Con
la sentenza in rassegna (n.103 del 21 ottobre 2004), con cui il Tribunale
di Brindisi - Sezione Distaccata di Fasano, ha confermato la sentenza
n. 126/2002 emessa dal competente Giudice di Pace - è stata rigettata
la domanda, proposta dall’attore nei confronti del Comune di Fasano (Br),
di risarcimento danni subiti - secondo l’istante - in occasione del sinistro
stradale verificatosi in data 8 dicembre 1999 nel territorio dello stesso
Comune, e asseritamente causati dalla presenza sulla carreggiata di un
insidia stradale (..."profonda e larga buca"...).
In tale data, l’istante, alla guida della propria autovettura, percorrendo
una strada comunale, a causa dell’impatto con una profonda e larga buca
presente sulla sede stradale, priva di segnalazione, subiva un cedimento
meccanico del mezzo, tale da fargli perdere aderenza contro l’asfalto,
e finiva contro il cordolo in cemento prospiciente la carreggiata, riportando
danni alla parte meccanica ed alla carrozzeria della stessa auto.
La peculiarità della fattispecie in via di fatto, e le ragioni di seguito
indicate sembrano rendere interessante la decisione, che, in merito alla
questione della responsabilità della P.A. proprietaria di beni demaniali
per danni cagionati - durante la circolazione - agli utenti della strada
da insidie e/o trabocchetti:
a)
ha seguito e confermato, pacificamente, nonostante qualche pronuncia
della Suprema Corte di segno parzialmente diverso (Cass. Civ., 11749/20.11.1998),
il consolidato e maggioritario orientamento giurisprudenziale secondo
cui la presunzione di responsabilità, ex art. 2051 c.c., non opera nei
confronti della P.A. per danni cagionati a terzi da beni demaniali o
patrimoniali (come le strade), sui quali è esercitato un uso ordinario,
generale e diretto da parte dei cittadini, la cui estensione non consente
una vigilanza ed un controllo idonei ad evitare l’insorgenza di situazioni
di pericolo, e, pertanto, limita in concreto la possibilità di custodia
o vigilanza sulla cosa (Cass. Civ., 10703/1999; Cass.Civ., 12314/4.12.1998
e più di recente in Altalex Insidie e trabocchetti: responsabilità
della p.a e onere probatorio del danneggiato Cassazione, sez.
III civile, sentenza 01.11.2004 n° 19653); al riguardo il Tribunale
ha osservato che l’esclusione di tale speciale tipo di responsabilità
nei confronti della P.A. trova fondamento nel principio "ad impossibilia
nemo tenetur" e nella ratio sui cui è fondata la responsabilità
per cose in custodia ex art. 2051c.c.;
b) ha seguito e confermato, altresì - esplicitando motivatamente, come
di rado, il concetto di "visibilità" della potenziale insidia stradale
- il costante orientamento giurisprudenziale alla cui stregua, in caso
di omessa, ovvero carente manutenzione, la responsabilità dell’ente
proprietario della strada, ex art. 2043 c.c., per danni derivanti da
insidie o trabocchetti, può configurarsi esclusivamente quando detta
strada presenti per l’utente un pericolo occulto e/o un’insidia e/o
un trabocchetto e/o un tranello, che abbia il doppio e concorrente
requisito del carattere obiettivo della non visibilità, e
di quello subiettivo dell’imprevedibilità del pericolo.
In
forza di quanto innanzi esposto, e delle dimensioni - accertate in sede
processuale - ... "della buca grande e profonda ..." esistente sulla
strada teatro del sinistro oggetto di controversia, e, quindi, dell’agevole
visibilità della stessa, il Tribunale - difettando nella specie uno dei
due suddetti requisiti, richiesti dalla maggioritaria giurisprudenza -
ha conseguentemente escluso che, nel caso sindacato, potesse configurarsi
una responsabilità dell’ente locale proprietario per comportamento contrastante
con il principio del neminem laedere ovvero alterum non laedere
ex art. 2043 c.c.
(Altalex, 9 dicembre 2004. Nota dell’avv. Ottavio Carparelli)
N.208/2002
R.G.TRIB.;
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Brindisi - Sezione Distaccata di Fasano, in persona del
Giudice Unico dott.Alberto Munno, in funzione di Giudice del gravame
nei giudizi di appello promossi contro le sentenze del Giudice di Pace
di Fasano, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta nel ruolo generale affari contenziosi sotto
il numero d’ordine 208 dell’anno 2002
TRA
P. G., elettivamente domiciliato alla via F.lli Rosselli n.41 in Fasano
presso lo studio dell’avv. Leonardo Musa, rappresentato e difeso dall’avv.
