Non
è configurabile un obbligo di custodia ex art. 2051 c.c. a carico
dell’ente proprietario di una strada comunale facente parte del
c.d. demanio accidentale comunale ex art. 822 comma 2, e 824 cod. civ.
e, pertanto, aperta all’uso generale della collettività
- che si esercita mediante la fruizione uti civis delle utilità
che dal bene è possibile trarre secondo la sua propria destinazione
e attitudine; una strada pubblica, infatti, per la sua estensione e
per l’apertura all’uso generale della collettività,
non consente all’ente il realistico esercizio di quei poteri di
controllo e vigilanza destinati a prevenire l’insorgenza di processi
generatori di eventi lesivi di diritti ed interessi dei terzi.
In materia di responsabilità civile della P.A., per danni cagionati
a coloro che transitano su strade pubbliche, la valutazione della sussistenza
della insidia e/o trabocchetto integra una tipica valutazione in fatto,
da effettuare in concreto sulla scorta della disamina delle circostanze
di tempo e di luogo, ed è riservata al giudice di merito, il
cui apprezzamento, se congruamente motivato, è immune da censure
di legittimità. Nella valutazione in parola assume rilievo preminente
la diretta osservazione del luogo di causa, effettuata mediante ispezione
giudiziale o disamina di idonee riproduzioni fotografiche offerte dalla
parte in assolvimento all’onere probatorio di cui all’art.
2697 c.c.
Va esclusa la responsabilità della P.A. per danni provocati da
c.d. insidia o trabocchetto stradale (nel caso di specie, una buca)
ex articolo 2043 c.c., nel caso in cui - ancorché il sinistro
sia accaduto in ora notturna - da un lato l’impatto si sia verificato
contro una buca di rilevanti dimensioni, in quanto tale, visibile al
conducente che diligentemente abbia attivato i dispositivi di illuminazione
imposti dagli artt. 152 e 153 del C.d.S. e, dall’altro, la particolare
angustia della carreggiata, oggettivamente riscontrabile dalle riproduzioni
fotografiche, prodotte in giudizio, imponesse una velocità particolarmente
moderata, in forza del combinato disposto degli artt. 142 comma 4 e
141 comma 3 del C. d. S.
Sono questi i principi stabiliti dal Tribunale di Brindisi – Sezione
Distaccata di Fasano, con la sentenza n. 50 del 13 aprile 2005.
Il Giudice ha inoltre precisato che nel caso in cui la buca sulla carreggiata
sia di rilevanti dimensioni, tale circostanza di fatto costituisce ex
se un indice oggettivo di visibilità: è difficile negare
che una entità naturalistica risulti tanto più visibile
quanto più estesa.
(Altalex, 6 maggio 2005. Nota di Ottavio
Carparelli)
N.27/2002
R.G. TRIB.; Sent. N.50/2005
TRIBUNALE DI BRINDISI
SEZIONE DISTACCATA DI FASANO
Sentenza 13 aprile 2005 n. 50
- G.U. Dott. Munno -
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Brindisi – Sezione Distaccata di Fasano, in persona
del Giudice Unico dott. Alberto Munno, ha pronunciato la seguente ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta nel ruolo generale affari contenziosi sotto
il numero d’ordine 27 dell’anno 2002
TRA
Giampaolo I., elettivamente domiciliata alla via T. Vasco n.4 in Monopoli
presso lo studio dell’avv. Fabrizio Pugliese, dal quale è
rappresentata e difesa come da mandato a margine dell’atto introduttivo;
ATTORE
CONTRO
Comune di Fasano in persona del legale rappresentante protempore, elettivamente
domiciliato al Corso Roma n.84 in Brindisi presso lo studio dell’avv.
Antonio Caiulo, dal quale è rappresentato e difeso come da mandato
a margine della comparsa e risposta
CONVENUTO
E NEI CONFRONTI DI
M. Giampiero, nella qualità di titolare di ditta individuale
Edil Mar corrente in Conversano alla via G. Puccini civico n.52, elettivamente
domiciliata alla via Fogazzaro n.132 in Fasano presso lo studio dell’avv.
Giovanni Cofano, dal quale è rappresentata e difesa come da mandato
in calce alla copia passiva dell’atto di citazione per chiamata
di terzo;
TERZO
CHIAMATO
Lloyd Adriatico
spa in persona del legale rappresentante protempore, corrente in Trieste
al largo Ugo Irneri n.1, elettivamente domiciliato al Corso Vittorio
Emanuele n.106 in Fasano presso lo studio dell’avv. Ditoma, unitamente
all’avv. Pierfelice Annese del Foro di Monopoli, dal quale e rappresentato
e difeso come da manato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
TERZO
CHIAMATO
OGGETTO:
azione risarcitoria da illecito aquiliano;
All’udienza dell’13-01-2005 la causa era riservata per la
decisione sulle conclusioni prese dalle parti come da verbale e riportate
in narrativa.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con atto
di citazione notificato il 14-02-2002 Giampaolo I. evocava in giudizio
il Comune di Fasano chiedendone la condanna al pagamento in proprio
favore della somma di £. 6.465.832, oltre a rivalutazione monetaria
ed interessi legali e spese e competenze i lite, a titolo di risarcimento
dei danni materiali riportati dalla vettura di sua proprietà
Opel Tigra tg. XXXXXX allorché, nella notte tra il 17 ed il 18
agosto 2001, percorrendo in direzione mare-monti la strada comunale
Egnazia che collega il lungomare della c.da Capitolo di Monopoli alla
S.P. 163, finiva in una grossa buca ivi esistente e non segnalata, sbandando
ed andando a collidere con un muretto.
Si costituiva il Comune di Fasano con comparsa di risposta, contrastando
la domanda attorea e deducendo la insussistenza nella fattispecie degli
estremi della insidia e trabocchetto, indispensabili per la configurazione
di una responsabilità civile dell’ente proprietario della
strada.
