SENTENZA
N.1041 / 05
N.1479 / 00 R.G. TRIB
TRIBUNALE
DI BRINDISI
Sentenza 3 novembre 2005 n.1041
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale
di Brindisi, in composizione monocratica,
in persona della dott.ssa Maria Grazia Curbascio,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella
causa civile n. 1479/2000 R.G.
TRA
V. ANNA,
rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Scafoletti
ATTRICE
E
COMUNE
DI BRINDISI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato
e difeso dagli Avv. Francesco Trane e Monica Canepa
CONVENUTO
OGGETTO:
risarcimento danni.
Conclusioni
Per l’attrice: accogliere la domanda e condannare il Comune a
corrispondere le somme indicate all’udienza del 28.2.2005; con
vittoria di spese.
Per il convenuto: rigettare la domanda; con vittoria di spese.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con atto
di citazione notificato il 14.7.2000 V. Anna conveniva in giudizio,
dinnanzi al Pretore di Brindisi, il Comune di Brindisi, in persona
del legale rappresentante pro tempore, per sentirlo condannare al
risarcimento dei danni biologico, morale e patrimoniale dalla stessa
subiti per un importo complessivo di lire 19.284.500 oltre accessori,
a causa del sinistro occorso in data 18.10.1999.
Esponeva l’attrice: a) che il 18.10.1999 alle ore 13,30 circa,
sulla via Cristoforo Colombo in Brindisi, per poter scendere dal marciapiede
sul quale si trovavano irregolarmente parcheggiate alcune automobili,
ella era stata costretta a transitare tra due di esse e, così
facendo, aveva messo il piede su una piastrella sconnessa e malferma
e, perdendo l’equilibrio, era pesantemente rovinata n una buca
ad essa contigua, non visibile e non prevedibile; b) che, a causa
della caduta aveva accusato forti dolori al piede sinistro; c) che
presso l’Ospedale “Di Summa” di Brindisi le era stata
diagnosticata la “frattura della testa del V metatarso sx”;
d) che il giorno successivo all’incidente, alcuni componenti
del Comando di Polizia Municipale si erano portati sul luogo dell’infortunio
ed avevano redatto il relativo rapporto; e) che la responsabilità
dell’accaduto andava attribuita, ai sensi dell’art. 2043
c.c. al Comune di Brindisi, ente proprietario della strada e tenuto
alla sua manutenzione; f) che i danni subiti (biologico, morale e
patrimoniale) erano quelli indicati nell’atto di citazione.
Costituitosi in giudizio, il Comune di Brindisi eccepiva l’improponibilità
e la contraddittorietà della dinamica del sinistro descritta
dall’attrice, l’insussistenza dei caratteri dell’insidia
o del trabocchetto nel pericolo dalla stessa indicato e l’eccessività
delle richieste risarcitorie.
La causa veniva istruita con interrogatorio formale dell’attrice,
prova testimoniale, produzioni documentali e consulenza tecnica d’ufficio.
All’udienza del 28.2.2005 la causa era trattenuta per la decisione,
con assegnazione dei termini (60+20 giorni) per le comparse conclusionali
e le memorie di replica.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Alla
stregua delle emergenze processuali la domanda non può essere
accolta.
L’attrice ha espressamente invocato l’art. 2043 c.c. come
fonte della responsabilità del Comune convenuto ed ha dedotto
l’invisibilità e l’imprevedibilità del pericolo
costituito dalla buca sul marciapiede.
La pubblica amministrazione proprietaria della strada aperta al pubblico
transito è tenuta, in ossequio al principio del “neminem
laedere” sancito dalla predetta norma, a mantenere la strada
medesima ed il relativo marciapiede in condizioni che non costituiscano
una situazione di pericolo occulto per l’utente che fa ragionevole
affidamento sulla sua apparente regolarità.
Il pericolo occulto (definito anche insidia o trabocchetto) è
caratterizzato come è ormai pacifico in giurisprudenza, dalla
coesistenza dell’elemento oggettivo della non visibilità
e dell’elemento soggettivo della imprevedibilità.
Nella fattispecie in esame, dall’istruttoria espletata non è
emerso che il pericolo fosse insidioso o occulto.
Premesso che non è stata depositata la relazione di servizio
redatta dalla Polizia Municipale di Brindisi menzionata in atti, né
l’eventuale documentazione fotografica ad essa allegata, ma soltanto
la nota della stessa Polizia prot. n.10611 del 21.10.1999 diretta
al Sindaco ed all’ufficio Lavori Pubblici della Città
deve rilevarsi che nella predetta nota si descrive la presenza di
una buca al centro del marciapiede di via Cristoforo Colombo della
larghezza di circa cm. 40 e della profondità di circa cm.25.
Si trattava quindi di una buca di dimensioni ragguardevoli e tali
da non poter facilmente sfuggire all’occhio del pedone diligente.
Non è stato adeguatamente dimostrato che tale buca non fosse
in concreto visibile, essendo a tal fine insufficiente la circostanza
che la stessa si trovasse tra due automobili parcheggiate sul marciapiede
l’una dietro l’altra, come emerge dalla deposizione della
teste C. Elena.