Gaetano Giacovazzo del foro di Locorotondo, come da mandato a margine
dell’atto introduttivo;
APPELLANTE
CONTRO
Comune di Fasano in persona del legale rappresentante protempore, elettivamente
domiciliato in Fasano presso la Casa Comunale rappresentato e difeso dall’avv.
Ottavio Carparelli Dirigente dell’Ufficio Legale dell’ente, giusta delibera
di G.M. n.413 del 5-12-2002 e mandato a margine della comparsa di costituzione
e risposta ;
APPELLATO
OGGETTO: appello avverso la sentenza n.126/02 emessa dal Giudice di
Pace di Fasano in data 12-06-2002;
All’udienza del 10-06-2004 la causa era riservata per la decisione sulle
conclusioni prese dalle parti come da verbale e riportate in narrativa.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25-11-2002 P. G. evocava in giudizio
il Comune di Fasano proponendo appello avverso la sentenza n.126/2002
emessa il 12-06-2002 con la quale il G.d.P. di Fasano aveva rigettato
la domanda con cui il P. chiedeva la condanna dell’odierno appellato al
pagamento in proprio favore della somma di £. 6.900.000, oltre a rivalutazione
monetaria e interessi e spese e competenze di lite, a titolo di risarcimento
dei danni assertivamente patiti alle ore 17,00 circa dell’08-12-1999 quando,
percorrendo alla guida della Peugeot 106 tg.xxxxxxx la strada comunale
denominata "proseguimento di via Roma", a causa di una profonda e larga
buca presente sulla sede stradale e priva di segnalazione, subiva un cedimento
meccanico del mezzo tale da fargli perdere aderenza contro l’asfalto e
finiva contro il cordolo in cemento prospiciente la carreggiata riportando
danni alla parte meccanica ed alla carrozzeria del suddetto veicolo.
A fondamento del proposto gravame poneva i seguenti motivi:
a.- errata valutazione degli elementi di prova raccolti, on particolare
riferimento alla deposizione dell’unico test escusso;
b.- errata valutazione delle circostanze della c.t.u.;
c.- malgoverno della richiesta istruttoria formulata a mezzo del teste
Nardelli Nino, ammessa con ordinanza del 20-10-2001 e poi rigettata con
successiva del 23-01-01.
Concludeva il P. chiedendo la integrale riforma della decisione di prime
cure, con condanna del Comune di Fasano in qualità di ente tenuto alla
manutenzione della strada, alla rifusione dei danni patiti a seguito dello
incidente e stimati in euro 3009,91 oltre ad euro 101,00 per fermo tecnico
di giorni 5,5,, oltre a interessi legali sulle somme rivalutate dal dì
del sinistro, oltre a spese e competenze relative al doppio grado di giudizio.
Si costituiva il Comune di Fasano contestando il proposto gravame
e deducendo:
a.- l’inammissibilità dell’appello per assoluta genericità dei motivi
di impugnazione;
b.- acquiescenza prestata dal P. alla ordinanza del 23-01-2001, con consequenziale
formazione del giudicato interno sul rigetto del prosieguo della prova
per testi;
c.- inammissibilità della richiesta di riconvocazione del C.T.U.;
d.- intrinseca coerenza logica e razionale della decisione del G.d.P.;
e.- carenza di legittimazione passiva del Comune di Fasano, la strada
oggetto dei fatti di causa essendo strada vicinale e, di conseguenza,
di proprietà privata;
f.- mancanza di un obbligo giuridico di segnalazione della buca a carico
dell’ente preposto alla disciplina della circolazione della strada;
g.- ascrivibilità del fatto alla colpa e responsabilità del P.;
h.- inconfigurabilità di una responsabilità ex art.2051 cod.civ. a carico
di esso Comune;
i.- insussistenza dei presupposti per la configurabilità di una responsabilità
aquiliana per insidia o trabocchetto;
l.- infondatezza nel quantum della domanda risarcitoria;
Concludeva il Comune di Fasano chiedendo: la declaratoria di nullità dell’atto
di appello per indeterminatezza dei motivi; il rigetto nel merito del
proposto gravame per infondatezza; la declaratoria di carenza di legittimazione
passiva per difetto in capo ad esso Comune dei poteri di cui all’art.14
del C.d.S.; in via ulteriormente subordinata la declaratoria di corresponsabilità
al 70% a carico dell’appellante nella produzione dell’incidente.