In via subordinata luceva la responsabilità della EdilMar di
M. Giampiero, ditta appaltatrice dei lavori di manutenzione della rete
stradale urbana ed extraurbana del comune di Fasano, giusto contratto
del 03-08-1999 con il relativo capitolato speciale del 05-11-1998, e,
per l’effetto, chiedeva autorizzazione alla chiamata di essa ditta
appaltatrice dalla quale voleva essere manlevava per il caso di condanna
ai sensi degli artt.106 e 269 c.p.c., con i favori delle spese di lite.
Differita la prima udienza di comparizione ai sensi degli artt.106 e
269 cpc, con decreto emesso dal G.I. in data 18-4-2002, si costituiva
all’udienza del il 10-10-2002 M. Giampiero, titolare di omonima
ditta individuale Edil Mar, contestando il fondamento della chiamata
e chiedeva al G.I., ottenendone la autorizzazione alla chiamata in causa
del Lloyd Adriatico Assicurazioni spa per la udienza del 05-03-2003,
dalla quale intendeva essere garantito, autorizzazione che, a richiesta
del M., veniva reiterata in tale udienza per la successiva del 05-06-2003,
a causa di errore materiale nella indicazione del terzo chiamato, identificato
erroneamente nella “Piemontese Assicurazione spa”.
Alla udienza del 05-06-2003 costituiva il Llyod Adriatico Assicurazioni
spa, eccependo e deducendo: a) il difetto i legittimazione passiva per
difetto di operatività della polizza assicurativa n.81200895
stipulata con il chiamante M. Giampiero, non comprensiva dei rischi
derivanti dalla esecuzione del contratto di appalto intercorso l’assicurato
ed il Comune di Fasano; b) la nullità del contratto di assicurazione
ai sensi degli artt. 1892 e 1893 cod.civ., per inesatte e reticenti
dichiarazioni rese in sede di stipula dell’assicurato che affermava
la pendenza di pochi giudizi di modesto valore; c) la insussistenza
ei presupposti della invisibilità oggettiva ed imprevedibilità
soggettiva, necessari per la configurabilità di una insidia e/o
trabocchetto, potenzialmente generatori a carico dell’ente proprietario
ella strada della responsabilità civile verso terzi; d) la ascrivibilità
del fatto alla colpevole disattenzione della conducente attrice, per
difetto della ordinaria diligenza di cui all’art.1227 comma 2 cod.
civ.. Nelle memorie autorizzate ai sensi dell’art.183 ultimo comma
cod.civ. all’esito della udienza i trattazione ella causa, la parte
attrice precisava che la domanda risarcitoria era fondata in via principale
sulla ordinaria ipotesi di responsabilità aquilana di cui all’art.2043
cod.civ. e, in via subordinata, sulla disposizione di cui all’art.2051
cod.civ.
All’esito, con ordinanza emessa ex art.184 c.p.c. il 29-03-2004,
il G.U. ammetteva i mezzi i prova richiesti alle parti. Espletati i
quali il giudizio era rinviato per la precisazione delle conclusioni.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
I.- Preliminarmente
deve essere dichiarata la irricevibilità della comparsa conclusionale
depositata da M. Giampiero solo il 15-03-2005, e, pertanto, oltre il
termine perentorio del 14-05-2005 assegnato dal G.U. con la ordinanza
emessa il 13.01.2005.
Nel merito occorre rilevare come nell’atto di citazione la parte
attrice fondi la propria domanda sulla asserita violazione del neminem
laedere da parte della P.A., essendo essa venuta meno al dovere di mantenere
le strade pubbliche in condizioni di regolare viabilità evitando
al contempo la insorgenza di asperità costituenti insidia e/o
trabocchetto per l’utente, come si desume dal tenore letterale
dell’atto introduttivo: “…poiché la responsabilità
del sinistro ricade esclusivamente sul Comune di Fasano, il quale ometteva
di osservare il controllo sulla manutenzione e viabilità del
tratto stradale in questione…”
Così facendo parte attrice evoca indiscutibilmente la ipotesi
generale di cui all’art.2043 cod.civ., atteso che elemento costitutivo
del giudizio di responsabilità fondato sulla predetta disposizione
e, tra gli altri, la condotta dolosa o colposa del danneggiante, correttamente
identificata dalla parte attrice nella omissione dell’obbligo di
manutenzione elle strade.
Soltanto nella memoria di trattazione depositata ai sensi dell’art.183
ultimo comma del c.p.c., e destinata alla emendatio libelli, la parte
attrice fonda la propria domanda sulla diversa ipotesi normativa i cui
all’art.2051 cod.civ. che, richiedendo per la imputazione del fatto
dannoso la sola accertata sussistenza del nesso di causalità
tra questo e la condotta lesiva, e relegando il ruolo della colpa a
mera causa esimente della detta responsabilità, consentendo al
convenuto i provare la addebitabilità del fatto al caso fortuito
anche con il c.d. metodo indiretto, ovverosia ricorrendo anche con il
c.d. metodo indiretto, ovverosia ricorrendo alla equazione casus=non
culpa, introduce una vera e propria mutatio libelli,1 inammissibile
per esser la fase di trattazione destinata alla sola precisazione della
domanda già proposta con l’atto introduttivo, e non anche
alla formulazione di una nuova , a meno che questa non sia conseguenza
immediata e diretta delle eccezioni sollevate dal convenuto.
In ogni caso la fattispecie dedotta in giudizio dall’attore non
può esser ricondotta nell’alveo di operatività segnato
all’art.2051 cod.civ..
E’ infatti provato agli atti che il sinistro si è verificato
su di una strada comunale – via Egnazia in agro di Fasano –
facente parte del c.d. demanio accidentale comunale ex artt.822 comma
2 e 824 cod.civ. e, pertanto, aperta all’uso generale delle collettività
che si esercita mediante la fruizione uti civis delle utilità
che al bene è possibile trarre secondo la sua propria estinazione
e attitudine.
Nei confronti i siffatti beni non è configurabile una responsabilità
ex art. 2051 cod.civ. a carico dell’Ente proprietario in quanto
essi, per la loro estensione e per la apertura all’uso generale
della collettività, non consentono all’Ente il realistico
esercizio di quei poteri di controllo e vigilanza destinati a prevenire
l’insorgenza dal determinismo della cosa di processi generatori
di eventi lesivi di diritti ed interessi dei terzi2.
