere invocato nei confronti di tributi interni che colpiscono prodotti importati in mancanza di produzione nazionale similare o concorrente. In particolare, esso non consente di censurare il carattere eccessivo del livello di tassazione che gli Stati membri potrebbero stabilire per determinati prodotti in mancanza di ogni effetto discriminatorio o protezionistico (v. sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 10).

39. Orbene, allo stato non vi è in Danimarca alcuna produzione nazionale di automobili, come è già stato dichiarato al punto 17 della presente sentenza, né d’altronde di prodotti nazionali che possano concorrere con le automobili. Ciò premesso, si deve pertanto concludere che la tassa di immatricolazione danese gravante sui veicoli nuovi non è soggetta ai divieti sanciti dall’art. 90 CE.

40. E’ vero che, come ha rammentato la DBI, la Corte ha considerato, al punto 12 della sua citata sentenza Commissione/Danimarca, che gli Stati membri non possono colpire i prodotti che, in mancanza di prodotti nazionali comparabili, non sono soggetti ai divieti dell’art. 90 CE, con tributi talmente alti da compromettere la libera circolazione di dette merci all’interno del mercato comune.

41. Ma a tale riguardo è sufficiente constatare che, in ogni caso, dai dati comunicati dal giudice a quo in merito al numero di autovetture nuove immatricolate in Danimarca, e pertanto importate in tale Stato membro, non emerge assolutamente che la libera circolazione di tale genere di merci tra la Danimarca e gli altri Stati membri è compromessa.

42. Pertanto non si deve ritenere che una tassa come quella di immatricolazione danese abbia perso la propria connotazione di tributo interno, ai sensi dell’art. 90 CE, per essere considerata una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ai sensi dell’art. 28 CE, né si deve esaminare la portata della riserva formulata dalla Corte ai punti 12 e 13 della citata sentenza Commissione/Danimarca.

43. In conclusione, occorre risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che:

- una tassa di immatricolazione relativa alle autovetture nuove - introdotta da uno Stato membro che non ha una produzione nazionale di veicoli - come quella prevista dalla lov om registreringsafgift af motorkøretøjer (legge relativa alla tassa di immatricolazione degli autoveicoli), nella sua versione risultante dalla legge codificata 14 aprile 1999, n. 222, costituisce un tributo interno la cui compatibilità con il diritto comunitario deve essere esaminata alla luce non dell’art. 28 CE bensÏ dell’art. 90 CE;

- l’art. 90 CE deve essere interpretato nel senso che non osta a una siffatta tassa.

Sulla seconda questione pregiudiziale

44. Alla luce delle considerazioni esposte nell’ambito della prima questione non occorre esaminare le giustificazioni avanzate in subordine dal governo danese a sostegno dell’incompatibilità della tassa di immatricolazione danese con il diritto comunitario, cosicché la seconda questione diviene priva di oggetto.

Sulle spese

45. Le spese sostenute dal governo danese, italiano e finlandese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulla questione sottopostale dall’østre Landsret con ordinanza 26 settembre 2001, dichiara:

1) Una tassa di immatricolazione relativa alle autovetture nuove - introdotta da uno Stato membro che non ha una produzione nazionale di veicoli - come quella prevista dalla lov om registreringsafgift af motorkøretøjer (legge relativa alla tassa di immatricolazione degli autoveicoli), nella sua versione risultante dalla legge codificata 14 aprile 1999, n. 222, costituisce un tributo interno la cui compatibilità con il diritto comunitario deve essere esaminata alla luce non dell’art. 28 CE bensÏ dell’art. 90 CE.

2) L’art. 90 CE deve essere interpretato nel senso che non osta alla suddetta tassa.

Martedì, 24 Giugno 2003
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