Con ordinanza emessa il 21-05-2003 all’esito della trattazione del giudizio,
la causa veniva rinviata per la udienza del 10-06-04, ove le parti precisavano
le proprie conclusioni come da verbale, ed in conformità ai propri atti
introduttivi.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
I.- La fattispecie dedotta in giudizio dall’attore non può esser ricondotta
nell’alveo di operatività segnato dall’art.2051 cod.civ..
Indipendentemente dalla natura giuridica della strada su cui si è assertivamente
verificato il fatto - facente parte del c.d. demanio accidentale comunale
ex artt.822 comma 2 e 824 cod.civ., oppure strada vicinale gravata da
servitù di pubblico transito - questa è in ogni caso aperta all’uso generale
della collettività che si esercità mediante la fruizione uti civis
delle utilità che dal bene è possibile trarre secondo la sua propria destinazione
e attitudine.
Nei confronti di siffatti beni non è configurabile un obbligo di custodia
a carico dell’Ente proprietario in quanto essi, per la loro estensione
e per la apertura all’uso generale della collettività, non consentono
all’Ente il realistico esercizio di quei poteri di controllo e vigilanza
destinati a prevenire l’insorgenza del determinismo della cosa di processi
generatori di eventi lesivi di diritti ed interessi dei terzi 1.
L’esclusione in parola trova il proprio fondamento del principio ad
impossibilia neo tenetur e nella ratio su cui è fondata la
responsabilità per cose in custodia ex art.2051 cod. civ..
Questa, infatti, pur essendo formulata in termini tali da indurre parte
della dottrina e della giurisprudenza a ricondurla nell’alveo delle ipotesi
di responsabilità oggettiva, connotate da rapporto di specialità con il
paradigma generale della responsabilità civile costituito dall’art.2043
cod.civ. che, tra i propri elementi costitutivi, esige la esistenza dell’elemento
psicologico del dolo o della colpa, si limita ad introdurre una mera inversione
dell’onere della prova liberatoria, che il custode può efficacemente fornire
non solo in modo diretto, attraverso la indicazione del fortuito accidentale
verificatosi, ma anche in modo indiretto secondo la nota equazione casus=non
culpa.
E proprio grazie a questa seconda e corretta lettura della ipotesi speciale
di responsabilità si comprende agevolmente la ratio della esclusione
in parola: la vasta estensione dei beni in parola rende impossibile e,
quindi, inesigibile la osservanza di quei poteri-doveri di controllo e
vigilanza sul determinismo della res che il custode può e deve
porre in essere al fine di scongiurare la propagazione di serie causali
produttive di eventi lesivi di diritti ed interessi dei terzi.
Con il risultato di rendere impossibile a priori l’assolvimento
dell’onere probatorio - già gravato dalla inversione - a carico del custode,
e con l’ulteriore effetto di vedere la introduzione surrettizia di una
ipotesi di vera e propria responsabilità oggettiva.
Tanto, tuttavia non esclude la responsabilità della P.A. e, in genere,
dell’ente proprietario dei beni di sì vasta estensione, dovendo questa
esser fondata sul precetto generale del neminem laedere imposto
dall’art.2043 cod.civ., in forza del quale saranno sempre sindacabili
dal giudice ordinario i comportamenti della P.A. e dell’Ente proprietario
dei beni di vasta estensione che non siano ossequiosi delle apposite discipline
o delle regole di comune prudenza e cautela, rivolte a preservare la integrità
dei diritti ed interessi dei terzi2 e che la mancata osservanza
da parte della P.A. delle regole e discipline in parola, potrà configurare
a suo carico una responsabilità civile ogni qualvolta la omissione dell’assolvimento
dell’obbligo di manutenzione determini sui beni in parola la insorgenza
di una situazione di insidia o trabocchetto3 (Cass. Civ.
Sez.III sent. n.12314 del 04-12-1998 Magnone c. Soc. Ativa in Arch.Giur.
Circ. 1999 pag.204).
II.- E’ così necessario esaminare se gli elementi costitutivi della responsabilità
aquiliana sondata sull’art.2043 cod. civ. siano rinvenibili nella odierna
vicenda.