L’esclusione in parola trova il proprio fondamento nel principio
ad impossibilia nemo tenetur3 e nella ratio su cui è fondata
la responsabilità per cose in custodia ex art.2051 cod.civ..
richiedendo questa pur sempre la esigibilità dal custode di una
condotta di controllo e vigilanza astrattamente idonea ad impedire la
propagazione dalla cosa del determinismo produttivo dell’evento
dannoso di talchè ogniqualvolta risulti in concreto la impossibilità
per il custode di esercitare un siffatto potere, viene ad essere processualmente
prova la sussistenza del caso fortuito, inteso come evento dotato di
autonoma efficacia etiologica sulla produzione dell’evento dannoso,
e che il custode era impossibilitato ad evitare.
La speciale ipotesi di responsabilità di cui all’art.2051
cod. civ. è infatti ricondotta dalla dottrina e dalla giurisprudenza
nell’alveo delle ipotesi i responsabilità oggettiva, connotate
da rapporto di specialità con il paradigma generale della responsabilità
civile costituito dall’art.2043 cod.civ. che, tra i propri elementi
costitutivi, esige invece la accertata sussistenza dell’elemento
psicologico del dolo o della colpa.
Siffatto rapporto di specialità si estrinseca innanzitutto nella
diversità dei presupposti, essendo la ricorrenza ella fattispecie
di cui all’art.2051 cod.civ. fondata sul rapporto di custodia con
la res, e sulla produzione di un evento annoso per i terzi che sia il
risultato etiologico di una serie causale che abbia come fattore produttivo
proprio la cosa custodita.
Laddove, invece, la generale ipotesi di responsabilità aquiliana
è fondata sull’azione antigiuridica colposa e dolosa produttiva
di un danum iniuria datur.
I tratti differenziali più marcati si apprezzano tuttavia essenzialmente
in tema di onere della prova, nella fattispecie speciale dovendo l’attore-danneggiato
provare solo il nesso i causalità tra la cosa e l’evento
lesivo, e non già, come nella ipotesi generale, la esistenza
di una azione antigiuridica colposa o dolosa del custode, mentre quest’ultimo,
per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un fattore estraneo
alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale
e, cioè, un fattore esterno – che può essere anche
il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato – che presenti
i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità
e dell’eccezionalità4.
Nondimeno siffatta prova liberatoria, che non può evidentemente
ridursi ad un vera e propria probativo diabolica, potrà essere
efficacemente fornita non solo in modo diretto, attraverso la prova
positiva del fortuito accidentale verificatosi, ma anche in modo indiretto
secondo la nota equazione casus=non culpa, ovverosia dimostrando la
oggettiva impossibilità di esercitare un effettivo esercizio
del potere di controllo sulla cosa custodita, tale da poter efficacemente
escludere la operatività dalla causa esterna produttiva dell’evento
dannoso.
E proprio grazie a questa seconda e corretta lettura della ipotesi speciale
di responsabilità si comprende agevolmente la ratio della esclusione
in parola: la vasta estensione dei beni in parola rende impossibile5
e, quindi inesigibile la osservanza di quei poteri doveri di controllo
e vigilanza sul determinismo della res che il custode può e deve
porre in essere al fine di scongiurare la propagazione di serie causali
produttive i eventi lesivi di diritti ed interessi dai terzi; attività
di controllo e vigilanza che, invece, sono realisticamente esercitabili
e, pertanto, esigibili, in relazione a beni demaniali e/o patrimoniali
che coniughino la più ridotta estensione con l’interdizione
all’uso indiscriminato della collettività6.
Tanto, tuttavia, non esclude la responsabilità della P.A. e,
in genere, dell’ente proprietario dei beni di si vasta estensione,
dovendo questa esser fondata sul precetto generale del neminem laedere
imposto dall’art.2043 cod. civ., in forza del quale saranno sempre
sindacabili dal giudice ordinario i comportamenti della P.A. e dell’Ente
proprietario dei beni di vasta estensione che non siano ossequiosi delle
apposite discipline e delle regole di comune prudenza e cautela, rivolte
a preservare la integrità dei diritti ed interessi dei terzi7;
e che la mancata osservanza da parte della P.A. delle regole e discipline
in parola, potrà configurare a suo carico una responsabilità
civile ogni qualvolta la omissione dell’assolvimento dell’obbligo
di manutenzione determini sui beni in parola la insorgenza di una situazione
di insidia o trabocchetto8.
E’ così necessario esaminare se gli elementi costitutivi
della responsabilità aquiliana fondata sull’art.2043 cod.civ.
siano rinvenibili nella odierna vicenda; e, naturalmente, l’onere
ella prova incomberà integralmente a carico ella parte attrice,
dovendo in difetto soccombere ai sensi dell’art.2697 cod.civ..
II. – La valutazione della sussistenza della insidia e/o trabocchetto
integra una tipica valutazione in fatto da effettuare in concreto sulla
scorta della disamina delle circostanze di tempo e di luogo, e è
riservata al giudice di merito il cui apprezzamento, se congruamente
motivato, è immune da censure di legittimità.
Nella valutazione in parola assume rilievo preminente la diretta osservazione
del luogo di causa, effettuata mediante ispezione giudiziale o disamina
di idonee riproduzioni fotografiche offerte dalla parte in assolvimento
all’onere probatorio di cui all’art.2697 cod.civ..
Dalle fotografie prodotte nel fascicolo attoreo si evince che la buca
è ubicata in prossimità del margine destro della carreggiata
lungo una curva sinistroconvessa (o destrosa che dir si voglia), subito
dopo seguita da una seconda curva estroversa (o sinistrorsa).
E’ di rilevanti dimensioni – “notevoli” nella deposizione
del teste Pepe Tommaso -, il che costituisce ex se un indice oggettivo
di visibilità: è difficile negare che una entità
naturalistica risulti tanto più visibile quanto più estesa.