Lo spazio posto tra le due auto, se era sufficiente a consentire il
passaggio di una persona, era anche di ampiezza tale da poter essere
visivamente controllato dai pedoni.
Del resto, il fatto che la stessa testimone abbia potuto notare, in
occasione della caduta dell’attrice, che la buca aveva una larghezza
di circa 35 centimetri induce a pensare che, prestando l’attenzione
che normalmente si richiede ad ogni utente della strada, anche la
V. avrebbe potuto tempestivamente accorgersi della presenza della
buca medesima tra le due vetture ed avrebbe potuto quindi evitare
l’evento lesivo ed il danno.
La deposizione del teste Milo Simone figlio dell’attrice che
non ha assistito al sinistro, non porta elementi significativi ai
fini della configurabilità di un pericolo insidioso o occulto.
Deve inoltre evidenziarsi che la V. è caduto intorno alle ore
13,30 e quindi in una situazione di piena illuminazione naturale.
In definitiva, poiché la buca in questione rappresentava un
pericolo non occulto o insidioso, ma visibile ed evitabile, deve affermarsi
che le conseguenze pregiudizievoli del sinistro del 19.10.1999 ricadono
sull’attrice che ha tenuto una condotta inadeguata rispetto al
pericolo stesso e non ha prestato sufficiente diligenza nel prevenire
i danni.
Non può quindi attribuirsi al Comune di Brindisi la responsabilità
ex art 2043 c.c. per il danno biologico, patrimoniale e morale lamentato
dalla V..
Occorre infine soffermarsi su un punto che ha costituito oggetto di
osservazioni da parte del Comune convenuto nelle memorie di replica;
in particolare, giova precisare che, come deve argomentarsi sulla
base della sentenza della Suprema Corte n.12329/2004, a fronte di
un’azione di responsabilità per danni espressamente proposta
ai sensi del solo art. 2043 c.c., al giudice non è consentito,
attesi i limiti imposti dall’art. 112 c.p.c. e dalle preclusioni
processuali in ordine ai termini di modifica della domanda, esaminare
la richiesta risarcitoria in base ad una diversa norma e quindi ad
una diversa “causa pretendi” non ritualmente invocata (nel
caso di specie l’art. 2051 c.c. è stato infatti richiamato
solo nella comparsa conclusionale).
Pertanto la pretesa di V. Anna, come fatta valere nel presente giudizio,
deve essere respinta.
Tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, sussistono
giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite; restano
comunque definitivamente a carico dell’attrice le spese per la
consulenza tecnica d’ufficio.
P.q.m.
Il
Tribunale di Brindisi, in composizione monocratica, definitivamente
pronunciando sulla domanda proposta con atto di citazione notificato
il 14.7.2000 da V. Anna nei confronti del Comune di Brindisi, in persona
del legale rappresentante pro tempore, così provvede:
- rigetta la domanda;
- compensa le spese di lite tra le parti, fatta eccezione per le spese
relative alla consulenza tecnica d’ufficio, che vengono poste
definitivamente a carico della V..
Brindisi, 27.8.2005
Il
Giudice
Dott. Maria Grazia Curbascio
Depositata
in Cancelleria il 3 novembre 2005.
Non può essere accolta una domanda di risarcimento del danno derivante da c.d. insidia o trabocchetto stradale, nel caso in cui, dalle risultanze processuali sia emerso che, al momento del sinistro, non sussisteva un pericolo occulto (nella specie, una buca), caratterizzato dalla coesistenza dell’elemento oggettivo della non visibilità e dell’elemento soggettivo della imprevedibilità, ovverosia nel caso in cui, in sede processuale, non sia stato adeguatamente dimostrato che la buca non fosse, in concreto, invisibile.
Alla stregua di tale principio il Tribunale di Brindisi, con la sentenza n. 1041 del 3 novembre 2005, ha escluso la responsabilità della Pubblica Amministrazione, atteso che il pedone istante aveva sostenuto che la buca esistente su un marciapiede non era visibile perché ubicata tra due automobili parcheggiate sul marciapiede medesimo, l’una dietro l’altra.
Il Giudice pugliese, sulla scorta delle risultanze dell’istruttoria, ha evidenziato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’attore, nella specie lo spazio posto tra le due auto, se era sufficiente a consentire il passaggio di una persona, era anche di ampiezza tale da poter essere visivamente controllato dai pedoni in transito; ha aggiunto, inoltre, che la buca era di dimensioni ragguardevoli (larghezza di circa 35 centimetri), tali da non poter facilmente sfuggire all’occhio del pedone diligente, e che, infine, il sinistro si era verificato intorno alle ore 13,30 e, quindi, in una situazione di piena illuminazione stradale; ha concluso, pertanto, che le conseguenze pregiudizievoli del sinistro dovevano farsi ricadere sull’attore che aveva tenuto una condotta inadeguata rispetto al pericolo stesso e non aveva prestato sufficiente diligenza nel prevenire i danni; ha, quindi, rigettato la domanda).
(Altalex, 22 novembre 2005. Nota di Ottavio Carparelli)