Secondo la esposizione dell’attore - confermata dalla deposizione resa
dall’unico teste Baccaro Vito - l’incidente si è verificato alle ore 17,30
circa dell’08-12-1999: "La strada si restringeva e non era illuminata;
era buio e si andava con i fari accesi ...io dal sedile posteriore non ho
visto la buca ma l’ha vista il conducente che ha cercato di scansarla...la
bua ingombrava il centro della strada e si trattava di una buca grande
e abbastanza profonda...posso confermare che si procedeva ad andatura moderata..."
(teste Baccaro Vito).
Il tratto di strada sul quale si è verificato l’incidente occorso all’attore,
non costituisce insidia o trabocchetto idoneo ad ascrivere la responsabilità
dell’accaduto all’ente proprietario della strada, avuto riguardo sia alle
caratteristiche obbiettive che al modello di condotta esigibile dall’utente
della strada in forza del principio di diligenza ordinaria e di osservanza
delle norme di disciplina della circolazione stradale, nonché delle regole
di comune prudenza.
Ai sensi dell’art.141 comma 2 del c.d.s. " il conducente deve sempre conservare
il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte
le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto
tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi
a qualsiasi ostacolo prevedibile."
Il fatto è accaduto in una zona del tutto priva di illuminazione, e su
di un tratto di strada particolarmente angusto, come si evince dalle fotografie
allegate alla C.T.U..
Ne consegue che la velocità prudenziale, imposta dall’art.142 comma 5
del C.d.S., doveva essere particolarmente moderata in forza della concorrenza
di ben due criteri dettati dall’art.141 comma 3 del C.d.S.: visibilità
insufficiente e passaggio stretto.
Dalla deposizione del teste Baccaro si apprende inoltre che la buca era
grande e abbastanza profonda, e che il conducente l’aveva vista.
Mancavano così del tutto i requisiti della invisibilità e della inevitabilità
che devono caratterizzare la insidia stradale.
Il conducente ossequioso delle norme generali disciplinanti la circolazione
stradale e delle norme di comune prudenza, osservando la velocità prudenziale
imposta dall’art.142 comma 5 del C.d.S. per effetto del concorso di due
delle distinte situazioni foriere di pericolo elencate dall’art.141 comma
3 C.d.S., e facendo esercizio dei poteri di coscienza vigile, avrebbe
avuto tutto il tempo sufficiente per avvistare in tempo utile la buca
"grande e profonda" ed arrestare la corsa del veicolo, in omaggio a quanto
disposto dall’art.141 comma 2, che impone in ogni caso di tenere una velocità
che consenta di arrestare il veicolo nei limiti del proprio campo di visibilità
che, nella fattispecie, era individuabile nel tratto di strada illuminato
dai proiettori luminosi di cui era dotato il veicolo dell’appellante:
"L’automobilista deve mantenere sempre una velocità che consenta l’arresto
della vettura nei limiti dello spazio visivo." (Cass. Pen. Sez.
IV 05-11-1986 n.12360 Marcozzi).
Se realmente, come dichiarato dal teste Baccaro, il P. proseguiva a velocità
moderata, l’arresto completo del veicolo sarebbe potuto agevolmente avvenire
nello spazio di frenata sufficiente ad evitare l’impatto con la buca,
e delimitato dal campo di visibilità del conducente.
Ne consegue che la buca deve considerarsi "visibile" quanto meno ai fini
di escludere la circostanza della "invisibilità" oggettiva che, unitamente
alla imprevedibilità soggettiva ed alla assoluta inevitabilità, deve sempre
caratterizzare la asperità del fondo stradale affinché questa possa configurare
la ipotesi di insidia4 generatrice di responsabilità a carico
dell’Ente proprietario della strada stessa, oberato ex lege dell’obbligo
di custodia nei limiti in cui esso è esigibile in relazione alla estensione
dei beni da vigilare, come esaminato sub I.