E se pur il fatto è accaduto in ora notturna e, quindi, in assenza
di visibilità naturale ed artificiale, non può revocarsi
in dubbio come la predetta buca fosse senz’altro visibile al conducente
che diligentemente avesse attivato i dispositvi di illuminazione imposti
agli artt.152 e 153 del C.d.S.
Il tutto anche considerando come, sia la ora notturna, che il tratto
di strada curvilineo, che l’assenza di illuminazione artificiale,
e la particolare angustia della carreggiata (“…la strada dove
è avvenuto il sinistro è piuttosto stretta e è
a doppio senso di marcia…”) oggettivamente riscontrabile dalle
riproduzioni fotografiche, imponessero una velocità particolarmente
moderata, in forza del combinato disposto degli articoli 142 comma 5
e 141 3 del C.d.S.
La velocità prudenziale così determinata, unitamente al
rispetto dell’obbligo di mantenere la distanza di sicurezza dal
veicolo che precedeva l’auto condotta dalla attrice – imposto
dall’art.149 C.d.S. -, avrebbero certamente consentito alla sig.ra
Giampaolo I. di poter affrontare al meglio la asperità che era
certamente visibile perché illuminata dal fascio di luce dei
proiettori anabbaglianti
Ma ulteriori elementi emersi dalla istruttoria depongono in senso sfavorevole
all’accoglimento della domanda.
La vettura condotta dalla attrice era, infatti, preceduta da altro veicolo
che ha felicemente superato l’asperità senza mostrare “…alcun
tipo di sbandamento o di inusuale manovra…” (teste Trisolino
Loredana), nonostante le dimensioni “notevoli” (teste Pepe
Tommaso) della buca, ubicata in una strada “piuttosto stretta”
(teste Pepe Tommaso) costringevano necessariamente il veicolo alla seguente
alternativa: o impattare nella buca, o evitare la buca con una manovra
‘emergenza che certamente non sarebbe passata inosservata alla
attenzione ella signora Trisolino Loredana.
Proprio l’assetto di marcia costante conservato dal veicolo precedente
la vettura condotta dalla attrice, costituisce prova logica della inoffensività
della asperità presente sul fondo stradale.
Posto che il conducente precedente non ha compiuto alcuna manovra d‘emergenza
per evitare la buca, è così evidente come, date le sue
dimensioni rapporte alla angustia della carreggiata, essa ha potuto
tranquillamente essere attraversata dal veicolo seguito dalla attrice
senza imprimergli alcuna alterazione nella condotta di marcia.
Il che è confermato dal teste Pepe Tommaso che dichiarava: “preciso
che ho visto soltanto lo sbandamento dell’auto; posso tuttavia
affermare che nella buca citata ci sono finito io stesso, riuscendo
comunque a controllare l’auto.”
Il testimone, pertanto, non solo non ha visto il momento di materiale
collisione dell’autovettura della Giampaolo con il muretto –
evento al quale solo possono evidentemente imputarsi i danni materiali
assertivamente riportati dal veicolo della attrice -, ma ha pure attraversato
la buca senza subire conseguenze di sorta, così come aveva fatto
anche il conducente dei veicolo che precedeva quello della attrice.
Il quadro probatorio ostativo all’accoglimento della domanda si
completa con ulteriori rilievi.
Delle fotografie prodotte si evince che la buca era ubicata lungo il
margine interno della curva sinistroconvessa – o destrorsa -, e,
pertanto, il veicolo che la affrontava doveva necessariamente procedere
con l’asse longitudinale diretto verso il centro della carreggiata,
tangente alla semicirconferenza delineata dal margine interno della
curva.
Ditalchè un eventuale sbandamento laterale del veicolo in proiezione
quasi ortogonale al latitante muretto in pietra.
Senonchè dalle fotografie della Opel Tigra si evince che le lesioni
sono presenti lungo tutto il paraurti anteriore, e persino sullo spigolo
sinistro, che si trovava in posizione diametralmente opposta all’ipotetico
punto di impatto tra la Opel Tigra ed il muretto latitante.
Secondo la narrazione della attrice, infatti, l’urto non avrebbe
potuto che verificarsi tra lo spigolo anteriore destro dell’auto
e il muretto, mentre la diffusione delle lesioni su tutto il paraurti
anteriore, incluso lo spigolo anteriore sinistro, è indice di
un impatto di tipo frontale, con l’asse longitudinale della Opel
Tigra perfettamente perpendicolare ed ortogonale al corpo sui cui il
veicolo va ad impattare.
Ditalchè appare oggettivamente inverosimile che le lesioni raffigurate
dalle fotografie prodotte siano state causate da un incidente così
come descritto dalla parte attrice.
E’ così evidente che l’incidente in parola o non si
è verificato affatto o è ascrivibile al fatto e colpa
esclusiva della attrice9 per effetto del principio di autoresponsabilità
che costituisce la frontiera estrema della responsabilità civile,
normativamente segnata dal primo comma dell’art.1227 cod.civ.,
in forza del quale ognuno deve risentire sulla propria sfera giuridica
delle conseguenze della mancata adozione delle cautele e delle regole
di comune prudenza che identificano il contenuto di diligenza esigibile
dal soggetto giuridico nei comportamenti adottati nella vita sociale.
In presenza di negligenza e disattenzione dell’utente della pubblica
via, ogni asperità, anche la più insignificante, può
trasformarsi in una insidia e/o trabocchetto idonei a fondare la responsabilità
civile della P.A..
Ne consegue che la buca deve considerarsi visibile quanto meno ai fini
di escludere la circostanza della “invisibilità” oggettiva
che, unitamente alla imprevedibilità soggettiva, deve sempre
caratterizzare la asperità del fondo stradale affinché
questa possa configurare la ipotesi di insidia10 generatrice di responsabilità
a carico dell’Ente proprietario della strada stessa, oberato ex
lege dell’obbligo di custodia nei limiti in cui esso è esigibile
in relazione alla estensione dei beni da vigilare11; e che, pertanto,
essa buca non costituisca insidia stradale12 poiché per le circostanze
in cui si è verificato l’accaduto, era dall’attore
concretamente visibile ed evitabile mediante l’esercizio doveroso
dei poteri di controllo e vigilanza che devono contrassegnare la diligente
condotta di chi utilizza uti civis i beni demaniali aperti alla fruizione
della generalità dei consociati13.
III.- La domanda attrice deve così essere rigettata per infondatezza,
con condanna della sig.ra Giampaolo alla rifusione delle spese e competenze
legali in favore del Comune di Fasano.
IV.- La domanda di garanzia impropria proposta dal Comune di Fasano
contro M. Giampiero titolare di omonima impresa individuale Edil Mar,
in forza del contratto di appalto stipulato inter partes, è subordinata
all’accoglimento della domanda attrice; ed ugualmente è
a dirsi in ordine alla domanda dispiegata dalla Edil Mar contro la Lloyd
Adriatico Assicurazioni spa.
Quest’ultima deve essere rigettata per infondatezza, in accoglimento
delle argomentazioni difensive dispiegate da essa compagnia assicuratrice,
con condanna del chiamante alla rifusione di spese e competenze di lite
in favore della chiamata.
Il contratto di assicurazione stipulato da M. Giampiero ha infatti ad
oggetto la responsabilità aquiliana incombente sull’imprenditore
per fatti relativi alla esecuzione dei contratti di lavoro autonomo
stipulati.
Nella vicenda sottoposta a giudizio, invece, il Comune di Fasano deduce
la responsabilità contrattuale del M., al quale si addebita di
non aver adempiuto alle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto
stipulato con esso Comune di Fasano.
Ne consegue che la polizza assicurativa copre i rischi derivanti dal
“facere” dell’imprenditore, e non già da quelli
inerenti il “non facere”, rilevanti solo nel rapporto contrattuale
interno esistente tra l’appaltante Comune e l’appaltatore,
mentre nei confronti dei terzi risponderà sempre e solo il Comune
proprietario della res dannosa.
La reiezione della domanda principale determina la sopravvenuta carenza
di interesse nelle domanda dispiegata dal convenuto Comune di Fasano,
contro M. Giampiero, e la parte attrice deve sentirsi condannare alla
rifusione di spese e competenze anche in favore di queste ultima14.
V.- Le altre domande ed eccezioni delle parti, in quanto infondate,
devono essere rigettate.
VI.- Nella redazione della presente sentenza si è tenuto conto
dell’obbligo imposto dall’art.112 c.p.c. al giudice di pronunciare
su tutti i capi autonomi di domanda, e su tutte le eccezioni ritualmente
sollevate dalle parti su questioni non rilevabili di ufficio; purchè,
naturalmente, i primi e le seconde siano entrambi proposti entro i termini
imposti dalla maturazione delle c.d. preclusioni assertive, coincidenti
con lo spirare della fase di trattazione della causa di cui all’art.183
c.p.c., essendo la tardiva proposizione rilevabile anche d’ufficio
e pur in assenza di opposizione della controparte15, mentre il mancato
rilievo non integra il vizio di omessa pronuncia poiché nessun
potere-dovere incombe sul giudice per effetto della formulazione di
domande inammissibili16.
In forza del principio dispositivo iudes iuxta provata et alligata iudicare
debet, mentre la parte è signore del fatto, che ha l’onere
di allegare nei termini perentori imposti dalla maturazione delle c.d.
preclusioni assertive17, e successivamente provare, il giudice è
signore del diritto, con la conseguenza di vedere la operatività
del principio c.d. del chiesto e pronunciato limitata dal concorrente
principio iura novit curia, che consente al giudice, nell’ambito
dei fatti materiali allegati e provati delle parti, di attribuire qualificazioni
giuridiche differenti da quelle impiegate dalle parti, qualificando
autonomamente l’azione proposta anche in difformità del
nomen iuris adottato dalla parte18, ed utilizzando principi giuridici
anche non invocati negli scritti difensivi, ferma restando la cristallizzazione
del thema decidendum all’esito del compimento della fase di trattazione
della causa.
Principio quello del iura novit curia, che spiega i suoi effetti anche
nel grado di appello19, pur se in tema di qualificazione della domanda
operata dal primo giudice incombe sulla parte l’onere di proporre
sul punto uno specifico motivo di gravame20.
E la corretta distinzione tra fatti addotto a sostegno della pretesa
e qualificazione giuridica dei medesimi, conduce a escludere che il
giudice alteri la natura dell’azione proposta – restando di
conseguenza escluso il vizio di ultra petizione – quando si limiti
ad effettuare una diversa valutazione giuridica della causa pretendi,
senza mutare officiosamente i fatti materiali allegati dalla parte,
che soli contribuiscono ad individuarla come elemento costitutivo della
azione21, unitamente alle parti ed al petitum, con consequenziale sensibile
riduzione dell’ambito di operatività dell’ultrapetizione22.
Nella stesura della motivazione si è altresì tenuto conto
dello insegnamento giurisprudenziale secondo cui questa deve consistere
nella esposizione delle argomentazioni in fatto ed in diritto poste
a fondamento della adottata decisione, fedelmente riproduttive dell’iter
logico-giuridico seguito dal giudice, senza necessità di soffermarsi
nella disamina di tutte le argomentazioni sviluppate dalle parti23,
che debbono così intendersi come ritenute non pertinenti e non
risolutive ai fini della definizione del giudizio qualora non espressamente
richiamate nei motivi della decisione.
Ugualmente è a dirsi in relazione all’obbligo di motivare
sulla valutazione del materiale probatorio raccolto, che non deve certamente
avvenire passando analiticamente in rassegna tutte le risultanze istruttorie
ma, in un ordinamento giuridico che non conosce una gerarchia tra i
mezzi di prova24 e che limita a poche ipotesi i casi di c.d. prova vincolante,
deve consistere nella semplice indicazione degli elementi che hanno
condotto il giudicante al convincimento esternato nella decisione25,
dovendosi ritenere implicitamente disattesi quelli non espressamente
richiamati e che con i primi siano incompatibili.