Deve così ritenersi che la buca in cui è andato a impattare il veicolo
condotto da P. non costituisca, in concreto, insidia stradale5,
poiché per le circostanze di luogo e tempo in cui si è verificato l’accaduto,
era dall’attore concretamente visibile, prevedibile ed evitabile mediante
l’esercizio doveroso dei poteri di controllo e vigilanza che devono contrassegnare
la diligente condotta di guida del conducente di veicoli: "Costituisce
insidia stradale ogni situazione di pericolo che l’utente medio, usando
la normale diligenza richiesta dalla particolare situazione in cui si
trova, non può obbiettivamente prevedere: onde al fine di escludere la
responsabilità risarcitoria dell’ente che abbia di fatto la gestione della
strada è necessaria la dimostrazione da parte dell’ente stesso che nonostante
la obbiettiva esistenza della insidia l’utente fosse soggettivamente in
grado di prevederla o di evitarla. il relativo apprezzamento da parte
del giudice è incensurabile in sede di legittimità ove correttamente ed
adeguatamente motivato". (Cass. Civ. Sez.III sent.191
del 12-01-1996 Comune Cava dei Tirreni c. Esposito).
III.- L’incidente verificatosi è ascrivibile al fatto e colpa esclusiva
del P., il quale deve risentirne le conseguenze negative in forza del
principio di autoresponsabilità che, precludendo la possibilità di considerare
come danno in senso tecnico giuridico un pregiudizio che il soggetto subisca
per fatto proprio, pone un limite generale all’area della responsabilità
civile.
Il principio di autoresponsabilità trova il proprio punto di emersione
nel primo comma dell’art.1227 cod.civ., in forza del quale "Se il fatto
colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento
è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze
che ne sono derivate." è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del
giudizio6 ed in ogni ipotesi di responsabilità civile, inclusa
quella speciale di cui all’art.2051 cod.civ.7
IV.- L’appello proposto da P. G. deve così essere rigettato. Considerato
l’esito del doppio grado di giudizio, e in difetto di apprezzabili motivi
a sostegno della ritenuta compensazione delle spese effettuata dal primo
giudice, in riforma del relativo capo 2 della sentenza gravata l’appellante
deve sentirsi condannare alla rifusione di spese e competenze del doppio
grado del giudizio - incluse quelle di C.T.U. espletata in prime cure
- in favore del Comune di Fasano, in omaggio al principio di soccombenza
di cui all’art.91 c.p.c.
V.- Ogni altro motivo di gravame contro la sentenza impugnata da considerarsi
assorbito.
P.Q.M.
Il Tribunale di Brindisi-Sezione Distaccata di Fasano, in persona del
Giudice Civile Monocratico, in funzione del Giudice del Gravame nei giuidzi
di appello promossi contro le sentenze del Giudice di Pace di Fasano,
definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza emessa dal
Giudice di Pace di Fasano il 12-06-2002 al n.126/2002, proposto da P.
G. con atto di citazione notificato il 25-11-2002 nei confronti del Comune
di Fasano, così provvede:
I.- rigetta l’appello di P. G.;
II.- in riforma del capo 2 della sentenza di prima cure, condanna P. G.
alla rifusione di spese e competenze legali relative al doppio grado di
giudizio in favore del Comune di Fasano, che liquida in euro 1000,00 per
diritti, euro 1300,00 per onorari, oltre a rimborso forfetario del 10%
su diritti ed onorari, oltre a C.N.A., ed I.V.A. come pe legge, oltre
a spese della C.T.U. come liquidate in atti, oltre a spese di registrazione
della sentenza;
Fasano, 16 ottobre 2004;
Il
Giudice
Dott.
Alberto Munno
Depositata in Cancelleria il 21-10-04.
1 " La presunzione di responsabilità
per danni cagionati dalle cose in custodia, di cui all’art.2051 cod. civ.,
non si applica agli enti pubblici ogni qual volta il bene, sia esso demaniale
o patrimoniale, per le sue caratteristiche - estensione e modalità
d’uso - è oggetto di una utilizzazione generale e diretta da parte
di terzi che limita in concreto la possibilità di custodia e vigilanza
sulla cosa." (Cass. Civ. Sez.III sent. n.265 del 15-01-1996 Ferrovie
dello Stato c. Enel, Cass. Civ.Sez.III sent. n.5990 del 16-06-1998).
" La presunzione di responsabilità di cui all’art.2051
cod. civ. non opera nei confronti della P.A. per danni cagionati a terzi
da beni demaniali sui quali è esercitato un uso ordinario, generale
e diretto da parte dei cittadini, quando l’estensione del bene demaniale
renda impossibile l’esercizio di un continuo ed efficace controllo che
valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi"
(Cass. Civ. Sez.III sent.n. 10759 del 28-10-1998 Anas c. D’Agostino)
2 "La discrezionalità e la conseguente insindacabilità
da parte del giudice ordinario dei criteri e dei mezzi con i quali l’amministrazione
realizza e mantiene un’opera pubblica, trovano un limite nell’obbligo
dell’amministrazione medesima di osservare, a tutela dell’incolumità
dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche
disposizioni di legge e di regolamento disciplinati quelle attività,
nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza
che l’inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la responsabilità
dell’amministrazione per i danni arrecati ai terzi" (Cass.Civ.Sez.III
sent.n.3631 del 28-04-1997 Anas c. Romano).