Dalla inconfigurabilità di un obbligo di confutare analiticamente
ogni argomentazione in fatto e diritto sviluppata dalle parti di causa,
discende la insussistenza di ogni ipotesi di omessa pronuncia quando
il giudice adotti nel dispositivo una statuizione di accoglimento o
rigetto su di un autonomo capo di domanda, formulandola anche solo implicitamente
mercè l’assorbimento in altre statuizioni decisorie incompatibili26,
e pur in assenza di una apposita argomentazione nella parte motiva27.
VII. – In merito al regolamento delle spese di lite, nella liquidazione
degli onorari si è tenuto conto non solo della natura e del valore
della controversia, ma anche e soprattutto dell’importanza e del
numero delle questioni trattate, e dell’attività effettivamente
svolta dall’avvocato.
P.
Q. M.
Il Tribunale
di Brindisi-Sezione distaccata di Fasano, in persona del Giudice Civile
Monocratico, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da
Giampaolo I. nei confronti del Comune di Fasano; sulla domanda proposta
dal Comune di Fasano contro M. Giampiero, e sulla domanda da questi
proposta contro Lloyd Adriatico Assicurazioni Assicurazioni spa, così
provvede:
VIII.- rigetta la domanda di Giampaolo I., e la condanna al pagamento
di spese e competenze di lite in favore del Comune di Fasano, che liquida
in euro 160,00 per borsuali, euro 1400,00 per diritti, euro 1900,00
per onorari, oltre a rimborso forfetario del 12,5% su diritti ed onorari,
oltre a cna ed iva come per legge, oltre a spese di registrazione della
sentenza;
IX. - dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la
domanda proposta dal Comune di Fasano contro M. Giampiero;
X. - condanna Giampiero I. alla rifusione di spese e competenze legali
in favore di M. Giampiero, che liquida in euro 160,00 per borsuali,
euro 1400,00 per diritti, euro 1900,00 per onorari, oltre a rimborso
forfetario del 12,5% su diritti ed onorari, oltre a cna ed iva come
per legge;
XI.- Rigetta la domanda proposta da M. Giampiero contro il Llyod Adriatico
Assicurazioni spa;
XII. – condanna M. Giampiero alla rifusione di spese e competenze
legali in favore di Llyod Adriatico Assicurazione spa, che liquida in
euro 160,00 per borsuali, euro 1400,00 per diritti, euro 1900,00 per
onorari, oltre a rimborso forfetario del 12,5% su diritti ed onorari,
oltre a cna ed iva come per legge;
Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Brindisi
Sez.Dist. di Fasano in data 7 aprile 2005
Il Giudice
dott. Alberto Munno
Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2005
Note:
1 “L’azione di responsabilità per custodia ex art 2051
cod.civ. presuppone sul piano etiologico e probatorio accertamenti diversi,
e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all’azione di responsabilità
per danni a norma dell’art.2043 cod.civ., trattandosi di accertare,
in quest’ultimo caso, se sia stato attuato un comportamento commissivo
o omissivo dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi
prescindere invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa
in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è
elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui
all’art.2051 cod.civ., nella quale il fondamento della responsabilità
è costituito dal rischio che grava sul custode per i danni prodotti
dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito. Ne consegue che proposta
in primo grado domanda di risarcimento danni ex art.2043 cod.civ., subordinata
in primo grado, è soggetta in appello al divieto dello ius novorum,
trattandosi di domanda che comporta il mutamento dei fatti costitutivi
del diritto azionato e che, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione
e i termini della controversia, pone in essere una pretesa diversa da
quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si sia svolto in
quella sede il contraddittorio “ (Cass. Civ.Sez.III n.12329
del 06-07-2004; conformi Cass.Civ.Sezioni Unite n.10893 del 07-08-2001,
Cass.Civ.Sez.III n.7938 del 12-06-2001)
2 “La presunzione di responsabilità per danni cagionati
dalle cose in custodia, di cui all’art.2051 cod.civ. non si applica
agli enti pubblici ogni qualvolta il bene, sia esso demaniale o patrimoniale,
per le sue caratteristiche – estensione e modalità d’uso
– è oggetto o di una utilizzazione generale e diretta da
parte di terzi che limita in concreto la possibilità di custodia
e vigilanza sulla cosa. “ (Cass.Civ.Sez.III sent. n.265 del
15-01-1996 Ferrovie dello Stato c. Enel, Cass.Civ.Sez.III sent.n.5990
del 16-06-1998).
“La presunzione di responsabilità di cui all’art.2051
cod.civ. non opera nei confronti della P.A. per danni cagionati a terzi
da beni demaniali sui quali è esercitato un uso ordinario, generale
e diretto da parte dei cittadini, quando l’estensione del bene
demaniale renda impossibile l’esercizio di un continuo ed efficace
controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo
per i terzi “ (Cass.Civ. Sez.III sent.10759 del 28-10-1998 Anas
c. Agostino).
3 “In materia di responsabilità civile per i danni conseguenti
ad omessa o insufficiente manutenzione di strade pubbliche – nel
caso, strada comunale – l’art.2051 cod.civ. trova applicazione
nei confronti della P.A. – nel caso, Comune – non solo nelle
ipotesi in cui essa svolga una determinata attività sulla strada,
ma ogni qualvolta non sia ravvisabile l’oggettiva impossibilità
di un esercizio del potere di controllo dell’ente sulla strada
in custodia, in dipendenza del suo uso generale da parte dei terzi e
della notevole estensione del bene” (Cass.Civ.Sez.III n.11446
del 23-07-2003).
4 Cass.Civ.Sez.III n.2062 del 04-02-2004.
5 “La presunzione di responsabilità di cui all’art.2051
cod.civ. non opera nei confronti della P.A. per danni cagionati a terzi
da beni demaniali sui quali è esercitato un uso ordinario generale
e diretto da parte dei cittadini, quando l’estensione del bene
demaniale renda impossibile l’esercizio di un continuo ed efficace
controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo
per i terzi. Tali principi sono applicabili pure nell’ambito del
demanio stradale nel quale debbono intendersi comprese, oltre alla sede
stradale, le zone limitrofe che siano anch’esse di proprietà
della stessa P.A.” (Cass.Civ.Sez.III n.11366 del 31-07-2002).
6 “E’
configurabile a carico della P.A. una responsabilità ex art.2051
cod.civ. in relazione a beni, demaniali o patrimoniali, non soggetti
ad uso generale della collettività, i quali consentano, per effetto
della loro limitata estensione territoriale, un’adeguata attività
di vigilanza e controllo da parte dell’ente ad essi preposto. “
(Cass.Civ.Sez.III n.6515 del 02-04-2004).
7 “La discrezionalità e la conseguente insindacabilità
da parte del giudice ordinario dei criteri e dei mezzi con i quali l’amministrazione
realizza e mantiene un’opera pubblica, trovano un limite nell’obbligo
dell’amministrazione medesima di osservare, a tutela dell’incolumità
dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche
disposizioni di legge e di regolamento disciplinati quelle attività,
nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza
che l’inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la responsabilità
dell’amministrazione per i danni arrecati ai terzi” (Cass.Civ.Sez.III
sent n.3631 del 28-04-1997 Ana c.Romano).
8 “L’ente proprietario della strada aperta al pubblico transito
è tenuto a mantenere la stessa in condizioni che non costituiscono
per l’utente – che fa ragionevole affidamento sulla sua apparente
regolarità – una situazione di pericolo occulto (cosiddetta
insidia o trabocchetto) caratterizzata oggettivamente dalla non visibilità
e osggettivamente dalla non prevedibilità del pericolo “
(Cass.Civ.Sent.III sent. n.3630 del 28-04-1997 Anas c. Gidia)
“La configurabilità della P.A. per danni conseguenti a difetti
di manutenzione delle strade è configurabile quando risulti violato
il limite posto alla discrezionalità amministrativa dalla norma
primaria e fondamentale del neminem laedere e, particolarmente, quando
le strade a causa delle condizioni nelle quali sono tenute presentino
per l’utente, che fa ragionevole affidamento sulla loro apparente
regolarità, una situazione di pericolo occulto, in relazione
al carattere obiettivo della non visibilità ed a quello subiettivo
della non prevedibilità” (Cass.Civ. Sez.III sent. n.340
del 17-01-1996).
Cass.Civ.Sez.III sent. N.12314 del 04-12-1998.
9 “In tema di azione per il risarcimento del danno, stabilire se
i danni lamentati siano stati tutti e solo conseguenza della condotta
altrui o non potessero essere evitati dal danneggiato, in tutto o in
parte, costituisce per il giudice esercizio del suo potere di decidere
sulla domanda secondo diritto e non richiede un’eccezione del convenuto”.
(Cass.Civ.Sez.III n.2154 del 14-02-2001).
10 “In tema di responsabilità da cose in custodia il concetto
di insidia o trabocchetto è caratterizzato da una situazione
di pericolo occulto connotato dalla non visibilità – elemento
oggettivo – e dalla non prevedibilità – elemento soggettivo
– e l’indagine relativa alla sussistenza di tale situazione
e della sua efficienza causale nella determinazione dell’evento
dannoso è demandata al giudice di merito ed è insidacabile
in sede di legittimità ove la relativa valutazione sia sorretta
da congrua ed adeguata motivazione.” (Cass.Civ.Sez.III sent.n.366
del 14-01-2000 Comune di Altamura c. Ras spa)
11 “Ai fini dell’accertamento della responsabilità
dell’Ente pubblico proprietario di una strada per i danni subiti
dall’utente a causa delle condizioni di manutenzione della stessa
– accertamento da compiersi non in astratto ma in concreto, tenendo
conto delle circostanze di tempo e di luogo nelle quali si è
verificato il sinistro – assume rilevanza anche la condotta del
danneggiato, attesa la possibilità che questi, per colpa, si
sia posto in una non corretta relazione con la situazione di pericolo
– nella specie una buca .- creando egli stesso le condizioni per
non avvedersene e non poterla in seguito evitare.” (Cass.Civ.Sez.III
sent.n.4632 del 24-05-1997 Comune di Comiso c. Schembari)
12 “Nell’esercizio del suo potere discrezionale inerente alla
esecuzione e manutenzione di opere pubbliche la P.A. incontra limiti
derivanti sia da norme di legge regolamentari e tecniche, sia da regole
di comune prudenza e diligenza, prime tra tutte quella del neminem ledere,
in ossequio alla quale essa è tenuta a far si che l’opus
publicum – in particolare una strada aperta al pubblico transito
– non integri per l’utente gli estremi di una situazione di
pericolo occulto – cosiddetta insidia o trabocchetto -; questa
situazione ricorre, in particolare, quando lo stato dei luoghi è
caratterizzato dal doppio e concorrente requisito della non visibilità
oggettiva del pericolo e della non prevedibilità subiettiva del
pericolo stesso.” (Cass.Civ.Sez.III sent. N.5989 del 16-06-1998
Zitelli c. Comune di Maddaloni, Cass.Civ.Sez.III sent.11162 del 12-11-1997,
Cass.Civ.Sez.III sent.11455 del 12-11-1998, Cass.Civ.Sez.III sent. n.6463
del 16-05-2000).
13 “Costituisce insidia stradale ogni situazione di pericolo che
l’utente medio, usando la normale diligenza richiesta dalla particolare
situazione in cui si trova, non può obbiettivamente prevedere:
onde al fine di escludere la responsabilità risarcitoria dell’ente
che abbia di fatto la gestione della strada è necessaria la dimostrazione
da parte dell’ente stesso che nonostante la obiettiva esistenza
della insidia l’utente fosse soggettivamente in grado di prevederla
o di evitarla. Il relativo apprezzamento da parte del giudice è
incensurabile in sede di legittimità ove correttamente ed adeguatamente
motivato.” (Cass.Civ. Sez.III sent.n.191 del 12-01-1996 Comune
Cava dei Tirreni c.Esposito).