3 " L’ente proprietario della strada aperta al
pubblico transito è tenuto a mantenere la stessa in condizioni
che non costituiscono per l’utente - che fa ragionevole affidamento sulla
sua apparente regolarità - una situazione di pericolo occulto (cosiddetta
insidia o trabocchetto) caratterizzata oggettivamente dalla non visibilità
e soggettivamente dalla non prevedibilità del pericolo." (Cass.Civ.III
sent. N.3630 del 28-04-1997 Anas c.Gidia)
"La responsabilità della P.A. per danni conseguenti a difetti
di manutenzione delle strade è configurabile quando risulti violato
il limite posto alla discrezionalità amministrativa dalla norma
primaria e fondamentale del neminem laedere e, particolarmente, quando
le strade a causa delel condizioni nelle quali sono tenute presentino
per l’utente, che fa ragionevole affidamento sulla loro apparente regolarità,
una situazione di pericolo occulto, in relazione al carattere obiettivo
della non visibilità ed a quello subiettivo della non prevedibilità"
(Cass.Civ.Sez.III sent.n.340 del 17-01-1996).
4 "In tema di responsabilità da cose in
custodia il concetto di insidia o trabocchetto è caratterizzato
da una situazione di pericolo occulto connotato dalla non visibilità
- elemento oggettivo - e dalla non prevedibilità - elemento soggettivo
- e l’indagine relativa alla sussistenza di tale situazione e della sua
efficienza causale nella determinazione dell’evento dannoso è demandata
al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità
ove la relativa valutazione sia sorretta da congrua ed adeguata motivazione"
(Cass. civ.Sez.III sent.n. 366 del 14-01-2000 Altamura c.Ras spa).
5 " Nell’esercizio del suo potere discrezionale
inerente alla esecuzione e manutenzione di opere pubbliche la P.A. incontra
limiti derivanti sia da norme di legge regolamentari e tecniche, sia da
regole di comune prudenza e diligenza, prima tra tutte quella del neminem
ledere, in ossequio alla quale essa è tenuta a far si che l’opus
publicum - in particolare una strada aperta al pubblico transito - non
integri per l’utente gli estremi di una situazione di pericolo occulto
- cosiddetta insidia o trabocchetto -; questa situazione ricorre, in particolare,
quando lo stato dei luoghi è caratterizzato dal doppio e concorrente
requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e della non
prevedibilità subiettiva del pericolo stesso". (Cass.Civ.Sez.III
sent.n.589 del 16-06-1998 Zitelli c. Comune di Maddaloni, Cass. Civ. Sez.
n.11162 del 12-11.1997, Cass.Civ. Sez. III sent. n.11455 del 12-11-1998,
Cass. Civ. Sez.III sent. N.6463 del 16-05-2000).
6 "In tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto
colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi ell’evento dannoso
- prima dell’art-1227 cod.civ.- va distinta da quella -disciplinata dal
secondo comma della medesima norma - riferibile ad un contegno dello stesso
danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire
alla sua causazione, giacchè, mentre nel primo caso il giudice
deve proporsi d’ufficio l’indagine in ordine al concorso di colpa del
danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai
quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso
- la seconda di tali situazioni costituisce una eccezione in senso stretto
" (Cass.Civ.Sez.III n.4799 del02-04-2001, Cass.Civ. Sez. Lavoro
n.1684 del 26-02-1999).
7 "In tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto
colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi ell’evento dannoso
- prima dell’art-1227 cod.civ.- va distinta da quella -disciplinata dal
secondo comma della medesima norma - riferibile ad un contegno dello stesso
danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire
alla sua causazione, giacchè, mentre nel primo caso il giudice
deve proporsi d’ufficio l’indagine in ordine al concorso di colpa del
danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai
quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso
- la seconda di tali situazioni costituisce una eccezione in senso stretto
" (Cass.Civ.Sez.III n.4799 del02-04-2001, Cass.Civ. Sez. Lavoro
n.1684 del 26-02-1999).
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