14 “Il rimborso delle spese processuali sostenute da chi sia stato
chiamato in garanzia dal convenuto legittimamente viene posto a carico
dell’attore ove questi risulti soccombente nei confronti del convenuto
in ordine a quella che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia”
(Cass.Civ.Sez.II n.2330 del 01-03-1995 Semeraro c.Cirillo).
15 “Il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario
riformato deve ritenersi inteso non solo a tutela dell’interesse
di parte ma anche dell’interesse pubblico al corretto e celere
andamento del processo, con la conseguenza che la tardività di
domande eccezioni ed allegazioni e richieste deve essere rilevata d’ufficio
dal giudice indipendentemente dall’atteggiamento processuale della
controparte al riguardo,” (Cass.Cic.Sez.I n.4376 del 07-04-2000
De Marco c. Fapa di Pellegrini).
16 “Il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di appello
non è configurabile in relazione ad una domanda nuova, giacchè
la proposizione di una domanda inammissibile non determina l’insorgere
di alcun potere-dovere del giudice adito di pronunciarsi su di essa”
(Cass.Civ.Sez.Lavoro n.11933 del 07-08-2003)
17 “Nel sistema delle preclusioni introdotto dalla legge 26-11-1990
n.353 anche per le allegazioni di parte il thema decidendum non è
più modificabile dopo la chiusura della prima udienza di trattazione
– art.183 comma 1 c.p.c., o la scadenza del termine concesso dal
giudice ai sensi dell’art.183 quinto comma c.p.c. potendo soltanto,
dopo dette scadenze, formulare istanze istruttorie per provare i fatti
allegati.“ (Cass.Civ.Sez.II n.9323 del 17-05-2004).
18 “Nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione
della domanda, il giudice di merito non è condizionato dalla
formula dalla parte, dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale
della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e
dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del medesimo, nonché
del provvedimento in concreto richiesto, senza altri limiti che quello
di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia alla
richiesta e di non sostituire d’ufficio una diversa azione a quella
formalmente proposta.” (Cass.Civ.Sezioni Unite n.27 del 21-02-2000,
Cass.Civ.Sez.II n.2908 del 27-02-2001, Cass.Civ.Sez.Lavoron.424 del
19-01-1998, Cass.Civ.Sez.II n.7941 del 29-09-1994, Cass.Civ.Sez.Lavoro
n.900 del 02-02-1996, Cass.Civ.Sez.I n.383 del 15-01-1999, Cass.Civ.Sez.I
n.10493 del 24-09-1999, Cass.Civ.Sez.I n.2574 del 20-03-1999, Cass.Civ.Sez.II
n.8879 del 03-07-2000).
19 “Non ricorre nella violazione del principio della corrispondenza
tra il richiesto ed il pronunciato il giudice d’appello che, rimanendo
nell’ambito del petitum e della causa petendi, confermi la decisione
impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice
di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione
elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente
menzioanti dal primo giudice”. (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.3100 del
10-04-1997 Inps clemente).
20 “Il potere di qualificazione della domanda nei gradi successivi
al primo va, inoltre, coordinato con i principi propri del sistema delle
impugnazioni, sicchè, con riferimento all’appello, deve
ritenersi precluso al giudice del secondo grado di mutare d’ufficio,
in mancanza di gravame sul punto, la qualificazione operata dal primo
giudice. “ (Cass.Civ.Sez.III n.6712 del 15-05-2001).
21 “Per causa pretendi debbono intendersi non solo e non tanto
le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata, quanto
e soprattutto l’insieme delle circostanze di fatto che la parte
pone a base della propria richiesta, essendo compito del giudice individuare
correttamente gli effetti giuridici derivanti dai fatti dedotti in causa.
“ (Cass.Civ.Sez.I n.14142 del 27-10-2000, Cass.Civ.Sez.I n.11157
del 13-12-1996).
22 “Il vizio di ultra o extrapetizione ricorre quando il giudice
pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere
dalle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio
e non rilevabili di ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto
o diverso da quello domandato, fermo restando che il giudice è
libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione
e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto
diverse da quelle prospettate dalle parti, ma di rilevare altresì
indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta la mancanza
degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva
di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente
la esatta applicazione della legge.” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.8636
del 24-06-2000, Cass.Civ.Sez.I n.4923 del 16-05-1998, Cass.Civ.Sez.III
n.18236 del 28-11-2003).
“ Il principio della corrispondenza tra il richiesto e pronunciato
fissato dall’art.112 c.p.c. implica unicamente il divieto per il
giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di
emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda,
ma non osta che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una
ricostituzione dei fatti di causa, alla stregua delle risultanze istruttorie,
autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in
base ad una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante.”
(Cass.Civ.Sez.Lavoro n.6006 del 22-06-1994, Cass.Civ.Sez.Lavoro n,914
del 02-02-1996, Cass.Civ.Sez.III n.8258 del 30-08-1997, Cass.Civ.Sez.II
n.2730 del 23-03-1999),
23 “Al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il
giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte
le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate
dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato
le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali
intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi
per implicito tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non
menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione
adottata.” (Cass.Civ.Sez.Lavoro n.5748 del 25-05-1995, Cass.Civ.Sez.II
n.5169 del 10-06-1997).
24 “Poiché nel nostro ordinamento non esiste una gerarchia
tra i vari mezzi di prova, anche il comportamento processuale della
parte può costituire unica e sufficiente fonte di convincimento
del giudice il quale, in siffatta valutazione, può trarre elementi
anche dalla circostanza che siano state prospettate nell’ambito
dello stesso processo, tesi difensive contrastanti tra loro.”
(Cass.Civ.Sez.III n.4 del 06-01-1982).
25 “E’ devoluta al giudice di merito l’individuazione
delle fonti del proprio convincimento e, pertanto, anche la valutazione
delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza,
la scelta delle risultanze istruttorie ritenute idonee ad acclarare
i fatti oggetto della controversia, privililegiando in via logica taluni
mezzi di prova e disattendendone altri – in ragione del loro diverso
spessore probatorio -, con l’unico limite